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Analisi degli aspetti sociologici di quartiere

Premessa

Nel tessuto urbano contemporaneo, i quartieri periferici appaiono come territori “fragili”. Oggi vediamo la comparsa di quartieri periferici anche all’interno del tessuto storico di Milano, come il quartiere di Porta Venezia. La vulnerabilità dei gruppi sociali che vi abitano, l’insufficiente dotazione di risorse e servizi, la qualità delle tipologie abitative, insieme alla rigidità dei meccanismi istituzionali che presiedono alla loro trasformazione, hanno contribuito a generare un deficit delle capacità di adattamento e apprendimento, qualità preziose e necessarie per affrontare i vecchi e nuovi problemi che affliggono queste aree. Sarebbe sbagliato, infatti, considerare questi quartieri come delle entità statiche, oppresse da una cronica e irrimediabile condizione di disagio e degrado, in quanto essi sperimentano – sotto la spinta di vettori e forze di origine locale, cittadina e globale – diversificate traiettorie di cambiamento, partecipando alle più generali trasformazioni che investono la città contemporanea.

È intorno a questi due poli, la fragilità e la trasformazione del quartiere di Porta Venezia, che si sviluppa il percorso per arrivare a ricreare in questa zona un vero e proprio Hurban Center che possa contribuire a evolvere e ricreare un punto di centralità per il quartiere che comunichi anche con il resto della città.

Capitolo 1

Il quartiere come area complessa di analisi

Il quartiere e l’abitazione, intesi come pratiche e modelli residenziali, rappresentano due rilevanti ambiti di analisi del fenomeno urbano. La loro individuazione delimita una porzione specifica di città, un panorama territoriale e sociale nel quale agisce e si sviluppa una molteplicità di fattori, risorse e criticità, che deve essere indagata proprio all’interno della dimensione stessa in cui prende forma.

Si tratta di due categorie analitico- interpretative “socialmente connotate”, in grado cioè di mostrare la natura prettamente sociale della realtà urbana. Ad essa è stata attribuita una capacità d’immediata identificazione con il locale, d’interpretazione delle dinamiche della micro socialità e , soprattutto, di espressione concreta del legame che gli individui intrattengono con lo spazio. Un legame complesso, caratterizzato da molteplici aspetti non sempre facilmente ricostruibili; carico di accezioni simboliche, affettive e valoriali che lo connotano semanticamente e gli assegnano un significato che va oltre la semplice dimensione fisico-geografica.

Porre l’accento sul concetto di quartiere significa quindi ragionare intorno all’identità sociale dei luoghi, ovvero intorno all’esperienza urbana nei singoli contesti locali d’interazione.

La città è oggi differente a ciò che era in passato. Non solo per le mutate condizioni strutturali ed economiche, ma soprattutto perché è cambiato il frame di riferimento in cui tali mutamenti vengono vissuti e interpretati.

La metropoli contemporanea è una società complessa in costante movimento, sempre più rapida e dinamica nel suo evolversi, orientata a un cambiamento dai ritmi accelerati e spesso inarrestabili. Le dinamiche sociali che la caratterizzano coinvolgono sempre più popolazioni urbane diverse: chi vi abita, ma anche chi vi lavora o, ancora, fruisce degli esercizi pubblici in essa presenti115. Inoltre, i flussi globali d’informazione nei quali

sono inseriti i cittadini, grazie al diffondersi delle nuove tecnologie di comunicazione, contribuiscono a generare una certa de-contestualizzazione dei rapporti sociali, ossia ne affievoliscono i riferimenti rispetto allo spazio e al tempo116.

In questo quadro, diventa sempre più importante capire quali ripercussioni i processi di globalizzazione e frammentazione hanno sui modi di vivere, interagire e abitare la città o parti di essa. In altre parole, ci si può chiedere se e come la dimensione di quartiere continui a essere importante nell’esperienza urbana.

Innanzitutto, va considerato che il quartiere non è un contesto neutro, in cui gli abitanti interagiscono o promuovono azioni influenzate solo da fattori socio-economici esterni e globalizzati. Al contrario, esso è uno spazio dotato di significato, ovvero un luogo.

La città contemporanea sembra sempre più diventare uno spazio fluido, in cui i confini fisici e amministrativi sono quotidianamente messi in discussione dalla presenza di popolazioni urbane non residenti. Dal canto loro, gli individui che in vi abitano sembrano sempre più ricercare contesti territoriali limitati, nei quali poter (di)mostrare il proprio senso di appartenenza.

