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Analisi della modalità di gestione operativa e ottimizzata di un impianto cogenerativo alimentato a biomassa legnosa collegato ad una rete locale di teleriscaldamento

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Academic year: 2021

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Testo completo

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UNIVERSITÀ DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica

Analisi della modalità di gestione operativa e ottimizzata di

un impianto cogenerativo alimentato a biomassa legnosa

col-legato ad una rete locale di teleriscaldamento

Relatore

Prof. Alessandro FRANCO

Alessandra GOTTARDI

Candidato

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“Tratta bene la Terra! Non la ereditiamo dai nostri genitori, ma la prendiamo in prestito dai nostri figli”. Antico detto masai, Kenia.

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Sommario

Sommario

L’oggetto di questa tesi è stato l’analisi di un impianto cogenerativo, alimentato a biomassa legnosa, collegato ad una rete di teleriscaldamento situata a Cavalese, un paese montano del Trentino.

In primo luogo si è cercato di inquadrare lo stato attuale dei distretti di riscaldamento alimen-tati a biomassa nel contesto nazionale, individuandone una classificazione in funzione della potenza termica installata e descrivendone alcuni come esempio.

Si è data una panoramica dello stato dell’arte delle tecnologie cogenerative che hanno rag-giunto una sufficiente maturità per essere applicate nel settore di teleriscaldamento da bio-massa ligno-cellulosica: le turbine a vapore, i cicli Rankine a fluido organico e i motori a com-bustione interna. Si è valutata la possibilità di poterle combinare in vari modi per sfruttare al massimo il recupero termico, ma spesso questa valutazione è basata più su parametri ecno-mici che rendono certe proposte non convenienti sul piano dei costi e degli ammortamenti. Successivamente si sono descritti i vari componenti e collegamenti che costituiscono una rete di teleriscaldamento, soffermandosi soprattutto sulle criticità di gestione e dimensionamento, acutizzate dal fatto di utilizzare un combustibile come la biomassa legnosa; infatti si deve pre-stare attenzione a problemi di funzionamento diversi da altre alimentazioni, per esempio i lunghi tempi di avviamento e risposta alle variazioni di carico della caldaia, il controllo delle caratteristiche termo-fisiche del cippato, da cui dipendono anche le emissioni inquinanti, so-prattutto del particolato, che vanno prontamente abbattute e lo sporcamento degli elementi di caldaia e di scambio da parte delle ceneri e dalla loro possibile sinterizzazione.

Si è poi esposto lo schema concettuale necessario per una corretta e logica progettazione di un impianto di produzione energetica, focalizzando l’attenzione sugli indicatori prestazionali, tra i tanti definiti in letteratura, fruibili nel caso preso in studio.

Il tema principale è lo studio della modalità operativa dell’impianto di teleriscaldamento di Cavalese (TN) e una sua possibile ottimizzazione grazie alla progettazione e all’installazione di un accumulo termico. Partendo dai valori di fatturazione delle varie utenze nell’anno 2016, si è creato un modello per simulare l’andamento giornaliero dei carichi termici e, di conse-guenza, per valutare quello di generazione attuale.

Allora si è dimensionato un accumulo termico che rispetti dei vincoli geometrici: superficie disponibile per l’installazione dei serbatoi nella centrale; infine si è calcolata la produzione con questo supporto.

L’analisi ha confermato che un puffer di accumulo permette un migliore sfruttamento delle potenzialità dei generatori di calore e una maggiore valorizzazione del combustibile rinnova-bile, limitando l’accensione degli ausiliari a gas, in aggiunta consente una migliore continuità e fluidità nel funzionamento permettendo uno svincolo fra produzione e richiesta di energia termica. Data la similitudine degli impianti di teleriscaldamento questa soluzione potrebbe essere montata anche in altri.

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Indice

Indice

Introduzione _______________________________________________________________ 1 1 I distretti di teleriscaldamento e la cogenerazione (CHP) ________________________ 5 1.1 Taglia e layout ______________________________________________________ 5 1.2 Tecnologia CHP a biomassa ____________________________________________ 6 1.2.1 Turbine a vapore _________________________________________________ 7 1.2.2 Cicli Rankine a fluido organico ______________________________________ 8 1.2.3 Motori a combustione interna _____________________________________ 11 1.2.4 Mix di tecnologie _______________________________________________ 13 1.3 Esempi di centrali di teleriscaldamento a biomassa in Italia __________________ 18 1.3.1 Centrale di Collio _______________________________________________ 18 1.3.2 Centrale di Sellero ______________________________________________ 20 1.3.3 Centrale di Tirano _______________________________________________ 22 1.3.4 Centrale di Sondalo _____________________________________________ 24 2 Componenti principali e collegamenti delle reti di teleriscaldamento _____________ 27 2.1 Centrale di generazione termica _______________________________________ 27 2.2 Scambiatori _______________________________________________________ 30 2.3 Distribuzione ______________________________________________________ 31 2.4 Sottostazioni ______________________________________________________ 36 2.5 Sistemi di accumulo _________________________________________________ 37 3 Modalità di gestione e problemi di funzionamento ____________________________ 39 3.1 Modalità di controllo del combustibile in ingresso _________________________ 43 3.2 Abbattimento degli inquinanti _________________________________________ 45 3.3 Rimozione delle ceneri e dei prodotti di scarto ____________________________ 47 4 Metodi di progettazione e gestione degli impianti _____________________________ 49 4.1 Indicatori di prestazione _____________________________________________ 51 4.1.1 Primary Energy Efficiency (PEE) ____________________________________ 51 4.1.2 Rendimento di secondo principio __________________________________ 52 4.1.3 Risparmio di combustibile fossile ___________________________________ 52

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Indice 5 Analisi dell’impianto ____________________________________________________ 53 5.1 L’impianto e la sua evoluzione _________________________________________ 58 5.2 Modello di stima del carico-utenze _____________________________________ 66 5.3 Modello variazione del carico: dinamica giornaliera ________________________ 88 6 Modalità operativa dell’impianto versione attuale ____________________________ 96 6.1 Produzione attuale _________________________________________________ 104 7 Modalità operativa dell’impianto con possibili ottimizzazioni ___________________ 110 7.1 Dimensionamento del Thermal Energy Storage __________________________ 110 7.2 Produzione ottimizzata col TES _______________________________________ 113 7.3 Confronto tra le due modalità operative ________________________________ 120 7.4 Altre possibili soluzioni _____________________________________________ 123 8 Conclusioni __________________________________________________________ 123 Bibliografia ______________________________________________________________ 127 Appendice _______________________________________________________________ 133

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Indice delle figure

Indice delle figure

Figura 1.1 Schema del ORC e ciclo sul piano s-T [6]. ________________________________ 9 Figura 1.2 Esempio di un modulo ORC in un processo di cogenerazione: caldaia alimentata a biomassa, circuito intermedio dell’olio diatermico, ciclo Rankine con fluido di lavoro organico [11]. ______________________________________________________________________ 9 Figura 1.3 Esempio di schema delle sorgenti termiche del sistema di recupero di calore in un motore a combustione interna: gas di scarico e acqua di raffreddamento del motore per la produzione di vapore e acqua calda per TLR da un MCI con potenza elettrica di 1,2 𝑀𝑊𝑒𝑙. 11 Figura 1.4 Esempio di schema delle sorgenti termiche del sistema di recupero di calore in un motore a combustione interna: gas di scarico, circuito dell’olio lubrificante e quello dell’acqua di raffreddamento del motore per la produzione di vapore e acqua calda per TLR da un MCI con potenza elettrica di 1,2 𝑀𝑊𝑒𝑙. ____________________________________________ 12 Figura 1.5 Schema di un impianto a turbina a vapore con spillamento che con i fumi di

scarico, che dopo lo scambio con il vapore hanno ancora un buon potenziale termico,

alimenta un ciclo ORC a bassa temperatura. _____________________________________ 13 Figura 1.6 Schema di un impianto cogenerativo con MCI che con il circuito di raffreddamento alimenta una rete di teleriscaldamento, mentre con i fumi di scarico alimenta un ciclo ORC che produce ulteriore energia elettrica ed integra la produzione erogata alla rete di

teleriscaldamento. _________________________________________________________ 14 Figura 1.7 Schema di un impianto con integrazione di diverse tecnologie CHP e varie fonti di alimentazione (Cavalese, TN): ciclo ORC e caldaia alimentati a biomassa e cogeneratore e caldaia di supporto alimentati a gas naturale [14]. ________________________________ 15 Figura 1.8 Schema di un impianto con integrazione di diverse tecnologie CHP e varie fonti di alimentazione (Brunico, BZ): ciclo ORC e caldaia a biomassa, cogeneratore e caldaia di supporto alimentati a gas naturale, in aggiunta al recupero termico da un processo

