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Analisi de Il tamburino magico e Il vestito nuovo dell'imperatore

Il tamburino magico è un testo pubblicato sul numero del 1953 di “Teatro d'oggi”, mentre Il vestito nuovo dell'imperatore appare per la prima volta nel 1956 in “Riforma della scuola”, entrambi poi inseriti nella raccolta Marionette in libertà del 1974, dove si trova anche un terzo testo, che dà il titolo al volume. Quest'ultima è una fiaba “scritta per la radio italiana”70; gli altri due sono componimenti “nati per un

teatro scolastico di burattini”71, hanno quindi una struttura drammaturgica e si

presentano entrambi sotto forma di filastrocca. Per tale motivo li analizzeremo insieme.

Il tamburino magico ha un intreccio semplice: un giovane tamburino di ritorno dalla guerra si imbatte in una vecchia che in cambio di un soldo rende magico il suo strumento musicale: con il suo suono farà ballare la gente, anche contro la propria volontà. Il giovane verifica la magia quando viene aggredito da due briganti e li mette in fuga costringendoli a ballare al suono del tamburo. Continua poi il suo viaggio e giunge in una terra dove sono tutti tristi perché l'imperatore obbliga i giovani a partire per la guerra; allora, si mette a suonare e la gente inizia a danzare, nessuno può fermarsi né andare a combattere. L'imperatore stesso, incapace di bloccarsi, se ne va, cacciato dal popolo in giubilo che lo manda in esilio a passo di danza.

A livello tematico l'elemento rilevante è il messaggio pacifista che Rodari trasmette, un valore inteso come principio base, un'aspirazione di fondo, senza riferimenti a momenti storici precisi. Tuttavia è necessario considerare il periodo nel quale il testo si iscrive. Siamo negli anni della Guerra Fredda, tra la fine della seconda guerra mondiale (1945) alla caduta del muro di Berlino (1989), detta così perché, nonostante le forti ostilità e tensioni, nonostante gli scontri politici ed ideologici tra USA e Unione Sovietica non si arrivò mai ad un nuovo conflitto armato. La fase più critica e pericolosa va dal 1947 ai primi anni Sessanta, quando viene costruito il muro di Berlino (1961), e appunto in questa fase delicata Rodari

scrive i testi si cui ci occupiamo:

POPOLO. Tamburino, suona il trescone, la furlana, il rigodone,

suona la polka, la tarantella, suona la rumba, il cha-cha-cha, la pace è bella e vincerà!72 (p. 62)

Del resto tale atteggiamento risulta coerente con ciò che lo scrittore afferma nel Manuale del pioniere a proposito della pace e della necessità di trasmettere il messaggio pacifista con qualsiasi mezzo:

La difesa della pace è un elemento fondamentale della vita del movimento democratico italiano in questo periodo. L'amore per la pace è un elemento fondamentale per ogni educazione democratica73.

Infatti nel Tamburino magico la guerra viene connotata negativamente attraverso la descrizione del triste popolo in lacrime e le parole del Vecchio:

VECCHIO. Bel forestiero, è un giorno triste, un giorno nero, perché il sovrano di questa terra i nostri figli manda alla guerra. (p. 60)

I personaggi della pièce non sono caratterizzati in modo preciso, sono figure stilizzate di cui non si sa pressoché nulla; persino il protagonista (l'eroe) viene introdotto da una voce fuori campo, con una formula che ripete quella delle fiabe, attraverso il breve racconto dell'antefatto:

VOCE. C'era una volta un tamburino che tornava dalla guerra....

povero, piccolo tamburino, tutto solo sulla terra:

72 Tutte le citazioni del testo drammaturgico sono tratte da G. RODARI, Marionette in libertà, già citato.

non ha nessuno che lo conforta, la casa è vuota, è chiusa la porta... Il tamburino cammina, cammina

e un giorno incontra una vecchina. (p. 55)

L'incontro con la vecchia innesca il meccanismo che manda avanti la fiaba, ovvero la trasformazione del tamburo in oggetto magico, grazie al gesto di generosità del ragazzo che regala un soldo alla vecchia, malgrado egli stesso sia tormentato dalla fame. Si tratta della trasformazione teatrale di un tema fiabesco tradizionale, ovvero l'utilizzo dello strumento magico. Vladimir Propp ne parla nella Morfologia della fiaba74, inserendolo nell'enumerazione delle trentuno funzioni che descrivono la

forma (per questo “morfologia”) delle fiabe. Secondo lo studioso russo ci sono varie tipologie di mezzi magici:

Possono fungere da mezzo magico: 1) animali; 2)oggetti che provocano la comparsa di aiutanti magici […]; 3) oggetti che hanno una proprietà magica, come ad esempio mazze, spade, gusli, globi e molti altri; 4) poteri donati direttamente, come ad esempio la forza, la capacità di trasformarsi in animali diversi. Chiameremo mezzi magicitutti questi oggetti trasmessi dal donatore all'eroe75.

