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Gli amministratori indipendenti ai sensi dell’articolo 3 del Codice di Autodisciplina

L'attenzione riservata dal legislatore e dall'autodisciplina agli amministratori indipendenti richiede una definizione dei contorni e delle funzioni di tale figura nell'esperienza societaria italiana, in particolare in relazione ai compiti che essi svolgono, quali componenti del comitato controllo e rischi, nell'ambito della c.d. "architettura dei controlli": pur con la consapevolezza che "gli amministratori indipendenti non possono essere l'unico presidio a tutela di un efficiente sistema di controllo sulla gestione sociale, ma con i tempi necessari per una progressiva adesione o metabolizzazione culturale di questo modello, e con adeguati correttivi della disciplina, possono costituire, anche in un modello societario a proprietà concentrata, un utile strumento di prevenzione di deviazioni della gestione dal perseguimento dell'interesse sociale"134.

La figura degli outside directors (o indipendent directors) nasce nell'ambito dei modelli proprietari caratterizzati dalla separazione tra proprietà e controllo, ovvero le c.d. public

companies, "in funzione di controllo degli amministratori esecutivi (agents) nell'interesse

134REGOLI, Gli amministratori indipendenti: alcune condizioni per un più efficace funzionamento di

questo strumento di governance nel sistema dei controlli sulla gestione, in (a cura di Abbadessa), Dialogo sul sistema dei controlli nella società, Torino, Giappichelli, 2015, 50.

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degli azionisti (principals)", rappresentando una figura pensata "per ridurre i costi di agenzia"135 in un sistema dominante negli Stati Uniti e nel Regno Unito136. Nel sistema anglosassone dunque gli outside directors sono chiamati a svolgere "un'attività di monitoraggio sulla correttezza dell'operato e soprattutto del processo decisionale dei

managers, e ciò al fine di prevenire possibili comportamenti opportunistici di questi

ultimi diretti a favorire interessi diversi da quello sociale"137.

Negli stessi anni in cui la figura degli amministratori indipendenti ha iniziato a sedimentarsi anche in modelli a proprietà concentrata, gli outside directors sono stati fatti oggetto di ampie critiche da parte della dottrina statunitense, fino al punto di essere ritenuti "the most prominent corporate governance device in the United States and

135TOMBARI, Amministratori indipendenti, "sistema dei controlli" e corporate governance: quale

futuro?, in (a cura di Tombari), Corporate governance e "sistema dei controlli" nelle s.p.a., Torino,

Giappichelli, 2013, 38.

136 Come rimarca CHIFFINS, Corporate ownership and control, Oxford, Oxford University Press,

2008, che, dopo aver menzionato le parole di un giornalista finanziario britannico, il quale nel 2006 aveva tacciato la piena separazione tra proprietà e controllo come una vera e propria british obsession, sottolinea come, malgrado il radicamento di tale assetto nell'esperienza societaria anglosassone, nessun sistema proprietario risulti marcatamente più efficiente degli altri nella gestione sociale.

137 Così REGOLI, op. cit., 51, in termini sostanzialmente analoghi a quanto prospettato da GILSON-

KRAAKMAN, Reinventing the outside director: an agenda for institutional investors, in Stanford

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perhaps the least effective"138. Alcuni autori139 sono addirittura arrivati a chiedersi se la crisi finanziaria stessa non sia stata dovuta in parte anche agli amministratori indipendenti: partendo dal presupposto che tanto più ampia è la piattaforma informativa a disposizione del board tanto meglio questo potrà svolgere un'efficiente funzione di monitoraggio sul management140, si è evidenziato come "il crescente numero di amministratori indipendenti avrebbe, invece, come inevitabile conseguenza il dominio nei moderni consigli di amministrazione di outsiders, ovvero di soggetti privi di un adeguato set informativo (formale e informale)"141 e darebbe luogo così ad un incremento dell'asimmetria informativa tra outside directors e management, ravvisando proprio in tale asimmetria informativa la ragione per la quale gli indipendenti non sono stati in grado di prevenire i grandi scandali societari.

