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3. Rodari e gli anni Sessanta

3.1 Analisi di Caccia a Nerone Un atto per ridere.

Gli interessi pedagogici di Rodari e soprattutto la sua partecipazione al Movimento di cooperazione educativa lo introducono nell'ambiente scolastico e lo tengono occupato quotidianamente in lezioni e seminari di fronte alle classi. Un impegno così pesante fa diminuire la sua produzione per il teatro; tuttavia nel 1965 viene pubblicato sul “Pioniere dell'Unità”, supplemento del giovedì a “l'Unità”, il testo Caccia a Nerone. Un atto per ridere.

La storia è breve, ma ricca di spunti interessanti: uno scienziato diabolico, il Professor X, lavora nella pubblicità insieme all'Agente 3, 25, suo collega fidato; i due stanno ideando uno spot che sia così persuasivo da costringere chiunque lo guardi ad acquistare la stufa Pasqualetti. Lo spot ha come protagonista l'imperatore Nerone, che verrà ripescato dal passato grazie ad una sedia straordinaria in grado di viaggiare nel tempo. Gli inviati speciali designati per il viaggio temporale sono Pulcinella e Colombina che, un po' intimoriti, partono. Si ritrovano, in una Roma antica, davanti a Nerone bambino e si rendono conto che sono andati un po' troppo indietro; perciò scatenano un trambusto e, inseguiti dalle guardie, riescono per un pelo a tornare al laboratorio, grazie al medaglione magico in grado di ricondurli nel presente. La missione è però fallita. Il Professore, disperato, accompagnato dal fedele Agente, decide di andare egli stesso a recuperare Nerone ma Pulcinella e Colombina orchestrano uno scherzo maligno: li hanno spediti all'età della pietra senza medaglione per tornare indietro. “E tanti saluti ai mammuth!”116 (p. 75).

Fin dall'inizio cattura l'attenzione del pubblico la “sedia munita di manopole, prese di corrente, fili, cuffie, tanto da farla assomigliare a una sedia elettrica” (p. 67), ovvero la sedia del tempo che va nel futuro e nel passato:

PROFESSORE. Dunque, come le ho già detto, con la mia sedia del tempo si può viaggiare nel passato e nel futuro. Se lei vuole, le posso mostrare l'incoronazione di Carlo Magno, la morte di Giulio

116 Tutte le citazioni del testo drammaturgico si trovano in G. RODARI, Gli esami di Arlecchino,

Cesare, una caccia al mammuth nella siberia preistorica... (p. 68)

La sedia non è altro che una variante della macchina del tempo, utilizzata con successo nei romanzi di fantascienza ed introdotta nel 1895 da Herbert George Wells nel The time machine. Quest'opera ha come protagonista un gentiluomo inglese, scienziato dilettante, che racconta il resoconto del suo viaggio nel futuro dell'802701, dove scoprirà che l'umanità è divisa in due filoni: Morlock ed Eloi. Incontra per prima gli Eloi, creature fragili, gentili e pacifiche che conducono una vita di divertimento, di distrazione e scarsa attività intellettuale. Poi si imbatte nei Morlock, esseri mostruosi che vivono nelle viscere della terra e che escono solo di notte per cibarsi delle carni degli Eloi, da loro allevati come bestie da macello; scopre inoltre che gli è stata rubata la macchina del tempo. Dopo vari scontri con i Morlock il viaggiatore si addentra nel loro nascondiglio sotterraneo, dove recupera la macchina del tempo e cerca di ritornare nella sua epoca.

Sbagliando direzione, giunge in un futuro ancora più desolante in cui la terra è congelata sotto un sole rosso; torna poi nel presente, ma dopo aver raccontato tutto, parte nuovamente vagando per il tempo. Questa volta non farà più ritorno.

Tracciare la storia di quanti da allora si sono dedicati a questo tema per trarne ispirazione, è arduo per la vastità delle opere; ci soffermeremo brevemente su Il bagno (1929) di Vladimir Majakovskij, in quanto è forse, insieme a Wells, la fonte di Rodari.

Il legame tra Rodari ed il futurismo e il surrealismo russi è ricordato dallo scrittore stesso persino nella Grammatica della fantasia per sottolineare l'importanza delle tecniche artistiche di queste avanguardie, che gli suggerirono spunti fondamentali. Dai surrealisti coglie le scomposizioni e i giochi verbali che creano paradossi rispetto alla normalità, e in particolare il concetto di “estraniazione”, che Sklovskij vede come scopo dell'arte e che permette di estrarre l'oggetto dal novero dei fatti della vita, dalle associazioni consuete. Da qui nasce il concetto rodariano di “binomio fantastico”:

Le parole non sono prese nel loro significato quotidiano, ma liberate dalle catene verbali di cui fanno parte quotidianamente.