industriale [14]. ____________________________________________________________ 16 Figura 1.9 Schema di un impianto con integrazione di diverse tecnologie CHP e di varie fonti di alimentazione (Silandro, BZ): ciclo ORC alimentato a biomassa, cogeneratore e caldaia di supporto alimentati a gas naturale [14]. ________________________________________ 17 Figura 1.10 Schema termico della centrale di Collio in Val Trompia (BS): del tipo a turbina con spillamento. ______________________________________________________________ 18 Figura 1.11 Diagramma con i flussi termici e i rendimenti della centrale di Collio (BS) [14]. 19 Figura 1.12 Schema termico dell’impianto di Sellero Novelle (BS): del tipo a turbina con

spillamento. ______________________________________________________________ 20 Figura 1.13 Planimetria della rete di teleriscaldamento di Sellero (BS): in nero al centro la centrale. _________________________________________________________________ 20 Figura 1.14 Diagramma con i flussi termici e i rendimenti della centrale di Sellero (BS) [14]. 21 Figura 1.15 Schema termico dell’impianto di Tirano (SO): del tipo con modulo ORC. _____ 22 Figura 1.16 Planimetria della rete di teleriscaldamento di Tirano (SO): in nero la centrale. _ 22

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Indice delle figure

Figura 1.17 Diagramma con i flussi termici e i rendimenti della centrale di Tirano (SO) [14]. 23 Figura 1.18 Diagramma con i flussi termici e i rendimenti della centrale di Sondalo (SO) [14]. ________________________________________________________________________ 24 Figura 1.19 Andamento della produzione di potenza termica annuale dell’impianto di

teleriscaldamento di Sondalo dal 15/06/2009 al 14/06/2010 e suddiviso nelle due caldaie a cippato. __________________________________________________________________ 25 Figura 1.20 Grafici dell’andamento di produzione termica dell’impianto di teleriscaldamento di Sondalo per due settimane: una nel periodo invernale da venerdì 1/10/2010 a giovedì 7/10/2010 e una in quello estivo da martedì 01/06/2010 a lunedì 07/06/2010 [15]. _____ 25 Figura 1.21 Andamento di temperatura dei fumi all’uscita dalla caldaia in funzione della potenza termica di rete [6]. __________________________________________________ 26 Figura 2.1 Schema del processo di combustione in una caldaia a biomassa a griglia mobile. 29 Figura 2.2 Combustori a letto fluido bollente (a sinistra) e ricircolante (a destra). ________ 30 Figura 2.3 Scambiatore di calore a fascio tubiero utilizzato in applicazioni TLR con le rispettive temperature operative tipiche [17]. ____________________________________________ 31 Figura 2.4 Configurazione di rete di distribuzione ad albero o ramificata [20]. __________ 32 Figura 2.5 Configurazione di rete di distribuzione ad anello [20]. _____________________ 33 Figura 2.6 Configurazione di rete di distribuzione a maglie [20]. _____________________ 33 Figura 2.7 Esempio di rete di distribuzione ad albero: rete TLR di Arta Terme (UD)._______ 34 Figura 2.8 Esempio di rete di distribuzione ad albero: rete TLR di Coredo (TN). __________ 34 Figura 2.9 Esempio di rete di distribuzione ad albero: rete TLR di Valdaora (BZ). _________ 34 Figura 2.10 Esempio di rete di distribuzione ramificata: planimetria della rete di

teleriscaldamento di Treppo (UD): in verde le utenze e in rosso la centrale. _____________ 35 Figura 2.11 Esempio di rete di distribuzione ad anello: rete TLR di Brunico (BZ), si notano la presenza di più centrali di produzione indicate dai puntini rossi. _____________________ 35 Figura 2.12 Partendo dall’alto: rendimento di primo e di secondo principio in funzione del volume dell’accumulo termico [5], riduzione del consumo di combustibile e delle emissioni di

𝐶𝑂2 in funzione della capacità dell’accumulo (ogni serbatoio contiene 1.100 𝑚3) [8], portata

di calore annuale fornita dalla caldaia ausiliaria e quella dissipata (entrambe espresse come percentuale del carico di riscaldamento complessivo) in funzione del volume dell’accumulo [21]. _____________________________________________________________________ 38 Figura 3.1 Andamento del carico termico annuale confrontato con quello della temperatura esterna [5]. _______________________________________________________________ 39 Figura 3.2 Profilo di fabbisogno medio mensile di un hotel (sinistra) e di un ospedale (destra) [10]. _____________________________________________________________________ 39 Figura 3.3 Domanda termica media settimanale, da domenica a venerdì, suddivisa per gruppi di mesi affini, da luglio 2012 a giugno 2013, di un complesso universitario [6] __________ 40 Figura 3.4 Profilo tipo di domanda termica giornaliera di un complesso residenziale [22]. _ 40 Figura 3.6 Esempio di andamento del rendimento elettrico di un ORC e dei rendimenti termici in funzione del fattore di carico di due caldaie: una della potenza di 3,5 𝑀𝑊𝑡ℎ che produce

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Indice delle figure

acqua calda e una di 6,8 𝑀𝑊𝑡ℎ che riscalda olio diatermico per un modulo ORC, entrambe alimentate a biomassa legnosa [24]. ___________________________________________ 42 Figura 3.7 Diagramma delle analisi effettuabili sulla biomassa ligno-cellulosica: immediata o termogravimetrica, per rilevare i parametri di pezzatura, umidità, materia volatile, carbonio fisso e ceneri. _____________________________________________________________ 43 Figura 3.8 Variazione del potere calorifico inferiore della biomassa legnosa in funzione

dell’umidità contenuta. _____________________________________________________ 44 Figura 3.9 Principali abbattitori di particolato utilizzati negli impianti a biomassa legnosa: (partendo da sinistra) ciclone, filtro elettrostatico e filtro a manica. __________________ 46 Figura 4.1 Schema concettuale dei tre livelli di progettazione [25]. ___________________ 50 Figura 5.1 Veduta della sede della società Bioenergia Fiemme e dell’impianto. __________ 57 Figura 5.2 Schema termico dell’impianto di teleriscaldamento di Cavalese nella versione attuale. __________________________________________________________________ 58 Figura 5.3 Particolari caldaia a gas VIESSMANN. _________________________________ 59 Figura 5.4 Veduta in sezione ed in pianta dell’ampliamento della centrale con l’installazione di un ciclo ORC: si possono distinguere il sistema di alimentazione della caldaia, il modulo caldaia-ORC e il camino di scarico. _____________________________________________ 60 Figura 5.5 Pompe di alimentazione della rete primaria. ____________________________ 61 Figura 5.6 Particolare del circuito di tubazioni dell’impianto di Cavalese, si notano a sinistra gli scambiatori di centrale e a destra le pompe. __________________________________ 62 Figura 5.7 Schema della rete di distribuzione individuale dell’utenza [26]. ______________ 63 Figura 5.8 Planimetria della rete di teleriscaldamento del paese di Cavalese [26]. _______ 64 Figura 5.9 Sezione di posa delle tubazioni di una rete di teleriscaldamento [26]. _________ 65 Figura 5.10 Posizione geografica del luogo dove è posta la stazione meteorologica T0367 di Cavalese. _________________________________________________________________ 67 Figura 5.11 Grafico delle temperature dell’aria esterna nel comune di Cavalese per l’anno 2016. ____________________________________________________________________ 68 Figura 5.12 Informazioni sui gradi giorno inerenti al comune di Cavalese [30]. __________ 70 Figura 5.13 Mappa della suddivisione delle zone climatiche italiane. __________________ 70 Figura 5.14 Planimetrie del centro congressi Palafiemme di Cavalese [29]. _____________ 85 Figura 5.15 Grafici delle curve di carico normalizzate delle varie settimane analizzate. ___ 92 Figura 5.16 Grafici delle curve di carico normalizzate e disgregate nei vari settori per un giorno feriale (lunedì). ______________________________________________________ 93 Figura 5.17 Grafico delle curve di carico normalizzate di giorni feriali (lunedì). __________ 94 Figura 5.18 Grafico delle curve di carico normalizzate di giorni festivi (domenica). _______ 94 Figura 6.1 Schema termico dell’impianto di produzione nella configurazione attuale. _____ 96 Figura 6.2 Caratteristiche tecniche della caldaia a biomassa KOHLBACH [51]. ___________ 97 Figura 6.3 Curva di rendimento in funzione del fattore di carico della caldaia a biomassa. _ 98 Figura 6.4 Vista in sezione di una caldaia a gas VIESSMANN [52]. ____________________ 98 Figura 6.5 Scheda dei dati tecnici di caldaie a gas VIESSMANN [52]. __________________ 99