In effetti, mentre la città nel suo complesso può essere vista come uno scenario in cui avvengono incontri marginali e casuali, il quartiere, e ancor più il cortile e il vicinato, si configurano invece come luoghi in cui “ci si sente a casa” e dove gli incontri sono più prevedibili. In altri termini, se la postmodernità favorisce la perdita dei confini, creando incertezze per l’individuo, i rituali del vicinato, possono al contrario rassicurarlo117.

Diversi sono i contesti, le forme e le prassi attraverso cui questi processi si concretizzano – una festa di primavera del condominio, la creazione di un comitato per la difesa di uno spazio verde pubblico, la partecipazione attiva al processo di riqualificazione del proprio quartiere – ma ciò che accumuna queste esperienze è l’espressione di un forte attaccamento degli abitanti al contesto locale di vita.

Guardare al quartiere con questa prospettiva permette di superare un approccio puramente ecologico e di cogliere l’importanza dell’interazione sociale118. È questa dimensione, infatti, che permette di distinguere

un’area fisica della città da un quartiere, in quanto è in quest’ultimo che è più facile riscontrare forme d’integrazione sociale.

Le modalità d’interazione sociale tra gli abitanti devono comunque essere lette non solo in una dimensione locale, ma all’interno di un contesto necessariamente più complesso. In un ambiente sociale ampio, denso ed eterogeneo come quello della città, aumenta il potenziale di accessibilità agli altri, inteso come possibilità d’incontro e di scambio119. Il singolo individuo può costruire nella sua vita una serie infinita di legami

relazionali che investono vari livelli territoriali (cittadino, nazionale, globale) e differenti ambiti (familiare,                                                                                                                

115  G.  Martinotti,  Metropoli.  La  nuova  morfologia  sociale  della  città,  il  Mulino,  Bologna  1993.   116  A.  Giddens,  Le  conseguenze  della  modernità,  il  Mulino,  Bologna  1990  

117  Z.  Bauman,  Dentro  la  globalizzazione.  Le  conseguenze  sulle  persone,  Laterza,  Roma-­‐Bari  1999  

118  S.  Schomberg,  Criteria  for  the  Evaluation  of  Neighbourhood  Validity  in  Working  Class  and  Low  Income  Areas  in  Core  

Cities,  Vol.  27,  pp.  69-­‐85,  1979.  

amicale, lavorativo e così via). A differenza quindi di contesti sociali relativamente isolati e socialmente omogenei, in cui i rapporti sono densi, fortemente solidaristici e di tipo “ascrittivo”, nelle città gli individui esprimerebbero per lo più rapporti di tipo “elettivo”120.

Tuttavia, questa considerazione sottintende un presupposto discutibile: che la città contemporanea sia un’entità omogenea, in cui tutti gli individui condividono lo stesso stile di vita e hanno a disposizione le stesse opportunità. Al contrario, come vedremo meglio in seguito, nella città le risorse sono distribuite in modo diseguale, sia dal punto di vista spaziale sia sociale. È quindi possibile che l’estensione, l’intensità e la frequenza delle relazioni tra i residenti siano influenzate dal tipo di quartiere in cui abitano e dalla posizione (non solo geografica ma anche sociale) che esso occupa nel sistema cittadino. Ossia è possibile che gli abitanti dei quartieri deprivati vivano il rapporto quartiere-città in modo diverso rispetto a chi abita in zone meglio dotate di risorse.

In altre parole, nei contesti territoriali problematici l’esclusione sociale sembra manifestarsi anche attraverso il condizionamento o la limitazione delle capabilities degli abitanti, ossia delle loro capacità di selezionare le opportunità e le relazioni più vantaggiose in entrambi i livelli, quello di quartiere e quello cittadino/globale121.

Il risultato è duplice: da un lato, vengono perpetuati i circuiti dell’esclusione e della deprivazione sociale; dall’altro, si rafforza il senso di attaccamento al proprio quartiere.

1.2 Le specificità dei quartieri periferia nella città

Il ragionamento fin qui seguito ci porta ad affrontare una seconda questione, che riguarda la natura speciale e composita di questi quartieri periferici nel sistema urbano attuale.

Partendo da un’iniziale generalizzata definizione fortemente legata alla dimensione spaziale, il dibattito teorico sulla periferia è giunto in seguito a un ampliamento del concetto, mirante a comprendere “oggetti” sociali non necessariamente collocati in zone geografiche periferiche.

Ci consente quindi d’incorporate nel dibattito il concetto di periferia sociale, ossia l’idea che fenomeni di deprivazione territoriale non sono prerogativa solo di aree topograficamente periferiche ma anche di quartieri centrali e ovunque l’effetto urbano si faccia negativo122.

