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La conferma di una scelta: il metro

CAPITOLO VIII: ECHI E SFOND

VI. La conferma di una scelta: il metro

Che si parli di un argomento per sua natura legato all'impianto formale del testo (quale, appunto, la metrica), all'interno di un'argomentazione che verte sull' universo concettuale alla base della poetica orienziana, è dovuto alla convinzione che la scelta del metro sia dettata da ragioni ideologiche. Rapisarda ritiene che la ragione sia da rinvenire nell'ambito scolastico: “Il suo talento [ndr: di

ciò che più gli sta a cuore è il trasmettere la certezza che da ciascuno deve partire un gesto d'amore, come inizio di un rapporto da istituire con gli altri (1,220ss.)” (BIANCO 1987, pp. 42-43).

255 Cfr. TIBILETTI 1990, pp. 27-59. In particolare: “La dottrina di Cassiano riflette un umanesimo teologico che salva i diritti di Dio nella salvezza umana, e riconosce all'uomo una sua dignità; quella di conservare traccia dei primitivi doni celesti, e di potere collaborare con Dio alla propria salvezza con piena responsabilità” (p. 38); “La teologia della grazia di Valeriano prevede che alla grazia stessa si accompagni lo sforzo umano, la collaborazione” (p. 42) ; nella riflessione di Fausto, infine, “l'uomo col peccato ha perduto il rigoglio e lo splendore della sua grazia; i doni divini li deve recuperare cum summo labore ac sudore, attraverso l'aiuto di Dio (I 8, p. 25,5)” (p. 53).

Orienzio], certamente poeticamente mediocre, è frutto della scuola”257; “Ma anche gli elementi

classici gli vengono dalla stessa scuola, nella quale i testi profani erano tenuti ancora in onore e utilizzati per le esercitazioni letterarie. Sono anzitutto elementi esteriori, formali, come il lessico classicheggiante, lo stile elevato rispondente ai dettami della retorica, l'abilità tecnica nella costruzione del verso, il metro prescelto, quel distico elegiaco che insieme all'esametro in composizione monostica era solitamente impiegato nelle esercitazioni scolastiche ed era stato sperimentato con brillanti risultati dagli autori appartenenti al filone dotto della poesia cristiana [...]”258. Se condivisibili sono queste riflessioni dello studioso, quanto afferma in seguito è, forse,

troppo escludente: “Mi sembra lecito supporre che egli, se fosse vissuto mezzo secolo prima, avrebbe composto un poema didascalico e avrebbe trovato più adatto ai suoi propositi l'esametro continuato, che tradizionalmente era stato impiegato per quel genere letterario”259. Questo perché la scelta del distico, piuttosto, è mirata e funzionale all'esposizione del contenuto e, quindi, all'intento comunicativo. La si comprende se si guarda a tutta la produzione poetica cristiana in distici elegiaci fino al Nostro: le prefazioni in distici di poemi esametrici come il Paschale carmen di Sedulio, il De

actibus Apostolorum o Historia apostolica di Aratore, la Vita sancti Martini di Venanzio Fortunato

(per il filone epico-agiografico), come pure il Carmen ingratis di Prospero ed il Carmen de

Providentia Dei (per il filone didascalico)260; la poesia epigrammatica261; carmi paoliniani quali gli

epigrammi trasmessi nell'ep. 32, la pref. al carme 10 Hartel (vv. 1-18), il carme a Licenzio contenuto nell'ep. 8, il carme 31 (la Consolatio per Pneumazio e Fedele), l'Epitalamio per Giuliano e Tita, i vv. 101-132 del carme 33 Hartel (la Consolatio per la morte di Bebiano), i vv. 272-343 del carme 21 (Natalicium 13)262; i poemi in distici di Prudenzio (Liber peristephanon e

Cathemerinon)263. Il distico elegiaco, quindi, è espressione formale e stilisticamente elaborata di un

257 RAPISARDA 1970, p. 11. 258 RAPISARDA 1993., pp. 170-171. 259 Art. cit., p. 172.

260 Cfr. BRAIDOTTI 1993, pp. 57ss. La studiosa spiega: “Infatti la volontà di differenziare nella forma il contenuto del poema epico, più impegnativo come argomento, dalla prefazione, relativa alla sfera personale e comunque introduttiva all'opera vera e propria, può giustificare la scelta da parte dell'autore di modificare il verso usato, lasciando a quello il classico metro eroico e riservando a questo il metro elegiaco, espressione tradizionalmente di poesia subiettiva ed epigrammatica” (p. 59).

261 Cfr. COLAFRANCESCO 1993, pp. 85ss. A riguardo “il carme si allinea con la tradizione consolidata dell'epitafio in versi pagano, proponendosi come estremo omaggio, […] un vero compianto funebre, con recupero almeno parziale di una funzione arcaica della struttura elegiaca” (p. 98).

262 Cfr. PISCITELLI CARPINO 1993, pp. 99ss. Nell'argomentazione della studiosa ritorna il tema della 'ripresa': “In un'epoca in cui la cultura pagana è caratterizzata da un profondo formalismo, dovuto non solo al tradizionalismo dell'insegnamento grammaticale dominante nelle scuole, ma anche a una precisa volontà di sopravvivenza in un momento di crisi, il poeta cristiano non può fare a meno di riconoscere la fissità dei generi letterari e appropriarsene, sia pure nell'intento di rinnovare dall'interno i generi stessi attraverso la novità del messaggio biblico” (pp.100-101).