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Indice delle figure

Figura 6.6 Figura 6.7 Curva di rendimento in funzione del fattore di della caldaia a gas. _ 100 Figura 6.8 Esempio di un modulo ORC in un processo di cogenerazione con caldaia ad olio diatermico alimentata da biomassa [53]. ______________________________________ 100 Figura 6.9 Particolare della caldaia VAS che riscalda l’olio diatermico a monte del ciclo ORC. _______________________________________________________________________ 101 Figura 6.10 Confronto della pendenza della curva limite superiore fra fluido asciutto e fluido bagnato e delle differenze fra i cicli ottenibili. ___________________________________ 101 Figura 6.11 Scheda dei dati tecnici di tecnologie CHP TURBODEN [42]. _______________ 102 Figura 6.12 Cogeneratore JENBACHER motore tipo 3 [55]. _________________________ 102 Figura 6.13 Scheda dei dati tecnici del cogeneratore a gas JENBACHER [45]. ___________ 103 Figura 6.14 Grafici delle curve di produzione disgregate nei contributi dei vari componenti dell’impianto per un giorno festivo e uno feriale delle diverse stagioni. _______________ 109 Figura 7.1 Schema termico dell’impianto di produzione nella configurazione ottimizzata con il TES. ____________________________________________________________________ 110 Figura 7.2 Vista in sezione del puffer per accumulo termico [54]. ____________________ 112 Figura 7.3 Grafico dell’andamento della temperatura e delle perdite di calore nel tempo per un tank di capienza 50𝑚3. __________________________________________________ 113 Figura 7.4 Grafici delle curve di produzione disgregate nei contributi dei vari componenti dell’impianto e del ciclo di carica scarica del TES per un giorno festivo e uno feriale delle diverse stagioni. __________________________________________________________ 119 Figura 7.5 Confronto tra la modalità ottimizzata scelta e quella con un TES a capacità termica doppia per un giorno feriale invernale. ________________________________________ 123

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Indice delle tabelle

Indice delle tabelle

Tabella 1.1 Classificazione dei distretti di teleriscaldamento suddivisi per taglia di potenza termica nel contesto nazionale italiano. _________________________________________ 5 Tabella 1.2 Classificazione dei distretti di teleriscaldamento suddivisi per Regione/Provincia Autonoma e per taglia di potenza termica dell’impianto nel contesto nazionale italiano. ___ 6 Tabella 1.3 Lista di alcuni produttori di moduli ORC e loro applicazioni e temperature operative di sorgente [13]. ___________________________________________________________ 11 Tabella 1.4 Riassunto delle tecnologie CHP alimentate a biomassa: range di potenza elettrica, rendimento globale, rendimento elettrico, vita utile. ______________________________ 17 Tabella 1.6 Consumi annuali di cippato per le centrali di Tirano e Sondalo per gli anni dal 2009 al 2013 [16]. ______________________________________________________________ 26 Tabella 2.1 Parametri di rete: velocità del fluido, diametro delle tubazioni e pressione massima d’esercizio; suddivise per le varie tipologie: trasporto, primaria e secondaria. ___________ 36 Tabella 2.2 Temperature operative di mandata e ritorno degli elementi della rete di teleriscaldamento: scambiatori di centrale, circuito primario, scambiatori di sottostazione e di utenza. __________________________________________________________________ 37 Tabella 3.1 Descrizione delle caratteristiche principali dei sistemi di abbattimento del particolato: dimensione delle particelle catturabili, efficienza di filtrazione. Temperatura massima di esercizio, perdite di carico, costo d’installazione e costi operativi. ___________ 46 Tabella 3.2 Contenuto di ceneri e loro temperatura di fusione in alcuni biocombustibili solidi [24]. _____________________________________________________________________ 48 Tabella 7.1 Potere calorifico, contenuto di ceneri e loro punto di fusione in alcuni biocombustibili solidi [29]. ___________________________________________________ 55 Tabella 7.2 Massa volumica del legno allo stato anidro [29]. ________________________ 56 Tabella 5.1 Pressione e temperatura delle tubazioni di mandata e ritorno. _____________ 61 Tabella 5.2 Tabella della produzione dell’impianto di TLR di Cavalese [26]. _____________ 62 Tabella 5.3 Tabella delle utenze suddivise per categoria tariffaria [26]. ________________ 66 Tabella 5.4 Tabella delle temperature medie giornaliere dell’aria esterna nel comune di Cavalese per l’anno 2016, in rosso sono segnati i giorni con temperatura media superiore a 15°C, in verde quelli con temperatura inferiore a 15°C. _____________________________ 69 Tabella 5.5 Tabella delle durate della stagione di riscaldamento per le varie zone climatiche italiane. __________________________________________________________________ 71 Tabella 5.6 Tabella delle caratteristiche geometriche degli edifici residenziali locali suddivisi per epoca di costruzione. ____________________________________________________ 73 Tabella 5.7 Tabella delle caratteristiche termo-fisiche dei componenti dell’involucro degli edifici residenziali italiani suddivisi per periodo storico. ____________________________ 74 Tabella 5.8 Valori minimi della trasmittanza termica dei componenti opachi e trasparenti dell’edificio di riferimento secondo la normativa vigente. ___________________________ 75

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Indice delle tabelle

Tabella 5.9 Tabella dei valori delle caratteristiche termo-fisiche in seguito ad intervento di riqualifica. ________________________________________________________________ 76 Tabella 5.10 Tabella delle presenze turistiche nella stagione invernale 2015-2016 [42] ___ 76 Tabella 5.11 Tabella delle presenze turistiche nella stagione estiva 2016 [43]. __________ 77 Tabella 5.12 Tabella delle presenze turistiche nella stagione invernale 2016-2017 [26]. ___ 77 Tabella 5.13 Tabella delle caratteristiche geometriche e termo-fisiche degli edifici pubblici nel nord Italia suddivise per epoca di costruzione [44].. _______________________________ 77 Tabella 5.14 Tabella della capacità di posti letto del presidio ospedaliero del comune di Cavalese suddivisi per reparti [28]. _____________________________________________ 79 Tabella 5.15 Tabella delle vasche presenti nella piscina comunale di Cavalese. __________ 79 Tabella 5.16 Tabella dei fattori di attività delle piscine [31]. _________________________ 81 Tabella 5.17 Tabella dei calcoli per le varie temperature delle piscine. _________________ 81 Tabella 5.18 Tabella dei valori della piscina esterna a 28°C per il mese di giugno. ________ 82 Tabella 5.19 Tabella dei valori della piscina esterna a 28°C per il mese di luglio. _________ 82 Tabella 5.20 Tabella dei valori della piscina esterna a 28°C per il mese di agosto. ________ 82 Tabella 5.21 Tabella dei valori della piscina esterna a 33°C per il mese di giugno. ________ 83 Tabella 5.22 Tabella dei valori della piscina esterna a 33°C per il mese di luglio. _________ 83 Tabella 5.23 Tabella dei valori della piscina esterna a 33°C per il mese di agosto. ________ 83 Tabella 5.24 Tabella delle caratteristiche geometriche degli edifici scolastici del comune di Cavalese. _________________________________________________________________ 86 Tabella 5.25 Tabella delle caratteristiche termo-fisiche dei componenti degli edifici industriali. ________________________________________________________________________ 87 Tabella 5.26 Tabella riassuntiva dei consumi stimati. ______________________________ 87 Tabella 5.27 Tabella riassuntiva dei consumi stimati suddivisi per settori. ______________ 88 Tabella 5.28 Tabella degli orari di utilizzo del riscaldamento e di ACS suddivisi secondo le destinazioni d’uso per un giorno feriale. ________________________________________ 89 Tabella 5.29 Tabella degli orari di utilizzo del riscaldamento e di ACS suddivisi secondo le destinazioni d’uso per un giorno festivo. ________________________________________ 90 Tabella 6.1 Tabella riassuntiva dei dati tecnici dei vari elementi della centrale di Cavalese. 103 Tabella 6.2 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità attuale per la settimana di gennaio. _________________ 104 Tabella 6.3 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e del consumo di combustibili con la modalità attuale per la settimana di marzo. ___________ 105 Tabella 6.4 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità attuale per la settimana di aprile. ___________________ 105 Tabella 6.5 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità attuale per la settimana di giugno. __________________ 106 Tabella 6.6 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità attuale per la settimana di luglio. ___________________ 107

