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Capitolo 3 Il governo della casa

3.4 Alla tavola di Silvia: le lettere al suocero

Come ho ricordato, nel fondo Perusini sono conservati molti appunti ed elenchi di generi alimentari: note di acquisto di merci, elenchi di prodotti ottenuti dalla macellazione di animali, “libri di cibarie”, documenti che testimoniano la relazione intensa e duratura che si era instaurata tra Silvia e la cucina50.

Sul ruolo della cucina come forma di identità culturale e di peculiare rappresentazione del sé è stato scritto molto51, così come, in anni recenti, si è insistito sul rapporto che nei secoli ha legato le donne al cibo, dall'elogio delle sante digiunatrici del Medioevo alla valorizzazione di uno specifico ruolo, quello di cuoche52. Non v'è dubbio quindi che la relazione con il cibo sia il frutto di un nesso complesso, in continuo divenire, capace di fornire chiavi di lettura

50 ASUD, Perusini, B 751 e 672, a titolo di esempio. Per un inquadramento di lunga durata su cibi e alimentazione: J. L. FLANDRIN – M. MONTANARI, Storia dell'alimentazione, Roma-Bari, 2007, ma anche S. CAVACIOCCHI, (a cura di), Alimentazione e nutrizione secc. XIII-XVIII, atti della ventottesima settimana di studi, Prato 22-27 aprile 1996, Firenze, 1997.

51 M. MONTANARI (a cura di), Il mondo in cucina. Storia identità, scambi, Roma-Bari,

2002.

52 M. G. MUZZARELLI – G. TAROZZI, Donne e cibo: una relazione nella storia, Milano, 2003.

dell'intera società. E proprio un profondo legame emerge dalle carte di Silvia: come detto, un'infinità di note in cui, ordinatamente, vengono segnate le spese per la sua tavola, i cibi acquistati, il loro costo, la quantità delle derrate provenienti da terre e allevamenti. Il tutto indicato secondo un grado di dettaglio analitico tanto da evidenziare, ad esempio, quante soppresse di sotto gola, quanti salami di lingua, quanti musetti, quante “luganige di polmon” e così via, si possono ottenere dalla macellazione di un maiale. Sono elenchi che permettono di far luce sulle abitudini alimentari di una famiglia nobile del XVIII secolo, in generale una fonte preziosa nella ricostruzione della storia dell'alimentazione e della modernizzazione gastronomica del Friuli settecentesco53.

Se dalla lettura delle carte di cui ho appena detto emergono dati che si prestano bene ad indagini statistiche e di storia economica, che cosa invece si può ricavare dall'analisi della comunicazione epistolare relativa agli stessi temi? Per rispondere a questa domanda prenderò in considerazione soprattutto le 25 missive inviate al suocero perché centrate principalmente sullo scambio di cibi e generi alimentari sebbene la tematica inerente la cucina sia presente anche nelle lettere inviate ad altri destinatari54. In queste lettere, di solito piuttosto brevi, l'invio e la ricezione dei beni alimentari sembrano essere il motivo stesso della corrispondenza. “Rendo infinite grazie a Vostra Signoria Illustrissima dei persici et altri frutami”55, “spedischo un paro di polastri morti e n. 10 lire di pan di

53 Sulla modernizzazione della cucina europea si veda J.L. FLANDRIN, La cucina europea moderna: un crocevia di esperienza culturali (XVI-XVIII secolo); in M. MONTANARI (a cura di), Il mondo in cucina...,cit., pp. 71-85. Per un primo approccio alle fonti per la storia dell'alimentazione in Friuli: M.L. IONA, Friuli-Venezia Giulia: aree, tipologie, stato delle fonti archivistiche per la storia dell'alimentazione, in Gli archivi per la storia dell'alimentazione, Atti del convegno, Potenza - Matera 5-8 settembre 1998, Roma, 1995, vol. II, pp. 154-172.

