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Analisi dell’apparato decorativo: le miniature

MAESTRO DELLA ROSE URBINATE

Il ciclo illustrativo del manoscritto Città del Vaticano, BAV, Urb. Lat. 376 risponde senza dubbio ai canoni della miniatura francese della seconda metà Duecento90, caratterizzata da figure piatte e statiche, poco espressive, profilate mediante spessi contorni neri; da una gamma cromatica ridotta, in cui dominano il blu e il rosso – qui blu profondo, azzurro e rosso carminio pallido alternato al rosso cinabro –, con colori stesi à-plat, trascurando le ombreggiature e gli effetti di modellato; e ancora dall’impiego di fondi uniformi dorati o monocromi, qui arricchiti di motivi decorativi come i tre puntini bianchi disposti a piramide (cfr. ms. Dijon, Bibliothèque municipale,

89 Nella Rose del ms. Châlon-sur-Saône, Bibliothèque municipale, 33 (XIV secolo), priva di miniature, il testo si apre

con una M istoriata raffigurante il poeta addormentato, con il cespuglio di rose alle spalle.

90 B

29

526) e i globi dorati, entrambi tipici del XIII secolo91. Alcuni dettagli contribuiscono a fissare la data del codice all’ultimo quarto del secolo: l’acconciatura femminile con i capelli raccolti ai lati delle tempie con retine colorate92; le vesti maschili e femminili prive di cintura; la netta separazione fra lo spazio destinato alle illustrazioni rispetto a quello destinato alle iniziali, con il conseguente diradamento delle iniziali istoriate, qui rappresentate in un solo caso, a c.65r93.

L’expertise di Eberhard Koenig individua nelle illustrazioni dell’Urbinate 376 le mani di due artisti distinti. Il primo di questi realizza tutte le miniature, ad eccezione di quella di c.51v. Koenig lo identifica con il copista e miniatore Berthaud, originario d’Achy nel Beauvaisis – 100 km a nord di Parigi –, attivo a Parigi all’epoca di Filippo IV (1269-1314) e autore delle illustrazioni di almeno altri tre codici oltre alla Rose urbinate: il Coutumier du comté de Clermont en Beauvaisis del giurista e membro dell’amministrazione reale (dal 1284 al 1296) Philippe de Beaumanoir (1252 ca. – 1296), trasmesso dal manoscritto Berlin, Staatsbibliothek, Ham. 193, che Koenig ipotizza essere una copia di lusso realizzata su commissione dell’autore stesso non molto più tardi del 1283, data di composizione dell’opera94, ma che l’editore Salmon considera piuttosto, su base paleografica, copia della fine del XIII secolo o dell’inizio del XIV secolo95; il frammento della Summa super titulis

decretalium di Enrico da Susa, copiato in Italia, probabilmente a Bologna – la grafia è una bella littera bononiensis posata – e riprodotto nel catalogo di vendita del 23 giugno 1987 della casa d’aste

Sotheby’s di Londra, di collocazione attualmente ignota; infine la Petite bible historiale complétée cosiddetta ‘del prigioniero’ del manoscritto London, British Library, Royal I A XX, copiata nel 1312 dal chierico Robert de la Marche allora detenuto a Parigi.

Il fatto che Berthaud abbia lavorato su materiali provenienti dallo scrittoio del suo conterraneo Philippe di Beaumanoir – indipendentemente dal fatto che ciò sia avvenuto prima della morte di Philippe, come ipotizza Koenig, oppure dopo, come ipotizza Salmon – appare particolarmente

91 K

OENIG 1987: 146. Li ritroviamo, ad esempio, nella Bibbia di Étienne d’Abbeville – manoscritto Paris, BnF, lat.15469 –, databile prima del 1288. Nell’Image du monde del manoscritto Rennes, Bibliothèque de Rennes Métropole, 593, del 1303, i fondi delle miniature conservano i tre puntini bianchi, ma non i globi dorati.

92 K

OENIG 1987: 143.

93 K

OENIG 1987: 146.

94 K

OENIG 1987: 149-150. Gli argomenti su cui si basa l’ipotesi di Koenig sono i seguenti: dei testimoni antichi il berlinese è l’unico a separare, con un contrassegno, il colofone con la ‘firma’ di Philippe de Beaumanoir dal resto dell’opera; posto che il Coutumier è un testo nuovo nel suo genere e che il berlinese ne è uno dei testimoni più antichi, l’importanza e la puntualità del ciclo illustrativo del codice, con 74 miniature realizzate, probabilmente, senza un modello preesistente e, a quanto pare, senza il supporto di indicazioni marginali – come quelle dell’Urbinate 376 –, lascia pensare ad una collaborazione diretta con l’autore del testo.

