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L’ UOMO E L ’ AMBIENTE DAL B RONZO ANTICO ALLA PRIMA ETÀ DEL F ERRO NEL MEDIO E BASSO V ALDARNO BREVE CONTRIBUTO PER LA RICOSTRUZINE DE

D I F RAIA G RIFONI C REMONESI 2007.

4. L’ UOMO E L ’ AMBIENTE DAL B RONZO ANTICO ALLA PRIMA ETÀ DEL F ERRO NEL MEDIO E BASSO V ALDARNO BREVE CONTRIBUTO PER LA RICOSTRUZINE DE

PAESAGGI CULTURALI E DELL’ECONOMIA PRIMARIA SULLA BASE DEI NUOVI DATI DALLE RICERCHE SUL TERRITORIO.

Il quadro delle nostre conoscenze in merito agli aspetti paleoecologici e alle pratiche agropastorali ed economiche dei gruppi umani che hanno popolato il medio e basso bacino dell’Arno tra il II e gli inizi del I millennio a.C., soffre di una sostanziale carenza di dati. Questo è dovuto alla scarsità della documentazione, limitata a pochi siti (fig. 42), per lo più monofase, e che non copre per tutto il periodo in esame i diversi ecosistemi presenti in questa parte di territorio, in cui gli abitati si distribuiscono in area collinare e pedemontana, nelle valli alluvionali dell’interno e in prossimità della costa in ambienti lagunari.

a. b.

Figura 42 – a. A. Lago di Massaciuccoli; B. Lago dell’Accesa. b.: I siti dell’età del Bronzo e della priam età

del Ferro menzionati, per i quali si dispongono di ricerche archeobotaniche(n) e archeozoologiche (¸): 1 Tecchia della Gabellaccia (¸); 2. Candalla (¸n); 3. Isola di Coltano (n); 4. Stagno (n); 5. Fossa 5 (n); 6. Monteriggioni-Campassini (n); Bibbiani (n); 8. Artimino (n); 9 Filettole (¸); 10. Gonfienti Scalo Merci (¸n), Mezzana-Perfetti Ricasoli (¸); 11. Sesto Fiorentino (Lastruccia 3, Campo del Sorgo, Parri 2, Petrosa, Rimaggio, Frilli area C) (¸); 12. San Lorenzo a Greve (¸); 13. Dicomano (¸).

La parzialità dei dati editi a disposizione appare maggiormente evidente soprattutto se confrontiamo sul piano qualitativo e quantitativo i contesti per i quali si possiedono analisi paleoecologiche dell’ambiente antropico e naturale con quelli noti per regioni limitrofe, come il versante ligure e il comprensorio padano, dove questo tipo di studi ha alle spalle decenni di ricerche.529

529 I dati, non omogenei e per lo più disponibili solo per alcuni settori del medio e basso

Valdarno, rivelano una scarsità di ricerche sui resti animali e vegetali, da imputare in parte ai metodi di campionamento (spesso non uniformi) condotti in modo poco capillare,

Per la conoscenza del paleoambiente e dell’interazione dell’uomo con esso, e quindi dei paesaggi culturali del passato, possediamo alcune analisi di dettaglio sui sedimenti lacustri del lago di Massaciuccoli in Versilia 530 e di quello

dell’Accesa531 a sud delle Colline Metallifere, che permettono di comprendere,

attraverso anche lo studio degli spettri pollinici e dei carboni presenti, l’impatto antropico durante l’Olocene attraverso le pratiche agricole e il taglio della copertura forestale. Se questi dati sono utili per un analisi dei fenomeni su macroscala mediterranea ed europea, tuttavia siamo ancora carenti di informazioni di dettaglio da contesti archeologici che possano eventualmente essere loro affiancati.

IL BRONZO ANTICO

Per il Bronzo antico la documentazione relativa alle attività agricole e pastorali risulta al momento fortemente carente e sbilanciata sulle seconde. Nel territorio in esame sono fondamentali per i momenti iniziali del periodo i dati del territorio Fiorentino.532

I primi interventi antropici che comportarono modifiche sostanziali del territorio si datano all’età del Rame, con la creazione di canali e fossati533, che oltre ad essere impiegati come potenziali vie d’acqua (come testimoniato dall’eccezionale ritrovamento di una piroga monossile a San Lorenzo a Greve) 534, dovettero intervenire evitando il ristagno delle acque meteoriche e la risalita di quelle di falda, permettendo di mettere a coltura le aree limitrofe agli abitati.

