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Platone e il γόης positivo

D. Ambito Magico-Religioso

Abbiamo lasciato in sospeso il discorso nel precedente capitolo con Socrate che, ricordiamo, per Menone era un γόης degno di essere scacciato da una città per la confusione che vi seminava.

Ritroviamo la figura del γόης nel Simposio, in un clima “altamente religioso.”633

Simposio

Il dialogo si presenta come un racconto di Apollodoro,634 il quale, sulla strada per Atene, riporta a un amico635 i discorsi avvenuti anni prima al banchetto tenuto per

celebrare la vittoria lenaica di Agatone. Numerosi erano i partecipanti e fra loro compariva lo stesso Socrate, che, all’apertura del dialogo narrato, si accinge a dirigersi alla casa di Agatone - dove appunto sarà ambientato il simposio -, invitando il giovane Aristodemo636 a unirsi a lui. Rileviamo che Socrate arriverà

633 Reale 1997: 162-163. Ricordiamo che la dimensione religiosa è molto importante nella filosofia

socratica (cf. Destrée 2005: VII) - ne è il “framework” (Brisson 2005: 12) - e che l’impiego stesso del mito nel dialogo è volto a sottolineare l’atmosfera sacrale e la lontananza nel tempo degli avvenimenti del banchetto (Reale 2001B: XXIX). In base a tale contesto deve essere compreso anche l’accenno al fatto che Socrate si sia lavato e abbia indossato i calzari prima di dirigersi al banchetto: si tratterà infatti di una sorta di cerimonia di “iniziazione ai misteri” (cf. Riedweg 1987) per la quale è necessaria una purificazione sia fisica sia spirituale.

634 Apollodoro del Falero, allievo della scuola dei maestri di parole che, come egli stesso racconta

nel dialogo, è divenuto da poco discepolo di Socrate. Il dialogo narrato è ambientato nel 416 a.C., mentre la cornice nel 404 a.C.

635 Chiamato Glaucone. Potrebbe trattarsi dello stesso fratello di Platone che sarà - con il fratello

Adimanto - uno degli interlocutori favoriti di Socrate nella Repubblica (come abbiamo visto nel secondo capitolo). Il giovane ha già ascoltato una volta i discorsi del banchetto da Fenice - il quale a sua volta li aveva ascoltati da un amico -, ma visto che molte cose non sono risultate chiare ha chiesto questa volta ad Apollodoro di raccontarglieli. Lo stesso Apollodoro non era presente al simposio, tuttavia ha ascoltato una rievocazione fatta da Aristodemo (dal quale l’aveva ascoltata anche l’amico di Fenice) e ha chiesto a Socrate conferme delle cose non comprese. In tale panorama di discorsi indiretti, pertanto, quello di Apollodoro (associato non a caso ad Apollo per il nome) si presenta come il più affidabile, visto che egli ha ragionato criticamente sulle discussioni e ha chiesto chiarimenti direttamente a una delle fonti.

È da notare poi che i due interlocutori stanno dirigendosi ad Atene dal Falero - demo portuale dell’Attica; ciò implica che stanno salendo, in un percorso che li porta verso l’alto, metaforicamente verso “dottrine divine” (al contrario di quello che si riscontra all’inizio della

Repubblica con la discesa al Pireo).

636 Ardente difensore innamorato di Socrate, con il quale condivide alcune caratteristiche, per

comunque per ultimo al banchetto, a metà del pranzo, poiché si fermerà a contemplare637 nella veranda dei vicini del poeta tragico.