95 S

ALMON 1899-1900: II, XIX-XXI. Salmon, pur considerando il manoscritto di Berlino (siglato B), assieme al ms. Paris, BnF, fr. 11652 (siglato A), uno dei migliori e più completi testimoni dell’opera, ne ipotizza – sulla base degli errori di tradizione – una certa distanza dall’originale. Il testo del Coutumier, secondo Salmon (II, XXXIX-XLI), sarebbe stata dettato dall’autore che non avrebbe avuto modo di correggerlo e quindi di pubblicarlo prima della sua morte, nel 1296: «[…] le texte auquel nous a amené l’examen critique des mss. est le brouillon même dicté si rapidement par Beaumanoir à son secrétaire, amendé par lui à plusieurs reprises, réservé pour une correction définitive que la mort […] l’empêcha d’exécuter » (II, XLI).

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significativo in rapporto alla Rose urbinate. Si consideri infatti che il padre di Philippe di Beaumanoir, Philippe di Remy96 (1205 ca. – 1265 ca.), il celebre poeta e romanziere, non solo era stato balivo del Gâtinais (dal 1237 ca. al 1250), regione comprendente il villaggio di Lorris, di cui si suppone originario il Guillaume della Rose, ma, come risulta dalle sue opere, doveva aver letto e apprezzato la prima parte della roman. È anzi possibile che i due autori, Philippe de Remi e Guillaume de Lorris, si conoscessero personalmente, se si accoglie la tesi proposta dall’abate Bernois97, poi ripresa da Rita Lejeune98, che identifica Guillaume con Guillaume II di Lorris, figlio di Guillaume I – che nel 1210 riceve dal re Filippo II il titolo di «sergent» –, impegnato nel settembre del 1242 assieme a Philippe nella promulgazione di una serie di sentenze arbitrali documentate dalle carte di Fleury-sur-Loire.

La presenza della prima Rose nella biblioteca di Philippe di Remy e da qui in quella del figlio Philippe de Beaumanoir appare, dunque, una possibilità tutt’altro che remota così come appare plausibile che proprio da Philippe figlio o da qualcuno a lui vicino venisse l’idea di realizzare una lussuosa copia del roman completa della continuazione di Jean de Meun e miniata da un artista del Beauvaisis come Berthaud.

Le principali caratteristiche dello stile di Berthaud d’Achy sono (FIGG. 153-160)99: • le figure tozze, con teste e mani sproporzionate;

• la leggera torsione delle figure femminili;

• i volti dalla forma triangolare, con fronte bassa e larga e mento che in alcuni casi si collega direttamente alla linea del collo;

• gli occhi grandi, rotondi o a goccia, uno solo dei quali – nelle pose di tre quarti – è provvisto di ‘coda’ orizzontale;

• le bocche toccate di rosso, con labbro superiore arricciato, come se sorridessero;

• la povertà degli elementi architettonici e del paesaggio, tra cui alberi piccoli e bassi, dalle chiome arrotondate, a forma di ‘clava’, di tradizione tardo-antica.

Notevoli risultano le affinità stilistiche con il cosiddetto Maestro di Thomas de Maubeuge (vedi oltre), attivo a Parigi a partire dai primi anni del Trecento, il che suggerisce di avanzare la datazione dell’Urbinate 376 proposta da Koenig, 1280 ca.100, già parsa discutibile ai Rouse101, almeno agli

96 Per la distinzione dei due Philippe, a lungo confusi, si veda G

ICQUEL 1981. 97 BERNOIS 1914: 308-311. 98 L EJEUNE 1976. 99 K OENIG 1987: 141-144.

100 La datazione di Koenig risulta basata, essenzialmente, sui seguenti elementi: il confronto – a mio parere meno

stringente di quello con lo stile del Maestro di Thomas de Maubeuge – dello stile dell’Urbinate con lo stile della Bibbia del ms. Paris, BnF, lat.15469, databile prima del 1288; la constatazione che le miniature dell’Urbinate 376 non risultano influenzate dalle novità stilistiche messe a punto fra 1285 ca. e 1300 ca. dal Maestro Honoré: lo stesso vale però anche per le miniature, senz’altro trecentesche, del Maestro di Thomas de Maubeuge e per un grande numero di artisti coevi

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anni ’90 del Duecento e di localizzarne lo stile nella capitale – ipotesi già considerata come la più economica da Koenig102 – piuttosto che ai confini delle Fiandre, come suggerito da Kuhn103.