Rodari sceglie appunto “gli oggetti che hanno una proprietà magica” ed insieme anche la forma di trasmissione che Propp definisce “diretta”76, derivante cioè da una

ricompensa, a seguito di un gesto positivo da parte dell'eroe.

Al conseguimento del mezzo magico segue il suo impiego o, se in mano all'eroe è pervenuto un essere animato, il diretto intervento di questo ai suoi ordini. Con ciò l'eroe esteriore perde ogni importanza: egli non fa nulla personalmente, è l'aiutante che si occupa di tutto. Ciò nondimeno il suo significato morfologico

74 V. PROPP, Morfologia della fiaba, Torino, Einaudi, 1966. Antropologo e linguista russo, Propp studiò le origini storiche della fiaba nelle società tribali e nel rito di iniziazione e ne trasse una struttura che propose come modello di tutte le narrazioni. In base allo studio dettagliato di un centinaio di fiabe Propp formulò tre principi: 1) gli elementi costanti, stabili della favola sono le funzioni di personaggi, indipendentemente dall'esecutore e dall'esecuzione; 2) il numero delle funzioni che compaiono nelle fiabe di magia è limitato; 3) la successione delle funzioni è sempre identica.

rimane di primo piano, poiché sono i suoi propositi che formano l'asse del racconto77.

In Rodari si trovano queste caratteristiche anche se in maniera più schematizzata; infatti il tamburino utilizza immediatamente il suo strumento fatato, dapprima per salvare se stesso dai briganti e poi a beneficio di tutto un popolo concludendo la propria “missione” senza imbattersi in altri ostacoli.

Contro chi agisce? Il nemico principale è la guerra, introdotta sin da quando il ragazzo riceve il dono:

TAMBURINO. Avessi avuto questa magia quando stavo in fanteria,

a suon di ballo e senza sparare, il nemico avrei fatto scappare. (p. 56)

L'antagonista, dapprima un'entità astratta e universale (la guerra), si concretizza sul finale nel desiderio dell'imperatore di andare a combattere, assumendo così una forma tangibile nella persona del sovrano:

IMPERATORE. Sudditi miei, la guerra è una festa! Io marcerò alla vostra testa! (p. 60)

Si ha poi il ribaltamento, vengono sconvolti i piani bellicosi dell'imperatore ed a “scoppiare” non è la guerra, bensì la pace, come la didascalia sottolinea con vigore:

Comincia a picchiare sul suo tamburo e tutti cominciano a ballare: l'imperatore, i cortigiani, i generali, i capitani, i soldati, le donne, i vecchi, i bambini, i cani e i gatti. C'è chi balla ridendo e chi balla piangendo. C'è chi protesta e chi grida evviva. Insomma, c'è una bellissima confusione. (p. 62)

Il tema pacifista, esaurito in modo così frettoloso, porterebbe a sottovalutare questo testo, che invece merita una riflessione più approfondita per quanto riguarda lo stile, l'aspetto estetico. Accanto alla tematica pacifista l'interesse principale di

Rodari si catalizza sulla la parola poetica, che lui stesso definisce in modo assai preciso:

Ho scritto molti versi per bambini. Per lo più comici, raramente gnomici, didascalici. Non li ho mai chiamati poesie, ma

filastrocche. Se mai “poesie per ridere” o “poesie per isbaglio”.

Non mi ha mai interessato, in relazione al mio lavoro, sapere se fossero poesie o no: ho sempre preferito accantonare il problema, dichiarandomi un fabbricante di giocattoli, di giochi con le parole e con le immagini, di comunicazioni e provocazioni in versi78.

Da questa dichiarazione emerge il desiderio di centralizzare la parola e la sua potenzialità ludica: non sono centrali né la frase né il discorso, bensì la parola, frammento semantico con cui giocare alla ricerca di novità e soluzioni inedite.