Gli spettri pollinici e l’analisi dei macroresti vegetali rivelano per la pianura di Firenze la presenza di un ambiente di foresta mesoigrofila con ampie radure legate anche all’opera di disboscamento e funzionali all’allevamento.535 In generale nel territorio fiorentino si nota una continuità con il regime economico della fine dell’età del Rame, con un’importanza maggiore dell’allevamento dei bovini

evidente soprattutto per i vecchi scavi. A questo si aggiunge una non completa edizione dei contesti, per i quali ci si è limitati a pubblicare principalmente le produzioni artigianali, al fine di un loro primo inquadramento cronoculturale. – BELLINI et alii 2008, p. 106.

530 C

OLOMBAROLI et alii 2007; HENNE et alii 2013; MARCHETTO et alii 2008; MENOZZI

et alii 2003. 531 V

ANNIÈRE et alii 2008; MAGNY et alii 2012; VANNIÈRE et alii 2016.

532 C

ORRIDI 2000; PERUSIN et alii 2008; CARRA 2008; PERUSIN 2015, p. 150.

533 M

ARTINI-SARTI 2015, p. 10; ARANGUREN-PERAZZI 2006; ARANGUREN et alii 2009B.

534 A

RANGUREN et alii 2009B, pp. 98-103.

macellati in giovane età a cui seguono i suini e gli ovicaprini.536 Sulla base della limitata documentazione in nostro possesso, l’attività venatoria, rivolta principalmente ai grandi mammiferi come il cervo, il capriolo ed il cinghiale, sembra rivestire un ruolo minore all’interno dell’economia di villaggio. Anche gli studi più recenti per il territorio di Sesto Fiorentino hanno ribadito la sostanziale uniformità dei dati in merito all’allevamento e allo sfruttamento della fauna selvatica tra la fase pre-Campaniforme e il Bronzo antico.537 Pertanto, l’impiego anche in questo periodo dei bovini come animali da lavoro può essere al momento solo supposto sulla base della presenza fin dall’età del Rame di artopatie riscontrate sulle ossa e che sembrano suggerire l’impiego della forza animale per i lavori agricoli.538 Riguardo alle coltivazioni, la cerealicoltura è attestata dalla

presenza fin dalla fase precedente dell’orzo, del farricello e del granfarro539, in

linea con la tradizione agricola del territorio, il cui paesaggio antropico risulta fortemente connotato, con radure messe a coltura ed aree boschive.

Al momento, per questa prima fase, l’assenza di studi editi sui dati paleobotanici relativi a specie coltivate, non permette di fare considerazioni di dettaglio.540

Figura 43 – Campo del Sorgo (Sesto Fiorentino, Fi): manufatti in palco di cervo (da PERUSIN et alii 2008)

536 CORRIDI 1997; SARTI-MARTINI 2000, pp. 46-47; ARANGUREN et alii 2009, pp. 105-

106; CORRIDI 2000, p. 45. 537 PERUSIN et alii 2008. 538 P ERUSIN et alii 2008, p. 73. 539 C ARRA 2008, p. 60.

540 Ad oggi l’unico sito Toscano per il quale si possiedono dati che coprono in modo

continuo l’intera sequenza dall’Eneolitico a tutta l’età del Bronzo (comprese le sue fasi iniziali) è S. Maria in Belverde sul Monte Cetona, nel quale sono ben documentate la coltivazione di cereali (triticum sp., spelta, hordeum, avena) e di legumi (pisum sativum, viccia faba) assieme alla raccolta di frutti spontanei come ghiande, nocciole, mele, corniole e uva. BELLINI et alii 2008.

