I. Profilo storico e pedagogico di due prospettive teoriche a confronto
1.3 Ampliare l’orizzonte oltre il confine: dall’Europa agli Stati Uniti d’America
Verso la metà del XX secolo in seguito agli avvenimenti della Seconda Guerra mondiale e in ragione di essi, si assiste ad una sempre più insistente irruzione dei costumi e dei modelli di vita, di cultura e di scienza degli Stati Uniti d’America nell’Europa Occidentale e in altre parti del mondo. Tale irruzione si connette alla diffusione dell’economia e della politica americana, costretta al soccorso dell’Europa Occidentale, area di espansione civile degli stessi U.S.A.
In tale situazione molti europei denunciano una radicale inversione di marcia: le vecchie colonie inglesi d’America si trovano nelle condizioni di poter ridurre l’Europa occidentale a loro colonia. Proprio dal secondo conflitto mondiale in poi, gli Stati Uniti si sono presentati come un centro di potere politico, di produzione economica, tecnica, culturale e scientifica. Ma è ovvio che tale centro di potere e di decisione internazionale, come comprimario nella scelta della guerra e della pace, non sia esploso all’improvviso.
Gli U.S.A., figli dell’Europa, diventati adulti e indipendenti, si sono costruiti sotto gli occhi a volte increduli o denigratori, a volte ammirati e stupiti
55 della vecchi Europa. John Dewey nel suo libro del 1927 The public and its
problems, fornisce una ricostruzione significativa circa le origini della democrazia americana: nell’ottica deweyana gli U.S.A. sono nati dal rifiuto dell’autorità oppressiva dei vecchi stati e governi europei, dal rifiuto delle società stratificate gerarchicamente della vecchia Europa, nella convinzione che il potere è veleno se non è ricondotto frequentemente alla sua base popolare, se non è continuamente controllato e rinnovato. Afferma Dewey:
«La linea politica democratica americana si sviluppò dalla vita di comunità genuina, cioè dall’associazione in centri locali e piccoli, dove l’industria era prevalentemente agricola (…). Le condizioni pionieristiche mettevano in alto il valore, il lavoro, l’abilità, il talento, l’iniziativa e l’adattabilità personali e la sciabilità tra vicini (…). La nostra moderna unità di stato è dovuta alle conseguenze della tecnologia, impiegata in modo da facilitare la circolazione rapida e facile di opinioni e di informazione e in modo da generare interazione intricata e costante, molto al di là dei limiti della comunità faccia a faccia».28
In tal modo democrazia, scienza e industria si fusero nelle comunità locali via via crescenti e interagenti, sulla base di una comune fede sociale, convinte della necessità di assicurare a tutti l’uguaglianza delle possibilità e comuni punti di partenza, in virtù della libera gara della vita associativa.
Si venne in tal modo a costituire, spiega Dewey, una laica religione del progresso sociale, promosso dalla scienza, dall’industria e dalla democrazia, nel comune sforzo di togliere alla direzione politica ogni carattere di monopolismo o di forza aggressiva; nello sforzo di ridimensionare la direzione politica come transazione continua di interessi e ragioni, di interessi e razionalità, come metodo di conciliazione pacifica e razionale degli interessi e dei principi in contrasto. Ovviamente l’immagine della società e cultura statunitense offerta da John Dewey, ben lungi dall’essere esaustiva, è un’indicazione molto utile per comprendere meglio l’humus culturale, sociale e politico in cui si venne a formare il suo pensiero filosofico, politico e pedagogico, nonché l’intero movimento del pragmatismo americano29.
28
Cfr. Dewey J., (1927), The public and its problems, Denver, pp. 111 – 116.
56 Gli Stati Uniti, dunque, non come monarchia, ma come repubblica e
regime della democrazia, fondata sulla virtù, sulla rappresentanza e sulla partecipazione di tutti alla cosa pubblica, fondata sulla ragione e sull’istruzione pubblica, si propongono di essere la confutazione storica della politica come era stata teorizzata in Europa da Machiavelli e instaurata dalle monarchie feudali e assolutistiche. Si propongono, con giovanile e puritano ottimismo, di verificare Rousseau e falsificare Machiavelli. A queste pretese si oppongono le concezioni della vecchia Europa conservatrice, che vede l’America come un suo sottoprodotto, aspetto confermato sul piano culturale dalle produzioni americane che, in quegli anni, si rivelano copie del pensiero europeo.
Il primo esempio della presenza americana nella filosofia europea si ha, agli inizia del XIX secolo, con la traduzione delle principali opere filosofiche e psicologiche dei pragmatisti americani che, tuttavia, incisero in maniera marginale sulla psichiatria, sulla psicologia e sulla pedagogia, di fronte ad una filosofia, quella europea, sicura di aver liquidato il pragmatismo americano come un insignificante episodio culturale, del tutto scontato rispetto alla filosofia europea di Kant e di Hegel e agli sviluppi ad essa connessi30.
Se nel 1950 Benedetto Croce, comparando la filosofia americana con quella europea, osservava che i principi affermati dal pragmatismo come quello della conoscenza concepita non come copia della realtà ma come creazione, non erano altro che modeste riemergenze di Kant e della sua sintesi a priori e dello stesso Hegel, dimenticato dai filosofi americani, proprio intorno al 1950 lo stesso Croce, uno dei più alti rappresentanti dell’umanesimo europeo, resterà sopraffatto dalla voce di un filosofo americano formatosi nel pragmatismo, quella di John Dewey.
Ci troviamo di fronte ad un rovesciamento di tendenza nella cultura internazionale: si diffondono in Europa la sociologia, la psicologia, la pedagogia e le correnti neorealistiche, metodologiche, operativistiche della cultura americana, mentre i giovani studenti europei si recano a studiare in America, come nell’ ‘800 i giovani americani si recavano in Europa.
Specie all’indomani del secondo conflitto mondiale gli Europei cominciano a riscoprire l’America, la sua economia, la sua letteratura, la sua
57 filosofia, i rapporti tra società e cultura americana e società e cultura europea.
La nuova società americana emerge con fermezza nel suo essere libera, puritana, giusnaturalistica e illuministica e trovando nell’equazione repubblica=democrazia=istruzione pubblica e universale il fondamento stesso della democrazia. I fermenti e gli enormi sviluppi in campo economico- industriale trasformarono presto la società americana da una democrazia artigiana e agricola a sistema complesso ad alto sviluppo industriale cui si legava un’economia dei consumi e dell’opulenza sempre più spersonalizzata.
Gli incredibili sviluppi della scienza e dell’industria si imposero con tutta la loro potenza innovatrice: non restava che tentare di umanizzarle in una sorta di difficile umanesimo tecnologico. Fu proprio attraverso una rinnovata e crescente attenzione all’ambito educativo che la società americana tentò di difendere e di incrementare quei principi emancipatori originari e ispiratori della sua egemonia e del suo progresso. Ecco, dunque, che la scuola progressiva, definita in Europa come attiva, ebbe inizio negli Stati Uniti come risposta alla nuova e a tratti sconcertante civiltà urbano-industriale. In un primo momento fu affidato alla scuola il compito di migliorare la vita degli individui, in sostituzione di quei legami comunali e familiari delle origini, che minacciavano di essere sommersi dall’impersonale società industriale e sempre più tecnologica. E’ in questo quadro socio-politico-culturale ed economico che si chiarisce il proliferare di studi in ambito psicologico e pedagogico che si registrò negli U.S.A. a cavallo tra la fine dell’ ‘800 e gli inizi del ‘900.
1.4 L’immagine della formazione umana e la relazione educazione-