Prima caratteristica della filastrocca è il ritmo, paragonabile a quello musicale. Ricordiamo che Rodari aveva dimestichezza con la musica, essendo egli stesso un suonatore di violino: il suo testo merita quindi un approfondimento per quanto riguarda la forma metrica e prosodica.

A proposito di ritmo, la prima caratteristica da sottolineare è l'iterazione metrica costituita dall'uso sistematico della rima baciata (AA, BB), che la lega alla tradizione folklorica e alle filastrocche per bambini. La particolarità di questi versi sta nel fatto che “il ritmo non è collegato al numero delle sillabe ma agli accenti metrici79”;

mentre nella metrica italiana classica si contano le sillabe, nella filastrocca si contano le battute musicali, siamo insomma dinanzi ad un verso che Jakobson definisce “accentuativo”:

I versi accentuativi operano principalmente col contrasto fra sillabe che portano e sillabe che non portano l'accento di parola; ma talune varietà di versi accentuativi sfruttano gli accenti sintattici o di frase80.

Riporto un esempio, in cui il gioco della cantilena consiste nel realizzare lo stesso

78 Le parole sono di G.Rodari e si trovano in D. GIANCANE, Le provocazioni della fantasia, cit. p. 79.

numero di accenti per ogni distico, creando il medesimo ritmo caratterizzato da quattro accenti nei primi due distici e quattro negli altri due:

TAMBURINO. Ballate, bricconi, saltate, ladroni,

scegliete la dama, fate due inchini, questo è il valzer dei malandrini! (p. 58)

Le sillabe possono variare, ma ciò che conta è che ci siano gli accenti che creano il ritmo, che ci sia cioè isocronia dei versi :

BRIGANTI. Basta, basta, per pietà! Siamo banditi di mezza età,

abbiamo l'artrite, il soffio al cuore... Lasciaci andare, per favore! (p. 58)

Il linguaggio è a servizio di un messaggio; non si tratta di creare nonsense o di giocare a stravolgere la logica del mondo, bensì di analizzare un testo poetico che si scandisce intorno alla propria forma la quale assume, così, una particolare importanza. Le filastrocche stanno alle poesie come i giocattoli agli oggetti: i giocattoli sono elementi importanti perché nelle mani dei bambini sono come modellini del mondo, mostrano come i più piccoli vedono l'operare dell'uomo e aprono una finestra sul futuro. Allo stesso modo, le filastrocche sono giochi, però nascondono un potenziale potente, attecchiscono nelle menti dei bambini e seminano ideali di pace.

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La poesia è la più alta forma di conoscenza ed esplorazione del linguaggio: anche a livello di gioco, di mediazione e di preparazione, bisogna che essa si presenti con una sua dignità, una sua capacità di emozione e sorpresa, che parli per così dire un po' più in alto del bambino, lo faccia salire sul piano dove anche le parole più semplici possano rivelare significati nuovi e le immagini offrano un'autentica possibilità di lavoro alla fantasia81.

Insomma, per accedere al mondo della “fantastica” (“Se avessimo anche una

Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare”82) esiste una corsia

preferenziale che ha come assioma la presenza di un linguaggio libero che si esprima nella creatività, nella sua fruizione immediata, nel piacere per chi lo legge e nella possibilità di sperimentare il ritmo e nuovi legami tra le parole.

Giocare con le parole, costruire un testo teatrale sfruttando i suoni delle filastrocche non risulta una novità assoluta; caratteristiche simili si trovano, in Italia, nei componimenti di Sergio Tofano, in arte Sto, figura eclettica, attore, scrittore, disegnatore e caricaturista, nonché ideatore del famoso personaggio del Signor Bonaventura, che appare sul “Corriere dei Piccoli” a partire dal 1917. Si suppone sia stato uno dei modelli di Rodari, che parla in questi termini della poesia di Sto, suo collega nel “Corrierino”:

C’erano, intanto, quei versetti accurati, limpidi, seminati con discrezione di qualche pargoletta rara, di qualche rima acrobatica, insomma, di suoni inattesi: l’effetto della loro musica era quello di un’ infinita serie di variazioni sullo stesso tema. Un effetto di magia83.