In questa prospettiva, le periferie possono essere definite come sistemi locali complessi – risultato del sovrapporsi di un insieme multidimensionale di elementi legati all’ambiente naturale, costruito e antropico – caratterizzati da una condizione di penalizzazione funzionale e qualitativa, oltre che dalla scarsa capacità reattiva e dalle limitate possibilità. La problematicità di questi quartieri non riguarderebbe, quindi, solamente la scarsa qualità dell’ambiente costruito o la fragilità dell’ambiente fisico, ma avrebbe a che vedere con l’intersecarsi di dinamiche di esclusione abitativa e sociale.

A Milano, l’esclusione sociale si polverizza in porzioni di territorio, mostrando un modello di segregazione che non prende né la forma del ghetto – si pensi alle città statunitensi – né quella di grandi aree in crisi nella periferia metropolitana, come avviene nelle banlieux francesi, bensì di aree limitate, spesso a ridosso del centro o incapsulate in quartieri agiati.

La dispersione del disagio sul piano spaziale è testimoniata dalla presenza di aree “critiche” spesso contigue a insediamenti con caratteristiche diverse e miste. Si pensi ad esempio al quartiere di Porta Venezia dove, nella zona dell’ex Lazzaretto, a edifici abitati principalmente dalla vecchia borghesia milanese si affiancano intere comunità di abitazioni sovraffollate dove gli appartamenti (appartenenti a una classe edilizia pregiata)                                                                                                                

120  M.  Bulmer,  The  social  Basis  of  Community  Care,  Allen  &  Unwin,  London  1997  

121  A.  Kearns,  R.  Forrest,  Social  exclusion  and  opportunità  structures  in  european  cities  and  neighbourhoods,  in  “urban  

Studies”,  Vol.  41,  no.  8,  pp.  1441-­‐59,  2004  

vengono occupati da immigrati di diverse etnie. In altre parole, le situazioni di marginalità sociale ed economica, combinate alla marginalità fisica e territoriale, creano aree interstiziali, “isole” comprese nel tessuto più compatto della città, in cui gli svantaggi sembrano concentrarsi e moltiplicarsi.

1.3 L’effetto quartiere

Per concludere, l’iscriversi nello spazio è componente stessa del problema, oltre che sua manifestazione, poiché lo spazio, con le sue caratteristiche, influisce sui comportamenti e sull’esperienza degli abitanti. In questa prospettiva il disagio sperimentato nei quartieri svantaggiati è correlato non solo a variabili strutturali di deprivazione ma anche a variabili di milieu, cioè alle caratteristiche specifiche dei contesti locali d’interazione; paradossalmente quindi, esso è effetto dell’esclusione e al tempo stesso fattore di esclusione123.

Da un lato, la concentrazione del disagio favorisce la riproduzione dell’esclusione sociale, oltre che di comportamenti e modelli culturali deviati. Nel contempo, l’identificazione negativa che si accompagna a questi quartieri si trasforma in una vera e propria stigmatizzazione territoriale, divenendo un handicap che il soggetto deve ogni volta superare, instaurando così un circolo vizioso tra marginalità sociale, visibilità del disagio e ostilità del resto della città.

Capitolo 2

Le traiettorie dei quartieri milanesi

I motori del cambiamento fanno riferimento a dimensioni diverse. Da una parte, infatti si sottolinea come tali traiettorie siano modificate da macro agenti, come le trasformazioni socio-economiche e demografiche, e i cambiamenti sia della mobilità del mercato abitativo. Dall’altra, si evidenzia come esse dipendano da microagenti che includono sia le scelte individuali che le dinamiche microeconomiche della città. Ciò che si comincia a manifestare è dunque la potenziale reciproca interazione tra elementi che hanno attinenza con il quartiere e fattori che sono in relazione con dinamiche di più ampia portata. Ad esempio, i cambiamenti delle preferenze e delle risorse individuali modificano i modelli di migrazione e mobilità residenziale, i quali a loro volta iniziano a influire sulle dinamiche demografiche ed economiche dei quartieri. S’innesca così una nuova traiettoria che potrebbe impattare sulle preferenze e le scelte personali. Vi è dunque un rapporto di causalità vicendevole piuttosto che un processo lineare di trasformazione.

In realtà, a incidere sulle traiettorie non è solo il capitale mobile (per esempio, preferenze individuali o flussi migratori) ma altresì il capitale immobile: status dimensioni, localizzazione e qualità del quartiere, hanno importanza nella definizione della traiettoria, così come i caratteri strutturali della città e della regione. La molteplicità di fattori, siano essi micro/macro e mobili/immobili, fa si che i quartieri indistinguibili per tipo di alloggio, design e periodo di costruzione, possano seguire traiettorie e direzioni diverse: essere discendenti, costanti nel tempo o ascendenti.

