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La centralità dell’autodisciplina nel sistema delle fonti in tema di corporate governance e la

logica del comply or explain

Negli ultimi venti anni un gran numero di ordinamenti ha affidato, a società di gestione dei mercati o ad associazioni professionali, l’elaborazione di codici contenenti principi e regole di condotta alle quali le società “potessero adeguare lo statuto a seconda delle loro esigenze specifiche”193: sulla base delle best practices emergenti a livello internazionale, sono stati approntati codici di autodisciplina, chiamati a fornire alcune raccomandazioni assai rilevanti su alcuni temi significativi, quali "il ruolo e la composizione del consiglio di amministrazione, la struttura e il funzionamento dei comitati interni, i criteri di remunerazione e le procedure per l'approvazione di operazioni con parti correlate"194.

193 ZANARDO, La nuova versione del codice di autodisciplina delle società quotate: alcune

osservazioni alla luce delle contestuali esperienze internazionali in tema di corporate governance, in Contratto e Impr., 2004, 1, 391.

194BIANCHI-CIAVARELLA-NOVEMBRE-SIGNORETTI, Una valutazione della compliance con

il Codice di Autodisciplina delle società quotate, in http://www.bancaria.it/assets/Special-

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Il ricorso a pratiche di self-regulation societaria testimonia la tendenza del legislatore ad affidare all’autoregolamentazione un ruolo centrale in tema di corporate governance, confidando nell’idea secondo la quale l’autonomia privata, seppur in funzione integrativa

o migliorativa delle regole stabilite dal legislatore, può incidere, nell’ambito dei sistemi

di amministrazione e controllo, in modo più efficace rispetto a norme di legge195.

L'attenzione della dottrina sul ruolo dei controlli endosocietari nell'ambito della corporate

governance si è intensificata in seguito all'elaborazione, in sede di autoregolamentazione,

di una serie di raccomandazioni rivolte alle società quotate da parte di un "comitato composto da rappresentanti di società emittenti e di investitori istituzionali, coadiuvato da tre esperti"196, ovvero il Comitato per la Corporate Governance presso Borsa Italiana, raccolte nel Codice di Autodisciplina delle società quotate, redatto per la prima volta nel 1999 e aggiornato più volte: l'attuale versione del Codice di Autodisciplina, approvata dallo stesso Comitato per la Corporate Governance nel marzo 2006 (al fine di recepire le importanti novità introdotte dalla riforma delle società di capitali, ai sensi del d.lgs. 17 gennaio 2003, n.6, e dalla legge c.d. "sulla tutela del risparmio" n.262/2005), è stata modificata nel marzo 2010 ed aggiornata nel dicembre 2011, luglio 2014, luglio 2015 (nell'ottica di un allineamento a quanto previsto con la Raccomandazione UE n.208/2014) e infine nel luglio 2018197.

Il Codice di Autodisciplina rappresenta quindi "il tentativo di sistematizzare, adattandole alle peculiarità del diritto societario italiano, le best practices già recepite nelle più importanti esperienze straniere"198, con il chiaro obiettivo di stimolare e sostenere l'adozione, da parte delle società quotate, di comportamenti improntati al buon governo

195 Come ribadisce ZANARDO, op. cit., 391.

196DI NOIA-PUCCI, Il nuovo codice di autodisciplina delle società quotate: motivazioni e principali

novità, in (a cura di Tombari), Corporate governance e "sistema dei controlli" nelle s.p.a., Torino,

Giappichelli, 2013, 151.

197BORSA ITALIANA-COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE (a cura di), Codice

di Autodisciplina delle società quotate, luglio 2018, Principi guida e regime transitorio, 5.

