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Andamento Temperatura e Perdite di Calore nel TES

7.4 Altre possibili soluzion

Si è calcolato che, non avendo nessun vincolo di tipo geometrico, per rendersi totalmente indipendente dal gas, anche nei mesi più rigidi, sarebbe necessario installare il doppio dei ser- batoi, ossia 10; ciò significherebbe avere il doppio della capacità di accumulare energia ter- mica, ma anche occupare il doppio della superficie e tenere accesa la caldaia a biomassa alla massima potenza per lunghi periodi che non sempre sarebbe comunque sufficiente. Sarebbe più fattibile se si avesse a disposizione anche la seconda caldaia a biomassa, che potrebbe fungere da caricatore del TES, intanto che la prima sopperisce alla produzione, e da integra- zione per la filiera del pellet, in modo da alternare le fasi di funzionamento a regime e dimi- nuire i tempi di caricamento dei serbatoi.

Figura 7.5 Confronto tra la modalità ottimizzata scelta e quella con un TES a capacità termica doppia per un giorno feriale invernale.

Conclusioni

124

Lo scopo della tesi è stato descrivere il sistema dei distretti energetici, in particolare quelli alimentati a biomassa e finalizzati al teleriscaldamento in combinazione con la produzione di energia elettrica.

Il teleriscaldamento è un servizio di fornitura e distribuzione di acqua calda o surriscaldata a mezzo di reti interrate, destinata al riscaldamento degli edifici ed alla produzione di acqua calda igienico-sanitaria. In quanto presuppone la produzione centralizzata del calore in una o poche centrali di grosse dimensioni, consente una migliore qualificazione dell’energia primaria contenuta nel combustibile. Questo sistema si presta naturalmente ad essere abbinato alla cogenerazione, recuperando il calore residuo dal processo di produzione dell’energia elettrica, in tal modo si aumenta il rendimento globale dell’impianto e si hanno un maggiore controllo e monitoraggio delle emissioni inquinanti, un minore costo finale e di gestione a carico dell’utente, una maggiore sicurezza degli impianti. Quindi la combinazione di CHP-DHN può essere una valida soluzione per intraprendere la strada dell’efficienza e del coinvolgimento della popolazione per migliorare i consumi finalizzati al riscaldamento.

Seppur offrendo molti vantaggi, i distretti di teleriscaldamento hanno non poche criticità sia a livello progettuale e sia a livello gestionale, ancor di più se sono alimentati con biocombustibili solidi di origine ligno-cellulosica.

La prima fase è la principale ed è l’analisi di fattibilità: si deve individuare l’area teleriscalda- bile, stimare in modo più accurato possibile la sua richiesta di calore mediante lo studio e la raccolta di dati ed individuare la filiera più adatta per l’approvvigionamento del combustibile. Il primo ostacolo che si pone è di tipo logistico ed è l’identificazione di un luogo adeguato e sufficientemente ampio per ospitare l’intero impianto, che non sia troppo distante dalle utenze per limitare le perdite di calore e di carico. Il passo successivo è la progettazione e la costruzione dell’infrastruttura, se attualmente il mercato delle caldaie a biomassa offre un ampio intervallo di taglie (da qualche centinaio di kW fino anche a 50 MW), tipologia (a vapor saturo o surriscaldato, a bassa, media o alta pressione, ad acqua surriscaldata o ad olio diater- mico) e prezzi, così non è per la posa delle tubazioni che rappresenta l’elemento più costoso e complesso da realizzare e dimensionare. Il dimensionamento della rete dipende dalle tem- perature di alimentazione e di ritorno, scelte in funzione delle destinazioni d’utenza, e dalla potenza termica determinata attraverso la stima dei carichi previsti, sovradimensionando il circuito per tenere di conto anche possibili allacciamenti successivi alla costruzione. Questa è una parte importante del progetto poiché l’onere della rete di distribuzione incide più del 50% del costo d’impianto e questo aumenta con l’aumentare del diametro delle tubazioni, da cui dipendono anche le dispersioni termiche. D’altra parte diametri troppo piccoli implicano mag- giori perdite di carico e dunque aumenti nel lavoro di pompaggio e nei costi d’esercizio. La scelta della tipologia impiantistica deriva invece dall’andamento dei carichi. Infatti la richie- sta di calore non è costante durante l’anno, soprattutto nel caso civile-residenziale, ci sono periodi come quelli invernali che richiedono produzioni maggiori rispetto a quelli estivi che

