Fabio Fabiani, Francesco Ghizzani Marcìa, M Letizia Gualandi (DOI: 10.4458/0917-10)
10.3 Città e ambiente naturale
Se è vero che in ogni epoca l’uomo ha condizio- nato l’ambiente naturale nel quale si è trovato a vivere, in età romana l’impatto della sua presen- za sull’instabile equilibrio della pianura pisana fu particolarmente marcato – basti pensare alla gigantesca opera di sistemazione delle campagne, operata con la centuriazione – e tale da lasciare tracce evidenti non solo nelle stratificazioni a pre- valente carattere antropico ma anche nel record sedimentologico e geomorfologico, determinando l’evoluzione parallela degli elementi insediativi, dei corpi deposizionali e dell’idrografia del terri- torio (cfr. § 2.).
A caratterizzare l’età romana rispetto alle epoche precedenti fu un forte cambiamento dell’assetto idrografico della pianura, manifestatosi nel tem- po sotto la spinta concomitante di fattori natura- li e antropici, che verosimilmente agirono nella stessa direzione. La naturale progradazione della piana costiera, ovvero la sua tendenza ad avanza- re verso il mare allontanando progressivamente la linea di costa, e l’impatto delle attività umane sulla rete idrografica, volte alla regimazione delle
9 ducci et alii 2005.
10 Bruni 2001a; Bruni 2003d.
11 PAsquinucci, menchelli 1999; PAsquinucci 2003b. 12 ceccArelli lemut, PAsquinucci 1991.
acque, svolsero infatti un ruolo determinante nel passaggio da condizioni di pianura non drenata e quindi soggetta a impaludarsi (che ancora in età etrusca aveva caratterizzato ampie porzioni di territorio), a quelle di pianura prevalentemente drenata, anche se soggetta a fenomeni alluviona- li: se infatti alcuni carotaggi hanno rivelato facies di rotta di canale – testimoniate da sedimenti più grossolani, per il cui trasporto fu necessaria una forza trascinante qual è quella di un’esondazio- ne – nel complesso le tracce di palude risultano estremamente ridotte. Il dato è confermato anche dalle informazioni desunte dalle analisi paleove- getazionali dei campioni prelevati con i carotag- gi, effettuate proprio allo scopo di caratterizzare
il paesaggio attraverso la presenza e le varia- zioni di frequenza delle diverse specie vegetali. Ad esempio nel carotaggio MAPPA 4, effettuato nell’area di Cisanello14, è significativa a questo
proposito la progressiva diminuzione, negli stra- ti riferibili all’età romana, delle piante idro-igro- file, tipiche di ambienti acquatici o palustri, che per converso tornano lentamente ad aumentare negli strati tardoantichi e altomedievali, quando l’abbandono delle pratiche di regimazione delle acque determinò il ritorno di zone di palude. Al calare delle piante palustri, fa riscontro d’altra parte la presenza di specie vegetali d’interesse agrario, quali la vite (vitis) e l’olivo (olea), anche se per la verità i campioni prelevati non consen-
Fig. 10.1 Paleogeografia dell’area urbana ed extraurbana di Pisa nel periodo romano (cfr. § 2.). In azzurro i corsi d’acqua (non necessariamente attivi contemporaneamente); in marrone gli alti morfologici; in giallo la pianura alluvionale preva- lentemente drenata. Linee paleoisoipse con equidistanza di un metro (quota max+2,5, quota min+ 0,5m slm attuale); per evidenziare ulteriormente l’alto morfologico di piazza del Duomo è stata introdotta la paleoisoipsa corrispondente alla quota +3 m slm attuale)
tono di stabilire se si tratti di piante selvatiche o domestiche. Anche gli indicatori di coltivazioni cerealicole – avena, grano e orzo (avena, triticum
t., hordeum t.) – appaiono più frequenti in età ro- mana, per poi ridursi durante la tarda Antichità e il Medioevo15.
L’integrazione delle evidenze paleotopografiche desumibili dall’analisi geologica e geomorfologi- ca con quelle ricavate dalle indagini archeologiche nel territorio urbano e suburbano – e archiviate nell’imponente dataset realizzato nell’ambito del progetto MAPPA – ha permesso di ricostruire, anche se per un’area limitata, la paleotopografia della città e di parte del suo suburbio. Un’inter- polazione delle quote delle superfici di età roma- na ha consentito di creare un modello digitale del terreno (fig. 10.1) in cui è evidente, nella zona tra il corso dell’Arno a sud e quello dell’Auser a nord, la presenza di un alto morfologico abbastanza este- so, che si attesta alle quote più elevate – intorno ai 3 m sull’attuale livello del mare16 – nella zona
di piazza del Duomo, per poi decrescere in modo sensibile verso ovest.