Esse sono “estraniate”, “spaesate”, gettate l'una contro l'altra117.

Rodari per rendere meglio l'idea cita Max Ernst che per spiegare il suo concetto di “spaesamento sistematico” si serve di un quadro di De Chirico. L'artista descrive l'immagine un armadio dipinto nel bel mezzo di un paesaggio classico, ulivi e templi greci: “così precipitato in un contesto inedito, l'armadio diventava un oggetto misterioso. Forse era pieno di vestiti o forse no: ma certamente era pieno di fascino”118.

Torniamo al legame di Rodari con Majakovskij. Bisogna premettere che la notorietà dello scrittore lombardo in Italia è un effetto del rimbalzo dello straordinario successo riportato nell'Urss dalle sue filastrocche, “splendidamente tradotte dal grande poeta Marschak”119. Questi testi “scoppiano come una bomba di

fantasia e divertimento nella letteratura sovietica, molto pedagogica e moralista, e nello stesso tempo sono conciliabili con le tematiche proprie di una civiltà contadina che vi predominano”. In Italia si iniziò a parlare di Rodari quando in Urss era già celebre120. La connessione tra lo scrittore e la Russia è dunque evidente e avvalorata

dai nemerosi viaggi che lo scrittore compie nei territori sovietici, il primo nel 1952, poi nel 1963, nel 1967, 1973 e 1979. Si tratta di un legame diretto, non mediato. È inoltre verosimile che Rodari fosse entrato a conoscenza delle opere di Majakovskij poiché una delle prime traduzioni italiane dell'opera del poeta sovietico è di Alessandra Iljina e risale al 1950, edita da La Fiaccola.

Il testo del poeta russo parla di Cudakov che ha costruito una macchina del tempo, ma non riesce ad ottenere dai burocrati il denaro per ultimarla; se non fosse per l'amico Velosipedkin, avrebbe già ceduto il brevetto allo straniero Pont Kitsch. Il burocrate si rifiuta di ricevere i giovani inventori, così loro mettono davanti casa sua l'invenzione, dalla quale esce la donna Fosforescente direttamente dal 2030, che ha ventiquattro ore di tempo per pilotare alcuni volontari nel futuro. Il burocrate maneggione vorrebbe viaggiare per affermare la sua autorità anche là, ma appena sale sulla macchina temporale viene risputato fuori, rimanendo umiliato e solo. Si

117 G. RODARI, Grammatica della fantasia, cit., p. 27 118 Ivi, p. 26

119 P. BOERO, Una storia, tante storie, cit., pp.84-85 120 Ibidem.

muove un'aspra satira verso il potere.

Variando i probabili modelli, il viaggio di Rodari non si compie nel futuro bensì nel passato:

PROFESSORE. Guardi, osservi questo quadrante regolabile. Lo metterò sul 18 luglio dell'anno 64 dopo Cristo. Quel giorno un disastroso incendio distrusse gran parte di Roma. (p. 68)

La missione che si prepara è avvolta dapprima nel mistero: ci troviamo nel laboratorio del Professor X, che si appresta a compiere un esperimento, insieme a un assistente che porta il bizzarro nome di Agente 3,25: “è il mio nome di battaglia o, se preferisce, il mio nome d'arte” (p. 67). I due confabulano riguardo una missione segreta, lasciando qualche secondo di curiosità allo spettatore: staranno organizzando la conquista della terra? O un rapimento? La risposta arriva inaspettata:

PROFESSORE. Sarà un colpo strabiliante. Nerone in persona salirà dalle profondità del tempo a fare la pubblicità per le stufe Pasqualetti.

AGENTE. Milioni di telespettatori rimarranno inchiodati alle loro poltrone per la sorpresa quando Nerone comparirà sui teleschermi e dirà...

PROFESSORE. “Se avessi avuto una stufa Pasqualetti non avrei avuto bisogno di bruciare Roma per ottenere una bella fiamma!” (p. 67)

Il misterioso compito fa dunque parte di una campagna pubblicitaria per la televisione: crollano le aspettative di chi si immaginava una battaglia per la conquista del mondo o simili, inizia l'avventura nel campo dei media. La stufa Pasqualetti, indice di benessere economico, avrà come testimonial Nerone, adatto al caso per aver appiccato il fuoco a tutta Roma.