263 Cfr. CHARLET 1993, pp. 135ss. Afferma, nella conclusione, lo studioso: “Le cadre du distique, pourtant déjà plus ample que celui du seul hexamètre, est souvent trop étroit pour exprimer les sentiments dont déborde le cœur de Prudence. La dévotion et la passion religieuse du chrétien fervent donnent à cette lettre poétique un ton très

fenomeno culturale che si riflette nell'ambito di tutta una produzione letteraria. Ora, però, il punto della questione non è tanto riconoscere o meno come le conoscenze scolastiche abbiano influito nella scelta del distico (di per sé già assodato), quanto – piuttosto – come abbia prevalentemente determinato la scelta metrica il fattore ideologico, che risulterebbe 'primario' e di maggiore incisività rispetto alla tesi dell’'ambiente scolastico'. Seppur timidamente, Rapisarda propone: “Egli [...] trovò del tutto naturale scegliere quel distico, che già nell'età classica era servito agli elegiaci latini per esprimere, anche se al di fuori della sfera amorosa, i sentimenti più personali e profondi del loro animo; e a quel metro restituì il suo originario carattere parenetico e gnomico”264. Ma, come emerge dalla discussione dopo successiva, con Nazzaro in testa265,questo non basta.Ancora una volta, allora, si presentano fondamentali le riflessioni di Fontaine, il quale, sostenendo la tesi dell'esistenza di temi 'precristiani' nell'elegia romana classica (intendendo come precristiana una mentalità religiosa, 'una religiosità secondaria comune', sul cui piano s'incontrano poeti profani e cristiani)266, riconduce il tutto all'ambiente letterario della 'poesia dell'esame di coscienza', di cui già si è detto, donde arrivare a parlare di “une lecture chrétienne de la plainte élégiaque”267. La sua

interpretazione ha trovato consenso favorevole268: le scelte formali, perciò, sono da inserire nel contesto culturale ed ideologico che si è finora profilato, donde anche il distico si configura come espressione di un sistema ideologico. Così sono da leggere anche le considerazioni degli altri studiosi, i cui contributi si inseriscono sulla stessa linea interpretativa: la Bianco sembra voler giustificare, infatti, la scelta metrica in obbediente coerenza con il tema della conversione, idea centrale di tutta l'opera269, mentre Gasti insiste ancora sul rapporto letteratura pagana elegiaca e

autocoscienza cristiana che sfocia nell'elaborazione, appunto, tutta particolare, del protrettico alla

personnel, bien dans la tradition élégiaque (p. 160). 264 RAPISARDA 1993, p. 172.

265 Cfr. NAZZARO 1993, p. 323: “Resta tuttavia ancora da analizzare il rapporto tra contenuto del carme e strumento metrico adoperato, perché non credo che si possa semplicisticamente risolvere il problema asserendo che Orienzio utilizza il distico elegiaco, perché lo ha appreso a scuola, dove ha appreso anche l'esametro. L'impronta epigrammatica – rilevata qua e là dal Rapisarda – potrebbe fornirci una prima spiegazione”.

266 Cfr. FONTAINE 1993, pp. 37ss. Lo studioso perviene a questa conclusione: “L'acculturation chrétienne du distique n'est pas séparable de son ascendance classique, c'est-à-dire de l'ispiration à la fois ardente et triste qu'ont voulu confier, à ce mètre de ton “mineur”, tous les grands poètes élégiaques de l'âge augustéen. […] Mais dans la souffrances de ces illusions perdues a mûri une expérience spirituelle plus profonde. Un débat entre Amor et Bona

Mens s'est instauré, une recherche plus intérieure est née de ces contradictions douloureusement rassenties; un

retour plus lucide aux plus hautes valeurs romaines de la fides a commencé à frayer sa route dans une lente maturation. C'est dans cette perspective que peut se placer une lecture chrétienne de la plainte élégiaque. Une telle lecture consonne avec l'expérience biblique de la misère de l'homme, comme étape initiale et inévitable de tout itinéraire spirituel. C'est pourquoi la double recontre de l'amour e de la mort demeurerait un jour si décisive dans l'évolution intérieure d'Augustin adolscent. Chrétiens et poètes élégiaques ont pu retrouver ainsi sur le terrain commun de la seconde religiosité (pp. 54-55).

267 Ibid.

268 NAZZARO 1993, p. 323. 269 Cfr. BIANCO 1987, p. 58ss.

conversione270.

V. Per una visione d'insieme

Si è partiti, nei capitoli precedenti, dall'individuazione degli insegnamenti paolini e dall'indicazione ragionata, secondo la diversità di generi letterari, delle citazioni scritturistiche; è stata, allora, sommariamente descritta la presenza di fonti patristiche, mentre si è analizzata nel dettaglio, dunque, la produzione ambrosiana che funge da sostrato ideologico-teologico-pastorale al poema orienziano. Dopo queste considerazioni di tipo 'analitico', sono stati presi in considerazioni due aspetti del progetto compositivo di Orienzio: lo sfondo del dibattito dottrinale e la visione antropologica. Da ultimo si è considerato l'aspetto metrico. Per quanto questi elementi siano diversi tra loro (dal momento che il primo inerisce all'ambito filologico, il secondo al complesso teologico, il terzo alla veste formale dell'opera), le riflessioni condotte puntano a rintracciare, nei suddetti, una conferma all' idea di “poesia dell'esame di coscienza”, nel cui contesto si può ben collocare il

Commonitorium. Da un lato il distico elegiaco è proprio di una poesia che miri all'espressione del

sentimento; dall'altro la riflessione sulla 'salvezza dell'uomo' è specchio degli orientamenti del dibattito teologico contemporaneo. Così si è inteso esplorare l'universo concettuale alla base del De

vitiis.

270 Cfr. GASTI 2008, pp. 141-142, in particolare: “Nulla di nuovo, insomma, nell'autocoscienza del poeta cristiano del V secolo, la voce del quale continua a usare le voces, gli ora dei grandi del passato, per esprimere contenuti animati da corda nonostante tutto davvero nuovi”.