Nei modelli a proprietà concentrata gli indipendenti operano un'attività di monitoraggio sulla correttezza dell'operato degli amministratori esecutivi, "con l'obiettivo di prevenire soprattutto i comportamenti opportunistici del socio o dei soci di controllo i quali,

138 Così TOMBARI, op. cit., 40, che riprende quanto affermato da PALMINTER, Dark matter in US

Corporations (Corporate governance in the United States), in (a cura di Tombari), Corporate governance e "sistema dei controlli" nelle s.p.a., Torino, Giappichelli, 2013, 187ss. In particolare MACEY, Corporate governance. Promises kept, promises broken, Princeton, Princeton University Press, 2008, 51.ss., ha individuato il punto critico della disciplina degli amministratori indipendenti nella circostanza che non siano in grado, allo stesso tempo, di svolgere funzioni gestionali e una funzione di controllo, ossia quella funzione duale che ogni componente del consiglio di amministrazione deve assolvere, con il rischio di essere catturati dagli esecutivi. Dello stesso avviso

BAINBRIDGE, Corporate governance after the financial crisis, Oxford, Oxford University Press, 2011, 103 , che ricorda il celebre caso Smith v. Van Gorkom del 1985, in cui il consiglio di amministrazione della Transunion decise in due ore, senza un adeguato corredo informativo, su un'operazione complessa e dannosa per la società solo perchè "catturato" dal CEO Van Gorkom, personalmente interessato all'operazione in questione.

139BAINBRIDGE, op. cit., 63.

140 Come ricorda anche REBOA, Il monitoring board e gli amministratori indipendenti, in Giur.

comm., 2010, 4, 660.

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nell'esercizio delle loro prerogative, potrebbero condizionare gli amministratori, esecutivi e non, in funzione del loro interesse extra-sociale"142. In tale modello dunque gli indipendenti giocano un ruolo parzialmente differente, essendo chiamati a fare del consiglio di amministrazione "un collegio di composizione delle diverse finalità che possono in concreto essere perseguite nello svolgimento della funzione dell'organo"143, con una diversificazione della composizione del consiglio (in modo da comprendere anche gli amministratori indipendenti), che diviene quindi un vero e proprio "strumento di attuazione della buona corporate governance della società"144 e presidio di controllo rispetto ai conflitti di interessi e agli agency problems.

In un contesto societario a proprietà concentrata, infatti, i conflitti di agenzia si manifestano tra azionista di maggioranza e azionista di minoranza: dato che gli amministratori esecutivi vengono controllati direttamente "dal socio di maggioranza che provvede alla loro nomina", ne deriva che "l'indipendenza dell'amministratore deve essere valutata in rapporto non agli amministratori esecutivi ma proprio al socio o gruppo di controllo"145. Volendo offrire un disegno sintetico ma esaustivo delle varie figure di amministratore che operano all'interno del consiglio di amministrazione, si può quindi affermare che, mentre gli amministratori esecutivi gestiscono l'impresa, i non esecutivi, indipendenti e non146, "individualmente o come componenti dei comitati interni al

142REGOLI, op. cit., 51.

143STELLA RICHTER JR., Il controllo all'interno dell'organo amministrativo, in (a cura di Tombari),

Corporate governance e "sistema dei controlli" nelle s.p.a., Torino, Giappichelli, 2013, 23.

144STELLA RICHTER JR., op. cit., 24. 145 Come sottolinea TOMBARI, op. cit., 43.

146 Non tutti gli amministratori non esecutivi, tuttavia, sono amministratori indipendenti: vi sono infatti

amministratori non esecutivi e tuttavia privi del requisito dell'indipendenza, per come definito dalla legge, ovvero ai sensi dell'art.148, 3co, d.lgs. n. 58/1998, o dall'art.3 Codice di Autodisciplina (la distinzione tra queste due definizioni di indipendenza verrà trattata in seguito), e caratterizzati solo in negativo, "per il fatto di non essere dirigenti della società e di non ricevere deleghe gestionali da parte del consiglio", come ricorda STELLA RICHTER JR., Gli amministratori non esecutivi

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consiglio di amministrazione, valutano l'andamento della gestione nonchè le operazioni di maggior rilievo"147.

