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Claudio Povolo, Un rapporto difficile e controverso Paolo Sarpi e il diritto veneto, In Ripensando Paolo Sarpi, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Nel

Capitolo 3. La politica interna

58 Claudio Povolo, Un rapporto difficile e controverso Paolo Sarpi e il diritto veneto, In Ripensando Paolo Sarpi, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Nel

450° anniversario della nascita di Paolo Sarpi, a cura di Corrado Pin, Venezia, Ateneo Veneto, 2006, p. 239.

Consiglio, affermando che, con ragione, il Collegio aveva proposto tale lettera per non aprire una nuova contesa per le «cose» di Ceneda e che era un bene determinare che alla Signoria spettasse giudicare le cose che accadevano in quella città poiché il vescovo non avesse modo di estendere la sua autorità su tutta la città e la diocesi.

Con questa lettera il Collegio non vuole comandare sopra il vescovo ma desidera che giustizia venga fatta, ne va della dignità del Consiglio.

Alle parole del Savio Del Consiglio Iacomo Zane seguirono le parole di Zuanne Dolfin, Cavaliere e Procuratore, il quale riconobbe la superiorità nelle «cose» di Ceneda, ed esortò il Consiglio ad «accomodare» i giudizi appena espressi, ribadendo che il loro compito era quello di amministrare e perpetrare la giustizia.

Infine prese la parola Leonardo Donà, Cavaliere e Procuratore, il quale affermò come, da una parte, con quella lettera si voleva ordinare che fosse fatta giustizia e, dall’altra, non si voleva che la Signoria fosse obbligata a comandare alcuna cosa non essendo poi obbedita. La Dominate doveva agire con maggior disprezzo e maggior pregiudizio, perché ancora non era ben chiaro chi avesse diritto all’appellazione dei giudizi. Doveva ottenere la superiorità di Ceneda e per far ciò non si doveva interrompere il «ne- gozio» che «vi correva sopra» poiché era già da molto che si trattava con Roma.

Il Donà esigette che, per prima cosa, venisse scritto al vescovo di fare giustizia, e poi di richiedere maggiori chiarimenti su chi avesse la piena autorità su Ceneda. Questa soluzione fu deliberata dal Consiglio nella vo- tazione che seguì l’arringa del Cavaliere Procuratore.59

Le tensioni fra il Papa e le magistrature veneziane non si limitarono alla questione della sovranità nelle diocesi ma ne nacquero altre in riferimento alla costruzione dell’opera di Taglio di Po, lungo il confine dei due stati. Gli attriti, che caratterizzarono i lavori del suddetto Taglio, furono acutiz- zati nel 1602 dallo scoppio di un incendio nel vicino bosco del Pendasio, luogo conteso tra i due illustri confinanti.

I lavori, nel suddetto fiume, si erano resi indispensabili dopo che la Repub- blica di Venezia decise di porre rimedio alla questione dei ristagni d’acqua

59 [Nicolò Contarini], Materie, Politiche, Biblioteca del Civico Museo Correr, Venezia (BCV), Cod Cicogna 1993, cc. 218v, 219r, 219v, 220r, 220v, 222r, 221v, 222r,

che portavano alla cosiddetta «mala sanità» e che erano causati dai fiumi che affluivano in laguna. Come affermato da Livio Segantin:

«[...]la preoccupazione maggiore per Venezia era rappresentata dall’interramento della laguna, causato dai depositi alluvionali del Po di Tramontana[...].»60

Già a partire dal XV secolo, vi era la consapevolezza nella Dominante di dover salvaguardare la laguna e i suoi equilibri con la creazione di canali, isole e dossi spartiacque sia per garantire e agevolare la pesca, sia anche la difesa di Venezia, la cui conformazione naturale l’aveva da sempre protet- ta, disincentivando ogni tentativo d’incursione dei suoi nemici.

I flussi dei vari fiumi, che entravano in laguna, iniziarono così ad essere seguiti con maggiore attenzione e studiati dalle magistrature preposte. Tra questi il Po era quello che aveva la foce più grande e la portata d’acqua dolce maggiore e perciò destava preponderante preoccupazione.

La costruzione del cosiddetto «barco» alla Mesola, fatto edificare dal duca Alfonso II di Ferrara, fece accelerare i tempi d’intervento da parte dei veneziani lungo il fiume Po. La funzione di questo barco era puramente legata allo svago, esso infatti divenne il principale luogo di villeggiatura della corte del Duca.

Tornando al corso del Po, la realizzazione del barco fu vista da parte dei veneziani come un probabile danno al commercio, e per questo fu deciso di deviare il corso all’altezza di Porto Viro tramite un cosiddetto Taglio. La discussione, in merito ai lavori di deviazione del Po, ebbe inizio nel 1598 in Senato e, dopo l’approvazione dell’opera, il progetto fu affidato a dodici nobili incaricati della regolamentazione delle acque del Po: I Savi Esecutori alla Acque.

La magistratura dei Savi Esecutori alla Acque nacque con il compito di garantire una continuità ai lavori e un’autonomia nel dirimere le varie pro- blematiche che nascevano durante il corso degli stessi.

Questa magistratura aveva anche la possibilità di nominare dei provvedi- tori straordinari, cosa che mise in atto nominando il Provveditore al taglio di Po61.

60 Lino Segantin, Il taglio di Porto Viro (1600-1604), < http://www.ventaglio90. it/articolo.php?id=104>, Ventaglio n.29 - Giugno 2004 STORIA-TRADIONI, [ulti- ma consultazione 20-01-2014]

61 Claudio Mancin, Il Delta del Po, Genesi di un territorio, Il Taglio di Porto Viro, nelle relazioni dei Provveditori (1598-1613), Edizioni Arti Grafiche Diemme, Ferrara, 2002, pp.17-18

I lavori presero il via nell’anno 1600 sotto la guida del Provveditore Alvise Zorzi ma, a poco più di due anni dall’inizio della costruzione, gli succedet- te Andrea Gabriel. L’opera del Taglio fu portata a conclusione da Zangia- como Zane, nominato a seguito di Gabriel62.

Come detto, un altro evento caratterizzò il 1602, l’incendio del bosco del Pendasio scoppiato in un luogo poco distante dai lavori del Taglio. L’av- venimento irrigidì non poco i rapporti tra i due stati e non fece altro che divenire un pretesto per rivendicare la sovranità del suddetto bosco; seb- bene il domino fosse veneziano, ciò non bastò per placare le alte cariche ecclesiastiche.

Sempre in riferimento all’undici di luglio e alla questione legata all’incen- dio del bosco del Pendasio:

«Il Papa molistaso da chianagra, et da colui, tutto di malavoglia, disse all’audentia al nostro Ambasciatore che havea da parte un memoriale [...]et fu in proposito di quei nostri sudditi imputati di haver posto fuoco al bosco del Pendasio al luogo dove si fa il taglio del Po».63

Alle parole del Papa risposero prima Alvise Zorzi64 e poi Lunardo Donado

Cavalier e Procuratore65. Alvise Zorzi affermò che l’interesse degli eccle- 62 Claudio Mancin, Ibidem, p. 25

63 [Nicolò Contarini], Materie, Politiche, Biblioteca del Civico Museo Correr, Venezia (BCV), Cod Cicogna 1993, c. 28r

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64 Alvise Zorzi nacque a Venezia nel 1543. Le cronache del tempo ci raccontano