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D I F RAIA G RIFONI C REMONESI 2007.

P ARTE II I CONTEST

1. S ESTO F IORENTINO

LA “LUNGA MEMORIA DELLA PIANA”: LE RICERCHE ARCHEOLOGICHE A SESTO

FIORENTINO

L’abitato di Sesto Fiorentino appartiene oggi alla periferia ovest della conurbazione di Firenze e storicamente ha sempre fatto parte del contado cittadino, di quel territorio agricolo composto da ville-fattorie e piccoli borghi che caratterizzava la pianura fiorentina e il suo paesaggio.

Posto alle pendici del Monte Morello, a partire soprattutto dai primi anni ottanta del Novecento ha conosciuto un’importate crescita edilizia che ne ha radicalmente mutato il tessuto urbano (figg. 47-48).

Figura 47 – Il territorio di Sesto Fiorentino (in rosso gli edifici, in giallo le strade ed in azzurro i corsi

d’acqua): sovrapposizione dell’edificato moderno sulla cartografia leopoldina (rielaborata da Progetto Castore Regione Toscana-Archivi di Stato Toscani).

Il territorio amministrativo si estende tra i comuni di Firenze, Calenzano e Campi Bisenzio nell’area pedecollinare e di pianura, e sul versante montano tra quelli di Fiesole e Vaglia. Da questi è separato solamente dai confini politici, e condivide con gli altri caratteristiche simili di territorio e paesaggio.

Figura 48 – Particolare della piana di Sesto. Fotografia aerea del 1954 (volo Gai) con sovrapposta la pianta

dell’attuale sistemazione urbanistica (da DE SILVA -PIZZIOLO 2004).

L’area, storicamente a vocazione agricola, si presentava fino alla metà del Novecento con ampi terreni a seminativo e a pascolo nella pianura, inframezzati da vigneti, e con coltivazioni promiscue di olivi e viti sulle pendici collinari, secondo una gestione del territorio risalente almeno alle riforme leopoldine del sette-ottocento, ma che traeva origine dalle proprietà agrarie tardo medievali e rinascimentali.599 Il settore più a valle, con quote in pianura che scendono al di sotto dei 40 m s.l.m., ha sempre sofferto per il ristagno idrico e per la presenza di aree umide, per lo più stagionali, che ne hanno favorito in età storica l’uso più a pascolo che a seminativo.

Figura 49 – La pianura di Sesto e di Quinto Fiorentino, Volo Gai 1954 (rielaborata da Progetto Castore

Regione Toscana-Archivi di Stato Toscani).

Questo è il quadro che risulta anche dalle storiche fotografie del volo Gai del 1954 (fig. 49), dove il territorio appare ancora conservare queste caratteristiche e mostra in parte immutato un tessuto abitativo che risale al tardo medioevo, con agglomerati e case torri disposte lungo le intersezioni viarie primarie e secondarie (figg. 50-51), all’interno di un reticolo ordinato che sembra in parte seguire le canalizzazioni e le suddivisioni agrarie di età romana.

Figura 50 – Pianta della zona di San Martino a Sesto con l’edificato attorno al 1990 a confronto con la Pianta

del Popolo di San Martino a Sesto tratta dalle Piante dei Capitani di Parte Guelfa (seconda metà del XVI sec.) con indicate le corrispondenze topografiche (Modificato da MANNI 1991).

Figura 421 – Pianta del Popolo di S. Maria a Quinto nella seconda metà del XVI sec. (A.S.F., Pianta de’

Da queste si percepiscono le tracce della maglia centuriale (fig. 52) con assi paralleli e perpendicolari alla catena dell’Appennino, rintracciabili lungo tutta la pianura, fin oltre il corso del Bisenzio.600

Figura 52 – Modulo della centuriazione romana (giallo) sovrapposto alla sistemazione agricola del XIX

sec.(rosso) (da DE SILVA-PIZZIOLO 2004), e particolare della maglia centuriale con gli edifici documentati

nella cartografia del 1820 (PIZZIOLO 2014).