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Indice delle tabelle

Tabella 6.7 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità attuale per la settimana di ottobre. __________________ 107 Tabella 6.8 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità attuale per la settimana di novembre.________________ 108 Tabella 7.1 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità ottimizzata per la settimana di gennaio. ______________ 114 Tabella 7.2 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità ottimizzata per la settimana di marzo. _______________ 114 Tabella 7.3 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità ottimizzata per la settimana di aprile. ________________ 115 Tabella 7.4 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità ottimizzata per la settimana di giugno. _______________ 116 Tabella 7.5 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità ottimizzata per la settimana di luglio. ________________ 116 Tabella 7.6 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità ottimizzata per la settimana di ottobre. ______________ 117 Tabella 7.7 Tabella dei risultati giornalieri di produzione, degli indici prestazionali e dei consumi di combustibili con la modalità ottimizzata per la settimana di novembre. ____________ 118 Tabella 7.8 Tabella di confronto fra il rendimento di primo e secondo principio e il consumo di combustibili della modalità operativa attuale e quella ottimizzata col TES per il mese di gennaio. ________________________________________________________________ 120 Tabella 7.9 Tabella di confronto fra il rendimento di primo e secondo principio e il consumo di combustibili della modalità operativa attuale e quella ottimizzata col TES per il mese di marzo. _______________________________________________________________________ 120 Tabella 7.10 Tabella di confronto fra il rendimento di primo e secondo principio e il consumo di combustibili della modalità operativa attuale e quella ottimizzata col TES per il mese di aprile. __________________________________________________________________ 121 Tabella 7.11 Tabella di confronto fra il rendimento di primo e secondo principio e il consumo di combustibili della modalità operativa attuale e quella ottimizzata col TES per il mese di giugno. _________________________________________________________________ 121 Tabella 7.12 Tabella di confronto fra il rendimento di primo e secondo principio e il consumo di combustibili della modalità operativa attuale e quella ottimizzata col TES per il mese di luglio. __________________________________________________________________ 121 Tabella 7.13 Tabella di confronto fra il rendimento di primo e secondo principio e il consumo di combustibili della modalità operativa attuale e quella ottimizzata col TES per il mese di ottobre. _________________________________________________________________ 122 Tabella 7.14 Tabella di confronto fra il rendimento di primo e secondo principio e il consumo di combustibili della modalità operativa attuale e quella ottimizzata col TES per il mese di novembre. _______________________________________________________________ 122

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Indice delle tabelle

Tabella 0.1 Tabella di calcolo dei consumi di un giorno festivo, esempio di una domenica di gennaio. ________________________________________________________________ 133 Tabella 0.2 Tabella calcolo dei consumi di un giorno feriale, esempio di un lunedì di gennaio. _______________________________________________________________________ 135 Tabella 0.3 Tabella di calcolo della produzione con la modalità operativa attuale di un giorno festivo, esempio di una domenica di gennaio. ___________________________________ 137 Tabella 0.4 Tabella di calcolo della produzione con la modalità operativa attuale di un giorno feriale, esempio di un lunedì di gennaio. _______________________________________ 139 Tabella 0.5 Tabella di calcolo della produzione con la modalità operativa ottimizzata di un giorno festivo, esempio di una domenica di novembre. ____________________________ 141 Tabella 0.6 Tabella di calcolo della produzione con la modalità operativa ottimizzata di un giorno feriale, esempio di un lunedì di novembre. ________________________________ 143

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Abbreviazioni

Abbreviazioni

ACS, acqua calda sanitaria AP, alta pressione

BAU, Business as usual BP, bassa pressione BS, Provincia di Brescia

CHP, Combined Heat and Power COV, composti organici volatili

CRESME, Centro di ricerche di mercato, servizi per chi opera nel mondo delle co-struzioni e dell'edilizia

DH, District Heating

DHN, District Heating Network DN, diametro nominale

ENEA, Agenzia nazionale per le nuove tec-nologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile

FER, Fonti Energetiche Rinnovabili FIPER, Federazione Italiana Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili

FORSU, Frazione Organica del Rifiuto Soli-do Urbano

GG, gradi-giorno

IPA, Idrocarburi Policiclici Aromatici ISPAT, l’Istituto di Statistica della Provincia di Trento

ISTAT, Istituto nazionale di statistica ITABIA, Italian Biomass Association MCI, motore a combustione interna ORC, Organic Rankine Cycle

PEE, Primary Energy Efficiency PES, Primary Energy Saving PM, particulate matter

SCR, selective catalytitc reduction SNCR, selective non catalytic reduction SO, Provincia di Sondrio

TEE, Titoli di Efficienza Energetica TES, Thermal Energy Storage TGA, termogravimetrica TLR, teleriscaldamento TV, turbina a vapore UD, Provincia di Udine 𝑘𝑚, chilometri 𝑚3, metri cubi 𝑀𝑊𝑒𝑙, megawatt elettrici 𝑀𝑊𝑡ℎ, megawatt termici 𝑇𝑚, temperatura di mandata 𝑇𝑟, temperatura di ritorno

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Introduzione

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Introduzione

È noto che la produzione combinata di energia elettrica e termica, Combined Heat and Power (CHP), permette una migliore efficienza energetica e una maggiore qualificazione dell’energia primaria rispetto alla produzione in impianti separati [1], inoltre diminuiscono anche le emis-sioni inquinanti.

Un impianto di teleriscaldamento, District Heating Network (DHN), è un servizio di produzione centralizzata in uno o pochi punti di energia termica che viene distribuita ad un gruppo di utenze mediante un fluido termovettore che circola in una rete di tubazioni interrate, consen-tendo un maggiore controllo nel funzionamento e nelle emissioni inquinanti rispetto alla pro-duzione distribuita in cui ogni consumatore è pure produttore [2]. Questo perché i dispositivi di piccola taglia, come quelli domestici, subiscono l’effetto scala consentendo minori effi-cienze di conversione rispetto a quelli medio-grandi, e non permettono l’utilizzo di sistemi di abbattimento degli inquinanti mantenendo dei costi accettabili.

Abbinando la cogenerazione ad una rete di teleriscaldamento si può ottenere un’ulteriore va-lorizzazione dell’energia termica, recuperando il calore residuo del processo di generazione elettrica [3]. Se da un lato l’adozione di una rete di teleriscaldamento implica maggiori costi d’investimento per l’installazione di grossi generatori e la costruzione di un circuito di tuba-zioni per la distribuzione, dall’altro lato un sistema di cogenerazione centralizzato permette un maggiore risparmio di energia primaria e maggiori rendimenti, ammortizzando i costi com-plessivi.

Pur offrendo molti vantaggi, i distretti di teleriscaldamento hanno non poche criticità sia a livello progettuale e sia a livello gestionale.

Quella principale che accomuna questi sistemi, indipendentemente dalla modalità di alimen-tazione, è la forte oscillazione, sia stagionale sia giornaliera, degli andamenti dei carichi ter-mici, soprattutto in ambito residenziale, che complica la progettazione e la modulazione delle unità di cogenerazione, ovvero la scelta della taglia e la capacità di inseguimento del fabbiso-gno termico da parte dell’impianto [5]. Se queste vengono dimensionate in funzione della massima richiesta il loro comportamento operativo sarà simile a quello di una convenzionale caldaia domestica: con frequenti accensioni e spegnimenti, con conseguente comportamento transitorio, o il funzionamento a carico parziale, quando possibile, causando una diminuzione sull’efficienza, sul risparmio energetico e sulla vita utile dei componenti.

Per ragioni tecniche ed economiche, l'installazione di una caldaia addizionale è dunque sem-pre desiderabile. Di conseguenza, l'unità CHP può essere dimensionata per coprire solo il ca-rico base invece del massimo fabbisogno di energia termica, la caldaia di riserva serve quindi a fornire i picchi e i bassi livelli di domanda, ben al di sotto dei valori minimi di funzionamento dell'unità CHP.

