I
O
Severino dalla barba arguta e dall'arguto ghigno,dolce beflfardo nella punta acuta dell'occhiolin maligno
(come ti disegna con
mano
fedele e pronta ilMar-radi), oggi
devo dunque
parlare di te; e parlare di tenon
posso senza tornare ai Goliardi.Avessi sem-preun
cosi gratoargomento
!Nato
nel 56 ad Alberino, paesello delBolognese, sulReno,
ilFerrari fu dal 65 al 70 in collegio a Bo-logna:aveva grande amore
al disegno,ma
altrelet-ture
non
fece che quella de' romanzi delDumas;
onde
fu invaso da tale odio della vitamonotona
del-l'istituto che, a farsenetogliere, minacciò perletterai genitori di levarsi
un
occhio,come
il Gambetta.Questa storiella dell'occhio del
Gambetta
correva al-lora pe' collegi,arme
potentede' ribellieterrore delle famiglie:mi rammento
cheanche
nel collegio dov'eroio, a Volterra, vi fu chi tentò valersene. Fatto sta che Severino la ebbe vinta; e perché continuasse gli studi fu allogato da' suoi in casa di
una
zia,moglie al conte Giovambattista Ercolani, di cui la
memoria
è ancora riveritada
molti per l'ingegno8o POETI GIOVANI
SUO e per la integrità della vita. Il giovinetto era scapato troppo, e
ammiratore
dellaComune
pari-gina; lo zio, cosi buono, cosi sereno, ci perdeva la pazienza; equando
a tavola quel monello gli sven-tolava quasi sotto il naso la bandierina rossadelle sue glorificazioni, ci strideva e ne soffriva. Dura-rono insieme,sempre peggiorando
il dissenso, quat-tro anni; poi,quando
il Ferrari volle fare ancheuna
volta di sua testa e studiare filosofia anzi che medicina, si ruppero.Oggi
che ilbuon
Ercolani è morto, Severino, parlando di lui, sirammarica
di quelle cocciute affermazionionde
gli guastava ilpranzo; e
rammenta
le rare virtùdell'uomo con af-fettuosa gratitudine.Ma
ecco perchémai
volle ilcomunardo
darsi allafilosofia.Nelle scuolepubblicheaveva
conosciutoun
giovane strano chesognava
ilGaribaldi epian-geva
a dirotto sul Leopardi.Una
volta costui gli disse:—
Ti vo' far conoscereuno
che piange sul Leopardi meglio dime
!—
e procurò si trovasse insieme conUgo
Brilli.Al
Leopardi l'Italiadeve
COSI
un
filosofo.. . dimeno
; e a lui il Brilli e ilFerrari
devono
la loro amicizia che dura da anni immutata.Ma anche
nell'amiciziasembra
che ilnu-mero
di tre sia quel perfetto: permezzo
del Brilli,Severino
conobbe
nel 73un
giovinettotimidocome una
vergine, per l'età sua eruditissimo, entusiasta dell'arte: Giovanni Pascoli. Parlerò asuotempo
an-che di luiparticolarmente, che troppo lomerita: quimi
basta accennare che l'efficacia di lui sugli amici, e specialmente sul Ferrari, è stataed è grande.Del
resto nel 74 e 75 il filosofo lesse troppo più nel libro della vita chenon
su quelli de' predecessori;tanto vi lesse che se ne spaventòegli stesso, e volle
mutar
vita.Andò
a Firenze: ed eccoci cosi a'Go-liardi.
SEVERINO FERRARI 8l
La
facoltà letteraria dell'Istituto fiorentinonon
ebbe forsemai una
scolaresca cosi fiorentecome
quella che vi si accolse dal'74 al '79.
Vi
erano ilBiagi, il Marradi, ilFerrari, Luigi Gentile, Alfredo Straccali, e con loro altri molti, colti e valenti.
Da
un
latofrugarene' codici, dall'altroimparareamente
le odi del Carducci e scrivere in versi; principi sugli altri, quei cinque che
ho
nominati, eche fu-rono i Goliardi. Severino, che dalla lettura dei De-cennali era uscito aun
tratto carduccianofervente, s'incontròuna
sera col Marradi che conosceva sol-tanto dinome
: cominciarono a parlare dell'arte e a citare il Carducci.— Come
! lo saianche
tu amente
?—
Si, anch'io.— Ma
io loconosco di persona.—
Presentami!—
La
mattina dopo, il Ferrari parti perBologna
conuna
lettera del Marradi che lo presentava al Carducci. Il quale lo accolse sorridente, sbircian-dolo da capo a piedi; e gli chiese di che paese fosse:non
altro; e fu,siamo
giusti, anche troppo.Ma
l'anno dopo, nel '76,quando
la Sinistra vinse nelParlamento
ed ebbe il potere, il Ferrari imma-ginòuna
certa suacommedia
aristofanesca, //Mi-nistero riparatore^ in cui, tra le altre mirabili cose,
rammento
chedoveva
essereun
dialogo tra il Ni-cotera ed il cane donatoglida
VittorioEmanuele.
Il Brilli, nel desiderio dell'amico lontano,
intratte-neva
spesso di lui e delle sue bizzarrieil Carducci;e questi
una
sera gli disse lo facesse venire a Bo-logna. Lascio raccontar la cosa all'amicomio: «Si era in vacanza; iomi
trovavoall'Alberino. Il Brillimi
scrisse—
Vieni, ti vuol vedere il Carducci;di-remo male
del Giusti.—
Mostrai la lettera amio
padre; ed egli dalla consolazione si lasciò cadereMazzoni,Fotti giovani. 6
82 POETI GIOVANI
di sulle ginocchia i gatti, che stava accarezzando.
Il giorno
dopo
fui a Bologna: proprio allora il Car-ducci stava scrivendo l'ode sul Clitumno, e ce laleggeva a
mano
amano
la sera al caffè.Oh nube
d'entusiasmo,oh
felicità! Poi, nota, ilCarducci ca-piva il Petrarca.E
l'unicouomo
(chiedo perdóno) di quanti io neho
conosciuti col quale si possa parlare del Petrarca».
Questi il
Dio
che splendè da lungi su' Goliardi.Ma
occasione particolareal Ferrari per tentare l'arte de' versi, era statoun
libretto di quell'amico suoche il Marradi chiamò:
l'ottimo borghese
pseudogoliardo Guido Biagi, in guanti e in barba corta inglese.
Il Biagi, che alla pratica della vita
ha sempre
saputo congiungere l'amore dell'arte, e questo a quella, faceva allora versi,un
po' alla Giusti,un
po' romantici (alcuni piacquero molto allora, e
non
sono troppo invecchiatineppure
oggi), e listam-pava
ne' giornali: poi li raccolse, colmotto
Sibi suis, inun
fascicolo di carta color cuoio per di-stribuirli agli amici del caffè del Parlamento, do-v'era il ritrovo serale, anzi di tutte le ore, degli amici Goliardi. Il fascicoletto piùnon
si trova; siche credo di fare cosa grataad alcuno ristampando qui