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Alvise Zorzi nacque a Venezia nel 1543 Le cronache del tempo ci raccontano dell’intraprendenza che lo Zorzi dimostrò nel 1571, quando divenne Capitano di una

Capitolo 3. La politica interna

64 Alvise Zorzi nacque a Venezia nel 1543 Le cronache del tempo ci raccontano dell’intraprendenza che lo Zorzi dimostrò nel 1571, quando divenne Capitano di una

Galea veneziana, durante l’assedio di Cipro da parte del Turco. In quell’occasione, Alvise Zorzi dimostrò le sue capacità in armi, battendosi con grande coraggio contro gli infedeli.

Dopo la guerra Alvise fece ritorno a Venezia, dove fu insignito del grado di Capita- no di Marano, successivamente gli fu assegnato l’incarico di dirigere l’Arsenale della Dominante.

L’undici marzo 1600 Alvise Zorzi fu eletto Provveditore al taglio di Po e successiva- mente passò alla carica di Provveditore al Sale. Grazie alle spiccate qualità di coman- do in mare, lo Zorzi riuscì a sedare i tumulti che erano scoppiati nel Golfo di Trieste e successivamente fu nominato Provveditore Generale d’Istria.

Infine, nel 1615, Alvise Zorzi fu eletto alla carica di Procuratore di San Marco prima dell’avvenuta morte nello stesso anno.

Su questo tema si veda il seguente riferimento:

Claudio Mancin, Il Delta del Po, Genesi di un territorio, Il Taglio di Porto Viro, nelle relazioni dei Provveditori (1598-1613), pp.94-95.

siastici sul bosco del Pendasio era del tutto falsato dal fatto che l’incendio riguardava una zona del territorio veneto. Lunardo Donado disse invece che, la richiesta da parte degli ecclesiastici di fare giustizia e di punire i reali colpevoli dell’incendio, non faceva altro che far ricadere implicitamente la colpa sui nostri sudditi.

Inoltre il Donado era dell’idea, che per il bene dei lavori in corso d’opera, lo scopo principale da raggiungere fosse l’ultimazione dell’opera. Poco im- portavano, concludeva il Donà, le vicende sul bosco; era necessario con- vivere con esse.

Francesco Zustignan, Savio del Censo, con il suo intervento evidenziò come il Pontefice non avesse mai ostacolato l’opera del Taglio di Po e il fatto che gli ecclesiastici avessero rifiutato più volte l’affitto del suddetto bosco non aveva offeso nessuno ma piuttosto il silenzio del Consiglio aveva irritato Sua Santità.

A ruota del Savio del Censo si schierò Nicolò Sagredo, il quale propose una linea più morbida che avrebbe dovuto essere inserita nel memoriale del Pendasio, rivolto a Santità Sua, nel quale si faceva riferimento al sud- detto bosco nei termini di servo della Chiesa.

Inoltre, il Sagredo affermò che la strada più comoda sarebbe stata quella di rispondere che la Repubblica avrebbe castigato i suoi colpevoli e per di più suggerì di essere vaghi nelle risposte, meno sinceri, poiché la sincerità non paga considerando come il Pontefice formalmente abbia preso tanto a cuore la questione, nascondendo invece un tentativo artificioso di soste- nere le ragioni della chiesa nella materia dei confini di Ferrara.

Inoltre sempre Francesco Zustignan disse come:

«Habbiamo quello che più importa, et non lo conosciamo, già li ecclesiastici rimosse le contese, vengono ad acconsentire che à noi aspetti il bosco, ricercando da noi il castigo di coloro che l’hanno violato, et da loro dissentiremo, mai, et confesseremo che non vi habbiamo che fare negando dar castigo à chi ne ha posto il fuoco»66.

Antonio Mero, Consigliere, replicando disse che i preti avevano proposto quest’istanza per confermare che il bosco era della Dominante, e che la ricerca di chi fosse stato ad appiccare l’incendio non era affar loro il fatto. Secondo il parere ecclesiastico, il bosco non poteva essere di proprietà

Venezia (BCV), Cod Cicogna 1993, cc. 40v-40r

66 [Nicolò Contarini], Materie, Politiche, Biblioteca del Civico Museo Correr, Vene- zia (BCV), Cod Cicogna 1993, cc. 42v, 43r

veneziana poiché la Dominate non si era interessata a condannare coloro che avevano provocato il suddetto incendio. 67.

Infine riprese la parola Lunardo Donato affermando che era necessario rispondere al Pontefice senza farsi intimidire dalla grandezza dell’interlo- cutore e non voleva che il pontefice pensasse che la sua figura non fosse stata presa in considerazione dalla Corte della Repubblica di Venezia. D’al- tro canto, il Donato ammise che sulla questione del bosco del Pendasio Venezia non aveva solo ragioni, di fatti era vero che, punendo i piromani, avrebbe dimostrato ineluttabilmente il possesso del bene.