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Introduzione

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Un'altra soluzione per mitigare gli effetti alquanto negativi dell’inseguimento del carico ter-mico può essere offerto dall'uso di dispositivi di archiviazione termica che immagazzinano ca-lore e lo sfruttano per coprire i picchi di richiesta in sostituzione alle caldaie d’integrazione, come si propone in alcuni studi [4, 5, 6]. Ciò può consentire al modulo CHP di operare più continuamente e per più tempo in condizioni vicine a quelle nominali, garantendo un mag-giore rendimento e una migliore valorizzazione dell’energia primaria, oltre che a un minore spreco di calore prodotto.

Si deduce perciò che la scelta della tipologia impiantistica dipende fortemente dall’andamento del carico. Nel caso dell’utilizzo della biomassa legnosa come fonte di energia primaria in si-stemi CHP la conversione avviene o attraverso un processo di combustione diretta in caldaia per produrre calore oppure mediante gassificazione per trasformarla in un combustibile gas-soso, detto syngas.

Le soluzioni impiantistiche maggiormente adottate perché hanno raggiunto un’effettiva ma-turità tecnologica sono: i cicli Rankine con spillamento dalla turbina o in contropressione, nel caso della combustione diretta; i motori a combustione interna, nella gassificazione.

Nel primo caso si prevede l’estrazione di una certa quantità di vapore prima che completi la fase di espansione in turbina per inviarla ad un’utenza termica. Questo sistema offre una buona modulazione attuata attraverso la variazione di frazione spillata, ma logicamente mas-simizzandola si diminuisce la generazione elettrica e di conseguenza il rendimento elettrico (4÷12%), poiché si toglie del fluido che ha ancora capacità di produrre lavoro. Nella configura-zione in contropressione si impiega il vapore in uscita dalla turbina, che, dopo aver completato l’espansione, viene inviato a un recuperatore di calore, ossia uno scambiatore che sostituisce il condensatore. In realtà per avere una temperatura di condensazione adeguata per alimen-tare una rete di teleriscaldamento si devono avere pressioni maggiori di quelle solitamente impiegate nei cicli convenzionali (0,05 bar corrispondente a una temperatura di 33°C), quindi il salto entalpico effettivamente sfruttato è minore come anche il lavoro specifico prodotto e di conseguenza il rendimento elettrico.

Sempre in quest’ultima tipologia impiantistica rientra anche l’ORC, basato su un ciclo Rankine e turbina in contropressione, che invece di produrre vapore dall’acqua, vaporizza un fluido organico caratterizzato da un peso molecolare maggiore corrispondente ad una portata in massa maggiore che comporta la costruzione di turbine con meno stadi (anche uno o due) e minori perdite fluidodinamiche e di conseguenza rendimenti di espansione anche superiori al 90%, consentendo discreti rendimenti elettrici (15÷21%). Inoltre l’ORC può funzionare senza problemi fino al 10% della potenza di progetto ed ha un’ottima efficienza a carico parziale con rendimento pressoché costante per carichi fino al 50% del carico nominale [7].

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Introduzione

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I motori a combustione interna sfruttano come sorgenti termiche i loro gas di scarico e il loro sistema di raffreddamento, ma per essere alimentati a biomassa questa deve essere conver-tita in un gas dal basso potere calorifico che non può essere combusto tal quale bensì deve prima subire un processo spinto di pulizia. A causa dei problemi legati allo sporcamento della combustione di syngas e dell’inefficienza del processo di gassificazione, si preferisce di gran lunga il semplice utilizzo con alimentazione a gas naturale. Questi sistemi possono fornire po-tenze elettriche a partire da 10 𝑘𝑊𝑒𝑙 fino a 5 𝑀𝑊𝑒𝑙, quindi vengono utilizzati specialmente per applicazioni di piccoli-medi DHN, grazie anche alla loro facilità d’installazione e ai bassi costi di investimento che li rendono competitivi se paragonati ad altre soluzioni a parità di taglia. Inoltre hanno un buon rendimento che si attesta tra il 20% e il 40% [3]. Lo svantaggio di questi sistemi è la scarsa flessibilità, poiché il calore recuperabile è univocamente legato alla quantità di energia elettrica prodotta, e la bassa temperatura del fluido erogato.

Altro fattore non meno importante è la linea di trattamento dei fumi prodotti dalla combu-stione che vengono espulsi attraverso il camino e devono essere depurati per rispettare i vin-coli di legge in materia di inquinamento, soprattutto per quanto riguarda il particolato. Per esempio un filtro a maniche ha un ingente costo d’acquisto, addirittura pari al 25% del totale degli elementi di centrale, mentre uno di tipo elettrostatico comporta un alto costo di gestione per il suo funzionamento, quelli di tipo umido invece producono dei liquidi residui che vanno smaltiti, con una conseguente spesa.

Inoltre se si utilizza biocombustibile di origine legnosa si aggiungono ulteriori complicazioni come l’esigenza di controllo del materiale in ingresso, soprattutto del contenuto di umidità e di ceneri, che, rispettivamente, diminuiscono il potere calorifico e creano fouling e slagging della camera di combustione e degli scambiatori. Inoltre i sistemi di conversione usati in que-sto settore, caldaie a griglia fissa o mobile, hanno una forte inerzia termica che aumenta la difficoltà di modulazione e le fasi di avviamento e spegnimento, che a seconda della taglia possono durare anche più giorni.

Questa tesi analizza il funzionamento di un impianto cogenerativo collegato ad una rete di teleriscaldamento, ubicato in un piccolo Comune del Trentino ed alimentato da biomassa li-gno-cellulosica. Il lavoro, dopo aver esaminato la modalità operativa attuale della centrale termica, cerca di proporre una possibile ottimizzazione della stessa. Lo scopo primario è quello di limitare gli sprechi di produzione di calore, di minimizzare il consumo di combustibile fossile e valorizzare invece quello rinnovabile, dimensionando dei serbatoi di accumulo termico da installare nel sito della centrale.

La tesi è stata divisa in due parti: la prima tecnico-descrittiva, la seconda analitico-operativa. Il primo capitolo introduce l’argomento dei distretti di teleriscaldamento e della suddivisione in taglie di potenza termica, si focalizza l’attenzione sulle tecnologie sfruttabili con l’utilizzo di

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Introduzione

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biomassa legnosa come fonte di alimentazione: impianti con turbina a vapore, cicli ORC e mo-tori a combustione interna. Infine si illustrano alcuni esempi di layout di impianti presenti sul territorio nazionale.

Il secondo descrive i principali componenti che costituiscono un sistema di teleriscaldamento, partendo dalla centrale termica e dal suo scambiatore primario, passando alla rete di distri-buzione e alle sottostazioni di pompaggio e d’utenza e finendo con l’accumulo termico. Nel terzo capitolo si affrontano i problemi di gestione della produzione e quelli di funziona-mento nell’utilizzo delle biomasse legnose come combustibile, in particolare la modalità di controllo del combustibile in ingresso, l’abbattimento degli effluenti inquinanti e la rimozione e il controllo delle ceneri.

Nel capitolo quarto si prendono in esame le metodologie di progettazione e gestione di im-pianti di teleriscaldamento volte a non incorrere in possibili abusi e si esprimono gli indicatori di prestazione considerati come parametri di confronto per le due modalità di funzionamento. La seconda parte del lavoro inizia con il quinto capitolo e l’analisi dell’impianto: il paese che ospita la rete di teleriscaldamento e la tipologia di biomassa legnosa preponderante nel terri-torio limitrofo, l’azienda proprietaria, la centrale di generazione e la rete di distribuzione. Inol-tre si crea il modello di stima del fabbisogno termico delle utenze: partendo dai dati dei fab-bisogni annuali fatturati nel 2016 si sono dimensionate le caratteristiche geometriche e termo-fisiche dei componenti dell’edificio tipo di ogni settore (residenziale, pubblico e indu-striale) necessarie per calcolare il fabbisogno di energia termica per il riscaldamento e per la produzione di acqua calda sanitaria (ACS). In seguito si sono costruite le curve di carico gior-naliere usate per indagare la gestione operativa della centrale scegliendo delle settimane di stagioni differenti, in modo tale da avere una visione di vari funzionamenti con diversi livelli di carico.

Gli ultimi tre capitoli contengono la parte di analisi delle modalità operative attuale e ottimiz-zata. Si è preso in esame l’installazione di un sistema di accumulo termico, dimensionandolo con vincoli geometrici in modo tale che possa essere inserito all’interno della struttura che ospita l’impianto ed analizzandone i limiti conseguenti a questa scelta. Si è proposta infine una variante impiantistica che renda la produzione totalmente indipendente dal combustibile fos-sile.