Una qualificazione in positivo del requisito dell' "indipendenza" non è di per sé agevole, non soltanto in relazione al fatto che nel sistema esistono due differenti definizioni di indipendenza, ma anche poiché lo stesso Codice di Autodisciplina dichiaratamente auspica una valutazione dell'indipendenza ispirata da ragioni di matrice sostanzialistica e in divenire, ovvero condotta "non soltanto al momento della nomina, ma anche successivamente, al ricorrere di circostanze rilevanti e, comunque, almeno una volta all'anno"148. Ed è per questo motivo che, dopo aver individuato i tratti caratterizzanti in positivo gli amministratori indipendenti ai sensi del TUF e dell'art.3 Codice di Autodisciplina, sarà necessario individuare in concreto quali caratteristiche individuali consentono di qualificare tale figura.

Ed invero, se la nozione di cui all'art.147-ter, 4co, d.lgs. n. 58/1998 si limita a rinviare al possesso dei requisiti di indipendenza richiesti ai sensi dell'art.148, 3co per l'esercizio della carica di sindaco (rappresentando essi il parametro di riferimento per le società quotate che non aderiscono alle previsioni dell'autodisciplina149), ben più estesa ed

147REGOLI, op. cit., 55.

148 GASPARRI, I controlli interni nelle società quotate. Gli assetti della disciplina italiana e i

problemi aperti, Quaderni giuridici CONSOB, 2013, 45.

149 E infatti la Consob aveva già ritenuto i requisiti di cui all'art.3 del Codice di Autodisciplina come

"almeno equivalenti" a quelli del d.lgs. n. 58/1998, nella comunicazione n. 10078683 del 24 settembre 2010. Sul punto anche ASSONIME, Alcune proposte in materia di controlli societari, in Riv. soc., 2011, 2, 1324, sottolinea come il principale elemento di criticità rispetto alla definizione della figura dell'amministratore indipendente ad opera di due fonti parallele sarebbe rappresentato dal rinvio ai requisiti di indipendenza fissati all'art. 148, 3co TUF per i sindaci, che denuncerebbe la mancanza di un'accurata riflessione del legislatore sulla differenza di funzioni tra i sindaci e gli indipendenti ai sensi dell'art. 147-ter TUF. Per superare i punti critici dati da questa duplicazione di fonti, Assonime propone la soppressione della categoria degli amministratori indipendenti ex TUF, in modo da riservare la presenza di tale componente all'interno dell'organo di governo ad una scelta volontaria della società, da operarsi sulla base delle raccomandazioni di cui all'art.3 Codice di Autodisciplina: in questo modo si avrebbe infatti un'unica categoria di amministratori indipendenti definita mediante un

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elastica è la nozione prospettata all'art. 3 del Codice di Autodisciplina: dopo aver richiesto che "un numero adeguato (da intendersi in numero sufficiente ad assicurare che ogni caso di conflitto di interessi degli amministratori sia adeguatamente trattato150) di amministratori non esecutivi siano indipendenti, nel senso che non intrattengono, né hanno di recente intrattenuto, neppure indirettamente con l'emittente, relazioni tali da condizionarne attualmente l'autonomia di giudizio151, il Codice di Autodisciplina adotta un approccio sostanzialistico, richiedendo una valutazione dell'indipendenza dei componenti non esecutivi che abbia riguardo più alla sostanza che alla forma152, limitandosi a tracciare, all'art.3.C.1. lett. a-h, alcune circostanze, di carattere non tassativo, in cui di norma l'amministratore non può qualificarsi come indipendente153.