Al banchetto sono dunque presenti sette uomini: Fedro, Pausania, il medico Erissimaco, Aristofane, Agatone e i già citati Socrate e Aristodemo,638 ai quali in un secondo tempo si aggiungerà il bell’Alcibiade. I partecipanti, dopo essersi dichiarati provati dai festeggiamenti del giorno precedente,639 decidono di astenersi da eccessive bevute e accettano di buon grado la proposta di Erissimaco640 di pronunciare discorsi per celebrare Eros, dio troppo spesso bistrattato. Ecco dunque spiegato l’“agone oratorio”641 dall’atmosfera sacrale e i vari interventi che lo costituiscono: da quello di Fedro,642 a cui più di tutti preme elogiare il dio (che a suo parere non riceve mai gli onori che gli spettano), a quelli di Pausania, che sdoppia Eros643 e rivela come l’amante, in cambio dell’amore,644

conduca l’amato verso la saggezza, e di Erissimaco, medico che, ispirandosi ai filosofi naturalisti, vede anch’egli Eros come duplice,645 ma lo caratterizza poi a differenza dei suoi predecessori come universale legge cosmica, che può essere

637 La contemplazione è un momento fondamentale nell’economia del dialogo; ricordiamo, infatti,

che Socrate è “sacro ad Apollo” (Reale 1997: 248) e che nella contemplazione vengono a lui rivelate verità che esprimerà in seguito.

638 Questi si limiterà a prendere le parti di Socrate - per esempio impedendo ad Agatone di

interrompere la contemplazione all’inizio del dialogo - e ad ascoltare i discorsi per poi riferirli a coloro che sono interessati.

639 Ricordiamo che il banchetto è offerto per la vittoria di Agatone, conseguita due giorni prima di

esso in un agone in onore di Dioniso, al quale sono stati dedicati anche i festeggiamenti della giornata precedente; non devono pertanto stupirci i riferimenti al vino e all’ubriacatura. Concordo con Moes 2002: 64 nel sostenere che il dialogo sia un “cosmic interplay” fra Dioniso e Apollo, dove la sregolatezza dell’uno è stemprata dalla moderazione dell’altro e i continui riferimenti alla mantica e alla contemplazione sono volti a contrastare una vita dissoluta, dedita unicamente ai piaceri carnali.

640 Questi riveste un ruolo molto importante all’interno del dialogo. È il simposiarca che consiglia

la moderazione (cf. McPherran 2006: 72), nonché “father of the debate” (cf. Edelstein 1945: 95; cf. Edelstein 1967), esortando appunto i convitati a pronunciare discorsi sull’amore per esaudire il desiderio del suo amato Fedro. Per il parere opposto si veda Levin 2014: 74 ss.

641 Giardini 1997B: 335. Ricordiamo che i partecipanti all’agone sono i rappresentanti di diversi

generi letterari.

642 Che presenta un elogio bello ma sterile alla maniera dei poeti, sostenendo che, grazie a Eros,

amanti e amati gareggiano in coraggio, valore e nobiltà d’animo, e l’innamorato si mostra più “divino” del suo bello, visto che “ha dentro il dio” (a 177 B 2).

643 Eros Pandemio, ossia l’Eros della carne, effimero e disinteressato al Bene, e Eros Uranio,

l’Eros esistenziale dell’animo teso a una vita spesa in compagnia del Bello.

644 In una prospettiva utilitaristica che si addice alla sua natura di retore-politico. Naturalmente un

simile amore, che vuole qualcosa in cambio di favori, non può essere l’Amore più vicino all’ideale.

645 Eros sano/ordinato ed Eros malato/disordinato: nell’armonia prevale il primo, nel caos il

indirizzata con i giusti mezzi646 verso un’armonia o una discordia dei contrari; da quello di Aristofane, che, tramite il mito, descrive l’amore647 come una forza che guida gli amanti, disgiunti per empietà,648 alla ricerca del loro originario partner, a quello di Agatone, che per primo elogia Eros in se stesso e non i suoi effetti, dissolvendo però presto il contenuto del discorso in una musica di parole,649 volta solo a ottenere il plauso della folla.

Ritorniamo brevemente sul discorso di Erissimaco prima di proseguire con la risposta di Socrate all’elogio di Eros presentato da Agatone.

