• Non ci sono risultati.

Altre opere massetane di Giroldo da Como

Nel documento Il Duomo di Massa Marittima nel Medioevo (pagine 146-150)

Il capitellino dell’acquasantiera della navata sinistra

La presenza di Giroldo da Como nella città massetana sembra rivelarsi anche in altre opere.

La prima è il capitellino dell’acquasantiera posta di fronte al secondo sostegno del colonnato sinistro (fig. 4.25),540 nei pressi dell’ingresso laterale dell’edificio, dove fu collocata nel 1935 a sostituzione della pila oggi presso il fonte battesimale.541 Essa

533 Il testo delle summenzionate provvisioni (ACM, Riformagioni, 15, e, 1467 febbraio 14, c. 217r; ACM,

Riformagioni, 15, f, 1468 febbraio 1, c. 300r; ACM, Riformagioni, 15, h, 1469 febbraio 24, c. 384 r) è

stato analizzato recentemente da Riccardo Belcari, che ha corretto alcuni errori compiuti dal Petrocchi (R. BELCARI, 2005, p. 222).

534 A. ARUS, 1884, pp. 39-41; A. ADEMOLLO, 1894, p. 178. Il documento citato dall’Arus (AVM,

Extraordinarium 1622-1638, cc. 244 v-244 r), che non ne inserisce il riferimento esatto, è stato trascritto

da Federico Roccabianca nella sua tesi di laurea inedita ma consultabile sul sito academia.edu (F. ROCCABIANCA, Società, chiesa e vissuto religioso nella diocesi di Massa e Populonia in epoca medicea, Università di Siena, a. a. 2003-2004, rel prof. Gaetano Greco).

535 G. TARGIONI TOZZETTI, 1770, pp. 130-131. 536

G. DELLA VALLE, II, 1785, pp. 129-130 nota 1.

537 F. FONTANI, 1802, p. 64 538 A. ARUS, 1884, pp. 39-41. 539 S. SETTIS, 1986, p. 480. 540

Petrocchi data l’opera al XIII secolo (L. Petrocchi, 1900, pp. 44-45), mentre per Jussa Eissengarthen, autrice di una tesi dottorale sui fonte e le acquasantiere gotiche in Toscana, si tratterebbe di un’opera della prima metà del XIV secolo (J. EISSENGARTHEN, 1975, p. 54). Per Giuseppe Marchini il capitello è da collegarsi all’intervento di Giovanni Pisano (G. MARCHINI, 1957, p. 40).

541

presenta un bacile di sagoma mistilinea, poggiante su una colonnetta liscia dotata di capitello corinzio a un ordine di foglie d’acanto, tra le quali spuntano, a intervalli regolari, i quattro simboli del Tetramorfo: un’aquila, una protome di bue, un angelo a mezzo busto che tiene un cartiglio e un leoncino (figg. 4.23, 4.24, 4.26, 4.27). La colonna e la larga base modanata appaiono di restauro, mentre il resto dell’opera si mostra in un mediocre stato di conservazione: molto usurato è il capitello, che mostra evidenti stuccature nella parte superiore, ma anche la vasca denuncia cadute di materiale e lacune sul bordo. Ad un’analisi attenta la vasca e il capitello non sembrano opere della stessa epoca: mentre la forma del bacile rientra in una tipologia già trecentesca, di cui fanno parte anche altre acquasantiere di ambito senese databili alla prima metà del XIV secolo,542 il capitello sembra appartenere ancora al secolo precedente, sia per la resa delle foglie d’acanto, ricche di forellini di trapano, sia per le quattro figurine scolpite sul capitello. Queste, seppur mal giudicabili a causa delle cattive condizioni conservative, mostrano punti di tangenza con i rilievi del fonte battesimale, a cui rimandano il caratteristico modo di contornare gli occhi, con incisioni sottili e quasi circolari, e la figurina dell’aquila, che si ritrova quasi identica in uno dei pennacchi del lato della vasca rivolto verso la controfacciata. Al fonte rimanda anche il motivo anticheggiante a ovuli e perline che corre sul bordo superiore del capitello. Pare dunque di essere davanti all’assemblaggio di due pezzi di epoca diversa, la cui motivazione, e cronologia, rimane oscura; non è oltretutto certo che la vasca sia realmente medievale, e non ottocentesca. Sembra quindi ipotizzabile che a Giroldo da Como fosse stato commissionato, oltre al fonte battesimale, anche un’altra componente dell’arredo interno che comprendeva il capitellino in questione, forse proprio un’acquasantiera, la cui vasca, magari irreparabilmente danneggiata, potrebbe essere stata sostituita nel Trecento.