Alla coppia di inventori-brevettatori corrisponde la coppia che verrà inviata nel passato: Pulcinella e Colombina, i due personaggi delle maschere della Commedia spesso utilizzate da Rodari. Che cosa ci fanno nell'epoca della televisione, pronti a viaggiare nel tempo? La risposta si trova nella tecnica dell'“insalata di favole”, cioè

dell'inserimento, all'interno della medesima storia, di personaggi provenienti da racconti differenti:

Sottoposte a questo trattamento, anche le immagini più consunte sembrano rivivere, rigermogliare, offrendo fiori e frutti inattesi. L'ibrido ha un suo fascino121.

Pulcinella, maschera napoletana, conserva nella pièce le originarie caratteristiche di irriverente e vitale anti-eroe alle prese con le contrarietà del quotidiano e dice qualche parola in dialetto campano: per esempio, quando Agrippina e Nerone lo scambiano per un barbaro, protesta: “Ma quali barbari, ohinè! Io sono napoletano, italiano e pure cittadino del Mec” (pp. 71-72). Dapprima si rifiuta di prestarsi allo spot del Professore, ma poi viene convinto dalla presenza di Colombina, la sua fidanzata, risoluta e coraggiosa tanto quanto Pulcinella è pauroso: un contrasto che crea numerose situazioni comiche:

PULCINELLA. E se quello non viene...se quello ci fa sbranare dai leoni...se ci spalma di catrame e ci mette a fare da illuminazione pubblica...

COLOMBINA. Su, Pulcinella, non aver paura. Ci sono io con te. Professore stia tranquillo. La missione sarà compiuta. (p. 70)

Il testo in effetti sembra procedere per coppie comiche, attorno ai quali di si concentra in Rodari l'azione farsesca; alle coppie Professore e l'Agente, Pulcinella e Colombina si aggiungono Agrippina e Nerone. Per connotarli differentemente rispetto alle coppie precedenti che pur avevano le proprie caratteristiche (il Professore e l'Agente spiccavano per i nomi bizzarri; Colombina e Pulcinella per il loro esser già noti nella tradizione del teatro popolare), lo scrittore utilizza il linguaggio: essi utilizzano un pastiche che unisce il latino e l'italiano. Ne viene fuori una lingua bislacca che provoca non pochi equivoci:

AGRIPPINA. (viene in scena facendo la calza) Quid est? Che 121G. RODARI, Grammatica della fantasia, cit., pp. 72-73

cosa succedit?

NERONE. Mater, isti due forastieri parlant in modo multum

stranum.

AGRIPPINA. Forastieri? Video, video...

PULCINELLA. Colombina, mo' arriva la televisione.

COLOMBINA. Stupido, non senti che parlano in latino? Video vuol dire: vedo, vedo. (p. 72)

Agrippina che fa la calza, un gesto anacronistico e improbabile per la moglie dell'imperatore, serve a darle un'aria domestica e creare ilarità, e rientra nel concetto di “estraniazione”, che qui si raggiunge decontestualizzando i personaggi e inserendoli in tutt'altro ambito.

La comicità nasce anche dalla discrasia che si crea, da una parte tra i personaggi del presente che sono tornati indietro nel tempo e conoscono già ciò che accadrà in futuro (è la storia che la scuola insegna), e dall'altra Nerone e Agrippina che del futuro non sanno nulla (il futuro piromane è ancora un bambino), ma già lo pianificano. Ecco la risposta di Agrippina, ad esempio, quando Colombina domanda dell'“imperatore Nerone”:

NERONE. Mater, ergo non sum imperator!

AGRIPPINA. Attende che avvelenabo tuum patrignum Claudium,

e tu sarabis imperator! (p. 72)

Nerone è dipinto come un bambino discolo così da renderlo coerente con il personaggio consegnatoci dalla storia; quando canta la canzone “Non ho l'età per bruciarti” (il riferimento è alla città di Roma), viene sgridato dalla madre:

AGRIPPINA. Basta! Non dicere cosas similes. Guai se te sentit

tuus patrignus! Vieni via! (p. 73)

Quando Colombina spara un colpo di rivoltella contro le guardie che li accusano di voler rapire il bambino e li inseguono, Nerone batte le mani urlando: “Bravi! Bravissimi! Optimum colpum!” e manifesta così il suo sadismo.