Conclusioni

125

sono costituiti dalla sola domanda di acqua calda sanitaria. Pure durante il giorno si hanno forti oscillazioni nella domanda, per esempio la mattina quando iniziano le attività o la sera quando la gente rientra a casa. Questo ha un impatto sulla scelta della taglia dei generatori e sulla loro possibilità di modulare il carico in conseguenza alla richiesta, cioè sulla capacità di inseguimento termico da parte dell’impianto. Un ruolo importante in questo senso ce l’ha l’accumulo termico, che rende più fluida la produzione limitando gli sbalzi di potenza; per- mette una maggiore efficienza globale e una valorizzazione dell’energia primaria del combu- stibile. Inoltre consente ai cogeneratori di funzionare alle massime prestazioni accumulando l’eccedenza di calore prodotto.

Altro fattore non meno importante è la linea di trattamento dei fumi che vengono espulsi attraverso il camino e devono essere depurati per rispettare i vincoli di legge in materia di inquinamento, soprattutto per quanto riguarda il particolato. Per esempio un filtro a maniche ha un ingente costo d’acquisto, addirittura pari al 25% del totale degli elementi di centrale, mentre uno di tipo elettrostatico comporta un alto costo di gestione per il suo funzionamento, quelli di tipo umido invece producono dei liquidi residui che vanno smaltiti, con una conse- guente spesa.

Infine se si produce in cogenerazione utilizzando l’acqua come fluido di lavoro in un impianto a ciclo Rankine, è obbligatorio garantire il presidio permanente dell’impianto, ossia predi- sporre la presenza di operatori qualificati 24 ore su 24; un onere non sostenibile per centrali di taglia ridotta, che piuttosto preferiscono installare turbogeneratori ORC, meno impegnativi e onerosi, a discapito del rendimento elettrico.

Si può dire però che la realizzazione di una rete di teleriscaldamento alimentata a biomassa legnosa ha una finalità più ampia che la sola erogazione di calore a delle utenze. Infatti si hanno altri benefici, quali:

• La valorizzazione della materia prima forestale;

• Il sostegno e lo sviluppo di una filiera bosco-legno-energia;

• L’incentivazione di una economia locale legata all’attività lavorativa connessa; • La riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili d’importazione;

• L’efficientamento degli impianti rispetto alla sola produzione di energia elettrica; • Il miglioramento della qualità dell’aria grazie al controllo delle emissioni di un unico

camino;

• La neutralità rispetto al ciclo del carbonio grazie al rinnovamento dei boschi locali, ot- timizzando così il suo assorbimento nella fase di crescita delle piante;

• L’alternativa alla metanizzazione nei comuni di piccole dimensioni e ubicati in zone montane.

Conclusioni

126

Lo scopo di questa tesi è stato descrivere l’utilizzo di biomasse legnose ai fini energetici, in particolare nel settore del riscaldamento civile attraverso un sistema cogenerativo abbinato ad una rete di teleriscaldamento.

