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La cornice storica della pedagogia del ‘900 in Italia: paradigma filosofico e paradigma scientifico

I. Profilo storico e pedagogico di due prospettive teoriche a confronto

1.1 La cornice storica della pedagogia del ‘900 in Italia: paradigma filosofico e paradigma scientifico

Lo sviluppo della pedagogia del Novecento è strettamente connesso con gli avvenimenti e le trasformazioni in campo sociale, politico e culturale, ambiti profondamente intrecciati e reciprocamente intersecanti con le diverse teorizzazioni in ambito pedagogico e di filosofia dell’educazione.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento, l’universo culturale e scientifico ispirato ai principi positivisti viene sottoposto ai pressanti attacchi di una nuova forma di pensiero che assume, in Italia, i predominanti aspetti dello storicismo di Benedetto Croce e dell’idealismo assoluto di Giovanni Gentile. Il primo si oppone al positivismo soprattutto in nome di un concetto più vitale e dinamico della ricerca storica ed estetica, mentre il secondo rivendica l’appello ad una visione più drammaticamente sentita della vita dello spirito. Comune a entrambi è il rifiuto per una concezione che cadeva nelle spire del determinismo naturalistico e che finiva per limitare tutto lo spettro della complessa e poliedrica realtà umana all’indagine di laboratorio e a leggi necessarie e determinate o determinabili. L’abbandono del positivismo in Italia si collega al più ampio movimento neo- romantico ed antiscientista sia europeo che statunitense (da Bergson a James), che si articola in diversi livelli di reazione al materialismo borghese e di ricerca di nuove possibilità di esperienza, che avranno i loro sbocchi tragicamente degenerativi nell’estetismo dannunzianeggiante e nel nazionalismo retorico. Saranno le drammatiche conclusioni della Prima Guerra mondiale a segnare la fine di molte delle illusioni dell’ultima generazione del XIX secolo.

Un radicale mutamento nell’assetto socio-culturale e politico italiano si ha con la sconfitta nella seconda guerra mondiale e con la caduta del fascismo: venendo a cadere l’egemonia idealistica e cessando l’autarchismo e l’isolamento, si verifica una rapida penetrazione di influssi sia dall’area anglo-

39 americana sia dall’Europa dell’Est. Correnti di pensiero come il marxismo-

leninismo, il materialismo dialettico, l’esistenzialismo, il pragmatismo, la psicologia sperimentale e del profondo, la filosofia analitica, il neopositivismo e la fenomenologia iniziano a diffondersi rappresentando le principali esperienze filosofiche degli anni del dopoguerra.

L’intero impianto del discorso pedagogico viene messo in discussione con la fine dell’identificazione filosofistica che aveva sorretto il quarantennio di predominio dell’attualismo gentiliano. La riflessione pedagogica viene così inserita nell’area di competenza delle scienze positivo-sperimentali dell’uomo, con particolare rilevanza delle scienze umane come la psicologia e la sociologia che l’idealismo aveva relegato al piano empirico e ritenute incapaci di inerire il regno dello spirito, cui la pedagogia si rivolge. La teorizzazione pedagogica inizia, così, un processo di revisione epistemologica, per cui essa non poggia più interamente sulle spalle, seppur solide e robuste, del paradigma filosofico4. Se non si può negare le relazioni complesse della pedagogia generale con la tradizione filosofica dell’Occidente, è altrettanto innegabile la problematizzazione di tale inscindibile relazione con l’avvento della rivoluzione radicale operata dalla scienza/tecnologia, in un labirinto di complessità epistemologica ed ermeneutica sempre più addensata5.

