Ma
inargomento
si fattonon mi
piace scher-zare.Giulio Salvadori dallafedenon
mentita né dis-simulata attinge inspirazioninuove
all'arte sua; di lui poeta soltanto dirò qualcosa, ed eglimi
perdo-nerà se dovrò pure accennare allosvolgimento del suo pensiero.Nato
aMonte San
Savino, in Valdichiana, nel settembre del 1862, il Salvadorivenne
dodicenne aRoma,
e quicompiè
gli studi classici ginnasiali e liceali. Entrò nel cosi dettomondo
letterario nel 76, con articoli nella RivistaRomana
e nella Ras-segna settimanale: giovanissimo, già dagli studiben
fatti
aveva
cosi aperta la via a difficili giornali.Ma ad
esser noto cominciò quando, studente di let-tere nell'università, die opera assidua alla Cronaca Bizantina: pieno di ardore,avendo
già in mente, sebbene assai diverso ne' modi, l'ideale delrinno-vamento
dell'arte italiana, credè che potesse quel periodico essergliarme
valida alla battaglia in cui si cacciava; e scrisseprose di criticache per qualchetempo ha
pensato raccogliere, emi
spiacenon
l'ab-bia fatto.Con
pari ingenuità sperò poi nellaDome-nica letteraria; e spera oggi nelle canzoni sue e in quelle di alcuni amici suoi. Ci vuole altro che pre-dicare, sia
pur
con l'esempio! I risvegli artisticinon
siproducono
per eccitamenti esterni; altronon
possono essere cheun
effetto spontaneo della rafforzata o affinata vita di tuttoun
popolo. Fatto sta che il Salvadori, senza tralasciare le ricerche su' poeti del dolce stil nuovo, delle qualiha
già dato qualche saggio di assai importanza, tenevaanimoso
ilcampo
nella rivista delSammaruga
so-stenendo le ragioni diuna
scuolamal
definita, cui appartenevanotra gli altri, curiosa miscela,ilD'An-GIULIO SALVADORI 71
nunzio, lo Scarfoglio eGiustino Ferri, tutti in coro vantando
duca
e maestro ilCarducci.Onde,
poi che ciascunoandava
per conto suo, il Salvador! portavalabandiera là
dove
megliogli sembrasse, e la pian-tava innome
d'una schiera chenon
si curava di seguirlo.Ma
ilbuon
successo dell'impresanon
ac-cresce lode al coraggio dell'alfiere.Ho
varie lettere sue di quel tempo, e vi ritrovo osservazioni e motti che vorrei poter riferire. Ec-coneun
luogo, contro la nostra perpetua imitazione de' francesi:«E
naturale:anche
N. S. G.C,
che pure era N. S. G.C, dopo
che ebbe buttato tuttoil
sangue
che aveva,non
trovò altroda
versare che acqua. Cosi la Francia di questo secolo:dopo
averci dato dalle sue piaghe il sangue, s'è ridotta all'acquicela putrida che cola dalle ferite vecchie.Ma quando
diremo, noi: Transeat a vie calix iste? Intanto ogni sforzo diretto a far ritornare il pub-blico a giudicar giusto, è un'operabuona
>. Cosi pensando, s'intendecome
contro il RoUinat, allora in voga, osasse scrivereun
articolo animato d'ira,ma
insiemearmato
di ottimi argomenti.Se non
chela Bizantina, che talvolta nella critica
mirava
dritto e colpiva (rammento, per esempio,un
acuto articolo dello Scarfoglio sulDemi-monde
delDumas), non
riesci davvero, né poteva, a nulla di vitale rispetto all'arte.
Il Salvadori . . .
Chiamiamolo
Giulio,invece; per-chéuna
voltami
scrisse: «Ilmio nome
è cosi bor-ghese,cosi grasso,cositrimpellante sullesuequattro sillabesonore, che io lo ritengo ilpiù grossodispetto chem'abbiafattomadre Natura
».Né
iovoglio accre-scergli le ragioni del malcontento contro di me.Giulio, dunque, raccolse per la
prima
volta versi suoi inun
libretto, Minivie, edito dalSommaruga
neir82 ; sei sonetti che agli intelligenti additarono
72 POETI GIOVANI
un nuovo
elegante verseggiatore: forbitoprosatore lo dimostrò laCommemorazione
di Giovanni Prati da lui tenutadue
anni dopo, anome
degli studenti dell'università romana, e labellaprefazione al Cor-tegiano del Castiglione, perla Piccola biblioteca ita-liana del Sansoni. Parlando del Prati,accennava
ancora a' suoi ideali: il Prati e ilCarducci, diceva,han
rifatto sane e pronte a rispondere le corde dell'anima nostra;«ma
farle vibrare sta in noi, sta in noi farle diventare grandi echi sonori di questa vita che ora nella suaarmonia non
interrotta ci sisvolge tutta luminosa dinanzi, ci si sublima a più alta e delicata
musica
nello spirito».Determinò
meglio il pensier suo nell'Ss,quando
mori VictorHugo.
In versi diceva:Il grido alto, o Vittor, che tulevasti onde venia, non sai?
ben altro grido è in ogni cor sopito.
Quel che il Giusto gittò, tu l'obliasti:
pure, immemore, n'hai reso nel canto tuo l'eco smarrito.
Ma
già le cime rosee nel sereno fa il Sol che occulto splende;sente la selva un fremito salire:
la sua luce verrà come baleno che tutto il cielo accende:
sgombri la morte il passo all'avvenire !
In prosa
commentava: «In
quest'ode con la quale lo scrittore,non
che far atto di presunzione,ha
creduto sodisfare aun
dovere, sitroverannopensieri, chepur
troppo appariranno nuovi, eappartengono
auna
dottrina certonon nuova:
alla dottrina di Cristo.Non
se ne meraviglino quelli che,non
è molto,hanno
sentito lo scrittore stesso salutarecon entusiasmo,come
principio di rinnovamento,una
scienzanon
abilead
oltrepassare la materia, cioèGIULIO SALVADORI 73
l'apparenza: se essi avessero saputo vedere il fondo
di quell'entusiasmo, v'avrebbero trovato qualche cosa che la scienza