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I distretti di teleriscaldamento e la cogenerazione (CHP)

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1 I distretti di teleriscaldamento e la cogenerazione (CHP)

Per teleriscaldamento (TLR) si intende la fornitura di energia termica a una serie di utenze, lontane dal fornitore, mediante un fluido vettore che circola in una rete di tubazioni e che viene riscaldato in una o più centrali termiche.

Il calore da fornire alle utenze può essere prodotto in due modi: da un sistema che produce solo energia termica, o da uno combinato che fornisce sia energia termica e sia elettrica. Nel primo caso il generatore di calore è una semplice caldaia che produce vapore, acqua calda o surriscaldata alimentata con combustibili convenzionali o rinnovabili (FER) oppure con calore residuo di processi industriali o da fonti alternative, come geotermia o solare. Nel secondo invece si produce energia elettrica dal cui processo si recupera calore per alimentare una rete di distribuzione invece che disperderlo semplicemente nell’ambiente, aumentando di fatto l’efficienza globale del sistema.

1.1 Taglia e layout

I distretti di teleriscaldamento possono essere classificati a seconda della taglia dell’impianto che è strettamente legata alla densità dell’utenza servita ed alle dimensioni della rete di di-stribuzione. Queste influenzano la scelta impiantistica e la tecnologia che meglio asservisce al compito di produrre l’energia necessaria a coprire l’intera domanda con la migliore efficienza. La taglia del sistema è determinata in base alla curva di carico del fabbisogno di calore e alle dispersioni della rete che vanno sommate per ottenere la produzione termica in centrale. Dall’elenco contenuto nel rapporto ITABIA [8] si sono individuati i valori caratteristici che de-finiscono ogni classe di potenza.

Tabella 1.1 Classificazione dei distretti di teleriscaldamento suddivisi per taglia di potenza termica nel contesto nazionale italiano.

TAGLIA POTENZA TERMICA [𝑴𝑾𝒕𝒉]

UTENZE

[𝒕𝒊𝒑𝒐] LUNGHEZZA RETE [𝒌𝒎] PICCOLA < 1 Edificio singolo o

pochi edifici, gruppo limitato di utenze

< 1 MEDIA 1 ≤ 𝑃𝑡ℎ< 5 Quartiere cittadino o

piccola comunità o utenza industriale e

/o commerciale

2 < 𝑙 < 15

GRANDE ≥ 5 Paese o insieme di utenze residenziali,

commerciali ed industriali

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I distretti di teleriscaldamento e la cogenerazione (CHP)

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Le centrali censite sono diffuse soprattutto nelle regioni del Nord Italia, per ovvie ragioni cli-matiche che meglio si prestano alla possibilità di installare un sistema di teleriscaldamento. Risultano maggiormente concentrate in Trentino-Alto Adige, in Valle d’Aosta e in Piemonte, in Lombardia e in Friuli – Venezia Giulia. Le restanti sono distribuite tra Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Campania e Basilicata. In particolare si possono distinguere tre diversi distretti energetici: quello altoatesino-trentino, quello lombardo-valtellinese e quello piemontese-valdostano, con impianti di medio-grande taglia spesso abbinati con buone effi-cienze alla produzione di energia elettrica, alcuni dei quali sono descritti più avanti nella trat-tazione. Mentre gli impianti più piccoli sono produttori di solo calore e meno interessanti dal punto di vista dell’analisi riportata.

Tabella 1.2 Classificazione dei distretti di teleriscaldamento suddivisi per Regione/Provincia Autonoma e per taglia di potenza termica dell’impianto nel contesto nazionale italiano.

Regione/Provincia

Autonoma Piccola Media Taglia dell’impianto Grande Totale

Valle d’Aosta 2 1 3 Piemonte 1 6 3 10 Lombardia 5 1 6 12 Trento 4 2 4 10 Bolzano 16 36 8 60 Veneto 2 1 3 Friuli-Venezia Giulia 15 15 Liguria 1 2 3 Emilia-Romagna 1 1 Toscana 5 5 Marche 1 1 Campania 1 1 Basilicata 1 1 Italia 51 52 22 125 1.2 Tecnologia CHP a biomassa

La cogenerazione, Combined Heat and Power (CHP) è la simultanea produzione di energia elet-trica e termica da un’unica fonte energetica. Questo sistema è efficiente perché riduce gli sprechi energetici e per ottimizzarne la progettazione deve essere installato in prossimità del consumatore di energia termica, poiché è molto più conveniente trasportare un surplus di elettricità piuttosto che uno di calore. Perciò i CHP possono essere visti più nell’ottica di fonti primarie di energia termica con un nobile sottoprodotto come quello del vettore elettrico. Un sistema cogenerativo consiste essenzialmente di: un motore primo, un generatore elet-trico e un sistema di recupero del calore residuo [1]. Il motore primo, mentre produce energia

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I distretti di teleriscaldamento e la cogenerazione (CHP)

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meccanica che poi verrà convertita in elettrica nel generatore, crea uno scarto, il calore ap-punto, che può essere recuperato, incrementando l’efficienza energetica complessiva del ci-clo. Un possibile uso di questo calore può essere quello di alimentare una rete di teleriscalda-mento, District Heating Network (DHN), infatti si possono raggiungere anche efficienze del 80% accoppiando CHP e DHN [9].

Esistono numerose soluzioni impiantistiche di tipo cogenerativo nel caso di utilizzo delle bio-masse legnose come combustibile, quelle maggiormente adottate, perché hanno raggiunto un effettivo grado di maturazione tecnologica, sono: i cicli Rankine accoppiati con le turbine a vapore (TV) o a fluidi organici (ORC) e i motori a combustione interna (MCI). Esse vengono scelte a seconda del fabbisogno termico da soddisfare, della temperatura richiesta nella di-stribuzione del calore e del livello di priorità economica che si vuole attribuire alla vendita di energia elettrica.

1.2.1 Turbine a vapore

Questo gruppo di impianti, che si colloca nelle taglie più grandi, con potenze dell’ordine delle decine di 𝑀𝑊𝑡ℎ se alimentate a cippato, sfrutta la composizione caldaia-turbina a vapore in due possibili configurazioni per applicazioni in DHN: con spillamento oppure a contropres-sione.

Il primo caso prevede l’estrazione di una certa quantità del vapore prima che questo completi il processo di espansione in turbina, in uno stadio intermedio o in alcuni casi addirittura a monte, per inviarla ad un’utenza termica. Variando la quota di portata spillata è dunque pos-sibile variare il rapporto di cogenerazione, quando la richiesta di calore è alta, per esempio nei mesi invernali, si massimizza la produzione di energia termica spillando la massima portata di vapore, con rendimenti termici tra il 70÷75%, ma complementarmente quella elettrica è mi-nima (𝜂𝑒𝑙=3÷8%); viceversa accade in estate: minima quantità di vapore estratta e massima erogazione di elettricità, di conseguenza anche massimo rendimento elettrico del 15% circa. Infatti la massa di vapore spillata, dal momento in cui viene sottratta alla turbina, non contri-buisce a fornire lavoro meccanico e di conseguenza diminuisce anche il rendimento elettrico rispetto ad un ciclo tradizionale.

Nel secondo invece si impiega il vapore in uscita dalla turbina, che, dopo il completamento della fase di espansione, viene inviato a un recuperatore di calore, ossia uno scambiatore che sostituisce il condensatore. Il problema principale è che per alimentare una rete di teleriscal-damento serve fluido ad una pressione molto superiore a quella che si avrebbe in un impianto a condensazione (0,05 bar corrispondente a una temperatura di 33°C), pertanto si riduce la possibilità di sfruttare pienamente il salto entalpico del vapore con conseguente penalizza-zione del rendimento del ciclo. Inoltre non permette una buona modulapenalizza-zione come avviene per lo spilllamento, che viene sicuramente preferito nelle applicazioni reali.

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Da quanto detto si evince che la cogenerazione con impianti a vapore tradisce il principio di utilizzare unicamente calore di scarto, poiché il fluido che viene sottratto per alimentare le utenze termiche sarebbe ancora in grado di compiere lavoro utile in turbina. Sicuramente a suo favore va il vantaggio di una completa modulazione e una buona flessibilità che permet-tono di seguire in ogni situazione le variazioni di carico della domanda termica, infatti la tur-bina a vapore si può adattare a condizioni di funzionamento fino al 40% del carico.