198 GASPARRI, I controlli interni nelle società quotate. Gli assetti della disciplina italiana e i

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societario e in linea con il già menzionato principio di adeguatezza degli assetti societari. La frequente revisione delle disposizioni del Codice, dimostrata dalle continue modifiche e integrazioni precedentemente menzionate, non soltanto consente una costante dialettica con il legislatore e le istituzioni europee (che in più casi si sono interessate della materia per mezzo di Raccomandazioni), ma permette anche di evitare una cristallizzazione delle disposizioni, una "ossificazione "199, di una materia che necessita appunto di aggiornamenti continui (ed è per questo motivo che la fonte legale, da sola, non appare in grado di adattarsi alle prassi emergenti, necessitando del supporto delle best practices elaborate in via autoregolamentare)200.

L'esperienza, ormai consolidata, dei codici di autodisciplina, si muove alla luce di una logica nota come comply or explain, per cui le società sono libere di aderire o meno alle previsioni di tali codici, dovendo tuttavia spiegare, in caso di mancata compliance ad alcune o a tutte le raccomandazioni, le ragioni della disapplicazione201. Occorre segnalare tuttavia come in alcuni ordinamenti (il Regno Unito su tutti) l'adesione volontaria ai codici di autodisciplina e l'effettività stessa della compliance sia "monitorata da terzi", con un enforcement "assicurato dalla possibilità di azioni legali"202. Nei paesi in cui non è previsto alcun meccanismo di enforcement, l'incentivo principale all'adesione ai principi suggeriti dai codici è rappresentato dalla market discipline. Le imprese, nel decidere se

199 L'espressione è di GASPARRI, op. cit., 22.

200 RADICATI DI BROZOLO, Autonomia privata e vincoli normativi in tema di corporate

governance, in A.A.V.V., Società, banche e crisi d’impresa. Liber amicorum Pietro Abbadessa, Torino, UTET, 2014, 417, sottolinea come tale impostazione risulti confermata anche dal fatto che “a livello dell’Unione vi sono pochissime regole di diritto materiale, preferendo fare riferimento ad un impianto di soft law”.

201 RADICATI DI BROZOLO, op. cit., 412, descrive il meccanismo del comply or explain

evidenziando come questo si muove da “un obbligo ai sensi del quale, qualora le pratiche di corporate

governance della società si discostino dal codice ad essa applicabile, e nella misura ovviamente in cui

lo scostamento sia consentito, laddove il codice non è obbligatorio, la relazione sul governo societario e gli assetti proprietari deve spiegarne i motivi”.

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aderire o meno alle raccomandazioni dei codici, dovrebbero tener conto della reazione da parte del mercato “che, in linea di principio, dovrebbe premiare le imprese virtuose e punire le altre"203.

Tuttavia l'impianto complessivo si presta a una serie di critiche, in quanto non vi sono dei dati empirici che consentano di dimostrare l'efficacia di questo incentivo in assenza di meccanismi di monitoraggio e controllo sull'effettiva compliance delle società alle previsioni dell'autodisciplina: in particolare occorre segnalare come anche la stessa Commissione Europea, nel suo Green Paper su The European corporate governance

framework del 5 aprile 2011, dopo aver ribadito che "una buona corporate governance è

funzionale alla costruzione di un più forte sistema finanziario, ha sottolineato come ciò sia vero alla sola condizione che le autorità di mercato, i gestori delle borse o altri enti assicurino poi un controllo efficace del rispetto delle relative discipline, quand'anche si tratti soltanto di monitorare regole di soft law emanate in una logica da comply or

explain"204.

Si tratta a questo punto di specificare meglio l'operatività della menzionata logica di

comply or explain su cui si fonda l'impianto dell'autodisciplina. Il Codice, nel suo

impianto originario, consentiva di non applicare in tutto o in parte alcune delle sue disposizioni, a patto che la società non compliant fornisse un'informativa al mercato in ordine al mancato adeguamento strutturale alle regole non seguite.

L'intervento della l. n.262/2005 ha introdotto nel TUF alcune disposizioni, andando a modificare profondamente il tessuto normativo previgente: in particolare l'art. 124-ter TUF attribuisce alla CONSOB il potere di "stabilire le forme di pubblicità cui sono sottoposti i codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati

203BIANCHI-CIAVARELLA-NOVEMBRE-SIGNORETTI, op. cit., 46.