criterio univoco. Inoltre, come ravvisa ENRIQUES, Il sistema dei controlli interni delle società

quotate: a piccoli passi verso una semplificazione?, in (a cura di Abbadessa), Dialogo sul sistema dei controlli nella società, Torino, Giappichelli, 2015, 161, "la stessa Consob ha manifestato una preferenza per la nozione di indipendenza contenuta nel Codice di Autodisciplina, prevedendo che

per le società che vi aderiscono siano da ritenere indipendenti ai fini del Regolamento Operazioni con

Parti Correlate gli amministratori valutati come tali in base al Codice stesso (ai sensi dell'art. 3, 1co,

lett.h, Regolamento Operazioni con Parti Correlate, n. 17221/2010) e non anche gli eventuali amministratori in possesso dei soli requisiti previsti dal TUF per i sindaci".

150 Come sottolineato anche dalla Raccomandazione n.2005/162 CE "sul ruolo degli amministratori

senza incarichi esecutivi o dei membri del consiglio di sorveglianza delle società quotate e sui comitati del consigli d'amministrazione o di sorveglianza".

151BORSA ITALIANA-COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE (a cura di), Codice

di Autodisciplina delle società quotate, luglio 2018, art.3P1, 15.

152BORSA ITALIANA-COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE (a cura di), op. cit.,

art.3C1, 15.

153 L’amministratore non può considerarsi indipendente: a) se, direttamente o indirettamente, anche

attraverso società controllate, fiduciari o interposta persona, controlla l’emittente o è in grado di esercitare su di esso un’influenza notevole, o partecipa a un patto parasociale attraverso il quale uno o più soggetti possono esercitare il controllo o un’influenza notevole sull’emittente; b) se è, o è stato nei precedenti tre esercizi, un esponente di rilievo dell’emittente, di una sua controllata avente rilevanza strategica o di una società sottoposta a comune controllo con l’emittente, ovvero di una società o di un ente che, anche insieme con altri attraverso un patto parasociale, controlla l’emittente o è in grado di

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Posto che in ogni caso "l'indipendenza di giudizio è un atteggiamento richiesto a tutti gli amministratori, esecutivi e non esecutivi"154, la qualifica di un non esecutivo quale indipendente "non esprime una scelta di valore, bensì indica una situazione di fatto: l'assenza di relazioni con l'emittente, o con soggetti ad esso collegati, tali da condizionare attualmente, per la loro importanza da valutarsi in relazione al singolo soggetto, l'autonomia di giudizio e il libero apprezzamento dell'operato del management"155. La soluzione prospettata dal Codice di Autodisciplina, che de facto lascia valutare caso per caso al consiglio di amministrazione se le varie relazioni di natura patrimoniale (di natura commerciale, finanziaria o professionale) o personale (intrattenute con esponenti di rilievo o con soggetti ad essi riconducibili, come ad es. le società controllate) siano suscettibili di incidere o meno sul requisito dell'indipendenza dell'amministratore, fa emergere plasticamente la consapevolezza circa l'inadeguatezza di qualunque nozione di

esercitare sullo stesso un’influenza notevole; c) se, direttamente o indirettamente (ad esempio attraverso società controllate o delle quali sia esponente di rilievo, ovvero in qualità di partner di uno studio professionale o di una società di consulenza), ha, o ha avuto nell’esercizio precedente, una significativa relazione commerciale, finanziaria o professionale con l’emittente (o una sua controllata o un suo esponente aziendale di rilievo), con un soggetto che, anche attraverso patto parasociale, controlla l’emittente (o con suoi esponenti di rilievo), o se è stato, nei tre mesi precedenti, lavoratore dipendente di uno di tali soggetti; d) se riceve, o ha ricevuto nei precedenti tre esercizi, dall’emittente o da una società controllata o controllante una significativa remunerazione aggiuntiva (rispetto all’emolumento “fisso” di amministratore non esecutivo dell’emittente e al compenso per la partecipazione ai comitati raccomandati dal presente Codice) anche sotto forma di partecipazione a piani di incentivazione legati alla performance aziendale, anche a base azionaria; e) se è stato amministratore dell’emittente per più di nove anni negli ultimi dodici anni; f) se riveste la carica di amministratore esecutivo in un’altra società nella quale un amministratore esecutivo dell’emittente abbia un incarico di amministratore; g) se è socio o amministratore di una società o di un’entità appartenente alla rete della società incaricata della revisione legale dell’emittente; h) se è uno stretto familiare di una persona che si trovi in una delle situazioni di cui ai precedenti punti.