Nonostante la buona capacità di variazione della produzione termica in funzione della richie-sta, gli impianti a vapore hanno una serie di complicanze che li rendono meno appetibili per le aziende di produzione di servizio termico:

• Il funzionamento del generatore di vapore è soggetto a rischio di esplosione dovuta al fluido di lavoro e richiede la presenza continua di personale qualificato e apposita-mente abilitato, a meno che non si sfrutti lo scambio indiretto interponendo un fluido intermedio fra fumi e acqua, perdendone, però, in efficienza;

• Le alte temperature e pressioni comportano l’adozione di sistemi di sicurezza partico-larmente evoluti e costosi;

• L’acqua utilizzata nel ciclo, anche se demineralizzata, può determinare fenomeni di corrosione che devono essere accuratamente monitorati e può danneggiare le pale negli ultimi stadi della turbina a causa della formazione di gocce di condensazione.

1.2.2 Cicli Rankine a fluido organico

Il Ciclo Rankine Organico, Organic Rankine Cycle (ORC), è definito binario, in quanto il fluido vettore e quello di lavoro sono diversi, ed inizialmente ha avuto successo per applicazioni geo-termiche e per il recupero di cascami termici a bassa temperatura. Dagli anni ’90 ha trovato spazio in un nuovo mercato, quello nel campo della cogenerazione a biomassa, in particolare negli impianti di media taglia1.

L’ORC è basato su un turbogeneratore che lavora come una convenzionale turbina a vapore per trasformare energia termica in meccanica e da questa in elettrica tramite un generatore. Ma invece che produrre vapore dall’acqua, vaporizza un fluido organico caratterizzato da un peso molecolare maggiore che porta ad una rotazione più lenta della turbina, a una pressione minore e ad un’assenza di erosione delle pale metalliche della turbina. Anche se ha un rendi-mento elettrico limitato, tra il 15% e il 21%, ha il vantaggio di essere di facile installazione e può operare senza bisogno di sorveglianza continua [10].

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Figura 1.1 Schema del ORC e ciclo sul piano s-T [6].

L’energia termica di una sorgente a media temperatura (100÷400°C) viene impiegata per va-porizzare il fluido organico (4 − 5), il quale fa ruotare una turbina collegata ad un alternatore (5 − 6), il vapore esausto passa in un rigeneratore (6 − 7) dove preriscalda il liquido (2 − 3). Infine fluisce in un condensatore dove scambia calore con l’acqua di raffreddamento (7 − 8 − 1) e poi viene pompato (1 − 2) nel rigeneratore per riprendere il ciclo.

Figura 1.2 Esempio di un modulo ORC in un processo di cogenerazione: caldaia alimentata a biomassa, circuito intermedio dell’olio diatermico, ciclo Rankine con fluido di lavoro organico [11].

Nel caso di alimentazione a biomassa legnosa la maggior parte degli impianti producono po-tenze termiche massime intorno ai 6÷10 𝑀𝑊𝑡ℎ, corrispondenti a 1÷3 𝑀𝑊𝑒𝑙. Si possono avere

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I distretti di teleriscaldamento e la cogenerazione (CHP)

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anche potenze inferiori, per esempio esistono i micro-ORC che funzionano con sorgenti con temperature inferiori a 120°C per una potenza elettrica che non supera i 200 𝑘𝑊𝑒𝑙 e rendi-menti elettrici intorno al 6÷10%; ma non sono ancora diffusi a causa degli alti costi rispetto alle basse prestazioni.

Nell'ORC la caldaia non riscalda direttamente il fluido di lavoro ma trasferisce l’energia termica dei fumi a un fluido intermedio; questo liquido è sostanzialmente un olio diatermico, che può essere di origine minerale o sintetica. Il suo utilizzo offre maggiori aspetti positivi rispetto all’acqua: primo fra tutti ha la particolare caratteristica di avere un’elevata temperatura di ebollizione (circa 400÷500°C) alla pressione atmosferica, questo permette una conduzione più semplice ed economica senza necessità di sorveglianza continua; ha un basso punto di congelamento ed elevate proprietà lubrificanti, che limitano l’usura di tubazioni, pompe e val-vole.

I fluidi di lavoro utilizzati negli ORC sono del tipo bassobollenti, ovvero fluidi in cui la tempe-ratura di ebollizione normale è inferiore a quella dell’acqua; solitamente sono di natura orga-nica, ma in generale possono rientrare nell’insieme degli ORC tutti i cicli Rankine che adope-rano fluidi bassobollenti, anche inorganici. Spesso si tratta di un refrigerante o un idrocarburo oppure di un liquido siliconico. Questi hanno la particolarità termo-fisica di avere una curva limite superiore di saturazione del vapore con pendenza verticale o a tendenza negativa, ne consegue un’assenza di pericolo di condensazione nella parte finale della fase di espansione o di necessità di surriscaldamento del vapore prima dell’ingresso in turbina. Inoltre l’alto peso molecolare dei fluidi organici corrispondente ad una portata in massa maggiore, comporta la costruzione di turbine con meno stadi (anche uno o due) e minori perdite fluidodinamiche e di conseguenza rendimenti di espansione anche superiori al 90%, nonché avviamenti più ra-pidi, quest’ultimi grazie anche alle proprietà dell’olio diatermico. Di contro necessitano di maggiore lavoro di pompaggio e devono essere mantenuti in un circuito chiuso a causa della loro tossicità e infiammabilità.

I turbogeneratori ORC che utilizzano i liquidi siliconici sono quelli più diffusi nel campo di ali-mentazione a biomassa, dimostrano un’efficienza globale dell’88% ed una elettrica netta del 18% circa, quando operano con temperature nominali dell’acqua di raffreddamento tra i 60°C e i 80°C; in genere circa il 74÷80% del calore viene ceduto all’acqua di raffreddamento. L’ORC può funzionare senza problemi a carico parziale fino al 10% del carico nominale ed ha un’ot-tima efficienza a carico parziale con rendimento pressoché costante per carichi fino al 50% del carico nominale [7].

Gli ORC vengono venduti in moduli già montati dalla casa produttrice, quindi è sufficiente sce-gliere la taglia che si vuole installare senza doverli progettare e possono essere inseriti in un impianto già esistente, per questo sono la soluzione più adottata nel settore della cogenera-zione applicata al teleriscaldamento.

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Tabella 1.3 Lista di alcuni produttori di moduli ORC e loro applicazioni e temperature operative di sorgente [12].

1.2.3 Motori a combustione interna

Questi sistemi possono fornire potenze elettriche a partire da 10 𝑘𝑊𝑒𝑙 fino a 5 𝑀𝑊𝑒𝑙, quindi vengono utilizzati specialmente per applicazioni di piccoli-medi DHN, grazie anche alla loro facilità d’installazione e ai bassi costi di investimento che li rendono competitivi se paragonati ad altre soluzioni a parità di taglia. Il loro rendimento si attesta tra il 20% e il 40% [3].

Il sistema di recupero del calore sfrutta varie sorgenti termiche: i fumi allo scarico che si trovano a 380÷430°C, l’acqua di raffreddamento che asporta calore dalle camicie dei cilindri e si trova a temperature intorno ai 90°C e l’olio di lubrificazione del motore tra 95÷100°C. Per i motori sovralimentati con turbocompressore è possibile prevedere anche un recupero di calore dall'intercooler, lo scambiatore posto fra compressore e motore, che ha lo scopo di incrementare ulteriormente la densità dell’aria comburente; ma è raramente utilizzato.

Figura 1.3 Esempio di schema delle sorgenti termiche del sistema di recupero di calore in un motore a combustione interna: gas di scarico e acqua di raffreddamento del motore per la produzione di vapore e acqua calda per TLR da un MCI con

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Figura 1.4 Esempio di schema delle sorgenti termiche del sistema di recupero di calore in un motore a combustione interna: gas di scarico, circuito dell’olio lubrificante e quello dell’acqua di raffreddamento del motore per la produzione di vapore e

acqua calda per TLR da un MCI con potenza elettrica di 1,2 𝑀𝑊𝑒𝑙.

Il combustibile più diffuso in questi sistemi è il gas. Possono essere usati sia motori ad accen-sione comandata, ciclo Otto in lean-burn, ossia che sono in grado di funzionare con forti ec-cessi d’aria, che quelli ad accensione spontanea, ciclo Diesel, modificati e utilizzati in modalità

bi-fuel, ovvero con doppia alimentazione, avviati utilizzando come combustibile normale

ga-solio.