Questo territorio, posto tra il corso dell’Arno e la confluenza dei torrenti Marina e Bisenzio, è stato condizionato fortemente dall’assetto idrografico che ne ha determinato il paesaggio naturale ed antropico (fig. 53). Il territorio comunale, pur non caratterizzato al suo interno dalla presenza di importanti corsi d’acqua, è comunque attraversato dai torrenti Neto, Gavine, Rimaggio e Zambra che, seppur brevi, raccolgono le acque meteoriche e di falda del Monte Morello, convogliandole verso il centro della piana.

Il suolo, composto da detriti di calcare e argille sabbiose, presenta sedimenti meno permeabili601 e quindi più soggetti al ristagno delle acque superficiali: per questo

motivo è stato oggetto di numerosi interventi di risanamento.

Le importanti opere di canalizzazione, realizzate in età romana, medievale e rinascimentale hanno lasciato profonde tracce nel paesaggio, con la rettifica dei corsi d’acqua e la creazione di una serie di piccoli e medi canali lungo gli assi della sistemazione agraria.602 Se è al XVI secolo che risale la realizzazione del Fosso Reale (o Collettore delle Acque Alte)603, è agli interventi di epoca lorenese e poi ancora a quelli del Consorzio di Bonifica della prima metà del ‘900 che si deve l’attuale sistemazione idraulica volta a gestire la portata stagionale dei

600 P

ERAZZI-POGGESI 2011; DE SILVA-PIZZIOLO 2004.

601 Questo è dovuto al fatto che i corsi d’acqua provenienti dal Monte Morello non hanno

un bacino idrografico ampio. – PRANZINI 2008, p. 1.

602 M

ILLOSCHI 2008, pp. 3-4.

603 Questo canale artificiale permise di convogliare buona parte dei corsi d’acqua nel

torrenti, evitando il ristagno delle acque e l’impaludamento del settore più a valle.604

Figura 53 – Distribuzione dei siti preistorici nel territorio di Sesto Fiorentino, con indicati i paleoalvei e i

conoidi fluviali. (modificato da PIZZIOLO-SARTI 2008).

Agli interventi novecenteschi si deve la realizzazione del Canale di Cinta con i due rami Orientale ed Occidentale, che intercettando le acque dei bacini montani e convogliandole nel Collettore delle Acque Alte, ha permesso la separazione delle acque alte (collinari) da quelle basse (di falda), consentendo il sostanziale prosciugamento dell’area605. Il territorio a sudest dell’abitato di Sesto, tra Val di Rose e la Piana di Quinto, è delimitato ad ovest dal corso del Rimaggio e ad est dal torrente Zambra che confluisce nel Canale di Cinta Orientale606.

La crescita edilizia che ha caratterizzato la pianura di Firenze-Prato-Pistoia a partire dal secondo dopo guerra, ha profondamente modificato il tessuto urbano del territorio con la creazione di quartieri residenziali e grandi aree produttive, per

604 Si tratta degli interventi realizzati tra il 1930 ed il 1960 (il primo Progetto generale di massima risale al 1929, ad opera dell’Ing. Manfredi De Horatis) – CRESCI-ZANNONI

1999;DE SILVA-PIZZIOLO 2004;MILLOSCHI 2008, p. 6.

605 G

UALTIERI et alii2008, p. 1.

606 Il corso dello Zambra è stato modificato con le ultime bonifiche: sino agli anni ’60

proseguiva infatti verso Sud costeggiando l’oratorio cinquecentesco di Madonna del Piano. – MILLOSCHI 2008, pp. 3-4.

le quali sono stati preferiti sempre più gli spazi liberi nei settori pianeggianti ed ex agricoli, posti in prossimità delle moderne infrastrutture viarie.