Tuttavia, sulla base della presenza di resti di bovini e ovicaprini si può ipotizzare la presenza di aree a pascolo541, a cui si aggiungono eventuali coltivi, che

potrebbero essere indiziati sia dal ritrovamento di macine542 che da alcuni

manufatti in corno di cervo atti ad essere immanicati (fig. 43) ed interpretabili sulla base di confronti come parte di strumenti agricoli.543

La piana fiorentina, in particolare, risulta comunque densamente popolata, con insediamenti più estesi rispetto al periodo precedente ed oggetto di reiterate frequentazioni.544

In merito alle attività artigianali desumibili dal dato archeologico e dallo sfruttamento delle risorse naturali, pochi sono gli elementi che indicano particolari specializzazioni che possiamo ricavare sulla base della cultura materiale, fatta eccezione per alcuni oggetti iperspecializzati come le fuseruole (le quali implicano l’esistenza di fibre da filare, siano esse animali o vegetali) e forse alcuni recipienti ceramici sia per attingere che per colare e contenere liquidi , che potrebbero essere collegati (anche se non in modo esclusivo) alla produzione casearia.

L’impatto umano sull’ambiente per l’approvvigionamento dei vari litotipi atti alla realizzazione di strumenti litici e dei minerali metallici appare in questa fase alquanto limitato. La produzione di manufatti in selce e diaspro sembra rivelare ancora le stesse strategie di acquisizione documentate per il territorio almeno nell’età del Rame, con la presenza di oggetti ottenuti prevalentemente da materie prime locali, a cui si aggiungono strumenti realizzati su supporti del Dominio Umbro-Marchigiano e che rivelano la prosecuzione dei contatti con il comprensorio adriatico dell’Appennino romagnolo e marchigiano.545 Anche in merito alla produzione metallurgica documentata per questa fase, assieme alla presenza di piccoli manufatti in lega di rame all’interno dei vari siti del bacino dell’Arno, notiamo una concentrazione dei ripostigli di manufatti in lega di rame

541 I dati editi riguardano i siti di Lastruccia 3, Campo del Sorgo e Parri 2. – C

ORRIDI

2000;PERUSIN et alii 2008; Perusin 2015.

542 M

ARTINI 2000, p. 172

543 C

ILLI et alii 2013, p. 144; PERUSIN et alii 2008, pp. 73-74.

544 M

ARTINI-SARTI 2015, p. 14.

attorno al Monte Pisano, in un territorio a confine sia con le colline Metallifere a sud che con le risorse minerarie dell’Appennino a nord.546

IL BRONZO MEDIO

Con il Bronzo Medio si assiste progressivamente ad alcune modifiche nelle strategie colturali, con un apparente incremento delle varietà di leguminose e con la comparsa di nuovi tipi di cereali come il miglio ed panico, documentati sia in area terramaricola che in quella mediotirrenica.547 Rispetto alla fase precedente di Bronzo antico, si nota inoltre un cambiamento generale anche nelle strategie pastorali, con l’allevamento degli ovicaprini che sembra crescere di importanza rispetto a quello dei bovini, secondo un modello economico che trova confronti anche nelle scelte operate in ambiente emiliano.548

Nella Toscana nord occidentale alcuni dati provengono dai siti di altura di Tecchia della Gabellaccia e dal riparo del Lauro di Candalla. Il primo rivela una maggiore articolazione delle specie animali allevate e/o cacciate, con una più forte incidenza degli ovini sui bovini e sui suini ed una ridotta presenza del cervo.549 Indizio di una maggiore stabilità dell’abitato è data anche dal ritrovamento di macine per la molitura di cerali e legumi.

Gli stessi dati archezoologici dei livelli del Bronzo medio del Riparo del Lauro di Candalla mostrano questa tendenza generale, con gli ovicaprini che prevalgono sui bovini, e con una scarsa attestazione sia dei suini che del cervo.550 La tipologia

del sito, connesso con la transumanza stagionale, probabilmente giustifica anche la quasi assenza di specie vegetali coltivate, ad esclusione della fava, mentre tra i frutti eduli sono presenti i carporesti di prugnoli, corniole, ghiande e mele selvatiche, e che costituiscono ulteriore riprova della frequentazione del riparo in dati momenti dell’anno collegati allo spostamento dei capi di bestiame.551

Allo stesso regime economico potrebbe essere riconducibile anche l’abitato di Dicomano, i cui dati archeozoologici ed archeobotanici, seppur estremamente limitati552, indicano ancora una volta un sito vocato all’allevamento di ovicaprini

546Vedi supra pp. 27-29. 547 N

ISBET-ROTOLI 1997, p. 473; DOMANICO-MIARI 1992; MERCURI et alii 2006;

VARALLI et alii 2016; MORI SECCI et alii cds..