Il secondo artista realizza una sola miniatura, a c.51v, terza carta del settimo fascicolo, quaternione. Il fatto che sia c.51r che c.54r – altra metà del foglio costituito dalle cc.51 e 54 – siano illustrate dal primo artista risulta piuttosto singolare: è infatti abitudine dei miniatori dividersi il lavoro per fascicoli o per singoli fogli sciolti, non per carte104. Probabilmente la miniatura, rimasta accidentalmente incompiuta – come accade ad esempio alla miniatura di c.8r del manoscritto fr.1576 –, viene completata solo in un secondo tempo105. Altro esempio di questo tipo è la miniatura di c.68r del manoscritto fr.12587, chiaramente posteriore rispetto al resto delle illustrazioni del codice. Diverso il caso della Rose del manoscritto Rennes, Bibliothèque de Rennes métropole, 243 in cui il Maestro della Rose del ms. Bruxelles, Bibliothèque Royale, 9574-75 dipinge la miniatura frontespiziale: in questo caso un miniatore di qualità superiore a quello impegnato nel resto del codice viene ingaggiato per realizzare l’illustrazione più visibile e dunque più importante del ciclo.

Il secondo artista dell’Urbinate 376 si differenzia dal primo per le seguenti caratteristiche (FIG. 161):

• figure più snelle ed eleganti;

• acconciature più folte realizzate con tratto fine e analitico; • occhi più piccoli, con ‘coda’ meno pronunciata;

• gomiti angolosi;

• dita affusolate e mobili;

• abiti con cintura, dal drappeggio morbido e meglio modellato;

• alberi dal tronco sottile, con fronde meno compatte, diversi dal tipo tardo-antico; • cornici con motivi decorativi peculiari106.

Koenig propone di identificarlo con il Maestro del Méliacin del manoscritto Paris, BnF, fr. 1633 (Paris, 1285-86)107, sottolineando una certa analogia nel tratteggio delle acconciature, piuttosto ‘vaporose’, nel decoro delle cornici e nel dettaglio delle vesti cinte in vita108. Tuttavia la mano dell’Urbinate risulta molto più approssimativa nella resa delle figure – magre e rigide – e dei impegnati nell’illustrazione di testi volgari; la datazione, non dimostrabile, al 1283 del Coutumier del manoscritto Berlin, Staatsbibliothek, Ham. 193 la cui iconografia, secondo Koenig, sarebbe ispirata a quella della Rose. Cfr. KOENIG

1987: 145-156. 101 R OUSE-ROUSE 2000: 389 n.53. 102 KOENIG 1987: 156-158. 103 K UHN 1913-14.

104 Si vedano i numerosi esempi di collaborazione fra miniatori su testimoni della Rose raccolti dai Rouse. Cfr. R

OUSE- ROUSE 2000: Appendice 7F, 176-179; Appendice 8D, 195-200; Appendice 9A, 202-206.

105

Così anche Koenig, cfr. KOENIG 1987: 148.

106 K

OENIG 1987: 144.

107 Sul Maestro del Méliacin si vedano le schede di François Avril in L’art au temps 1998: 266-272 nn°174-179. 108 K

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panneggi, mentre i visi, meno arrotondati, si distinguono per i seguenti dettagli: i nasi corti; le sopracciglia uncinate, non arrotondate; gli occhi asimmetrici nel volto femminile; il ricciolo sulla fronte nell’acconciatura maschile. Meglio dunque parlare di un emulo del Maestro del Méliacin – già segnalato da Vitzthum come uno dei miniatori più ragguardevoli degli anni 1270-80109 – piuttosto che del Maestro stesso.