primo ingresso laterale sinistro) si trova in restauro presso la ditta Fratelli Fiorini, per riparare ai danni provocati da alcuni ragazzi che vi si erano aggrappati durante una cerimonia del 12 ottobre precedente, causandone la caduta e la rottura; Badii aggiunge inoltre che essa verrà spostata presso il fonte, in posizione più riparata, al posto dell’altra pila (SBSAE, Archivio storico, Massa Marittima, C-21,

Cattedrale di San Cerbone, Carte fino al 31/12/1998, 4 agosto 1935).

542 Tra queste vanno ricordate la pila nella cattedrale di Siena, posta davanti alla porta della navata laterale

destra (S. COLUCCI in Le sculture del Duomo di Siena, 2009, pp. 86-87); l’acquasantiera nell’adiacente Battistero, presso l’ingresso a destra (la compagna di sinistra fu eseguita nel 1899 dallo scultore Maccari; V. LUSINI, 1901, p. 89) e la pila nella chiesa di Santa Maria dei Servi, sempre a Siena. Le pile senesi appena citate, delle quali la vasca massetana rappresenta una versione semplificata per l’assenza di decorazioni vegetali nelle nervature tra le convessità del bacile, possono essere datate alla prima metà del XIV secolo, per un confronto con la vasca del fonte battesimale della collegiata di Poggibonsi (1341), di simile forma, e per la probabile esecuzione della pila del Battistero in contemporanea con l’edificazione

Frammenti lapidei nel Museo d’Arte Sacra

La seconda opera riferibile al maestro è un frammento di vasca d’acquasantiera conservato al Museo d’Arte Sacra di Massa Marittima; inedito, esso figura come opera di Giroldo da Como nel cartellino del museo (fig. 4.28). Della tazza, originariamente dal profilo quadrilobato con quattro aggetti circolari agli angoli, rimane oggi un lato intero e un terzo dei due adiacenti, il tutto mancante di parte della base inferiore e dunque del fondo. Il frammento presenta un bordo liscio su cui corre un’iscrizione, della quale rimangono le parole (fig. 4.29):

. S . MARCO . EVANGELISTA . A . D . M . C. C….S. MATTEO

Al di sotto dell’orlo vi sono due fasce decorative, la prima contenente un motivo di ovuli e perline, la seconda una serie di foglioline romboidali con la punta rivolta a destra, sovrapposte l’una all’altra con andamento antiorario. Le due fasce sono interrotte sotto gli aggetti angolari del bordo da testine aggettanti con nimbo, di cui ci rimangono una protome leonina e una umana: sono due dei quattro simboli del Tetramorfo, come indica l’iscrizione che corre sopra di esse (figg. 4.30, 4.32). Ciascuna testina poggia su una rigonfia foglia d’acanto, che decora gli angoli del corpo della vasca; questo è ornato al centro di ogni faccia da baccellature. La superficie dell’opera è consunta, l’iscrizione non è perfettamente leggibile ed i tratti delle due testine si presentano molto usurati. I bordi perfettamente resecati del frammento portano a pensare che la spaccatura della vasca non sia da imputare a una rottura accidentale, ma a un intervento volontario, da spiegare forse con uno spostamento dell’oggetto e con una sua nuova sistemazione, magari a muro. L’aspetto delle parti scomparse è ricostruibile abbastanza agevolmente: è certo che la decorazione visibile fosse presente sull’intera vasca, e che ai due angoli perduti ci fossero le testine di un’aquila e di un bue, simboli dei due evangelisti mancanti all’appello (San Giovanni e San Luca). Anche l’iscrizione doveva girare su tutto il bordo, portando i nomi dei due santi assenti e, forse, la firma dell’artista; sopravvive solamente la data di esecuzione dell’opera, leggibile a fatica: sono riconoscibili le prime lettere (A, D, M), della quarta rimangono due stanghette verticali, probabili terminazioni di una C, la quinta è nuovamente una C, dopo la quale rimane lo spazio per una sola lettera, prima della S di S. MATTEO. In questo spazio è riconoscibile con sforzo una lineetta verticale in basso a destra, che potrebbe essere