Assai più problematico, invece, è ricostruire in det- taglio la rete idrografica attiva in questo periodo. I fiumi Arno e Auser scorrevano entrambi da est verso ovest, rispettivamente a sud e a nord della città. Il loro percorso è stato identificato attraverso il telerilevamento e una campagna di carotaggi e tomografie elettriche, che in qualche caso hanno confermato, in altri hanno smentito o modificato le ipotesi avanzate finora. L’Arno seguiva un per- corso non dissimile da quello attuale, anche se nel tratto orientale della brusca ansa, quasi ad angolo retto, con cui tutt’oggi entra in città, scorreva un po’ più a sud. Tale percorso, oltre a essere docu- mentato dalle foto aeree, è confermato dall’esisten- za di due toponimi medievali, attestati entrambi
nel quartiere di San Martino, sull’attuale sponda sinistra del fiume. Il primo è un toponimo di origi- ne longobarda, Chinzica, nel suo presumibile signi- ficato di “tratto di letto fluviale abbandonato”17. Il
secondo, Guassolongo (o Guatho Longo), è attestato per la prima volta nell’XI secolo e indicherebbe non tanto un guado del fiume, quanto piuttosto una lunga striscia di terreno acquitrinoso, creata- si evidentemente in seguito allo spostamento del corso fluviale18. A ovest della città, nell’area di Bar-
baricina, il fiume descriveva un’ampia ansa, che oggi non esiste più, per poi dirigersi verso il mare. Più difficile appare identificare i rami con cui l’Auser lambiva la città. In rapporto alla topo- grafia attuale, possiamo riconoscere a nord-est della città una prima ansa, che lasciava sulla de- stra idrografica il quartiere di San Zeno. A questa seguiva una seconda ampia ansa, che toccava a nord l’area dell’arena Garibaldi, orientando nuo- vamente verso sud il corso del fiume. Di qui in avanti è possibile riconoscere più rami dell’Au-
ser, non necessariamente tutti attivi nello stesso momento. Già da epoca etrusco-ellenistica, (cfr. § 4.2.2) due di questi fiancheggiavano la zona di piazza del Duomo, rispettivamente a nord e a sud, per poi riunificarsi e proseguire con un uni- co percorso verso l’area della stazione di San Ros- sore, dove sono stati rinvenuti i relitti delle navi romane, e di qui verso il mare.
Purtroppo rimane ancora senza una risposta certa quello che è il quesito chiave nello studio dell’idrografia di Pisa in età romana, e cioè l’in- dividuazione di quel ramo dell’Auser che con- fluiva in Arno e che è descritto dalle fonti alme- no fino ad epoca tardoantica (Strabone, 5.2.5; Plinio, N.H. 3.5.50; Scolio a Tolomeo, 3.1.4; Ru- tilio Namaziano, 1.566). Le indagini geofisiche e i carotaggi effettuati nell’ambito del progetto
15 AllevAto et alii 2013.
16 Tale quota non corrisponde alla quota antica, che doveva essere un po’ più alta: i fenomeni di subsidenza, tipici
delle aree di pianura alluvionale, hanno infatti determinato nei secoli un abbassamento generale del terreno. 17 ArcAmone 1978.
MAPPA – purtroppo limitati per via dell’inten- sa urbanizzazione della zona interessata – non hanno confermato le ipotesi formulate in anni recenti sulla base della fotointerpretazione, se- condo le quali quel tratto di fiume sarebbe da collocare nell’area centrale dell’attuale orto bo- tanico19. Labili indizi di facies di argine compa-
tibili con l’età romana, che sono emersi in un carotaggio effettuato nel cortile di palazzo Boi- leau, a est dell’orto botanico20, fanno pensare in
effetti all’esistenza di un tracciato fluviale nel-
le vicinanze. Tuttavia la natura puntiforme del rinvenimento non consente di stabilire se quel corso d’acqua sia da localizzare a ovest, e quindi non lontano da quello che era stato ipotizzato nell’orto botanico, oppure a est, nella zona di via Santa Maria dove, dalla seconda metà del X se- colo, è attestata la presenza di una ‘carbonaria’, ovvero di un fossato che avrebbe fiancheggiato il lato orientale delle mura di età tardoantica (cfr. § 10.4.1)21. Non si può escludere infatti che questo
fossato coincida con la Fossa Flumine ricordata
Fig. 10.2 Co-kriging dei ritrovamenti relativi all’area urbanizzata in rapporto ai dati paleogeografici in età romana (I secolo a.C.-V secolo d.C.); i valori più alti, in rosso/arancio, indicano le aree in cui è più probabile che si estendesse il tessuto urbano e periurbano della città