204BENEDETTELLI, Corporate governance e "sistema dei controlli": spunti per una valutazione

internazional-privatistica, in (a cura di Tombari), Corporate governance e "sistema dei controlli" nelle s.p.a., Torino, Giappichelli, 2013, 179.

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regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori"205 per consentire al pubblico "un confronto fra tali regole e gli statuti e i comportamenti delle società".

Al potenziale danno reputazionale206 dato dall'inadempimento alla best practice da parte della società quotata si aggiunge anche la previsione di una sanzione amministrativa pecuniaria a carico degli amministratori, degli organi di controllo e dei direttori generali della società (art. 192-bis TUF), con un provvedimento sanzionatorio che deve essere pubblicato a spese dei soggetti inadempienti, e un obbligo di disclosure su due quotidiani a tiratura nazionale, di cui uno economico.

A completare il quadro normativo, l'art. 123-bis TUF, introdotto con art. 4 d.lgs. n. 229/2007 e modificato con art.5 d.lgs. 173/2008, impone ad oggi alle società quotate di

spiegare le ragioni della disapplicazione, posto che "il Comitato ritiene che tale scelta

non determini a priori un giudizio di disvalore, nella consapevolezza che la stessa può dipendere da diversi fattori"207: la società è dunque chiamata a riportare, nella Relazione sul Governo societario e gli assetti proprietari, le motivazioni "dell'eventuale mancata adesione ad una o più disposizioni, nonchè le pratiche di governo societario effettivamente applicate dalla società al di là degli obblighi previsti dalle norme legislative o regolamentari"208 (ovvero le soluzioni di governance, alternative rispetto alle

best practices disattese, individuate dalla società in questione per raggiungere il

medesimo scopo a cui mirano le raccomandazioni del Codice di Autodisciplina).

Ogni società quotata che aderisce al Codice quindi fornisce, nella relazione sul governo societario, indicazioni esaustive "sui comportamenti attraverso i quali le singole

205 Art. 124-ter d.lgs. n. 58/1998. Informazione relativa ai codici di comportamento.

206RADICATI DI BROZOLO, op. cit., 418, evidenzia come “il controllo ultimo e la valutazione della

bontà delle scelte gestorie dell’impresa in materia di corporate governance sono così lasciati in sostanza agli investitori”.

207BORSA ITALIANA-COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE (a cura di), op. cit.,

Principi guida e regime transitorio, 5.

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raccomandazioni contenute nei principi e nei criteri applicativi sono state concretamente applicate nel periodo cui si riferisce la relazione"209.

La previsione di un sistema, imperniato sul meccanismo del comply or explain, ovvero su codici di soft law volontari e non cogenti, è stata accolta positivamente nel contesto societario nazionale, come testimoniato dall'ultimo Rapporto Assonime sull'applicazione

del Codice di Autodisciplina, in cui si evidenzia come ben il 90% delle società italiane

con azioni quotate sul mercato regolamentato dichiari di aderire all’ultima edizione del Codice di autodisciplina. Il restante 10% delle società quotate, che non aderiscono all’ultima edizione del Codice, “è rappresentato da otto società che aderiscono a edizioni precedenti, una società che non specifica l’edizione del Codice alla quale aderisce e tredici società che hanno scelto di non aderire al Codice"210.

209BORSA ITALIANA-COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE (a cura di), op. cit.,

Principi guida e regime transitorio, 5.

210BORSA ITALIANA-COMITATO PER LA CORPORATE GOVERNANCE (a cura di), Relazione

sull'evoluzione della corporate governance delle società quotate. 5° rapporto sull'applicazione del Codice di Autodisciplina, 2017, 28.

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2. Tratti distintivi dei comitati con funzioni