154BORSA ITALIANA-COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE (a cura di), op. cit.,

Commento all'art.3, 17.

155BORSA ITALIANA-COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE (a cura di), op. cit.,

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indipendenza che si basi su una lista, inevitabilmente non esaustiva, di situazioni di natura personale o patrimoniale che potrebbero minacciare l'indipendenza di giudizio degli amministratori156.

Dato che le ipotesi sintomatiche di assenza di indipendenza individuate dall'art. 3 del Codice di Autodisciplina, talvolta tranchant talvolta particolarmente sfumate157, non sono tassative né vincolanti, è evidente come, per garantire l'efficacia dell'operato degli amministratori indipendenti, si debbano ricercare alcuni requisiti di fondo, non esplicitamente menzionati da parte dell'autodisciplina.

Con riguardo all'indipendenza sostanziale si segnala la tendenza della più recente dottrina nord-americana a concentrarsi, più che su rapporti di natura economico, sulle non-

pecuniary relations, ovvero su quei legami di amicizia o di mera frequentazione che, pur

non rientrando nelle relazioni patrimoniali o familiari, "incidono significativamente sull'indipendenza di un amministratore quando questo attribuisca maggior valore alla sua relazione di amicizia con il manager o l'amministratore esecutivo piuttosto che alla sua reputazione di amministratore indipendente"158 (ben diversa dunque dalla valutazione in concreto prospettata dall'art. 3 Codice di Autodisciplina sull'assenza di relazioni in grado di incidere sull'autonomo apprezzamento dell'amministratore).

156 Così REGOLI, op. cit., 63, in termini analoghi a FERRO-LUZZI, Indipendente... da chi; da che

cosa?, in Riv. soc., 2008, 209, e ad ASSONIME, Circolare n. 45/2009, in Riv. soc., 2010, 201ss. Rilievi analoghi sono stati formulati anche da SALANITRO, Nozione e disciplina degli

amministratori indipendenti, in A.A.V.V., Amministrazione e controllo nel diritto delle società. Liber

amicorum Antonio Piras, Torino, Giappichelli, 2010, 378ss.

157 Secondo l'opinione espressa in BAVAGNOLI-FLORIO-GELMINI, Gli amministratori

indipendenti: alcuni spunti per un possibile miglioramento, in NDS, 2012, 21, 188.

158 In particolare HWANG-KIM, It pays to have friends, in J. Fin. Econ., 2009, 139, individuano una

serie di social ties tra amministratori indipendenti e CEOs, dimostrando come tali affinità derivanti da

shared background possano incidere in negativo sull'efficacia dell'attività di monitoring esercitata

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Per personalità si dovrebbe intendere invece un combinato “di reputazione, autorevolezza, esperienza e autosufficienza economica”159 tale da permettere agli individui di formare autonomamente il proprio giudizio e di sostenerlo senza farsi condizionare di fronte a terzi (descrizione difficilmente traducibile in una definizione)160, al punto che alcuni identificano un amministratore come indipendente quando il valore della propria reputazione (sul piano professionale e personale) è superiore al valore della carica rivestita161: un amministratore è dunque indipendente quando le sue esperienze pregresse lasciano prefigurare che questi eserciterà la funzione con autonomia di giudizio. Infine, quanto alla professionalità (come si vedrà, di fatto imposta per gli amministratori indipendenti chiamati ad esprimere un parere in tema di operazioni con parti correlate di maggiore rilevanza), si suggerisce una scelta degli amministratori indipendenti tra soggetti "con un'appropriata e qualificata esperienza nei settori industriali e professionali interessati dall'attività della società e possibilmente con una comprovata esperienza e attitudine a svolgere questo tipo di incarico"162: e una definizione dei requisiti di professionalità richiesti per lo svolgimento dell'incarico può essere riservata agli statuti societari, al fine di modellare tali requisiti sulla realtà aziendale interessata e sul modello di governance che questa adotta. Più avanti si vedrà come in realtà tre requisiti di fondo non sono di per sé sufficienti163 ad assicurare un'azione efficace degli amministratori