Abbiamo detto che il medico ha il merito di aver fatto notare per primo il “power of Eros in all departments of human activity”,650 avendone riscontrato gli effetti attraverso la sua professione e varie tecniche. L’ultima τέχνη a essere discussa è la µαντική, che sarà ripresa in seguito nel discorso di Socrate. Essa è così descritta da Erissimaco a 188 B 6- D 3: ἔτι τοίνυν καὶ αἱ θυσίαι πᾶσαι καὶ οἷς µαντικὴ ἐπιστατεῖ – ταῦτα δ' ἐστὶν ἡ περὶ θεούς τε καὶ ἀνθρώπους πρὸς ἀλλήλους κοινωνία – οὐ περὶ ἄλλο τί ἐστιν ἢ περὶ Ἔρωτος φυλακήν τε καὶ ἴασιν. πᾶσα γὰρ ἀσέβεια φιλεῖ γίγνεσθαι ἐὰν µή τις τῷ κοσµίῳ Ἔρωτι χαρίζηται µηδὲ τιµᾷ τε αὐτὸν καὶ πρεσβεύῃ ἐν παντὶ ἔργῳ, ἀλλὰ τὸν ἕτερον, καὶ περὶ γονέας καὶ ζῶντας καὶ τετελευτηκότας καὶ περὶ θεούς· ἃ δὴ προστέτακται τῇ µαντικῇ ἐπισκοπεῖν τοὺς ἐρῶντας καὶ ἰατρεύειν, καὶ ἔστιν αὖ ἡ

646 Si tratta di tecniche umane quali la medicina, la ginnastica, l’agricoltura, la musica,

l’astronomia e i sacrifici e la divinazione. Il fatto che gli uomini possano controllare una simile forza rivela un atteggiamento poco rispettoso nei confronti della stessa, tuttavia compatibile con la figura di un medico del V sec. a.C. (cf. Edelstein 1945: 86) che non metteva in dubbio l’esistenza degli dei, ma ciononostante credeva in primis nelle τέχναι, trovando in esse le prove degli effetti di forze come quella dell’amore (cf. Krüger 1995: 114).

647 A suo parere il dio più vicino agli uomini.

648 La tracotanza della stirpe umana ha spinto Zeus a condannarla, dividendo in due ogni individuo

(originariamente sferico, secondo il mito); gli esseri spezzati vagano infelici fino a che non ritrovano la loro metà. L’amore fisico pertanto, per la reciproca attrazione dei viventi da lui suscitata, permette alle due metà della forma originaria di ritrovare l’unione perduta e la loro autenticità. Possiamo concludere che il mito di Aristofane si presenta in breve - al contrario degli interventi che lo hanno preceduto - come un’esortazione a rispettare gli dei e a essere pii, di modo da non incorrere nell’ira divina.

649 Elogia Eros come il più benedetto, splendido, perfetto e giovane degli dei, con toni che, Socrate

commenta apertamente, ricordano quelli di Gorgia (cf. Reale 1997: 184).

µαντικὴ φιλίας θεῶν καὶ ἀνθρώπων δηµιουργὸς τῷ ἐπίστασθαι τὰ κατὰ ἀνθρώπους ἐρωτικά, ὅσα τείνει πρὸς θέµιν καὶ εὐσέβειαν.651

La mantica appare pertanto come una τέχνη molto importante, addirittura responsabile di custodire e curare l’amore attraverso i sacrifici e i riti ai quali presiede. Il suo compito consiste in breve nel garantire che sia nei rapporti con i genitori, sia nei confronti degli dei, sia impiegato l’amore ordinato, sano, attraverso il quale, alfine, la mantica stessa risulta essere generatrice dell’amicizia fra gli uomini e gli dei. In tale situazione l’amore parrebbe essere una “forza osservata e compresa”,652 i cui effetti sono dominati esattamente.653 Tuttavia un tale controllo, esercitato dagli uomini su simili forze e, addirittura, sul rapporto tra gli dei e gli uomini, pare alfine avere poca differenza rispetto all’atteggiamento adottato dagli individui che abbiamo trovato nelle Leggi, empi che si ritenevano capaci di poter persuadere gli dei.654