54 Si tratta di 15 lettere scritte tra il 1734 e il 1738 e di altre 10 lettere senza data ma presumibilmente dello stesso periodo.

tromesta et 2 di biancho”56, “ricevera lire due di ardo e il graso di ocho”57, sono esempi rappresentativi della comunicazione tra nuora e suocero che non si basava, almeno da quanto affiora dalle lettere, su temi facilmente ipotizzabili quali lo stato di salute, le notizie più o meno dettagliate dei vari componenti della famiglia, i convenevoli di maniera, ma è invece articolata come una sorta di relazione inerente gli approvvigionamenti alimentari. Silvia infatti indica la quantità delle derrate che riceve ma anche quella che invia - “Si spedisce libre 5 di castrado et un paro di polastri”58 - o che richiede - “Sulplicho Vostra Signoria Illustrissima ...un pocha di uva pasa et un pocho di pevere et una libbra o due di risi”59 - trasformando la lettera in una sorta di ricevuta della trasmissione delle merci. Va infatti tenuto conto che il trasporto dei vari prodotti veniva affidato a terzi e che per la loro stessa natura quelle merci potevano essere deperibili o facili da trafugare: fornire un preciso resoconto di ciò che si inviava o si riceveva significava anche esercitare un controllo sulla correttezza della trasmissione.

Ma quali erano i beni alimentari che nuora e suocero si scambiavano? Innanzitutto quelli che potevano essere trasportati senza grandi rischi di deterioramento: il formaggio, la farina, il pane ma poi anche la carne, soprattutto quella suina che proveniva dagli allevamenti di famiglia, perfino il pesce di mare che forse giungeva da una pescheria udinese dove arrivava dopo adeguato servizio di trasporto60; e poi il sale, le spezie, il caffè e una bevanda considerata simbolo delle élites, la cioccolata61. I beni elencati nelle comunicazioni di servizio,

56 ASUD, Perusini, b. 531, lettera del 9 luglio 1738. 57 ASUD, Perusini, b. 534, lettera senza data.

58 ASUD, Perusini, b. 534, lettera del primo agosto 1735. 59 ASUD, Perusini, b. 534, lettera senza data.

60 Sulla viabilità del Friuli di Età Moderna si rimanda a A. FORNASIN, Tra Vienna e Venezia. La viabilità della patria del Friuli in età moderna, in «Studi Veneziani», XXXVIII (1999), pp. 15-36, ripubblicato insieme ad altri saggi di storia economica in IDEM, La patria del Friuli in età moderna. Saggi di storia economica, Udine, 2000.

61 Rimando a W. SCHIVELBUSCH, Storia dei generi voluttuari: spezie, caffè, cioccolato, tabacco, alcool e altre droghe, Milano, 1999; per la diffusione del caffè nei territori delle nostre vicende: R. DA NOVA ERNE, La diffusione del caffè da genere esotico e di lusso ad

chiamiamole così, sono tanti e testimoniano come lo scambio, perlomeno in ambito familiare fosse una delle fonti del rifornimento alimentare, agevolato in questo caso dal fatto che il suocero si trovava a Udine, vicino ai mercati, mentre Silvia passava gran parte del tempo nelle campagne limitrofe, a Colloredo e a Muscletto. L'invio degli alimenti, verosimilmente, non doveva essere interpretato come una manifestazione di ossequio, considerate anche le precisazioni di Silvia riguardo l'eventuale deterioramento delle merci deperibili o la loro qualità, ma piuttosto come la sinergia più efficace all'approvvigionamento reciproco62. Sicuramente non era aliena da Silvia, come vedremo, l'abitudine di utilizzare i beni alimentari come doni, comportamento peraltro assai diffuso in Antico Regime ma il caso che stiamo illustrando, lo ribadiamo, sembra aver a che fare con una sorta di permuta di beni necessari, più che con reciproche cortesie.