Le parole espresse dal Donà sembrerebbero indirizzarsi verso l’ala più filopapale del Senato, ma è il diarista a chiarire il vero scopo del discorso espresso da Lunardo:

«Ser Lunardo Donado volse replicare alle cose dette dal Mero, et insistendo di nuovo sopra l’obbligo e la necessità di rispondere al Pontefice disse che hemmai si levasse- ro le contenzioni, o si volesse lasciar risolvere questa risposta, che non conveniva al rispetto che si deve ad un Pontefice Principe tanto grande, o tanto superiore il passar con silenzio quelle cose delle quali egli faceva tanta instanza che questo le havea fatto creder il poco conto che vien detto universalmente à quella Corte che la Repubblica tiene della Santità Sua, che anco i ministri dei Principi più bassi, si risponde, che questo sia argomento sia a superbia, e faria impressione che noi havessimo poca ragione sopra il bosco contenzioso, nel quale havendone poca per verità perché mai e si mostrati al possesso, havendone havuto il Pendasio la paremia, era da accettar volentieri questa oc- casione di far prova di castigar li incendiari perché per parte nostra acere servanossi, le nostre ragioni, e non dimeno non si perdeva alcuna cosa, esser gran vantaggio che a nei fossi dimandato che castigassimo coloro che si haveano posto il fuoco, confermandosi con questo che noi ne fossimo padroni così ancor esso Donado artificiosamente pro- curava a far creder al Senato che si acquietasse maggior fondamento alle nostre ragioni con questa risposta, gli con quest’atto di castigarli delinquenti à richiesta del Papa»68.

Nei primi mesi del 1600 il Provveditore al Taglio di Po, Alvise Zorzi, aveva assistito a vere e proprie opere di sabotaggio compiute dai ferraresi, sud- diti del Papa, e aveva informato tempestivamente il Senato veneziano di quello che stava accadendo nei pressi dei cantieri.

Il Senato indispettito del comportamento tenuto dai sudditi dello stato

67 [Nicolò Contarini], Materie, Politiche, Biblioteca del Civico Museo Correr, Venezia (BCV), Cod Cicogna 1993, cc. 42v, 42r, 43v, 43r, 44v, 44r, 45v.

68 [Nicolò Contarini], Materie, Politiche, Biblioteca del Civico Museo Correr, Venezia (BCV), Cod Cicogna 1993, cc. 45r, 45v.

della Chiesa relazionò l’accaduto all’ambasciatore straordinario Marco Ve- nier.

Nonostante questa dichiarazione formale, la situazione non migliorò di molto e per tutta la durata dell’opera i vari provveditori, che si succedette- ro a questa carica, dovettero convivere con questi atti premeditati.

Per di più, uno dei motivi che complicarono l’operato di Alvise Zorzi, come supervisore ai lavori sul Po, erano i finanziamenti per la prosecuzio- ne dell’opera, che giungevano sempre più a singhiozzo dal Senato vene- ziano. Solo a seguito delle pressioni che Alvise Zorzi, il Provveditore, fece al Senato veneziano giunse il denaro, anche se questo non placò i ritardi. Il Senato, in data 25 maggio 1602, emise una richiesta di confisca di beni dei proprietari insolventi al primo «campadego» per recuperare parte di al- cuni crediti che la Repubblica doveva ancora riscuotere e finanziare i lavori del Taglio di Po; riuscì a racimolare 5.000 ducati.

In data 22 giugno 1602 il Senato veneziano accettò le dimissioni di Alvise Zorzi, aprendo la corsa alla nomina del nuovo Provveditore 69.

Le Materie Politiche ci raccontano come Andrea Gabriel avesse assunto la carica di Provveditore in data 4 di luglio nel luglio 1602, dopo i 27 mesi di Alvise Zorzi, con la votazione del Senato:

«Si venne alla elezione di Provveditor sopra il taglio di Po, nella quale essendone de- nominati tanti, che ascenderanno al numero di quattordici, dodici furono scrutati per ritrovarsi in alcun altro carico essendovi conosciuto in prova[...]perché escusati gli altri tutti si resto solo in Ser Andrea Gabriel, e Ser Mattio Malipiero, gli volendo Caragione che non si ballotasse il Malipiero perché non era del corpo del Senato presiede l’inte- resse del Gabriel[...] e così fatta ballottazione rimase esso Gabriel,[...]»70.

In data 20 luglio, si fa riferimento alla visita del signor Mario Farnese71 ai 69 Claudio Mancin, Il Delta del Po, Genesi di un territorio, Il Taglio di Porto Viro, nelle relazioni dei Provveditori (1598-1613), pp.98-140.

70 [Nicolò Contarini], Materie, Politiche, Biblioteca del Civico Museo Correr, Venezia (BCV), Cod Cicogna 1993, c. 7r.

71 Mario Farnese nacque intorno al 1548 (1548-1619) a Latera, Viterbo. Figlio