Mara Febbraro, Fabiana Susini (DOI: 10.4458/0917-03)
3.3 Analisi dell’interro e definizione del potenziale archeologico
Lo studio degli elevati e delle parti di essi tutt’og- gi conservate e visibili – effettuato come abbiamo detto a partire dal basso Medioevo fino ad oggi – ha permesso di raccogliere numerosi elementi utili anche per la definizione del potenziale ar- cheologico di alcuni punti della città. In partico- lare in certe zone del centro storico è stato possi- bile ricostruire la quota degli antichi livelli d’uso di molti complessi e, di conseguenza, valutare la profondità dell’interro attuale. Incrociando que- sti dati con quelli riguardanti il modo in cui i pia- ni di vita sono cresciuti nel corso del tempo e le motivazioni che stanno dietro tale crescita, è stato possibile ricostruire un quadro dello sviluppo in “verticale” di Pisa, funzionale alla valutazione del potenziale archeologico del sottosuolo. Ogni dato ha ovviamente un grado di attendibilità di- verso, a seconda dei fattori che concorrono a de- terminarlo. Occorre infatti non dimenticare mai che ciò che si conserva oggi – e che possiamo mi- surare – non è il prodotto di una crescita lineare,
ma il risultato di dinamiche assai più complesse, in cui giocano un ruolo anche le azioni di demoli- zione e asporto di materiali succedutesi nel tem- po, prodotte da fattori naturali ma soprattutto dall’intervento dell’uomo.
Nel caso dell’analisi architettonica degli edifici bassomedievali – i più antichi che è stato possibile indagare – occorre ad esempio tener presente che non sappiamo se tutte le abitazioni si attenesse- ro a uno standard preciso per l’altezza dei solai, soprattutto a livello del pianterreno: è anzi pro- babile che così non fosse, viste le differenze negli spessori murari e nella distribuzione delle aper- ture, anche in edifici limitrofi e cronologicamente ravvicinati. Allo stesso tempo, non ci sono molti esempi di strutture indagate con scavi archeolo- gici che abbiano restituito livelli pavimentali in associazione con elevati interamente conservati, così da poter creare una casistica di riferimento entro la quale muoversi. La maggior parte degli scavi inoltre non ha finora riguardato le casetorri trecentesche che paradossalmente, pur essendo quelle meglio conservate, di fatto non trovano confronti utili a definire il modo e i tempi di cre- scita dei loro piani d’uso.
A causa di tali difficoltà, tenendo conto anche del fatto che gli studi dai quali è possibile raccogliere questo tipo di informazioni non sono molti e che le strutture ancora in uso, dove si possa effettua- re questo tipo di misurazioni, sono estremamente scarse, si è deciso di optare per un range di con- fronto massimo e minimo, all’interno del quale inserire i nostri dati. Gli edifici presi in considera- zione come riferimento sono:
• a sud dell’Arno, le casetorri di palazzo Alliata (redi 1982) (fig. 3.5) e il complesso in via Tosel-
li, scavato nel 2001 (BAldAssArri c.s.);
• a nord del fiume, la casatorre settentrionale di palazzo Agonigi-da Scorno, in via S. Maria/ via Galvani e la casatorre a est della chiesa di S. Maria dei Galletti, in via della Sapienza. Per calcolare l’altezza del piano terreno è stata misurata la distanza, nella facciata principale, fra il piano di calpestio originario e l’intradosso del-
Fig. 3.5 U73, palazzo Vaglienti Alliata sul Lunagarno Gamba- corti, prospetto sud: un complesso ben studiato, composto da undici casetorri bassomedievali
la chiave di volta degli archi che sorreggono (o sorreggevano) il solaio del primo piano oppure, come nel caso della casatorre in via della Sapien- za, la distanza fra la soglia della porta d’ingresso dell’edificio e l’imposta dell’arco. Quest’ultimo esempio è servito come parametro di confronto per tutti i casi in cui non si conserva l’elemento orizzontale superiore (o quantomeno non è pos- sibile vederne lo sviluppo), ma solo l’inizio delle strutture che lo sostenevano. Nel caso della casa- torre di via S. Maria/via Galvani è stato possibile misurare la distanza fra la base su cui poggia una delle colonne del pianoterra (che, tuttavia, po- trebbe anche non fondarsi direttamente sul pia- no di calpestio antico, ma su un gradino al mo- mento non visibile) e il soprastante architrave. Inoltre si è effettuata una seconda misurazione anche in relazione all’apertura secondaria dell’e- dificio, posta sul lato meridionale: confrontando questi due dati, si è ricavato un valore di riferi- mento per il calcolo dell’interro, che è possibile utilizzare per gli edifici di cui conosciamo solo gli ingressi laterali o alcuni elementi architettoni- ci, ma non i fornici o gli architravi fra i pilastri. In questo caso però la casistica è risultata estrema- mente ampia – nella ricostruzione dell’altezza di un arco, ad esempio, anche il fattore larghezza è determinante e le varianti possibili sono nu- merose – e per questo motivo, al momento delle considerazioni finali, per il momento si è scelto di non tenerne conto.