Nel caso di alimentazione a biomassa legnosa, questa dovrebbe essere convertita in un com-bustibile gassoso mediante il riscaldamento in un ambiente a ridotto contenuto di ossigeno. Il gas, così ottenuto, dovrebbe essere lavato con complessi e dispendiosi sistemi di pulizia per poter essere combusto in un motore a combustione interna (MCI) modificato per questo pre-ciso scopo. Vista l’acerbità tecnologica, i problemi legati allo sporcamento della combustione di syngas e l’inefficienza del processo di gassificazione, si preferisce di gran lunga il semplice utilizzo con alimentazione a gas naturale.

Lo svantaggio di questi sistemi è la scarsa flessibilità, poiché il calore recuperabile è univoca-mente legato alla quantità di energia elettrica prodotta, e la bassa temperatura del fluido ero-gato. In più hanno alti costi di manutenzione, rumorosità e vibrazioni durante il funzionamento ed elevati valori di emissioni inquinanti, quali ossidi di azoto e monossido di carbonio.

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1.2.4 Mix di tecnologie

Come si è visto ci sono varie possibilità di configurazione impiantistica per l’uso di CHP alimen-tati a biomasse e in alcuni casi può essere interessante l’utilizzo contemporaneo di un insieme di esse.

Figura 1.5 Schema di un impianto a turbina a vapore con spillamento che con i fumi di scarico, che dopo lo scambio con il vapore hanno ancora un buon potenziale termico, alimenta un ciclo ORC a bassa temperatura.

Per esempio in un impianto a vapore a spillamento i fumi di scarico al camino hanno ancora un buon carico energetico, anche 160°C (es. impianto di Collio o Sellero). Questi potrebbero essere sfruttati come sorgente termica per un modulo ORC a bassa temperatura, sono suffi-cienti 120°C, di piccola taglia, potenza minore di 200 𝑘𝑊𝑡ℎ. Sicuramente andrebbe attenta-mente effettuata un’analisi della fattibilità e convenienza, poiché i rendimenti elettrici di que-sto tipo di ORC si aggirano sul 6÷10% e il fluido in fase di condensazione non supera i 35÷40°C, il che rende difficile il suo recupero in cogenerazione.

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I distretti di teleriscaldamento e la cogenerazione (CHP)

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Figura 1.6 Schema di un impianto cogenerativo con MCI che con il circuito di raffreddamento alimenta una rete di teleriscal-damento, mentre con i fumi di scarico alimenta un ciclo ORC che produce ulteriore energia elettrica ed integra la produzione

erogata alla rete di teleriscaldamento.

Altro caso è l’utilizzo dei gas di scarico di un motore a combustione interna che hanno un buon potenziale termico, circa 420°C, per alimentare un ciclo ORC, quest’ultimo può produrre ulte-riore energia elettrica e può integrare, insieme al recupero dal raffreddamento del MCI, la produzione di acqua calda per una rete di teleriscaldamento, aumentando la capacità termica dell’impianto. A livello energetico questa soluzione potrebbe essere molto promettente, ma è di difficile applicazione visti gli alti costi d’investimento per l’acquisto di tutta la tecnologia, in particolare del modulo ORC, che si ammortizzano in tempi troppo lunghi, addirittura mag-giori della vita utile del MCI, che si aggira intorno alle 80.000.

Molto più attuabile è, invece, l’installazione in parallelo di più unità CHP alimentate anche da fonti differenti. Infatti non è insolito trovare impianti che montano cicli ORC alimentati a bio-massa insieme a MCI a gas, oppure semplici MCI a gas accoppiati a caldaie di supporto ed integrazione a cippato, oppure ORC e caldaie entrambi alimentati a biomassa.

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Figura 1.7 Schema di un impianto con integrazione di diverse tecnologie CHP e varie fonti di alimentazione (Cavalese, TN): ciclo ORC e caldaia alimentati a biomassa e cogeneratore e caldaia di supporto alimentati a gas naturale [13].

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Figura 1.8 Schema di un impianto con integrazione di diverse tecnologie CHP e varie fonti di alimentazione (Brunico, BZ): ciclo ORC e caldaia a biomassa, cogeneratore e caldaia di supporto alimentati a gas naturale, in aggiunta al recupero

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I distretti di teleriscaldamento e la cogenerazione (CHP)

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Figura 1.9 Schema di un impianto con integrazione di diverse tecnologie CHP e di varie fonti di alimentazione (Silandro, BZ): ciclo ORC alimentato a biomassa, cogeneratore e caldaia di supporto alimentati a gas naturale [13].

Si riportano le principali caratteristiche tecniche delle tecnologie CHP prese in esame.

Tabella 1.4 Riassunto delle tecnologie CHP alimentate a biomassa: range di potenza elettrica, rendimento globale, rendimento elettrico, vita utile.

TECNOLOGIA RANGE DI POTENZA RENDIMENTO

TO-TALE RENDIMENTO ELET-TRICO VITA UTILE A VAPORE (TV) 5 ÷10 𝑀𝑊𝑒𝑙 80÷85% 20÷30% 20÷35 anni MOTORE A COMBU-STIONE INTERNA (MCI) 10 𝑘𝑊𝑒𝑙÷ 5 𝑀𝑊𝑒𝑙 70÷90% 30÷45% 80.000 ore A FLUIDO ORGANICO (ORC) ÷ 3 𝑀𝑊200 𝑘𝑊𝑒𝑙𝑒𝑙 80÷88% 15÷21% (6÷17% per potenze ≤1 𝑀𝑊𝑒𝑙) Fino a 30 anni

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I distretti di teleriscaldamento e la cogenerazione (CHP)

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1.3 Esempi di centrali di teleriscaldamento a biomassa in Italia

Ora che si sono individuate le principali tecnologie CHP, si vuole fare una panoramica di alcuni impianti presenti sul territorio nazionale, che possono essere di riferimento per le taglie me-dio-grandi.

I primi due esempi sono gli unici che presentano un assetto cogenerativo sottoforma di ciclo a vapore con spillamento dalla turbina: la centrale di Collio in Val Trompia che alimenta una rete di teleriscaldamento di 483 utenti nei comuni di Collio e San Colombano, in provincia di Brescia; l’altra, molto simile e anch’essa in provincia di Brescia, è quella di Sellero Novelle che produce acqua calda per riscaldamento e per usi igienico-sanitari per 405 allacciamenti. La centrale di Tirano (SO) è invece del tipo con modulo ORC e con i suoi quasi 25 𝑀𝑊𝑡ℎ di capacità produttiva e i 740 clienti è una delle più grandi in ambito nazionale. Infine si descrive la centrale di Sondalo, che seppur a produzione di solo calore, può essere analizzata in pro-spettiva di un potenziamento con l’installazione di un ciclo a fluido organico che può recupe-rare il calore intrinseco dei fumi di scarico della caldaia.

1.3.1 Centrale di Collio

Figura 1.10 Schema termico della centrale di Collio in Val Trompia (BS): del tipo a turbina con spillamento.

L’impianto di Collio in Val Trompia è un esempio del tipo a ciclo Rankine-Hirn con turbina divisa in due sezioni una ad alta (AP), da cui viene spillato vapore surriscaldato che va ad alimentare una rete di teleriscaldamento, ed una a bassa (BP). La portata estratta, a 6 bar e 220°C, è in

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I distretti di teleriscaldamento e la cogenerazione (CHP)

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funzione del fabbisogno termico, mentre il restante completa la fase di espansione e produce lavoro che viene convertito in energia elettrica con un generatore. Questo assetto permette una buona modulazione e l’erogazione di energia termica va da un minimo di 0,7 𝑀𝑊𝑡ℎ, cor-rispondente al minore rendimento complessivo e al periodo estivo, a un massimo di 6 𝑀𝑊𝑡ℎ, per un rendimento maggiore (circa il 70%) nel periodo invernale. Anche il rendimento elettrico varia, rispettivamente, da un massimo del 12% ad un minimo del 3%.

L’integrazione è fatta da una caldaia a gasolio con 5,8 𝑀𝑊𝑡ℎ di potenza.

Una particolarità di questo impianto è la presenza di uno scambio indiretto fra fumi di caldaia e circuito del fluido di lavoro che si avvale dell’olio diatermico come un fluido intermedio. Questo liquido può essere di origine minerale o sintetica, talvolta completamente biodegra-dabile, offre svariati vantaggi: elevata proprietà lubrificante, che limita l’usura delle pompe e delle valvole; alto punto di ebollizione a pressione atmosferica, che permette di ridurre il va-lore di quella di funzionamento della caldaia e di conseguenza ne semplifica la conduzione; ridotta viscosità, anche a bassa temperatura, che favorisce un rapido avviamento.

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