19 Bruni, cosci 2003.
20 sciuto c. 2013, Scheda di intervento n. 947, in MappaGIS, http://mappaproject.arch.unipi.it/?page_id=452. Per comodità, d’ora innanzi le schede di intervento nel MappaGIS saranno indicate solo con il nome dell’autore e il numero d’intervento.
nei documenti di XI e XII secolo e che costituisca proprio il relitto dell’antico ramo dell’Auser con- fluente in Arno22.
All’interno di questo quadro geomorfologico si organizzò la città di età romana, riprendendo so- stanzialmente le linee di sviluppo già delineate in epoca ellenistica (cfr. § 4.2.2). Utilizzando strumenti di analisi geostatistica quali il kriging e il co-kriging (cfr. § 4.1.1), si sono individuate le aree di probabile edificazione urbana e suburbana, differenziandole da quelle propriamente rurali (fig. 10.2).
Partendo dall’idea che l’antico centro urbano fosse circondato – come di norma avveniva nell’antichi- tà e avviene tuttora – da una fascia suburbana e, ancora più all’esterno, dalla campagna coltivata,
si è definita l’appartenenza (o, al contrario, la non appartenenza) di ogni rinvenimento a una o più di queste tre zone: urbe, suburbio e campagna. Suc- cessivamente i dati emersi dall’analisi delle rela- zioni esistenti tra i rinvenimenti, in rapporto alla loro pertinenza all’ambito propriamente urbano, a quello suburbano o rurale, sono stati interpolati con il modello matematico messo a punto nel pro- getto MAPPA (cfr. § 4.1.2). Frutto di questo lavoro è stata l’individuazione degli areali di sviluppo – le cosiddette “aree funzionali” – delle tre real- tà insediative corrispondenti all’urbe, al suburbio e alla campagna, che poi altro non sono se non il modello predittivo dello sviluppo urbano di Pisa durante l’età romana e tardoantica (fig. 10.3).
Fig. 10.3 Le aree funzionali di Pisa in età romana: area urbana (in arancione chiaro), area suburbana (in arancione scuro), cam- pagna (in verde)
In qualche caso, la tipologia dei rinvenimenti, la frequenza delle attestazioni e le loro associa- zioni consentono anche di individuare specifi- che destinazioni funzionali di settori più limitati all’interno delle “aree funzionali”: ad esempio, un quartiere a vocazione residenziale o pubblica nel centro urbano, oppure una zona cimiteriale o produttiva nel suburbio (fig. 10.4).
In prospettiva diacronica, è inoltre possibile ap- prezzare talvolta il variare tipologico e spaziale delle diverse aree funzionali, cogliendone i mu- tamenti nella destinazione d’uso prevalente, le espansioni o, al contrario, le contrazioni conse- guenti dapprima agli interventi che dovettero accompagnare la municipalizzazione23, poi il ri-
modellamento della forma urbana e del territorio seguito alla deduzione coloniale e, infine, le tra-
sformazioni economiche e sociali che caratteriz- zarono la storia di Pisa dall’età imperiale a quella tardoantica.
Certo, si tratta ancora di ipotesi, ma ciò che oggi pos- siamo affermare con sufficienti margini di sicurezza è che la Pisa di età romana era una città che gravi- tava prevalentemente verso il suo fiume settentrio- nale, l’Auser, e non verso l’Arno e che proprio fra la tarda Antichità e l’alto Medioevo si possono ravvi- sare i primi segnali di quella progressiva inversione di tendenza che un po’ alla volta porterà la città a ruotare su se stessa di 180°, abbandonando l’Auser (destinato addirittura a scomparire dall’orizzonte urbano) per affacciarsi sulla sponda dell’Arno e poi scavalcarlo, fino a raggiungere la configurazione topografica che ha tutt’oggi.
M.L.G.
Fig. 10.4 Area suburbana di San Zeno delimitata dall’antica ansa dell’Auser: zona produttiva (in rosa) e planimetria ricostruttiva dell’ipotetico anfiteatro (in verde; in nero le strutture messe in luce nel 1908)