MAESTRO DI THOMAS DE MAUBEUGE

Attivo a Parigi a partire, almeno, dal 1303, data del ms. Rennes, Bibliothèque Municipale 593, con l’Image du monde di Gossuin de Metz, fino al 1342, data del Giustiniano in francese del ms. Paris, BnF, fr.498, il cosiddetto Maestro di Thomas de Maubeuge realizza le miniature di un importante numero di manoscritti, una trentina, per buona parte opere letterarie in lingua francese: oltre alla Rose, il Roman du Graal110, l’Histoire de Merlin111, il Roman de Renart112, il Roman

d’Alexandre113, il Roman de Meliacin114 e il Tristan in prosa115 (cfr. APPENDICE 3). Tre codici, in particolare, sono realizzati su commissione di Thomas de Maubeuge – da cui la denominazione del maestro proposta dai Rouse116 –, uno dei più importanti libraire della Parigi dell’epoca, fra i cui clienti figurano membri della famiglia reale (re Charles IV, Jean le Bon, duca di Normandia e futuro re di Francia e Mahaut, contessa d’Artois), dell’alta nobiltà (Guillaume le Bon, conte di Hainaut, Olanda e Zeeland) e grandi funzionari di corte (Pierre Honoré de Neufchâtel, bailli di Charles de Valois e fratello di re Philippe le Bon). Si tratta dei manoscritti Paris, BnF, fr.10132, Grandes

chroniques de France, datato 1318; Paris, Bibliothèque de l’Arsenal 5204, collezione di testi

agiografici in lingua francese, 1327-30 ca.; e London, British Library, Add. 17275, collezione di testi agiografici in lingua francese, 1326-28 ca.

Prolifico e longevo il Maestro di Thomas de Maubeuge lavora dunque per alcuni dei più importanti committenti della capitale, anche se il suo campo di azione resta limitato ai soli testi vernacolari – solo tre, allo stato attuale delle ricerche, i testi latini da lui illustrati, due di stampo universitario, il Decretum di Graziano e il De animalibus di Aristotele e un messale117 –, mentre non si conoscono sue prove in quelle tipologie librarie di grande lusso – breviari, salteri e bibbie latine – che sono vetrine ideali per il talento, geniale e innovatore, dei suoi contemporanei, il

109 V

ITZTHUM 1907: 24, 32, 55.

110 Firenze, BML, Ash. 121; Paris, BnF, fr.9123 111

Paris, BnF, fr.9123

112 Oxford, Bodleian Library, Douce 860; Paris, BnF, fr.1580 113 Paris, BnF, fr.790; Paris, BnF, fr.1590

114 Paris, BnF, fr.1455 115

Città del Vaticano, BAV, Pal. Lat. 1964

116 V

ITZTHUM 1907, 176; ROUSE –ROUSE 2000.

117 Paris, BnF, lat. 14318, Decretum di Graziano; Paris, BnF, lat. 16165, De animalibus, una sola miniatura; Paris,

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Maestro Honoré e Jean Pucelle. Al contrario di questi lo stile del Maestro di Thomas de Maubeuge, di modesta qualità, resta saldamente legato ai modelli duecenteschi.

Il Maestro di Thomas de Maubeuge è il primo miniatore a lavorare su un gruppo numericamente consistente di codici della Rose. Nel recente Manuscripts and their makers (2000), Mary e Richard Rouse attribuiscono all’artista ben cinque testimoni: il manoscritto Paris, Bibliothèque de l’Arsenal, 3338, copiato in collaborazione con Jeanne de Montbaston, i manoscritti Pari, BnF, fr. 1559, fr. 9345 e fr. 12589 e il manoscritto Frankfurt, Stadt- und Universitätsbibliothek, Lat. Qu. 65118.

Un sesto testimone è senz’altro il ms. Den Haag, Koninklijke Bibliotheek, 120 D 13119 che presenta un ciclo di 10 miniature fra cui una miniatura frontespiziale a due colonne di mm. 70x130 e 9 miniature a una colonna di mm 45x60 ca., tutte su fondo uniforme dorato. Vi si rintracciano tutte le principali marche stilistiche dell’artista, presenti lungo l’intero arco della sua produzione (FIGG. 162-165):

• occhi triangolari con sopracciglia molto arcuate; • labbra e guance toccate di rosso;

• acconciature maschili, tracciate a penna, con un caratteristico ricciolo al centro della fronte120. Come si nota dalla TABELLA 1 il Maestro di Thomas de Maubeuge lavora su codici molto diversi fra loro: variano sensibilmente, oltre al numero delle miniature, che raggiunge le 83 nel fr.9345, realizzato in collaborazione con un altro artista – che realizza le illustrazioni della maggior parte dei fascicoli (3-8) –, sia le taglie – pressoché identiche le dimensioni del Den Haag 120 D 13 (235x175mm) e del Frankfurt Lat. Qu. 65 (245x165mm) – che i tipi di impaginazione – fra cui merita di essere sottolineata l’impaginazione a tre colonne del fr.9345, rara nei testimoni della

Rose121 –, così come le famiglie testuali di appartenenza e le mani degli scribi. Questi dati

suggeriscono che il maestro doveva collaborare con diversi ateliers di copia.