L’intervento di Erissimaco, pertanto, se anticipa l’ampiezza dell’orizzonte della riflessione - introducendo l’idea di un amore “cosmico” - e l’idea di efficacia di Eros nel rapporto con gli dei,655 tuttavia è destinato a essere superato poiché in un certo senso eleva il culto razionale della τέχνη - e in particolare della µαντική - al di sopra di Eros, cosa che non può essere tollerabile.

Procediamo dunque nell’analisi del dialogo con Socrate che, come abbiamo anticipato, risponde al discorso di Agatone.656 Questi si è limitato a offrire uno

651 “Inoltre, tutti i sacrifici e tutti i riti ai quali presiede l’arte della divinazione, cioè quelle cose

che garantiscono la comunione reciproca fra gli dei e gli uomini, non mirano ad altro che a custodire e a curare l’amore. Infatti, ogni empietà è solita nascere qualora non si concedano favori all’amore ordinato, non lo si onori e non lo si veneri in ogni azione, ma si onori, invece, l’altro, e nei rapporti con i genitori, sia vivi che morti, e nei confronti degli dei. E in queste cose appunto l’arte della divinazione ha avuto il compito di osservare gli amanti e di curarli. E la mantica è la generatrice dell’amicizia fra gli dei e gli uomini, in quanto conosce gli amori degli uomini che tendono alla giustizia e alla santità.”

652 Krüger 1995: 109.

653 Analogamente poco prima Erissimaco parla di come il medico debba saper infondere i giusti

amori per esercitare efficacemente la propria attività (cf. Reale 1997: 85).

654 Tutto dipende, infatti, dall’individuo che si serve delle tecniche: se è davvero capace di dosare

l’amore e il suo scopo è guarire i pazienti, gli effetti saranno positivi, altrimenti avrà gli strumenti per nuocere al pari dei succitati γόητες.

655 Cf. Krügen 1995: 119.

656 Socrate discute solo sull’intervento di Agatone poiché una confutazione di ogni dialogo

sfoggio di retorica,657 ma se non altro ha impostato la questione in maniera migliore degli altri parlanti, sostenendo di dover definire prima la natura di Eros e poi gli effetti che esso ha.

Il figlio di Sofronisco dunque prende la parola e si dichiara deciso a dire τά γε ἀληθῆ (199 A 7),658 senza rigiri di parole, poiché non è capace - alla pari di Agatone - di fare contorte lodi. Con poche battute riesce a distruggere l’elogio fatto dal poeta, facendo emergere la figura di Eros come quella di un essere che desidera qualcosa che non possiede e di cui sente la mancanza, “spoglio di bellezza” e “scarso di valore” (a 200 A 1 – 201 C 5).

Socrate a questo punto - per non risultare sgradito - dichiara di aver avuto un’opinione simile a quella di Agatone in precedenza, fino a che, parlando con Diotima659 - sacerdotessa di Mantinea e sua maestra -, ha ottenuto una

chiarificazione sulla concezione dell’Amore. Ella infatti gli ha dimostrato che Eros non è un dio, in virtù delle mancanze che lo caratterizzano,660 ma τι µεταξύ […] τούτοιν (202 B 4-5),661 un δαίµων µέγας (202 D 13)662 dotato di una forza fondamentale. Egli infatti (202 E 3-203 A 8):

di rispondere unicamente ad Agatone, che, dopotutto, è il festeggiato e il padrone di casa, ma fra le righe del suo discorso si possono scorgere anche rimandi alle altre trattazioni (una per tutte quella di Erissimaco, con la mantica).