548 C

OCCHI GENICK 2002A, p. 84; MAINI-CURCI 2016. 549 R

ADI 1976.

550 B

IGINI 1987

551 C

OCCHI GENICK 1991; COCCHI GENICK 2002, p. 84.

552 I resti faunistici sono rappresentati da due soli denti di ovicaprini. – S

ARTI 1980B, p.

inserito in un paesaggio di bosco misto di latifoglie a carattere termofilo (come la quercia e l’erica arborea) associate anche alla presenza del faggio.553

Indizio della trasformazione di cereali e/o legumi è qui testimoniato indirettamente dal ritrovamento di due macine in pietra e dai residui di amido individuati sul fondo di un recipiente.554 Macine provengono anche dal sito di

Stabbia, sulle colline del Valdarno inferiore presso Cerreto Guidi.555

Riprova di ciò sono i recenti ritrovamenti dai siti della piana fiorentina si San Lorenzo a Greve e Gonfienti-Scalo Merci. In particolare, gli studi condotti su quest’ultimo ci forniscono importanti informazioni sullo sfruttamento delle risorse animali e vegetali.

La preferenza per gli ovicaprini, già indiziata nella piana fiorentina dai dati di Filettole556, Petrosa557, Frilli-area C558 e Rimaggio-area A559, è stata ulteriormente

confermata dai recenti ritrovamenti nel sito di Gonfienti Scalo Merci560 che hanno

restituito in prevalenza resti di pecore/capre, con un’età di morte sia giovanile che adulta, e che indica uno sfruttamento sia per la carne che per il latte, la lana e le pelli. Nel sito seguono numericamente i suini (sia domestici che selvatici), la maggior parte dei quali abbattuti prima del secondo anno, e i bovini con età di morte per lo più avanzata (anche se vi sono esemplari molto giovani), e che fa supporre un loro impiego sia per la produzione di latte che come forza lavoro nelle attività agricole.561

Un’importanza particolare, qui come a Petrosa, sembra rivestire il cervo, il cui corno risulta ben impiegato per la produzione di manufatti, secondo un uso ampiamente attestato anche nel resto della penisola.562 Il dato A questi si

553 La presenza di pollini di graminacee può essere indizio di pascoli ma non esclude la

possibilità della presenza di colture cerealicole. – L. Cattani in SARTI 1980B, p. 191-194. 554 S

ARTI 1980B, pp. 246-247. 555 D

ANI 1966.

556 Nel sito sono attestati ovicaprini, bovini e suini in quantità corrispondenti, oltre ad un

canide e ad un ungulato – SARTI-GUIDI 1999, pp. 184-185.

557 I dati di Petrosa denotano un netto cambiamento rispetto alle fasi di BA con la

prevalenza degli ovicaprini sui bovini, a cui seguono i suini, resti di cavallo, canidi e cervo. – CORRIDI 1994, p. 36. 558 S ARTI et ali 2002, p. 267. 559 P ERUSIN 2015, p. 150. 560 F ONZO-PERAZZI 2012, pp. 342-345. 561 F ONZO-PERAZZI 2012, p. 344.

562 La presenza del corno indica comunque un suo sfruttamento come materia prima e non

necessariamente è sempre ricollegabile ad attività di caccia il per consumo delle carni, ma può essere legato alla semplice raccolta dei pachi caduti naturalmente. –BERNABÒ BREA

aggiungono da entrambi i siti i resti di cavallo e di canidi domestici. A Gonfienti sono presenti anche frammenti ossei di altra selvaggina come il tasso e la martora che, se cacciati, potrebbero rientrare nelle specie impiegate anche per le loro pelli. Importanti informazioni sull’economia del villaggio ci provengono inoltre dalle recenti analisi carpologiche che hanno permesso di recuperare vinaccioli e resti per lo più carbonizzati di cereali, di leguminose e di frutti.563 In particolare, tra i cereali assieme al grano, sono stati individuati farricello, orzo, miglio (o panico) e avena. Tra i legumi, oltre al favino, già attestato nel territorio564, sono presenti anche la lenticchia e il pisello.565 Ad integrazione dell’alimentazione dovevano esserci anche i frutti spontanei attestati dai semi di quercia, nocciolo, susino, ciliegio melo, corniolo e vite.