A livello archeologico, il territorio ad ovest di Firenze, lungo le pendici del Monte Morello, era noto già nel passato per aver restituito tracce del popolamento etrusco e romano.607 Ai primi del Novecento, oltre ad una serie di ritrovamenti

sporadici raccolti in collezioni antiquarie, si conoscevano i resti dell’acquedotto romano, una serie di segnacoli funerari di età etrusca arcaica (tra cui il cippo di Settimello), e nel territorio di Quinto la struttura della grande tomba a tholos della Mula, reimpiegata fin dalla fine del 1400 come cantina della villa soprastante.608 Questa faceva parte di una più ampia necropoli estesa sulla riva sinistra dello Zambra, a cui appartenevano anche altre due strutture simili che vennero intercettate e distrutte nei lavori agricoli alla metà del 1800. A partire dagli anni Cinquanta del Novecento nuove indagini vennero condotte grazie anche alle ricerche collegate con l’incipiente mappatura delle evidenze archeologiche dell’agro fiorentino, intrapresa dall’allora Soprintendente Giacomo Caputo e poi confluite nella seconda metà degli anni sessanta nel progetto dello Schedario Topografico dell’Archeologia dell’Agro Fiorentino, portato avanti da Guglielmo Maetzke e Francesco Nicosia.609

L’interesse archeologico per questo territorio si riaccese fortemente alla fine degli anni cinquanta, quando nel 1959, 500 metri più a monte della villa della Mula venne scoperta e portata alla luce una nuova tomba a tholos di età orientalizzante, oggi detta della Montagnola.610 Il tumulo, violato in antico, restituì comunque importati elementi di corredo e dette vita ad una nuova stagione di indagini nell’area fiorentina. Una spinta ulteriore agli scavi e alle ricerche si ebbe con l’attività di Francesco Nicosia, sotto la cui direzione si svolsero molte nuove ricerche topografiche accompagnate anche da vere e proprie campagne di scavo. Al 1965 si data infatti la scoperta e l’inizio degli scavi del tumulo etrusco di Montefortini a Comeana611 sulle pendici settentrionali del Montalbano, al 1971 le prime indagini archeologiche nella necropoli etrusca sulla collina di Quinto Fiorentino presso Palastreto612 ed al 1974 quelle nell’area a nord della Paggeria 607 P ERAZZI-POGGESI 2011. 608 C AMPOREALE 2009B; MANNINI 1965, pp. 95-102, 193-197, 225-227. 609 N ICOSIA 1966A. 610 C APUTO 1962. 611 N ICOSIA 1966B. 612 NICOSIA 1970.

della Villa Medicea di Artimino.613 Gli scavi della necropoli di Palastreto si protrarranno con campagne successive, riprese poi nella seconda metà degli anni ottanta, portando alla luce un sepolcreto in uso dalla fine dell’VIII secolo fino al VI secolo a. C..614

Sempre agli inizi degli anni settanta risalgono le prime ricerche coordinate per la Soprintendenza Archeologica ancora da Francesco Nicosia ed inerenti all’archeologia del territorio, dalla preistoria al medioevo, collaborando con i nascenti gruppi archeologici locali, le istituzioni museali, le università e vari enti scientifici, con l’organizzazione di ricerche territoriali e mostre tematiche.615 A questo periodo risalgono le prime campagne di scavo di alcuni siti dell’età del Bronzo del territorio fiorentino con il diretto coinvolgimento dell’ateneo senese.616

I primi anni ottanta segnano la svolta delle ricerche archeologiche nel comune di Sesto Fiorentino. Nel dicembre del 1981, infatti, uno scavo di emergenza lungo viale Togliatti permise di portare alla luce su un area di oltre 600 m2 l’insediamento campaniforme di Querciola617, dando inizio ad una fortunata collaborazione tra Soprintendenza, Università e amministrazioni locali. In assenza ancora di una normativa nazionale sull’archeologia preventiva, e quindi precorrendo i tempi, a partire dal 1982, grazie alla presenza sempre di Francesco Nicosia nei panni di Soprintendente regionale e di Giuliano de Marinis allora funzionario di zona, venne stipulato un accordo tra Soprintendenza Archeologica, il Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università di Siena e il Comune di Sesto Fiorentino per un piano di tutela archeologica del territorio, attraverso il controllo e lo scavo delle aree che rapidamente venivano destinate all’urbanizzazione.618 Il tavolo tecnico così composto, negli anni ha preso in esame i progetti urbanistici stabilendo di volta in volta le strategie verifica del

613 CAPECCHI 1987. 614 G

REGORI 1989; DE MARINIS 1993.

615 Nel 1974 a Prato venne organizzata una esposizione temporanea dedicata

all’archeologia del territorio, con l’attenzione alle fasi più antiche della preistoria e della protostoria del territorio. – AA.VV. 1974.