657 Cf. Krüger 1995: 134. Ritroviamo in lui per l’ennesima volta un allievo di Gorgia.

658 “Le cose come veramente stanno.” Come fa notare Casertano 1997: 278, infatti, il discorso di

Socrate è l’unico che si può definire vero, mentre tutti gli altri sono “falsi”, in quanto fraintendono in un modo o nell’altro la tematica discussa. Ricordiamo che anche l’Encomio di Elena incominciava con il proposito di Gorgia di svelare la verità e far cessare l’ignoranza.

659 Si tratta in verità di una serie di discussioni avvenute nel tempo. Il nome di Diotima può

significare “onore dovuto alla divinità” oppure “onore conferito alla divinità dagli uomini” (cf. Moes 2002: 100). In ambedue i casi è chiaro che ella sia un personaggio fondamentale nell’economia dell’opera. Nota per aver differito per anni l’arrivo della peste ad Atene (cf. Nehamas 1990: 90), tramite la sua “maschera” il discorso che Socrate pronuncia appare investito di un’aura sacrale (cf. Fasce 1977: 186; Belfiore 1980: 128). Mues 2002: 100 commenta a ragione che, attraverso l’intervento di Diotima, appare chiaro che anche le donne e gli stranieri possano essere “bearers” di importanti “insights” per la città, un indiscusso progresso rispetto alla prospettiva che abbiamo trovato in Erodoto.

660 Eros è non per nulla definito come un essere che brucia di voglia per le cose di valore e per le

cose belle, proprio perché ne è privo. Ora però, il fatto che egli non sia un dio - in quanto mancante della beatitudine che è propria delle divinità - non per questo lo rende un mortale; è una creatura a metà, una via di mezzo, al pari dei barlumi di pensieri a metà strada fra maestria e ignoranza.

661 “Un’entità intermedia tra due poli.” 662 “Un semidio possente.”

Ἑρµηνεῦον καὶ διαπορθµεῦον θεοῖς τὰ παρ' ἀνθρώπων καὶ ἀνθρώποις τὰ παρὰ θεῶν, τῶν µὲν τὰς δεήσεις καὶ θυσίας, τῶν δὲ τὰς ἐπιτάξεις τε καὶ ἀµοιβὰς τῶν θυσιῶν, ἐν µέσῳ δὲ ὂν ἀµφοτέρων συµπληροῖ, ὥστε τὸ πᾶν αὐτὸ αὑτῷ συνδεδέσθαι. διὰ τούτου καὶ ἡ µαντικὴ πᾶσα χωρεῖ καὶ ἡ τῶν ἱερέων τέχνη τῶν τε περὶ τὰς θυσίας καὶ τελετὰς καὶ τὰς ἐπῳδὰς καὶ τὴν µαντείαν πᾶσαν καὶ γοητείαν. θεὸς δὲ ἀνθρώπῳ οὐ µείγνυται, ἀλλὰ διὰ τούτου πᾶσά ἐστιν ἡ ὁµιλία καὶ ἡ διάλεκτος θεοῖς πρὸς ἀνθρώπους, καὶ ἐγρηγορόσι καὶ καθεύδουσι· καὶ ὁ µὲν περὶ τὰ τοιαῦτα σοφὸς δαιµόνιος ἀνήρ, ὁ δὲ ἄλλο τι σοφὸς ὢν ἢ περὶ τέχνας ἢ χειρουργίας τινὰς βάναυσος. οὗτοι δὴ οἱ δαίµονες πολλοὶ καὶ παντοδαποί εἰσιν, εἷς δὲ τούτων ἐστὶ καὶ ὁ Ἔρως.663

Ecco dunque che ritorna l’equilibrio nel rapporto fra uomini e dei grazie alla figura di Eros, un semidio, un demone664 attraverso la cui opera sia l’arte

oracolare, sia l’arte dei sacerdoti - con i suoi sacrifici, riti misterici, incantesimi, tutta quanta la divinazione, armamentario del mistero - possono realizzarsi e, conseguentemente, ogni forma di comunicazione fra gli dei e gli uomini ha luogo, in un universo unitario e saldo.