Figura 44 – S. Lorenzo a Greve (Fi): Sezione e pianta della struttura interrata (da ARANGUREN-PERAZZI

2007)

L’associazione dell’uva e delle corniole la ritroviamo nel territorio anche tra i carporesti rinvenuti nel sito di San Lorenzo a Greve, sul lato sud orientale della piana di Firenze.566 In questo caso i resti vegetali sono stati recuperati all’interno

563 M

ORI SECCI et alii cds.

564 B

ELLINI et alii 2008.

565 M

ORI SECCI et alii cds.

566 Tale associazione è riscontrabile anche in altri contesti peninsulari dell’età del Bronzo,

di una profonda fossa subcircolare munita di scaletta lignea ed interpretata come un silos per lo stoccaggio delle derrate (fig. 44).567 Dall’analisi di questo contesto,

di cui sono stati studiati sia i carporesti che i pollini, proviene un maggior numero di specie vegetali di uso domestico, sia coltivate che spontanee. I cerali presenti sono il farricello, l’orzo e l’avena, mentre tra i legumi, oltre a fave, lenticchie e piselli è presente anche il cece568 precedentemente attestato nel Valdarno solo a partire dal Bronzo finale. Sempre nella struttura interrata di San Lorenzo a Greve sono stati recuperati resti di ghiande, nocciole, noci, ciliegie, mele, sorbe, more di rovo e bacche di sambuco. Questo particolare contesto rivela la compresenza all’interno del villaggio delle pratiche agricole destinate ai cereali e alle leguminose assieme ad attività di raccolta selettiva di frutti spontanei o semispontanei presenti nell’area limitrofa all’abitato.569 Tra le specie coltivabili

ma non edibili è stata inoltre registrata la presenza di polline di lino, la cui coltivazione è documentata durante il Bronzo medio nei siti terramaricoli e del territorio padano e la cui presenza porta a ricostruire un paesaggio agrario più articolato.570

Il dato che emerge da queste recenti scoperte è ben raffrontabile con quello noto sia dei ben più ricchi contesti padani che di Santa Maria in Belverde, dove per il Bronzo medio gli studi hanno messo in luce la presenza di un’ampia gamma di cereali e di leguminose (tra cui anche il lupino).571

Accanto alle attività agropastorali, legate alla sussistenza dell’economia di villaggio, si affiancano in questa fase nuove forme di attività estrattive come quella del sale alla foce dell’Arno, come testimoniato dal sito di Isola di Coltano. 572Lo sviluppo di questo contesto produttivo, a frequentazione probabilmente stagionale, potrebbe essere da collegare anche con il cambio di regime economico legato all’allevamento degli ovicaprini e con la connessa produzione casearia, di cui si può trovare traccia indiretta nella diffusione di

alcoliche (BELLINI et alii 2008, p. 109). Tale pratica sembra perdurare entro l’età del Ferro, fino in età storica, come attestano i ritrovamenti nella fattoria etrusca di età arcaica di Pian d’Alma nel grossetano (MARIOTTI LIPPI et alii 2003).

567 A

RANGUREN-PERAZZI 2007.

568 M

ARIOTTI LIPPI et alii 2009, p. 1138, tab. 2; MARIOTTI LIPPI et alii 2010, p. 906, tab. III.

569 A

RANGUREN et alii 2012, p. 129.

570 M

ARIOTTI LIPPI et alii 2010, p. 905, tab. II; NISBET-ROTTOLI 1997 p. 473; CATTANI- MARCHESINI 2010, p. 235.