159REGOLI, op. cit., 64.

160 Sul punto, tuttavia, PISANI MASSAMORMILE, Appunti sugli amministratori indipendenti, in

Riv. dir. soc., 2008, 2, 241, sostiene che "indipendenza" e "autonomia di giudizio" siano qualificazioni

linguisticamente e giuridicamente distinte.

161 Così FERRO-LUZZI, op. cit., 207. 162REGOLI, op. cit., 65.

163 Sul punto infatti MONTALENTI, Corporate governance, conisglio di amministrazione, sistemi di

controllo interno: spunti per una riflessione, in Riv. soc., 2002, 4, 812, sostiene che se "il tratto

distintivo (degli indipendenti) è certamente rappresentato dall'insensibilità verso i condizionamenti e dalla attitudine al perseguimento esclusivo dell'interesse sociale (...) è vero anche però che nella costruzione progressiva sia di un'etica del buon governo (dell'impresa) sia di un ceto professionale qualificato è difficile affidarsi alla "specchiata rettitudine" senza ancorarla ad elementi oggettivi, che,

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indipendenti, che necessita di ulteriori condizioni: tuttavia per poter specificare esaustivamente quali siano tali condizioni è necessario prima analizzare il ruolo e le funzioni riservate agli indipendenti all'interno dell'organo amministrativo e dei comitati consiliari.

Al riguardo si tratta non solo di verificare se "gli amministratori indipendenti abbiano funzioni specifiche e anche solo parzialmente diverse rispetto agli amministratori non esecutivi"164, ma soprattutto quali poteri/doveri sono effettivamente attribuiti agli amministratori indipendenti allo stato dell'ordinamento e se queste funzioni sono concretamente idonee a migliorare il sistema dei controlli e comunque il governo societario di una s.p.a. quotata.

Alla luce di quanto già prospettato emerge come gli amministratori indipendenti rappresentino i supremi garanti della correttezza delle valutazioni operate (soprattutto grazie all'attività istruttoria che questi operano quali componenti dei comitati interni all'organo amministrativo) e del rispetto dell'interesse sociale da parte del consiglio di amministrazione, anche quando la società è inserita in un gruppo senza lasciarsi condizionare da "i vari, molteplici interessi che l'esercizio di impresa coinvolge, anzi cercandone una mediazione"165 (posto che in ogni caso il perseguimento dell'interesse sociale è un obbligo che grava su tutti gli amministratori e non solo sugli indipendenti). Si profila quindi un ruolo parzialmente differenziato rispetto agli amministratori non esecutivi, secondo un'impostazione accolta anche dalla giurisprudenza di legittimità, che ha ribadito che "l'amministratore indipendente è soggetto pur sempre collocato dall'ordinamento in una posizione di garanzia, cioè di protezione di interessi diffusi propri di categorie (azionisti, creditori, dipendenti, ecc.) che non dispongono di adeguate capacità cognitive della realtà societaria", e in particolare che "la funzione dell'amministratore non esecutivo conosce espressi poteri e correlativi doveri (anzi, per

se non sono in grado di garantirla, ne costituiscono una sorta di pre-condizioni o di indicatori di probabilità obiettivamente verificabili".

164TOMBARI, op. cit., 37. 165FERRO-LUZZI, op. cit., 208.

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quelli indipendenti, marcati obblighi di vigile attenzione)". La Cassazione, pur sostenendo