In tale contesto dunque ritroviamo nuovamente menzionato il termine γοητεία. Krüger,665 analizzando il passo, sostiene che esso sia ironico e che le menzioni di magia e predizione siano volte a evidenziare l’inefficacia della mantica; a mio parere, tale opinione non è condivisibile. Sebbene sia indubbio che la mantica di per sé può fare poco, come gli uomini d’altro canto, attraverso l’intervento di Eros essa rimane pur sempre un mezzo per comunicare con gli dei e per poterli venerare come è loro dovuto. La γοητεία, pertanto, non appare in questo caso come un’arte deteriore, ma come uno dei mezzi “magico-sacrali” che permettono simile contatto e che innalzano l’uomo verso il divino, consentendo peraltro al

663 “Ha il potere di interpretare e di portare agli dei le cose che vengono dagli uomini e agli uomini

le cose che vengono dagli dei: degli uomini le preghiere e sacrifici, degli dei, invece, i comandi e le ricompense dei sacrifici. E, stando in mezzo fra gli uni e gli altri, opera un completamento, in modo che il tutto sia ben collegato con sé medesimo. Attraverso di lui passa tutta l’arte oracolare e allo stesso modo l’arte dei sacerdoti relativa ai sacrifici, ai riti misterici, incantesimi, tutta quanta la divinazione, armamentario del mistero. Un dio non si mescola all’uomo, ma per opera di questo demone gli dei hanno ogni relazione e ogni colloquio con gli uomini, sia quando vegliano, sia quando dormono. E chi è sapiente in queste cose è un uomo demonico; chi, invece, è sapiente in altre cose, è uomo volgare. Tali demoni sono molti e svariati; e uno di essi è Eros.”

664 Cf. Cacialli 1998: 76. 665 Krüger 1995: 149.

mondo di conservare l’ordine e l’armonia necessari per il benessere dell’universo.666

Eros quindi non è il dio meraviglioso che tutti immaginano, Diotima prosegue a spiegare, servendosi di un mito:667 poiché è stato concepito il giorno natale di Afrodite ha ereditato da lei il trasporto erotico per le cose belle, ma lui stesso non è bello. Egli è infatti figlio di Πενία, la Povertà - per la quale è sempre povero di tutto, duro e ispido, scalzo, senza coperte e senza dimora - e di Πόρος, l’Espediente, dal quale ha ricevuto i seguenti attributi (203 D 4 - 8):

[...] ἐπίβουλός ἐστι τοῖς καλοῖς καὶ τοῖς ἀγαθοῖς, ἀνδρεῖος ὢν καὶ ἴτης καὶ σύντονος, θηρευτὴς δεινός, ἀεί τινας πλέκων µηχανάς, καὶ φρονήσεως ἐπιθυµητὴς καὶ πόριµος, φιλοσοφῶν668 διὰ παντὸς τοῦ βίου, δεινὸς γόης669 καὶ

φαρµακεὺς καὶ σοφιστής.670

Se da un lato è la madre che gli ha conferito l’eterna mancanza che lo stimola alla ricerca, è grazie al padre671 che Eros diventa filosofo e γόης, un cacciatore appassionato che rivolge il suo ardore672 a far germogliare la vita nella sfera del bello.673

666 Nel demonico nell’universale rivediamo la “magia naturale” empedoclea, cf. Robin 1970: 53 n.

4; Hadot 1988: 109.

667 Cosa che non stupisce; come Reale 1997: 170 ricorda (egli in proposito parla di “pensare per

immagini”), infatti, l’insegnamento nell’iniziazione ai misteri avveniva di solito mediante “miti” e abbiamo visto che nel dialogo si assiste a tutti gli effetti a una sorta d’“iniziazione ai misteri.” Cf. Asmis 1986: 164; McPherran 2006: 92.