l’estremità sia di una L (1250) che di una terza C (1300). Da un punto di vista stilistico, l’attribuzione a Giroldo da Como è da ritenere plausibile, ed è confortata dai confronti con opere da lui firmate o a lui attribuite, quali i leoni alla base del fonte battesimale della cattedrale (fig. 4.31), la lastra dalla Badia di Montepiano e le testine murate all’esterno della chiesa di Cireglio (fig. 4.33): allo scultore lombardo rimanda ad esempio la caratteristica definizione del contorno degli occhi con incisioni leggere e sottili e della pupilla con un piccolo forellino. La paternità dell’opera sembra però contrastata dalla data inscritta sul bordo, comunque essa venga interpretata: se una cronologia all’anno 1250 è stilisticamente inverosimile, perché si percepisce un’attenzione alla volumetria che Giroldo acquisisce solo più avanti grazie al contatto con Nicola Pisano, una collocazione all’anno 1300 pare troppo tarda per un artista la cui prima attestazione risale al 1250 e l’ultima al 1284. In quest’ultimo caso si potrebbe pensare all’opera di uno stretto seguace dello scultore, che ne perpetua fedelmente lo stile.543 Considerando tuttavia le mediocri condizioni dell’iscrizione, e dunque una sua possibile erronea interpretazione, è forse più prudente lasciare sospesa la questione della datazione e limitarsi a collegare il frammento all’ambito di Giroldo.

L’opera si trovava fino al 2005 nella chiesa di Sant’Agostino, murata in una parete d’angolo con la sagrestia,544 in una collocazione certamente non originaria; alla chiesa pervenne dai depositi comunali,545 ma non abbiamo notizia di sue vicende precedenti, né di quale fosse l’edificio per cui era stata originariamente creata. Nello stesso museo vengono collegati a Giroldo anche due frammenti di cornice decorata con un motivo di ovuli e fusarole, provenienti dalla cattedrale e in tutto analoghi al bordo superiore del fonte battesimale (fig. 4.34); è possibile che vadano identificati con la cornice “uguale

543 In tal caso un buon candidato potrebbe essere il figlio Lapo, del quale rimangono un Angelo

Annunciante e una Vergine Annunciata nell’Accademia di Belle Arti di Carrara, che l’artista firma e data

con caratteri onciali assai simili a quelli del frammento massetano. Le due figure, già citate da Salmi (M. SALMI, 1928, p. 121, n. 63), che riconosceva nello scultore il figlio di Giroldo, sono state esposte nella mostra di Sarzana del 1992 (M. CATALDI, in Niveo de Marmore, 1992, p. 305). La data incisa sulla base della figura dell’Angelo Annunciante manca dell’ultima (o ultime) cifra (MCCCXX..).Un confronto stilistico con le testine della pila massetana risulta però molto arduo, dato che purtroppo la figura della Vergine ci è giunta acefala, e il volto dell’Angelo molto consunto. Allo stesso scultore è stata anche attribuita la lastra con l’Annunciazione murata nel fianco destro della cattedrale di Santa Maria del Fiore di Firenze e appartenente alla sepoltura della Compagnia dei Laudesi: già collegato all’ambito di Giroldo da Salmi, esso è stato attribuito a Lapo di Giroldo da Ascani (V. ASCANI, 1995, pp. 775-776) e dalla Bardelloni (C. BARDELLONI, 2000, p. 44); per Gert Kreytenberg si tratta invece di un artista fiorentino attivo negli anni ’30 del XIV secolo (G. KREYTENBERG in La cattedrale di Santa..., II, 1995, pp. 149-150) e per Enrica Neri di “un debole maestro nella tendenza di Giroldo da Como” (E. NERI in Arnolfo: alle

origini..., 2005, p. 368). Il rilievo si mostra tuttavia di qualità molto inferiore a quella del frammento

massetano.

544 Comunicazione orale della dottoressa Roberta Pieraccioli, direttrice del Museo d’Arte Sacra. 545

alla cimasa della vasca del battistero” di alcuni frammenti della mensa del primitivo altare della cappella alla sinistra dell’abside, rinvenuti dopo la rimozione di parte dell’altare in stucco ancora esistente.546

Non sembra riferibile invece al maestro lombardo l’acquasantiera posta attualmente davanti alla prima colonna destra, nei pressi del fonte, attribuita a Giroldo da Swarzenski547 e da Riccardo Belcari, ma solo per quanto riguarda la figura stilofora.548 Come vedremo più avanti, l’opera pare databile alla fine del secolo XIII o all’inizio del XIV, e venne probabilmente eseguita durante i lavori di ampliamento della cattedrale.

Nel documento Il Duomo di Massa Marittima nel Medioevo (pagine 146-150)