La pedagogia italiana, in questo mettersi a cavallo tra il paradigma scientifico e quello filosofico, segue per tanti aspetti il più vasto movimento internazionale già messo in atto da studiosi e scienziati provenenti da altri ambiti disciplinari. Basti fare i nomi di Jean Piaget, di Eduard Claparède, di Binet, di Vigotsky, di Maria Montessori, di Freud, di Adler, di Jung, di H. S. Sullivan, sul difficile versante della psicologia cognitiva e della psicologia genetica da un lato, e su quello della psicologia clinica e del profondo, dall’altro. Se questo è il contesto di internazionalizzazione progressiva della cultura delle scienze umane, in un ambito più strettamente omogeneo alla tematica pedagogica si può fare il nome di John Dewey, per indicare forse il primo grande pedagogista in grado di entrare nella

4 Acone G., (2000), Aspetti e problemi della pedagogia contemporanea, Seam, Roma, p.10. 5 Acone G., (2006), Esplorazioni teoriche in pedagogia, Edisud, Salerno,p.16.

40 trasformazione/modernizzazione della società tecno-industriale, nella versione

degli Stati Uniti d’America6.

Giuseppe Acone, nel suo libro del 2004 La paideia introvabile, evidenzia come le linee concentriche dell’orizzonte culturale dell’Occidente si sviluppano, nel corso del XX secolo, lungo la progressiva affermazione della scienza-tecnologia e della complessità crescente. Le linee di politica, di economia e di filosofia generale della cultura dell’educazione e dell’educazione stessa vedono la forte accentuazione di processi di secolarizzazione e laicizzazione, di affermazione impetuosa di ideologie e la loro catastrofica caduta, il trionfo di una condizione postmoderna prevalentemente post-ideologica, in parte neo-nichilista e in parte scientista e, segnatamente in Occidente, l’affermarsi di una commistione ibrida tra atomismo sociale, narcisismo e scientismo in una visione delle cose che Natoli giustamente definisce neopagana7.

Giuseppe Acone sottolinea come il quadro complesso dell’approccio pedagogico tiene conto di vari livelli, i quali non possono essere artificiosamente separati, ma neppure fusi in una radicale indistinzione.

Il paradosso dell’approccio pedagogico, che si è articolato nel corso della seconda metà del XX secolo, è nel fatto che la pluridimensionalità dei livelli di indagine, di ricerca e di progettazione può essere assunta, per intero o a partire dalla dominanza di uno di essi (teorico, epistemologico, antropo- metafisico, etico, ermeneutico, scientifico, sperimentale, tecnologico ecc.), senza, però, trascurare la circolarità ricorsiva di tutti i livelli tra di loro8. Riprendendo il filo del discorso relativo alla ricostruzione storica dell’evolversi del pensiero pedagogico del Novecento, possiamo esemplificare quanto sopra affermato circa il complesso rapporto della pedagogia con le cosiddette scienze umane, con i paradigmi di riferimento e con i diversi livelli da essa tematizzati, rimandando alla massima radicalizzazione teorico-filosofica della pedagogia della prima metà del Novecento operata da Gentile che, se da un lato privilegia sicuramente dominanze teorico-filosofiche, dall’altro costituisce una trama paradigmatica fondamentale per le dimensioni di trascendentalità in particolare

6 Acone G., (2013), Di generazione in generazione. Quarant’anni cultura pedagogica italiana tra ricostruzione storica

e autobiografia, Martino P., Trotta O., Visconti E., (a cura di), Pensa, Lecce, p.22.

7

Acone G., (2204), La paideia introvabile. Lo sguardo pedagogico sulla post-modernità, La Scuola, Brescia, p.109.

41 dei livelli epistemologico, onto-metafisico ed ermeneutico della filosofia

dell’educazione.

L’equivoco della pedagogia idealistica, registra Giuseppe Catalfamo, nasce dal fatto che essa considera astrattamente l’idea dell’educazione, attinta analiticamente nel concetto di realtà pensata come puro divenire dello spirito. Di conseguenza, dell’educazione rimane afferrabile il puro significato interiore, la sua espressione soggettiva, in quanto dal punto di vista rigorosamente idealistico è possibile affermare solo ciò che risulti intellegibile dalla posizione del divenire spirituale come farsi della soggettività trascendentale. E l’educazione diviene proprio questo processo intrinseco del divenire spirituale. L’indagine critica a tale concezione, continua Catalfamo, è partita dalla necessità di eliminare un’idea di educazione svincolata dalla sua realtà fenomenologica, e di radicarla nell’esperienza, nell’azione, nella società9.