Vengono qui presentati alcuni dei casi più signi- ficativi di ricostruzione dell’interro riferiti alle strutture bassomedievali, i cui dati vanno ad ag- giungersi a quelli desunti da scavi e da prospe- zioni geologiche: la scelta è caduta su assi viari lungo i quali si affacciano edifici e complessi monumentali con un alto grado di leggibilità e attribuibili a cronologie diverse, in modo da avanzare ipotesi su tempi e modi della crescita urbana12.
3.3.1 A nord dell’Arno
- Via S. Maria. La strada, una delle più lunghe del centro storico (750 m), corre da sud a nord collegando il Lungarno con piazza Duomo. Le misurazioni effettuate hanno riguardato soprat- tutto strutture le cui datazioni sono comprese fra la fine dell’XI e tutto il XII secolo. Gli edifici più antichi si collocano nella parte centromeridionale della via e si caratterizzano per una crescita delle quote, rispetto al piano originario, di 2,20-2,50 m circa. Nel caso degli edifici pienamente attribui- bili al XII secolo e distribuiti lungo l’intera esten- sione della via, i dati a disposizione sono molto più eterogenei, in quanto oscillano fra 1,20 e 2,50 m, con un esempio, posto grossomodo nella parte centrale della strada, in cui l’altezza fuori terra degli architravi sembra presupporre un interro di appena 0,50 m circa. Queste misure così dispa- rate, relative a fabbricati che si collocano in un lasso cronologico abbastanza ridotto, consentono di ipotizzare che fra la fine dell’XI e il XII secolo via Santa Maria avesse un’altimetria fortemen- te irregolare, caratterizzata dall’alternanza di avvallamenti e di emergenze (ad esempio nella parte centrale della strada), e che tali differenze si siano mantenute a lungo nel tempo. Tale ipo- tesi sembra trovare conferma nelle osservazioni paleogeografiche che ipotizzano per i secoli più recenti una maggiore sopraelevazione del terreno all’incirca all’altezza di piazza dei Cavalieri (po- sta in linea d’aria 250 m ad est della parte centrale di via S. Maria), rispetto a due depressioni a nord e a sud di essa (cfr. § 2.).
- Via P. Paoli. La strada corre a est di via Santa Ma- ria, con lo stesso orientamento sud-nord, ma con una lunghezza assai inferiore (220 m, che raddop- piano se si aggiunge il tratto settentrionale della via, che prende il nome di via Uguccione della Faggiola). In questo caso, le misurazioni hanno riguardato edifici distribuiti entro un lasso cro-
12 Le misurazioni presentate costituiscono delle medie calcolate rispetto alle misure minime e massime di riferimen-
nologico più ampio, compreso fra la fine dell’XI e la metà del XIV secolo (fig. 3.6). Le strutture più antiche, databili entro la prima metà del XII secolo, presentano un interro di 2,50-2,70 m circa, che sembra ridursi di poco nei decenni immedia- tamente successivi. Maggiormente articolata è la situazione nel tardo Medioevo: se in alcune delle strutture di metà XIII- inizio XIV secolo la crescita delle quote dei piani d’uso è molto simile a quella del periodo precedente, in altri casi contempora- nei o forse di poco successivi, ubicati nella parte meridionale della via, all’angolo con piazza Dan- te, l’interro si riduce intorno al metro. Il dato deve far riflettere: il poco scarto, anche nel caso di una cronologia piuttosto ampia, potrebbe infatti essere una conferma della mancanza di standardizzazio- ne nell’altezza delle abitazioni; tuttavia, come ab- biamo accennato, questo è un aspetto che necessi- tà di ulteriori approfondimenti, da tenere però in considerazione in sede di analisi.