668 In senso proprio “far filosofia.”

669 Per il γόης come figura sciamanica che racchiude in sé innumerevoli aspetti si veda Cornford

1952: 295.

670 “Egli è insidiatore dei belli e dei buoni, è coraggioso, audace, impetuoso, straordinario

cacciatore, intento sempre a tramare intrighi, appassionato di saggezza, pieno di risorse, ricercatore di sapienza per tutta la vita, straordinario incantatore, preparatore di filtri, un cervello insomma.” Il sostantivo σοφιστής, a mio parere, non ha qui alcuna connessione con i “sofisti”, ma richiama la ricerca filosofica poco prima menzionata.

671 Il cui nome non per nulla significa “passaggio”, “accesso”, “uscita”, come rileva Hadot 1988:

107. Cf. Casertano 1997: 290 n. 26.

672 Come amante quindi e non amato, come credeva a torto Agatone. L’immagine ricorda un poco

il Dioniso delle Baccanti.

Eros dunque è un essere a metà, un’eterna contraddizione, un “amatore di culture in bilico fra maestro e ignorante” (204 B 4-5), e pari a lui è Socrate,674 il vero “uomo demonico.”

Lo spunto per il paragone fra le due figure è fornito dall’entrata in scena di Alcibiade che, invece di fare un elogio di Eros come i suoi predecessori, si accinge a fare un elogio di Socrate.675 Descrive così il figlio di Sofronisco come un sileno676 che, superando lo stesso Marsia, strega ἄνευ ὀργάνων ψιλοῖς λόγοις (215 C 7);677 chiunque dialoghi con lui rimane folgorato.678 Socrate - come Amore - è povero e scalzo, sempre alla caccia dei belli, ma, fedele all’insegnamento di Diotima,679 non si cura della bellezza fisica, ma solamente di quella dell’animo, perché lì si cela la vera virtù. È delineato come un grottesco sileno in preda a un’eterno desiderio di cose belle ed è proprio questo desiderio che lo spinge a ricercare cose divine e a diventare, similmente a Eros, un essere diverso, a metà tra il divino e l’umano: un intermediario.680

È stato detto che in Eros è possibile trovare caratteristiche di Socrate,681 in verità però è necessario attuare il processo inverso: bisogna comprendere Socrate in quanto “uomo demonico” secondo l’immagine di Eros.682 Solo così siamo capaci

674 Cf. Hadot 1988: 87; Diano 1992: 212 n. 130.

675 Già da ciò possiamo parlare di un’equiparazione tra i due.

676 Analogamente a tali esseri, se si trascura infatti l’aspetto esteriore di Socrate, si scoprirà il suo

interno divino.

677 “Con parole nude, senza strumento materiale.”

678 Si ricordi al riguardo l’intermezzo del Menone. Rileviamo che lo stesso Agatone accusa Socrate

di volergli fare una fattura a 194 A 5 e che Alcibiade, incarnazione dell’uomo che avrebbe potuto avvicinarsi alla verità ma ha ceduto ai piaceri terreni, per questa sua scelta travagliata parlerà a 218 A 5-7 dei discorsi filosofici come di predatori più selvaggi della vipera che, quando si attaccano a un’anima tenera e non poco adatta, le fanno fare e dire qualsiasi cosa.

679 Che dai “piccoli misteri” - in cui ha mostrato a Socrate (dietro al quale è possibile scorgere il

poeta Agatone) il vero volto di Amore, demone intermediario -, gli mostrerà poi i “grandi misteri” (cf. Reale 1997: 158), dicendo che è possibile raggiungere il Bello partendo da un eros provato per il corpo umano (che pertanto non è rifiutato, qualora assurga a mezzo per raggiungere verità più

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