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Gli impianti di teleriscaldamento sono costruiti con lo scopo di offrire un servizio di fornitura di calore in alternativa a quello tradizionale con generatore domestico; per questo la sua ge- stione operativa si basa sull’inseguimento del carico termico, ossia l’impianto funziona in modo tale da soddisfare la richiesta di energia termica dell'utenza.

Perseguire questo obiettivo è tutt’altro che semplice vista la notevole oscillazione della do- manda termica influenzata da svariati fattori: la temperatura esterna, il giorno della setti- mana, le ore del giorno, le destinazioni d’uso degli edifici serviti, le abitudini personali degli utenti, etc.

Figura 3.1 Andamento del carico termico annuale confrontato con quello della temperatura esterna [19].

Modalità di gestione e problemi di funzionamento

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Figura 3.3 Domanda termica media settimanale, da domenica a venerdì, suddivisa per gruppi di mesi affini, da luglio 2012 a giugno 2013, di un complesso universitario [4]

Figura 3.4 Profilo tipo di domanda termica giornaliera di un complesso residenziale [21].

La regolazione del flusso termico che interessa la distribuzione avviene variando la portata e mantenendo costante la temperatura di alimentazione; la preferenza di questa scelta è basata sul ritardo con cui viene registrato un cambiamento di temperatura di mandata dalla rete, possono occorrere alcune ore prima che venga trasportato dall’impianto a un utente, secondo la distanza fra i due. Infatti questo tipo di variazione viaggia ad una velocità prossima a quella del fluido termovettore nelle tubazioni, 1÷3 𝑚 𝑠⁄ per l’acqua, mentre un’onda di pressione con quella del suono, circa mille volte più rapida, approssimativamente 1.200 𝑚 𝑠⁄ nel caso dell’acqua [22]. Ciò comporta che la dinamica del flusso ha minore importanza se paragonata a quella del cambio di temperatura dal punto di vista di un’ottimizzazione operativa.

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Ovviamente si hanno degli effetti sulla potenza degli scambiatori primari a causa della varia- zione della portata essendo dimensionati per operare in condizioni nominali. Attuando una regolazione della portata di fluido, si agisce sulla sua velocità3 e di conseguenza sul numero di Reynolds4, che influisce su quello di Nusselt tramite la correlazione di Colburn5 e quindi sul coefficiente di scambio termico funzione di questo6. Da ciò, avendo le grandezze geometriche determinate dall'impiego di un'apparecchiatura già dimensionata, si ottiene: ℎ ∝ 𝑚̇0,8, dun- que anche la potenza, proporzionale al coefficiente di scambio, non varia linearmente con la portata. In fase di progettazione si deve tener presente di questo aspetto, che si presenta nel caso di modulazione della produzione, perciò spesso nella centrale non si installa un unico scambiatore primario.

Il funzionamento operativo dell’impianto dipende fondamentalmente dalla logica di gestione applicata, che ha comunque l’obiettivo primario di soddisfare l’intera domanda di energia ter- mica. Altro fattore d’influenza è la scelta di progettazione della taglia da installare:

• Design con il carico di punta: si definisce la potenza in base al picco massimo della richiesta di calore;

• Design con il carico di base: la centrale sopperisce solo al carico base, quindi si rende necessaria una fonte ausiliaria per coprire i picchi.

Nel primo caso si assicura la fornitura anche nella situazione più critica di richiesta, si massi- mizza l’utilizzo del biocombustibile e si minimizza quello del fossile. Un sistema di questo tipo è sovradimensionato e, a causa della variazione annuale del fabbisogno termico, opera la mag- gior parte del tempo a condizioni di carico parziale, con conseguente calo di efficienza e au- mento ingiustificato del consumo di combustibile. Se la produzione è fornita tramite un si- stema CHP si può comunque mantenere un alto livello di potenza per produrre energia elet- trica che può essere erogata alla rete nazionale, ma la parte termica va sprecata e dissipata nell’ambiente, non donando beneficio al rendimento globale se non soltanto a quello elettrico e perdendo il vantaggio del sistema combinato.

3 𝑚̇ = 𝜌𝑢𝐴 4 𝑅𝑒 =𝜌𝑢𝑥 𝜇 5 𝑁𝑢 = 0,023 ∙ 𝑅𝑒0,8∙ (𝑃𝑟)1⁄3 6 ℎ = 𝑁𝑢𝑘 𝑥

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Figura 3.5 Esempio di andamento del rendimento elettrico di un ORC e dei rendimenti termici in funzione del fattore di carico di due caldaie: una della potenza di 3,5 𝑀𝑊𝑡ℎ che produce acqua calda e una di 6,8 𝑀𝑊𝑡ℎ che riscalda olio diatermico per

un modulo ORC, entrambe alimentate a biomassa legnosa [23].

Con la concezione di installare una taglia che produce solo il carico base, l'unità di generazione di calore funziona quasi sempre in condizioni di potenza nominale, avendo il massimo rendi- mento possibile. D’altra parte si deve installare una o più caldaie d’integrazione, spesso ali- mentate a gas naturale, per far fronte ai picchi della domanda. La scelta migliore sarebbe ac- coppiare un ciclo ORC con l’ausilio di una caldaia entrambi a biomassa, ma si hanno delle con- troindicazioni.

Il problema preminente dell’utilizzo di biocombustibile di origine legnosa è proprio nel sistema di conversione. Al contrario dei bruciatori a gas o gasolio, quelli alimentati a legna hanno la difficoltà intrinseca di rispondere prontamente alle variazioni di carico a causa di una forte inerzia termica data dai materiali refrattari con cui sono costruiti, quindi la modulazione è difficoltosa, a meno che non siano la sorgente termica di sistemi CHP, i quali offrono una buona flessibilità e rendimenti accettabili anche a basso carico. In aggiunta hanno prolungati tempi di avviamento e spegnimento perciò non possono essere accesi rapidamente e all’oc- correnza e vengono spenti solo per manutenzione o al termine della stagione di riscalda- mento, se adibiti a produzione solo calore.

In entrambe le opzioni l’appoggio di un accumulo termico è fondamentale per avere maggiore fluidità di esercizio, infatti il serbatoio funge da cuscinetto di produzione, assorbendo il surplus e rilasciandolo quando se ne ha bisogno, sfruttando i periodi di bassa richiesta, come quelli notturni, per ricaricarsi e far funzionare i generatori ai massimi rendimenti e diminuendo il contributo delle caldaie ausiliarie.

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3.1 Modalità di controllo del combustibile in ingresso

Al contrario di altri tipi di combustibili la biomassa legnosa ha delle caratteristiche molto va- riabili a seconda della tipologia di pianta, per questo va tenuta sotto controllo mediante analisi continue.

Esistono due tipi di analisi del materiale legnoso: immediata e termogravimetrica (TGA). La prima è fatta sul campo direttamente prima della combustione e serve principalmente per valutare l’umidità contenuta nel combustibile. È effettuata su delle piccole quantità prese dal sito di stoccaggio tramite pesatura e confronto con parametri standard o con strumenti che misurano la costante dielettrica che è tanto maggiore quanto più è elevato il contenuto idrico del legno. La seconda avviene in laboratorio misurando le variazioni di massa di un campione sottoposto a riscaldamento in ambiente controllato. Essa permette la determinazione del con- tenuto di umidità, di materia volatile, carbonio fisso e ceneri.

ANALISI SU