3.3.2 A sud dell’Arno
- Via S. Martino/via P. Toselli. Questo asse stra- dale, che corre da est a ovest immediatamente a sud dell’Arno, ricalcando il tracciato della Carraia maggiore, che a sua volta si sovrapponeva all’an- tica via romana Aemilia Scauri, è piuttosto lungo (650 m circa), per cui la probabilità che in passato
ci siano state variazioni altimetriche è molto alta. Nel caso degli edifici più antichi, riconducibili al XII secolo, l’interro sembra aggirarsi sui 2-2,30 m. I piani di vita databili nel Duecento e nel Trecento invece si trovano – come in via Paoli – a quote mol- to diversificate: alcuni punti quotati in via Toselli presentano un interro di appena 0,50 m, mentre più a est, in via S. Martino, si oscilla fra 0,80 e 1,60 m circa.
(F. M.)
3.4 Conclusioni
Come abbiamo accennato in apertura di questo lavoro, l’insieme dei dati raccolti nell’ambito del progetto MAPPA, consultabili su MappaGIS13, co-
stituisce un punto di partenza per definire le tra- sformazioni del tessuto urbano di Pisa dal basso Medioevo ad oggi, in fatto di sistemi costruttivi, tipologie edilizie e scelte urbanistiche. La condivi- sione del lavoro di ricerca da parte di un’archeologa e di una storica dell’arte ha permesso il confronto di diverse metodologie di approccio e l’incrocio di competenze diverse, che si sono rivelate fondamen- tali per elaborare un linguaggio che fosse compren- sibile anche per coloro che non hanno esperienza di ricostruzioni storiche condotte dal punto di vista della stratigrafia degli elevati. Non esiste infatti un destinatario privilegiato per questo lavoro, che è diretto a tutti: dal semplice curioso allo specialista (archeologo, restauratore, architetto, ingegnere...), passando attraverso le figure dei “tecnici” che de- vono decidere in merito alle scelte urbanistiche e a quelle inerenti la tutela del patrimonio, tutti posso- no utilizzare il portale e decidere se fermarsi alle in- formazioni di partenza oppure approfondire lo stu- dio di un singolo elevato o, ancora visualizzare lo sviluppo diacronico della città. La piattaforma GIS consente infatti di produrre, a partire dai dati noti, nuove informazioni sulle caratteristiche di uno spe- cifico contesto urbano in fatto di sistemi costruttivi, aggregazioni edilizie e caratteri stilistici e in futuro
13www.mappaproject.org/webgis Mancano ad oggi i dati sugli interri poiché, come abbiamo detto, lo studio è nelle
fasi iniziali.
Fig. 3.6 U1598, ex Pia Casa della Carità in via P. Paoli, pro- spetto est: un esempio di strutture bassomedievali di varia cronologia affiancate e del loro considerevole interro
potrebbe rivelarsi utile per una ricostruzione 3D del centro storico nelle sue varie vasi edificative. L’apparato fotografico (in corso di elaborazione al momento della stesura di questo contributo), oltre a documentare quanto riportato nelle schede (ov- vero i CF/CA riconosciuti all’interno di una Unità Architettonica Urbanistica e, per gli edifici affac-
ciati sui Lungarni, anche le Fasi costruttive che li riguardano), è un archivio di testimonianze atte alla registrazione dello stato di conservazione degli elevati e del loro eventuale tipo di degrado, un ul- teriore strumento finalizzato alla conoscenza e alla salvaguardia del patrimonio architettonico.