2.1 Dinamiche generali di trasformazione della città

                                                                                                               

123  A.  Tosi,  Condizione  e  processi  abitativi,  in  IRER,  Social  Survey  in  Lombardia.  Contributi  sulla  formazione  della  

All’immaginario indifferenziato e unitario di questi quartieri sembra contrapporsi ad oggi un territorio cittadino in cui la distanza tra periferia e centro si riuce; il centro penetra in alcune zone un tempo considerate periferiche e a sua volta si radicano situazioni di disagio sociale e abitativo anche nelle zone più centrali.

Quartieri come Ticinese-Navigli, Garibaldi-Isola, che negli anni settanta venivano considerati “periferie”, sono ormai da lungo tempo investiti da un processo di gentrificazion124 che ne ha fortemente cambiato sia la composizione sociale che l’identità, portandoli ad essere i nuovi catalizzatori del rinnovamento urbano. La città che si diffonde nel suo periurbano comporta l’inclusione “fisica” anche di aree che fino a trent’anni fa si trovavano praticamente circondate dalla campagna. Fenomeno ancora più recente è il caso delle aree dismesse, la cui ri-allocazione delle unzioni sta comportando una ri-centralizzazione di queste all’interno del tessuto cittadino.

Contemporaneamente a questo, molteplici ricerche125 evidenziano la presenza di micro-ghetti anche nelle zone più centrali, espressione di forme più o meno gravi di disagio o vulnerabilità sociale, che si affiancano e si alternano ad aree di relativo benessere, come il caso del quartiere di Prota Venezia. Si è in presenza, quindi, di un territorio fortemente caratterizzato da un mix sociale che mescola la popolazione impiegatizia, a reddito fisso ancora con contratti a tempo indeterminato, a una popolazione costituita essenzialmente da operai e immigrati, soprattutto di prima generazione, sufficientemente integrati, il cui reddito da lavoro o pensione si rivela sempre più spesso insufficiente nei confronti del costo della vita in continua crescita. Questo nuovo rapporto centro-periferia testimonia il passaggio da una società verticale a una orizzontale, nella quale le differenziazioni e le disuguaglianze abitative hanno sempre meno una matrice di classe e sempre più una matrice localizzativa che non sempre si declina in termini di distanza dal centro.

2.2 Traiettorie discendenti

I quartieri problematici non sono più tali perché localizzati nelle frange estreme e isolate della città, ma perché luoghi di concentrazione territoriale del disagio, in cui l’iscriversi nello spazio, con le sue proprie caratteristiche, è componente stessa del problema oltre che sua manifestazione. Le traiettorie discendenti dei quartieri non sono solo un fenomeno legato legato alla periferia della città, ma investono anche le zone più centrali. I quartirei storici di edilizia residenziale pubblica milanesi, costruiti a corona di quella che era la città consolidata e che hanno accolto i migranti della prima grande industrializzazione (a partir dagli anni venti), oggi si trovano topograficamente in una posizione centrale, forse strategica. Il problema è che questo essere “dentro” dal punto di vista fisico non corrisponde a un’inclusione sociale: anzi, alcune ricerche sottolineano che molti di questi quartieri si sono trasformati da periferie urbane a “periferie sociali”.

La componente spaziale e fisica certamente gioca un ruolo importante in questo, ma le ragioni della mancanza di una traiettoria ascendente per questi quartieri vanno ricercate sia in fattori di livello macro (la posizione nel mercato immobiliare, la persistente lontananza dal centro) sia di livello micro (basso turn-over della popolazione, alta concentrazione di esclusione sociale). Le costruzioni, la tecnologia adottata, l’organizzazione sociale e le caratteristiche socio-economiche degli abitanti delineano dunque un insieme di variabili determinanti la qualità del luogo e la più o meno elevata possibilità di sperimentare forme di esclusione.