571 C

ARRA et alii 2003.

forme vascolari con listello interno (i così detti bollitoi) e di forme cribrate interpretate come colini.573 Tuttavia a questo si può aggiungere anche un aumento

della richiesta di sale per la conservazione delle derrate alimentari, collegato allo sviluppo degli abitati nel territorio. A testimonianza dell’importanza del sito è la sua lunga durata che prosegue fino alla fine dell’età del Bronzo.

Per quanto concerne le produzioni metallurgiche, i dati sono molto carenti per questa fase nel territorio in esame: si segnala la presenza da Petrosa di scorie di fusione di bronzo ad alto contenuto di stagno, per la cui produzione è stata avanzata l’ipotesi dell’approvvigionamento del rame sia negli affioramenti del vicino Monte Ferrato che nelle colline di Impruneta a sud di Firenze.574

BRONZO RECENTE

Per il Bronzo recente il campione utilizzabile per questo territorio appare molto ridotto e si limita ai soli dati archeozoologici del sito di Mezzana-Perfetti Ricasoli, nel quale sembra dominare la presenza di bovini di ridotte dimensioni, con molti individui giovani al di sotto dei due anni e adulti al di sopra dei sei, rivelando un consumo sia per la carne che per il latte e la forza lavoro. Seguono numericamente gli ovicaprini e i suini che in relazione al loro apporto nutrizionale all’interno della dieta carnea, rivestono un ruolo più importante dei secondi. Tra gli altri animali domestici individuati si segnala la presenza non cospicua del cavallo e del cane, mentre tra gli animali selvatici troviamo il lupo, il cervo e il camoscio.575

I dati del campione, seppur estremamente limitati, possono essere in parte avvicinati a quelli del sito coevo di Banditella, presso Vulci, dove è appunto attestata la predominanza dei bovini sugli ovicaprini e la presenza numericamente ridotta dei suini. Tuttavia, questo dato sembra in controtendenza con quanto si verifica nell’Italia centrale, dove dal Bronzo medio si assiste ad un progressivo aumento degli ovicaprini che nel Bronzo finale rappresentano quasi la metà degli animali allevati, mentre può essere avvicinato al quadro noto per i siti romagnoli.576 Come è stato notato da precedenti ricerche, questo costante aumento del ruolo economico della pastorizia potrebbe riflettere una progressiva crescita di importanza delle greggi che nel corso del Bronzo finale probabilmente vennero ad assumere, soprattutto in ambiente mediotirrenico, valore di ricchezza mobile dei 573 M ORONI-BENVENUTI 2010. 574 M ARTINI et alii 1999. 575 F ONZO-PERAZZI 2012, pp. 346-349. 576 MAINI-CURCI 2016, pp. 88-89.

ceti sociali emergenti.577 Inoltre, la dimensione ridotta dei bovini sembra anch’essa riflettere una tendenza diffusa in tutta la penisola, similmente a quanto avviene anche nell’Europa centrale. La presenza del cervo adulto di grandi dimensioni ricorre spesso in contesti coevi ed è legata sia al consumo della carne che all’utilizzo dell’osso e del corno come materia prima per la realizzazione di manufatti.578 Anche in questa fase è attivo il sito per la produzione del sale di Isola di Coltano, i cui rapporti con l’interno dovettero essere mediati sia dai nuovi villaggi della pianura di Bientina come Fossa Nera di Porcari, sia da quello più vicino di Bosco Malenchini, posto su un piccolo rilievo in prossimità dell’area lagunare alla foce dell’Arno.

IL BRONZO FINALE E LA PRIMA ETÀ DEL FERRO

Per il bronzo finale il panorama delle nostre conoscenze diviene più articolato grazie ai dati paleobotanici del Valdarno inferiore dai siti di Bibbiani, Fossa 5 della Bonifica del Bientina e Livorno-Stagno.

Il primo ha restituito farro, farricello, orzo avena e favino579 , mentre il secondo, oltre a macroresti di strutture in legno di quercia, olmo, ontano e frassino ha dato anche un’abbondante quantità di polline di grano e orzo.580 Lo spettro pollinico di Fossa 5 permette in parte di ricostruire il paesaggio attorno al corso dell’Auser, dove in una zona pianeggiante pedecollinare, accanto ad un esteso bosco