Nonostante le lettere al suocero siano una piccola miniera di informazioni relative ai cibi che costituivano il desco della famiglia Colloredo, non riescono tuttavia a fornirci un quadro esaustivo dell'utilizzo di quelle merci. Se verosimilmente, infatti, Silvia e i familiari consumavano per sé stessi parte dei generi che provenivano dalle proprie terre o che comunque riuscivano a procurarsi, alcune lettere, indirizzate a personaggi al di fuori della famiglia, ci forniscono notizie non solo circa la abitudini alimentari della famiglia, ma anche su aspetti sociali e conviviali legati ad essa. Così scrive Silvia a un certo Valentino:

Copia Sigr Valentino Stimatissimo Colloredo 16 ottobre 1789

Avendomi favorito l'anno passato del suo formaggio, sono ancora quest'anno a pregarla voler favorirmi di ffe 60 circa, che non sia di quel marzo, ma d'ottima

elemento dell'alimentazione nel territorio triestino e nel Friuli orientale dal secolo XVIII al 1918, in Gli archivi per la storia dell'alimentazione...cit., vol. II, pp. 1343-1355.

62 Così infatti scrive Silvia a Giulio Cesare: “rendo infinite grazie a Vostra Signoria Illustrissima del melone et dei altri frutami i persiti ò ancora due et li godo per amor di lei, il melon era tutto marzo di dentro”, ASUD, Perusini b. 534, senza data; oppure ancora “rendo infinite grazie delle cerase ma non valgiano niente, che non le abiamo potute mangiare, et la prego di mandarmi di miglior qualita”, ASUD, Perusini, b. 531, 12 giugno 1738.

qualità stante serve per la mia tavola che mi preme farli sempre onore con li miei ospiti63

E ancora in lettere successive allo stesso destinatario, Silvia insiste sul desiderio di ben figurare grazie ad un formaggio di qualità perché esso “non ha da servire solo per la mia tavola, essendo anche sogeta a foresti”, fornendoci così qualche squarcio sui suoi costumi sociali64. Sono solo pochi accenni che segnalano contatti esterni alla famiglia, relazioni che implicano comportamenti sociali codificati, tanto da spingere Silvia a chiedere al suocero l'invio di candelieri e sottocoppe d'argento per accogliere degnamente cavalieri e dame65.

Talvolta, nelle lettere al suocero, generalmente asciutte ed essenziali, trovano spazio anche notizie diverse rispetto a quelle relative all'alimentazione, come ad esempio le informazioni sulla dentizione dei figli ancora bambini, qualche riferimento ad abiti e guanti, qualche cenno sul carnevale da trascorrere a Gorizia. Sono però poca cosa rispetto ad una corrispondenza che si condensa soprattutto attorno a un singolo tema.

Le lettere scritte al suocero, inviate ai figli, ricevute dalle figlie, non esauriscono la gamma di destinatari e mittenti in ambito familiare perché altre figure, con incisività e continuità diverse, fanno parte della compagine dei corrispondenti di Silvia come ad esempio il marito Filippo, le nuore Enrichetta e Claudia66, il nipote Michele Rabatta67. Tra tutti va fatto almeno un accenno ad una delle sorelle di Silvia, Lodovica Rabatta.

Di questa nobildonna, sposata a Madrid a Fernando Silva conte di Cifuentes,

63 ASUD, Perusini, b. 588, f.3, lettera di Silvia a destinatario non identificato (presumibilmente tale Valentino Miceli) del 16 ottobre 1789.

64 ASUD, Perusini, b. 588, f.3, lettera a destinatario non identificato (presumibilmente tale Valentino Miceli), 8 novembre 1789.

65 ASUD, Perusini, b. 531, lettera del 16 settembre 1738.

66 Si tratta di Enrichetta Spineda e Claudia Prampero, rispettivamente mogli di Giulio Cesare e Pietro Antonio Colloredo.