616 Nel 1973 vengono condotti gli scavi a Dicomano nel sito del Bronzo Medio del

cantiere Rosselli ed al 1974 quelli del sito di Filettole sulle pendici del Monte Calvana presso Prato. – SARTI 1980A, 1980B, 1982; SARTI-GUIDI 1999.

617 S

ARTI 1997B. 618 D

E MARINIS 2013, p. 16; MARTINI-SARTI 2013, p. 21; SARTI-MARTINI 2008, pp. 18- 19.

rischio archeologico attraverso sorveglianze, campagne di saggi preventivi e scavi archeologici in estensione.

In tal modo è stato possibile non solo individuare le più antiche tracce note del popolamento della pianura, con il sito di Olmicino datato al Mesolitico, ma anche le importanti presenze del neolitico (Mileto, Spazzavento, Neto) e dell’età del Rame (soprattutto della fase Campaniforme) e del Bronzo, alle quali si sono aggiunti nuovi significativi siti anche per l’età etrusca e romana.619

Attraverso questi accordi tra le istituzioni, in seguito rinnovati con il coinvolgimento anche dell’ateneo fiorentino e del Museo ed Istituto Fiorentino di Preistoria, è stato possibile preservare il patrimonio archeologico, con un sistema di controlli anche sull’edilizia privata e quindi in modo più capillare di quello previsto dall’attuale normativa sull’archeologia preventiva, limitata prevalentemente ad interventi pubblici o a prevalente capitale pubblico.620 Inoltre,

grazie ai controlli effettuati su un ampio settore del territorio, è stato possibile estendere la tutela anche a zone prima considerate con scarso o nullo potenziale archeologico.

Pur in presenza di nuove normative ministeriali che hanno formalizzato a livello nazionale le procedure per gli interventi di archeologia preventiva621, il modello sperimentato e consolidato negli anni non è stato abbandonato, ma nel 2007 è stato riformulato e formalizzato inserendolo all’interno del Regolamento Urbanistico comunale 622, estendendo la collaborazione scientifica anche dell’Università di Firenze ed al Museo e Istituto fiorentino di Preistoria “Paolo Graziosi”.623

Il grande numero di interventi di archeologia preventiva ha restituito una cospicua messe di dati che fanno oggi apparire il territorio di Sesto Fiorentino come un ricco palinsesto, utile alla comprensione del popolamento nell’antichità di tutto

619 M

ARTINI –SARTI 2015.

620 POGGESI SARTI 2014, pp. 13-15; MARTINI SARTI 2013, p. 21.

621 Art. 28, comma 4 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.lgs. 42/2004);

D.lgs. 163/2006.

622 “all’interno dell’area di potenziale ritrovamento di materiali archeologici definita dal Comune di Sesto Fiorentino d’intesa con la Soprintendenza, è obbligatorio effettuare la ricerca archeologica nei casi in cui vengano effettuate nuove edificazioni o consistenti trasformazioni in profondità dell’esistente. Le modalità di esecuzione della ricerca archeologica sono definite nei protocolli d’intesa tra Comune di Sesto Fiorentino e Soprintendenza” (Art. 37, comma 3 del Regolamento Urbanistico comunale approvato nel piano Strutturale del 2004).

territorio fiorentino.624 Pertanto, l’apparente anomalia della mole dei dati che questo piccolo territorio ha restituito, non è solo da imputarsi ad una effettiva concentrazione del dato archeologico, quanto all’intensità delle indagini e alla loro sistematicità rispetto alle aree immediatamente limitrofe.