La missione sembra essere stata un disastro; i due tornano sconfitti nel presente, al laboratorio, dove l'Agente e il Professore attendono con ansia. Per giustificarsi

Pulcinella inventa la scusa che Nerone vuole essere prelevato dallo stesso Professore X che, senza farselo ripetere, si lancia sulla sedia seguito dall'Agente. Finiranno nell'età della pietra tra i cavernicoli perché Colombina manomette il quadrante della macchina del tempo; e poiché Pulcinella tiene con sé il medaglione che permette il ritorno indietro, i due sono destinati a rimanere nel passato per sempre. Un epilogo in cui il “potere” viene allontanato: significativo, se lo leggiamo in questa chiave.

Una breve riflessione andrebbe fatta sull'attenzione rivolta dallo scrittore alla tecnologia: in questo testo compaiono la macchina del tempo e la televisione. Le macchine sono presenti spesso nei racconti di Rodari, soprattutto in questi anni, così come l'ambiente tecnologizzato è presente nelle sue riflessioni pedagogiche; del resto, la tecnologia è prima di tutto un fatto, il volto storico del mondo attuale da cui non si può prescindere. Della macchina Rodari parla sia in positivo sia in negativo: il positivo sta nel liberare l'uomo dalla fatica e da alcuni limiti imposti dalla natura (in questo testo abolisce il tempo); il negativo sta nel rischio dell'asservimento. L'Agente urla: “Professore, verrò con lei! Per l'onore della stufa Pasqualetti verrò anche all'inferno” (p. 74); e, pur di bucare lo schermo con i propri spot, i personaggi sono disposti a tutto, anche a scavalcare il buon senso:

PULCINELLA. L'ultima volta che mi ha chiamato Pulcinellotto voleva che mangiassi un pezzo di sapone, per farmi dire alla tv: “Il sapone di Marsiglia è così buono che io me lo mangio!” (p. 69)

L'unico rimedio per contrastare il sempre maggiore asservimento alla tecnica e ai suoi tentacoli è la creatività, la capacità di ridisegnare i confini del reale pur senza allontanarsene, senza appiattire l'uomo sulla società. Anche questo, forse, Rodari cerca di dire tramite il testo.

Torniamo a Caccia a Nerone.

Per dirla con Propp, costante guida di Rodari, nei racconti di solito c'è un eroe (in questo caso due, Colombina e Pulcinella), un antagonista (due anche loro, Professore X e Agente 3,25) e un obbiettivo (portare Nerone nel futuro) che di solito si trova in un “altro luogo che può essere situato lontano dalla linea orizzontale o a grande

altezza o profondità in senso verticale”122. In questo caso, l'obbiettivo è nel passato,

ma non è raggiunto; il fallimento permette però di realizzare un epilogo più interessante, cioè liberarsi dai “cattivi”. Anche se non è detta l'ultima parola, come avverte l'importantissima didascalia finale:

Qui l'atto finisce. Ma chi vuole, servendosi dei nostri personaggi e della sedia del tempo, può aggiungere tutti gli atti che crede. (p. 75)

Caccia a Nerone non si conclude insomma sulle ultime battute, anzi è proprio da queste che forse ha inizio, nel suo rimanere disponibile a qualsiasi possibile conclusione e ad ogni tipologia di avventura. Ancora una volta, e più esplicitamente rispetto alle drammaturgie analizzate in precedenza, si svela l'obbiettivo del teatro di Gianni Rodari: aiutare a stimolare l'immaginazione dei bambini, insegnare loro a mettersi in gioco diventando essi stessi drammaturghi.

La libertà di immaginazione che Rodari sottolinea con i finali aperti delle sue opere teatrali si esprime anche nel 1978 in C'era due volte il barone Lamberto, che si conclude con queste parole:

Ogni lettore scontento del finale, può cambiarlo a suo piacere, aggiungendo al libro un capitolo o due. O anche tredici. Mai lasciarsi spaventare dalla parola fine123.

Sono parole che corrispondono all'epilogo di Caccia a Nerone marcando ancora una volta il bisogno di libertà che lo scrittore conserva sin dagli esordi e la necessità di dire ciò che pensa, lasciando ai suoi lettori la possibilità di fare altrettanto.

Si legge su alcuni appunti di questi anni: Sono proprio fortunato

e in due parole ti dico perché: non sono un Papa,

non sono un re,

non sono un principe, un generale, 122 V. PROPP, Morfologia della fiaba, cit., p. 55

non sono nemmeno caporale e non comando niente a nessuno. Non sono un padrone

non sono ...(lasciato in bianco) non sono nemmeno capostazione non comando niente e nessuno e nessuno comanda a me: sono proprio fortunato il perché te l'ho spiegato124.

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