Il Signor Bonaventura appare nel 1927, con Qui comincia la sventura, e già mostra caratteristiche del tutto differenti rispetto al teatro pesantemente pedagogico del regime fascista. Infatti ciò a cui punta Sto è il divertimento, che deve essere trasmesso ai bambini “perché ogni loro risata accenderà un raggio di più di felicità nella loro esistenza84”. Lo stesso obbiettivo è perseguito anche da Rodari, che nella

nota alla raccolta Marionette in libertà scrive:

L'ideale sarebbe che facessero venir voglia ai bambini di prendere anche loro delle fiabe e sceneggiarle, in prosa, in versi, o in musica, a loro gusto. Non per fare il 'saggio' alla fine dell'anno scolastico, ma per divertirsi. (p. 93)

Le storie teatrali di Tofano sono molto curate nella struttura narrativa, che si

82 Le parole sono di Novalis e si trovano in G. RODARI, Grammatica della fantasia,cit. p. 11 83 G. RODARI, La promessa di Bonaventura, www.sto-signorbonaventura.it/Html/esegeti.html 84 Le parole sono di Sergio Tofano e si trovano in P. BENEVENTI, Introduzione alla storia del

organizza in sequenze di nuclei drammatici rigorosamente correlati. Il cardine delle composizioni sta nella rigida concatenazione logica senza la quale non ci sarebbe unità drammatica ed ogni momento risulterebbe giustapposto o non legato agli altri, senza possibilità di progresso dinamico. La formula sulla quale si basa questa precisa scansione tematica è sempre la solita: prevede un inizio in cui Bonaventura passeggia o è intento a svolgere il proprio lavoro, poi avviene la sventura, seguita dalla risoluzione del problema e dal ritorno all'ordine con ricompensa finale.

E' da questa struttura consapevole e razionale che scaturisce un'ironia diretta e spontanea, che fa subito presa su chi legge e non diventa mai moraleggiante o retorica. Sto scrive i suoi componimenti in distici di ottonari a rima baciata, “mischiando teatralità ed umorismo, fiaba e dissacrazione, stilizzazione e colore e un certo mistero nelle parole magiche di quei versi”85, senza mai risultare scontato o

prevedibile.

Riporto un pezzo tratto della Regina in Berlina, altro testo in cui protagonista è l'immancabile Bonaventura, alle prese con Cenerentola colta nella vita coniugale e ripudiata dal re perché il suo leggendario minuscolo piede è ingrassato:

RE. Basta con la canzonetta! Prima spiegate

cosa bramate.

BONAVENTURA. Subito. Il mio signore, l'ambasciatore..

RE. Il suo nome, qual è?

BONAVENTURA. Il bellissimo Cecè. Ambasciator cortese

del Re di quel paese mi manda a voi d'urgenza per domandarvi udienza. RE. Concessa gli sia. Dov'è in questo istante?

BONAVENTURA. S'è fermato all'osteria, non molto distante

e chiede per cortesia

a che ore possiamo essere ricevuti. RE. Alle dieci e trentacinque minuti86.

85 E. LUZZATI, La regina in Berlina, http://www.sto-signorbonaventura.it/Html/commedie2.html 86 S. TOFANO, Il teatro di Bonaventura, a cura di A. Tinterri, Milano, Adelphi, 1986, pp. 92-93.

Rodari sembra aver attinto alle rime bonaventuriane sia nel Tamburino magico sia nel Il vestito nuovo dell'imperatore (1956) che, pur presentando le medesime caratteristiche formali, ha come modello la fiaba di Hans Christian Andersen. In questo caso, oltre che per la struttura dei versi, il rapporto tra Rodari e Sto si fa evidente anche nella costruzione di certi personaggi, come la coppia comica del re e della regina.

Mi soffermo adesso sui procedimenti adottati da Rodari non solo per produrre drammaturgie, ma anche per inventare qualsiasi tipo di fiaba: la riscrittura a partire da un determinato modello. Egli modifica le fiabe classiche attraverso una serie di giochi fantastici, ricollegandosi a Propp, secondo il quale le fiabe sono monotipiche, ovvero rappresentano innumerevoli variazioni di una serie unica. Questo perché le funzioni sono limitate: “ciò spiega l'ambivalenza della favola: la sua sorprendente varietà, la sua pittoresca eterogeneità, da un lato, la sua non meno sorprendente uniformità e ripetibilità, dall'altro”87.