Ne sono una prova le ricerche condotte negli ultimi decenni nei comuni di Calenzano, Campi Bisenzio, Prato, Pistoia, Firenze e Scandicci le quali hanno confermato sia una precocità della frequentazione umana della valle e delle sue pendici collinari, che una presenza capillare e diffusa del popolamento in tutte le sue fasi.625 Per i primi centri abitati strutturati di una certa estensione nella piana, come nel resto della penisola, si dovranno attendere gli sviluppi del Bronzo Medio, come ci mostrano i dati delle scoperte effettuate sulla riva sinistra del torrente Bisenzio in provincia di Prato, con un abitato capannicolo esteso su più di 4000 metri quadri, pienamente partecipe agli sviluppi sociali e culturali delle comunità nord dell’Appennino.626 Tuttavia, le sistemazioni idrauliche del villaggio eneolitico di Ponte a Greve a sud di Firenze, assieme ai dati di sesto Fiorentino come i fossati coevi di Podere della Gora e l’insediamento pluristratificato tardo campaniforme di Lastruccia esteso su un area di almeno due ettari, costituiscono importanti indizi di un popolamento strutturato del territorio già in epoca precedente.627

LE AREE C E D DEL CANTIERE DI LAZZERINI 3(CAMPAGNE DI SCAVO 2005-2006): NUOVI CONTRIBUTI PER L’ETÀ DEL BRONZO IN AREA FIORENTINA.

A seguito di interventi di archeologia preventiva, condotti tra il 2005 e il 2006 nel Comune di Sesto Fiorentino per la realizzazione di nuove opere di urbanizzazione lungo viale Pasolini, a sud dell’abitato moderno, vennero individuate numerose evidenze archeologiche databili tra l’età del Rame a quella etrusca (figg. 54- 55).628

624 S

ARTI 2014;PIZZIOLO 2014; PIZZIOLO-SARTI 2005.

625 P

OGGESI et alii 2012; PERAZZI-POGGESI 2011; PERAZZI 2010; BACCI-FIASCHI 2001;

AA.VV. 1996.

626 P

ERAZZI-PAGNINI 2008; PERAZZI et alii 2010.

627 S

ARTI-MARTINI 2000; SARTI-LEONINI 1999-2000, pp. 261-262; SARTI 1995-1996;

ARANGUREN-PERAZZI 2005.

Figura 54 – L’area degli scavi di via Lazzerini con l’attuale stato dei luoghi (elaborazione da foto satellitare)

Figura 55 – L’area del cantiere di via Lazzerini prima dei lavori, con in alto indicata l’ubicazione delle aree

di scavo (rielaborazione da G. Pizziolo)

Le indagini furono condotte dal Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti – Sezione Preistoria– dell’Università di Siena su incarico di consulenza dell’allora Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana ed in collaborazione con la Cattedra di Paletnologia del Dipartimento di Scienze dell’antichità “G Pasquali” dell’Università di Firenze.

Il settore più occidentale, tra il viale Pasolini a nord e il corso del torrente Zambra a sud, denominato “Lazzerini” dall’omonima via che lo delimita ad est629, fu

indagato in più riprese con cinque cantieri distinti, che portarono alla luce una necropoli eneolitica ad inumazione (Lazzerini 4), i resti di un abitato dell’età del Bronzo (Lazzerini 3 aree C e D) e quelli di una piccola necropoli e di un sito abitativo della prima età del Ferro riferibile alla fase villanoviana (Lazzerini 2, Lazzerini 5).630

Il contesto di scavo631

Le evidenze archeologiche riferibili all’età del Bronzo, individuate come Lazzerini 3 area C e area D, rientrano nell’ampia Unità insediativa632 Lazzerini-

S. Antonio, localizzata nella zona di Sesto Fiorentino compresa tra la linea ferroviaria Firenze-Bologna a nord e il Canale di Cinta occidentale a sud, e delimitata ad ovest dall'asta fluviale del torrente Rimaggio, adesso regimentato, che costituisce senz'altro uno se non il più ampio affluente dell’Arno del bacino idrografico del territorio sestese.

Per questo motivo è una zona soggetta a forti scorrimenti di acqua, testimoniati dalla presenza di numerosi alvei e paleoalvei di diversa epoca che si intersecano e affiancano, come documentano gli studi del paesaggio antico fino all’epoca rinascimentale; le ricerche nell’area in oggetto documentano questo fenomeno.633 Le ricerche, svoltesi tra luglio e novembre 2005 sotto la responsabilità scientifica di Lucia Sarti, sono collegate agli interventi di archeologia preventiva nell’area nord occidentale della piana fiorentina condotte di concerto tra la Soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana e l’Università degli Studi di Siena fin dalla metà degli anni ottanta del Novecento. Alle ricerche nell’area in oggetto ha collaborato il Museo e Istituto Fiorentino di Preistoria “Paolo Graziosi”.