2.3 Traiettorie stabili

                                                                                                               

124  Tendenza  dei  ceti  medio  e  medio-­‐alti  a  occupare  quartieri  o  zone  della  città  di  status  sociale  e  valore  fondiario  

basso.  C.  Hamnett,  Gentrification,  Postindustrialism,  and  Industrial  and  Occupational  Restructuring  in  Global  Cities,  in   G.  Bridg,  S.  Watson  (a  c.  di),  A  Companion  to  the  City,  Basil  Blackwell,  pp.  331-­‐41,  Oxford  2000  

125  F.  Zajczyk  (a  c.  di),  La  povertà  a  Milano.  Distribuzione  territoriale,  servizi  sociali  e  problema  abitativo,  Franco  Angeli,  

Rientrare nella categoria dei quartieri di edilizia pubblica non significa necessariamente sperimentare condizioni fortemente problematiche e traiettorie discendenti. Sono presenti, infatti, a Milano contesti territoriali che vivono situazioni di border-line, in relazione sia al tipo di problematiche sia alla posizione occupata nella gerarchi urbana. Spesso dotati di standard abitativi medi (confortevoli dimensioni degli alloggi, dotazione di servizi completi) e inseriti in territori relativamente pregiati (per esempio. Ampie aree verdi attrezzate), essi nel tempo hanno mantenuto immutata la loro condizione, disegnando una traiettoria sostanzialmente stabile. In realtà queste zone nascondono forme di vulnerabilità che si lega soprattutto ad alcuni gruppi sociali (anziani, giovani, immigrati).

2.4 Traiettorie ascendenti

Al contrario, alcuni quartieri della periferia milanese stanno invece sperimentando traiettorie di tipo ascendente, attivate e facilitate da motori diversi. I vuoti urbani delle ex aree industriali (per esempio, ex area Pirelli-Bicocca, ex OM-Pompeo Leoni, ex Innocenti-Maserati-via Rubattino) rappresentano invece una nuova frontiera d’investimento per l’attore privato. Le traiettorie delle ex aree industriali sembrano più legate a una scommessa economica che a un miglioramento della qualità di vita e del tessuto urbano. Le aree più decentrate della città assumono una nuova centralità nei progetti di rilancio urbano all’interno di un più ampio intervento di costruzione dlla città policentrica, in quanto luoghi più malleabili e trasformabili dal punto di vista fisico rispetto alla città consolidata. Queste aree stanno diventando teatro di un mutamento radicale delle loro funzioni, trasformandosi da insediamenti industriali/residenze operaie a quartieri che offrono, al resto della città ma anche alla regione nel suo complesso, opportunità legate sia alle attività d’intrattenimento (teatri, musei, sale da concerto, cinema, parchi urbani) e di formazione, ricerca e sviluppo (università e centri di ricerca), sia all’insediamento di centri direzionali o fieristici.

Inoltre, in esse la dimensione abitativa assume la forma di piccoli complessi residenziali di alto prestigio, privi di un qualsiasi dialogo con il contesto storico dell’area. Queste operazioni urbanistico-imprenditoriali hanno certamente un impatto sull’identità delle zone in cui vanno ad agire e hanno come conseguenza indiretta un processo forzato di espulsione dei vecchi residenti. Quest’ultimo effetto è conseguenza dei processi di riqualificazione non coordinati fra loro e regolati da logiche essenzialmente di mercato che ignorano criteri di equità sociale.

Non sempre vi è una corrispondenza univoca tra l’esperire traiettorie ascendenti e la sperimentazione di un reale miglioramento del benessere degli abitanti. In una città come Milano, che per di più vede costantemente diminuire il numero dei suoi residenti, il ruolo dell’attore pubblico sembra dunque diventare sempre più rilevante per garantire una maggiore vivibilità urbana.

Capitolo 3

3.1 Senso d’insicurezza e vulnerabilità sociale nel quartiere

Mentre a livello milanese i problemi maggiormente sentiti dai residenti sembrano riguardare soprattutto questioni di environment, ovvero tematiche connesse alla qualità della vita sotto il profilo ambientale

(inquinamento e traffico), nelle aree più problematiche della città è il tema della sicurezza a occupare il primo posto tra le preoccupazioni degli abitanti126.

Il quadro delle periferie e delle aree a rischio oggi a Milano si arricchisce di ulteriori riflessioni se si considera l’andamento di alcuni indicatori relativi all’auto-prcezione della propria condizione di povertà e disagio127.

Dunque, da cosa è originato il senso d’insicurezza? Tentare di rispondere a questa domanda significa innanzitutto riflettere sulle ragioni che fanno si che la città contemporanea si presti bene a fornire uno scenario plausibile a inquietudini di varia natura; uno scenario su cui i “costruttori di paure” possono operare con particolare efficacia128.

Insicurezza e grandi trasformazioni della città contemporanea

Il tema della sicurezza ha a che fare, almeno in Europa, e soprattutto a partire dagli anni settanta, con la più generale “grande” questione delle trasformazioni della città contemporanea. Tra le diverse posizioni in campo, che mettono in vario modo in evidenza la relazione fra questione della sicurezza, aumento della

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