67 Alla cui morte Silvia darà avvio ad una lunga causa per ottenerne l'eredità in virtù di un fedecommesso del XVII secolo.

marchese di Alconchel, grande di Spagna, poco sappiamo e la sua memoria nell'Archivio Perusini è affidata a meno di dieci lettere68. Sono missive che tuttavia ci colpiscono per la distanza che passa tra queste e quelle di Silvia. Un divario grafico, innanzitutto. Delle competenze di Silvia in questo campo ho già detto, di Lodovica meraviglia l'abilità del tratto, la scrittura sempre regolare e ben allineata sul rigo, l'attenzione alle lettere maiuscole e minuscole, l'uso preciso dei segni di interpunzione. L'impaginazione è corretta, senza incertezze, si tratta insomma, di una scrittura matura e disinvolta, che non può sottrarsi al confronto con quella della sorella. Come mai esisteva un divario così profondo fra le due sorelle69? Posto che la differenza non è imputabile ad un mancato esercizio da parte di Silvia, che, anzi scriveva frequentemente, sarebbe interessante poter verificare se le sorelle avessero beneficiato o meno di un'istruzione simile o, nel caso di percorsi differenziati, il motivo di questa diversità.

Attilio Bartoli Langeli in uno studio di qualche anno fa sulla matricola del S. Anello di Perugia aveva comparato le scritture di alcuni componenti di una stessa famiglia verificandone le profonde diversità70. Questo fatto era attribuibile, per parafrasare le parole stesse di Bartoli Langeli, alla diversa modalità di acculturazione dei figli in vista del loro destino da adulti, quindi a seconda di quanto veniva stabilito per la loro carriera, i bambini godevano di percorsi d'istruzione differenziati. Non so se ciò sia applicabile anche a Silvia e Lodovica, se quindi la sorte a cui erano destinate le aveva forzosamente avviate verso percorsi diversi, ma rimane un fatto la notevole disparità di cultura grafica.

Le differenze, comunque non si limitano al solo aspetto materiale della

68 ASUD, Perusini, b. 387, f. 1. Le lettere di Lodovica Rabatta Cifuentes alla sorella Silvia datano dal 1776 al 1780, ma alcune sono senza data.

69 Sui vari livelli di esecuzione rimando ad A. PETRUCCI, Scrittura, alfabetismo ed educazione grafica nella Roma del primo Cinquecento ...cit.

70 A. BARTOLI LANGELI, Scrittura e parentela. Gli scriventi apparentati in una fonte italiana quattro-cinquecentesca, in IDEM – X. TOSCANI, Istruzione, alfabetismo, scrittura...cit., pp. 75-108.

scrittura. Certamente va tenuto conto della profonda diversità dalla quale traevano origine le lettere delle due sorelle: Silvia redigeva le sue missive in un contesto di esigenze pratiche – la carriera e gli studi dei figli, la gestione delle proprietà – mentre per Lodovica scrivere significava gettare un ponte verso la sua famiglia d'origine, senza dover per forza adempiere a necessità di tipo concreto. Le sue sono lettere che sembrano scaturire dalla rielaborazione critica degli affetti lontani e, in generale, grondano emozioni71. I ricordi e le informazioni riguardanti lo stato di salute, la carriera, i matrimoni dei componenti della propria famiglia, sono il filo conduttore del rapporto tra le sorelle che si alimenta attraverso i continui riferimenti ad una comune appartenenza. Alla morte di un fratello, dopo aver palesato il dispiacere per l'evento, Lodovica sottolinea che “abenche non havevo speranza di vederlo, ma mi serve di consolacione di sapere delli miei carissimi parenti” e ancora, “io non lo posso scordare, ed giornalmente mi si aumenta il senti[mento] della sua mancanza”72.

Ai ricordi familiari e alle notizie di salute, Lodovica aggiunge poco altro e improvvisamente, nel novembre del 1780, la corrispondenza si interrompe.