L’analisi ha portato alla luce vari inconvenienti e criticità delle reti di teleriscaldamento: • Il dimensionamento delle tubazioni seguendo opportuni parametri geometrici e di ve-

locità per limitare le dispersioni termiche e le perdite di carico;

• La rigidità del sistema di produzione in contrapposizione alle continue oscillazioni dell’andamento della richiesta di calore;

• Ogni tecnologia ha i sui pregi e i suoi difetti e nessuna è perfetta, quindi va scelta in base alla taglia della rete e ai picchi di richiesta, cercando di minimizzare le perdite di produzione e il funzionamento a carichi ridotti;

• La perdita di efficienza dei generatori di calore e degli scambiatori primari data dalla modulazione della portata di fluido termovettore per inseguire la domanda termica; • La necessità di una linea di trattamento degli effluenti gassosi e del particolato prodotti

dalla combustione della biomassa legnosa;

• Il bisogno di controllare le caratteristiche del biocombustibile in ingresso, soprattutto dell’umidità e degli elementi alcalini, che comportano peggioramento del potere calo- rifico, già di per sé limitato, e maggiore sporcamento delle superfici di scambio, peg- giorando l’efficienza di conversione;

• La possibilità di installare accumuli di calore per evitare gli sprechi e migliorare la mo- dalità operativa di funzionamento.

Per ogni problema esiste una soluzione che va ponderata e studiata a seconda del caso: spesso le scelte effettuate per costruire, progettare e ottimizzare questi impianti volgono più ad un aspetto economico e finanziario, infatti chi dirige una rete di teleriscaldamento è un’azienda che come è logico deve porre maggiore attenzione al bilancio piuttosto che ad un guadagno in termini energetici, se non che essi portino ad un profitto, al che farebbe pendere l’ago della bilancia a favore di questi ultimi.

Si è sottolineata l’importanza dei i metodi di progettazione e gestione che devono essere se- guiti per produrre un impianto di buona qualità ed efficiente e per non incorrere in abusi e malfunzionamenti rivolti più a vantaggio degli interessi personali ed economici, piuttosto che a quelli energetici ed ambientali.

La tesi è nata sull’idea di analizzare un impianto di teleriscaldamento alimentato con biomassa legnosa proveniente da scarti di segheria da manutenzione boschiva e sulla possibilità di tro- vare delle soluzioni di ottimizzazione dello stessp. In particolare si è proposta la modifica del layout impiantistico con l’inserimento di un sistema di accumulo termico, con l’obiettivo di minimizzare il consumo di combustibile fossile e la dissipazione del calore in eccesso. Si è di- mostrato il beneficio ricavato da questa tecnologia che potrebbe benissimo essere replicata

Bibliografia

127

anche per altri impianti di questo tipo. Infatti come si può notare dagli esempi descritti nella prima parte, le centrali di teleriscaldamento alimentate a biomassa legnosa hanno una forte similitudine impiantistica: come l’impianto di Cavalese ce ne sono molti altri sparsi per l’Italia, magari con taglie differenti, ma con aspetti termodinamici e tecnologici parecchio affini. Il problema della discrasia fra domanda e generazione affligge tutti questi sistemi che nell’in- tento di seguire il carico termico soffrono di inefficienze e funzionamenti a carichi parziali. A meno che non si pensi di suddividere la centrale termica in tante piccole unità che possono essere accese e spente in caso di necessità per rendere la produzione più modulabile, l’instal- lazione di un accumulo termico è la via più fattibile per rendere l’operatività molto più fluida e flessibile e può essere facilmente applicabile anche ad impianti di piccola taglia.

Si vuole aggiungere che nel corso della stesura di questo lavoro di tesi, l’azienda Bioenergia Fiemme ha effettivamente predisposto la progettazione e l’installazione di quattro serbatoi per l’accumulo di acqua calda del volume totale di 250 𝑚3 ed entreranno in funzione il prima possibile.

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Appendice

133

Appendice

Appendice

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Tabella 0.3 Tabella di calcolo della produzione con la modalità operativa attuale di un giorno festivo, esempio di una domenica di gennaio.

Appendice

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139

Tabella 0.4 Tabella di calcolo della produzione con la modalità operativa attuale di un giorno feriale, esempio di un lunedì di gennaio.

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Tabella 0.5 Tabella di calcolo della produzione con la modalità operativa ottimizzata di un giorno festivo, esempio di una domenica di novembre.

Appendice

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143

Tabella 0.6 Tabella di calcolo della produzione con la modalità operativa ottimizzata di un giorno feriale, esempio di un lunedì di novembre.

Appendice