Il passaggio dalla dominanza del paradigma filosofico, emblematico nell’attualismo gentiliano, alla pervasività del paradigma scientifico/tecnologico per le scienze umane, in particolare per la pedagogia, non è stato indolore, e ha segnato una frattura profonda tra il pensiero Occidentale e la sua tradizione. Paradigma filosofico, quale matrice epistemologica dell’educazione, da intendersi, afferma Giuseppe Acone nel saggio Spazi e territori della ricerca pedagogica contemporanea. Spunti di antropologia, metodologia, teleologia pedagogica, alla maniera con cui il filosofo napoletano Benedetto Croce scriveva della filosofia, rapportandola alla normale visione delle cose che ogni essere umano possiede o si forma. Croce affermava, infatti, che ogni uomo è a suo modo filosofo, se per filosofia si intende una qualsiasi visione del mondo, una certa idea di esso10.

E’ così che l’uomo stesso, oggetto della considerazione metafisica, etica, ermeneutica, estetica, psicologica e pedagogica della filosofia, si ritrova oggetto di scienza e si costituiscono le cosiddette scienze empirico- sperimentali dell’uomo a partire dalla seconda metà del XIX secolo e con progressiva accelerazione nel corso del XX secolo. E così la psicologia filosofica diventa psicologia sperimentale e clinica, la sociologia filosofica

9 Catalfamo G., (1967), I fondamenti del personalismo pedagogico, Armando, Roma, p.38. 10

Cfr. Acone G., (2005), L’orizzonte teorico della pedagogia contemporanea, fondamenti e prospettive, Edisud, Salerno, p. 35.

42 diventa sociologia empirica, l’antropologia filosofica diventa antropologia

culturale, la pedagogia filosofica tenta, essa stessa, di porsi come pedagogia sperimentale e scientifica. Il paradigma scientifico-tecnologico tende così a sostituire progressivamente il paradigma filosofico della pedagogia.

Psicologia, sociologia, antropologia culturale e pedagogia sperimentale, specie nella seconda metà del XX secolo, sviluppano una rete di intersezioni che tende a coprire l’intero spessore del nesso umanizzazione/educazione/istruzione/svuiluppo/apprendimento/socializzazione /formazione. Il loro statuto fondante si disloca tutto nei metodi sperimentali delle scienze fisiche e naturali applicati all’uomo, e anche a quelle dimensioni umane che nel passato erano stati attribuite allo spirito. La traiettoria della “fortuna” delle scienze umane empiriche può essere tracciata dalla fase storica della loro massima affermazione, tra gli anni Sessanta e i primi anni Settanta del ‘900, e la fase di ripensamento parziale, di progressivo ridimensionamento e di crisi. E’ la linea che va da Piaget a Foucault: mentre Piaget scrive negli anni 1964-1967 in un clima di affermazione della totale trascrizione delle conoscenze sulla biologia e di studio delle intersezioni tra biologia e conoscenza, Foucault scrive in una temperie già dominata dal passaggio “dalla morte di Dio alla morte dell’uomo”, e quindi alla impossibilità di configurare il soggetto delle scienze umane come tali, perché, nonostante l’operazione di frantumazione del grande troncone della filosofia occidentale, le scienze empiriche dell’uomo conservano il loro duplice DNA: sono filosofiche e sono scientifiche allo stesso tempo11.

All’indomani della fine della seconda guerra mondiale, accanto alla proliferazione di nuove correnti e linee di pensiero, permangono, tuttavia, in Italia alcuni movimenti già presenti prima del regime fascista come la pedagogia cattolica, ramificata nei due principali orientamenti del neotomismo e dello spiritualismo, che si pone dialetticamente nei confronti dell’idealismo, dell’attivismo laicistico e delle emergenti visioni a sfondo naturalistico e che vede nel pensiero di Jaques Maritain e di Eugene Devaud i suoi principali ispiratori.

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