Per quel che riguarda Il vestito nuovo dell'imperatore, la sua trasposizione in testo teatrale non ha subìto modifiche che a livello tematico implicassero uno stravolgimento del modello; mentre ad esempio, La finta addormentata nel bosco si basa su un premeditato rovesciamento del tema. L'addormentata è in realtà una principessa che, per trovare marito, finge di essere sotto gli effetti di un incantesimo che la fa dormire; però i principi che arrivano da lei non sono affatto interessati a baciarla per destarla; solo il poeta-boscaiolo risolverà la situazione recitando una poesia e così la sposerà, mentre la Madrina (ideatrice di tutto l'inganno) sospira sul finale: “Ormai le favole vanno tutte al rovescio!”88.

Negli anni Sessanta Rodari utilizza un'altra tipologia di riscrittura, di cui è esempio Caccia a Nerone (ne parlerò in seguito); è la tecnica che lui stesso nella Grammatica della fantasia definisce “insalata di favole”89: personaggi di fiabe

differenti si incontrano e si uniscono, dando vita ad un ibrido. Esiste anche la categoria della fiabe “che cosa accadde dopo”90, nella quale si trova fra le altre 87 V. PROPP, Morfologia della fiaba, cit., pp. 26-27

88 G. RODARI, Gli esami di Arlecchino, cit., p. 87 89 G. RODARI, Grammatica della fantasia, cit. p. 72

Regina in Berlina; o la categoria “fiabe a ricalco”91 dove da una vecchia fiaba se ne

inventa una nuova inserendo delle varianti, a seconda di quanto ci si vuole allontanare dalla fonte, per sradicare la fiaba dalla sua origine. Forse potremmo porre I vestiti nuovi dell'imperatore in questa categoria.

La trama, bene nota, ha come protagonista un imperatore mai soddisfatto dei propri vestiti; due sarti di un paese lontano gli fanno credere di saper tessere una stoffa magica che può essere vista solo da chi è intelligente. Naturalmente per realizzarla c'è bisogno di molti soldi ma il re è disposto a tutto, e così anche la moglie, che a sua volta pretende un vestito nuovo. I sarti truffatori si mettono a lavoro e l'imperatore, curioso di sapere come procedono, manda un funzionario a controllare. Questi si rende conto di non riuscire a vedere nulla ma mente per non sembrare uno stupido e ne racconta all'imperatore la preziosità e la bellezza del lavoro dei due truffatori. Allo stesso modo si comporta un altro funzionario, inviato stavolta dall'imperatrice; perfino l'imperatore e sua moglie, quando vanno a controllare l'operato dei sarti e non vedono nulla, elogiano gli abili tessitori e la loro opera. Giunto il giorno della parata imperiale, i due sovrani si mostrano al popolo con indosso i nuovi regali indumenti; in realtà sono nudi ma solo un bambino ha il coraggio di dirlo.

L'introduzione del personaggio della regina, che nella favola di Andersen non viene neppure nominata e che è la maggiore variazione di Rodari, ha una funzione di contraltare all'imperatore e lo scopo di realizzare una coppia comica. In questo modo si rafforza anche la portata dell'imbroglio che i due tessitori compiono: è come se il suo risultato si raddoppiasse. Persino quando danno il proprio parere sugli abiti, i due fanno quasi a gara a chi concede il giudizio più generoso, pur non vedendo nulla:

IMPERATORE. Signori, vi dirò il mio parere imperiale:

il vestito è...mica male. REGINA. Ma caro, ma caro, delle tue auguste lodi non essere così avaro:

non ho mai visto niente di più bello! […]

IMPERATORE. Abiti tanto egregi non furono mai visti. 91 Ivi, p.74

Per mostrare agli artisti la mia benevolenza e la mia approvazione

concedo loro questa decorazione e il titolo di eccellenza

trasmissibile fino alla diciassettesima generazione92. (pp. 83-84)

Rodari, insieme all'esagerazione, gioca spesso sul rovesciamento parodico: l'imperatore fa le bizze per i suoi vestiti, non contentandosi di nessuno di quelli che ha:

IMPERATORE. Ora però pensiamo a cose serie: che vestito mi metto?

CORTIGIANO. Maestà, mi permetto di suggerirvi quello

con il panciotto d'oro e il mantello d'argento: vi sta proprio a pennello!

IMPERATORE. Ma pesa che fa spavento! CIAMBELLANO. La pelliccia di pulci! IMPERATORE. Mi pizzica!

AMMIRAGLIO. La giacca di petali di rosa! IMPERATORE. A quest'ora sarà appassita...

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