629 Corrisponde all’area è attualmente compresa tra viale della Pace a nord e viale vittime

dei Gulag a sud.

630 S

ARTI 2007, p. 129-130; POGGESI et alii 2013, pp. 318-319.

631 Per i dati di scavo, ancora inediti, si ringrazia la Prof.ssa Lucia Sarti per aver messo a

disposizione la documentazione.

632 Per il concetto di “unità insediativa” sviluppato per i contesti sestesi cfr. S

ARTI- MARTINI 2000, PIZZIOLO-SARTI 2008.

633 G

L’Unità insediativa Lazzerini/S. Antonio ha restituito livelli insediativi e funerari compresi tra l’Eneolitico e il periodo etrusco, individuati in diverse aree di varia ampiezza e successione stratigrafica, indagati in momenti successivi.

Nota metodologica

Per l’analisi dei reperti ceramici dell’antica e media età del Bronzo di Sesto Fiorentino, soprattutto nella prima fase di studio634, è stato adottato il metodo di analisi morfotipometrica in uso ormai da due decenni per questo territorio, e sviluppato dalla sezione di Preistoria del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università di Siena.635

Sulla base dei rapporti dimensionali tra altezza e diametro massimi dell’oggetto, esso suddivide le forme vascolari in quattro serie formali (molto basse, basse, medie e profonde), a loro volta articolate in semplici e composte. Queste vengono poi scomposte in gruppi formali identificati dai moduli geometrici (forme troncoconiche, cilindriche, emisferiche, globulari, a calotta, biconiche). Sulla base poi dell’articolazione dei caratteri formali principali (legati alla morfologia degli orli, del corpo e della basi), e di quelli secondari (anse, prese e elementi decorativi) vengono individuati i tipi formali.

Accanto ad esso, al fine di rendere più agevole la descrizione dei confronti, nell’analisi del contesto si è comunque voluto affiancare il lessico terminologico più in uso e facente riferimento alla ”scuola romana636” ed ai dizionari terminologici sviluppati dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, impiegati per le schede di catalogazione ministeriali.637

L’alta frammentarietà del campione non ha permesso di individuare su basi esclusivamente tipometriche i gruppi formali e pertanto per molte di esse è stato

634 Il materiale è stato schedato utilizzando il metodo morfotipomentrico registrando i dati

su una piattaforma digitale appositamente sviluppata con FileMaker® Pro 2013. In occasione dello studio dei materiali si è provveduto così ad ampliare il database precedentemente in uso presso la cattedra di Preistoria e protostoria dell’Università di Siena e datato al 2008, introducendo nuovi campi di analisi soprattutto per la parte tecnologica.

635 S

ARTI 1989, 1993, 2005; VOLANTE 2001; AGRESTI-POESINI 2011.

636 C

ARDARELLI et ali 1999; PERONI 1967,1994A, 1998. 637 PARISE BADONI 1980.

necessario determinare le classi tipologiche di appartenenza sulla base di singoli aspetti formali.

Lazzerini 3 area C

La sequenza stratigrafica638

L’area Lazzerini 3 C è stata indagata su un’ampiezza di circa 1300 mq e presenta una stratigrafia che dall’alto distingue:

Strato 1: limo sabbioso bruno marrone con clasti sparsi, oggetto di evidenti interventi agricoli; al suo interno sono state distinte 5 canalette rettilinee, a profilo ben marcato, legate ai lavori agricoli, che incidono il sottostante strato 2; poco profonde max 30 cm e ampie al massimo 1 m.; hanno andamento Nord/Sud, tranne la canaletta 3 che ha andamento Est/Ovest. Il canale 5 nella zona est dell’area di scavo è molto ampio e profondo e asporta anche parte dello strato 3 con i suoi sotto orizzonti;

Strato 2: sabbioso giallo marrone, con rarissimi frammenti ceramici storici e alcuni laterizi di età romana a stato fisico non fresco, inciso dalle 5 canalette che si aprono dallo strato 1 soprastante;

Strato 3: limo argilloso grigio giallastro fortemente alterato, con