TABELLA 1

SEGNATURA FAMIGLIE TESTUALI

TAGLIA IMPAGINAZIONE SCRITTURA NUMERO E TIPO MINIATURE FONDO MINIATURE DECORAZIONE MARGINALE Den Haag 120 D 13

Ko/Ko medio piccola (410mm) 2 colonne da 42- 44 righe gotica corsiveggiante 1 a due colonne 9 a una colonna uniforme dorato no Frankfurt Lat. Qu. 65 medio piccola (410mm) 2 colonne di 34 righe

gotichetta 14 a una colonna uniforme dorato no Paris, Arsenal 3338 Kl/Nh medio grande (540mm) 2 colonne da 40 righe

gotica libraria 1 a due colonne 36 a una colonna

vari sì Paris, BnF,

fr.1559

La/La medio piccola (480mm)

2 colonne da 32 righe

gotichetta 21 a una colonna uniforme dorato

sì Paris, BnF,

fr.9345

Fi/Lq medio grande (536mm)

3 colonne da 62 righe

gotichetta 83 a una colonna vari sì Paris, BnF, fr. 12589 Ld/Ld medio grande (493mm) 2 colonne di 32 righe

gotica libraria 13 a una colonna vari mancano le carte iniziali

118

ROUSE –ROUSE 2000: Appendice 7F, 176-179.

119 La mia attribuzione è stata verificata e confermata dalla Professoressa Gousset. 120 R

OUSE –ROUSE 2000

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Risulta difficile stabilire, in assenza di significativi scarti stilistici, la cronologia relativa dei cicli illustrativi. Il fr.1559 è solitamente indicato come il più antico del gruppo122. A questo proposito si noteranno alcuni elementi che il codice ha in comune con il ms. Rennes, Bibliothèque Municipale, 593, datato 1303123, e che lo distinguono dagli altri codici della Rose miniati dal Maestro di Thomas de Maubeuge (FIGG. 166-169):

• i volti tendono ad essere più magri e allungati, non tondeggianti; • i menti delle figure maschili sono spesso piatti, non arrotondati;

• i nasi sono sottili e uncinati, con la pinna nasale rivolta all’insù e non orizzontale e allungata come altrove.

D’altra parte il fr.1559 si distingue dal Rennes 593 per le seguenti caratteristiche: • le figure sono complessivamente più esili e allungate;

• gli occhi sono più piccoli e ravvicinati;

• le lunghe maniche tubolari delle sopravvesti maschili ricadono formando una piega ad X e non a

U.

È dunque possibile che il fr.1559 rappresenti una fase della produzione del Maestro anteriore allo stesso Rennes 593 e dunque al 1303. La precedenza, rispetto agli altri testimoni della Rose, sarebbe poi confermata da alcune peculiarità del ciclo iconografico del codice, come la scelta di rappresentare Papelardie come un frate e non come una monaca (FIGG. 170-173) o, nel caso di

Pauvreté, la scelta di dipingere la figura in piedi e con il capo scoperto, anziché seduta su un

monticello di terra e con il capo coperto (FIGG. 174-177). D’altra parte la presenza, nell’abbigliamento femminile, di surcotes ouvertes con tagli laterali piuttosto profondi, come quelle tipiche dei primi decenni del Trecento (cfr. Bodmer 79, c.5r)124, suggerisce di non arretrare troppo la datazione (FIGG. 178-179).

Più tardo, senza dubbio, è il manoscritto Arsenal 3338, realizzato in collaborazione con Jeanne de Montbaston, la cui attività a Parigi, assieme al marito Richard, è documentabile a partire dal 1325125. Evidenti, qui, sono la crudezza e la rapidità dell’esecuzione, gli stessi che si rintracciano, ad esempio, nel Roman de Renart del manoscritto Oxford, Bodleian Library, Douce 360, del 1339: i dettagli del viso sono sommari, con occhi spesso asimmetrici e la pinna del naso che si allunga,

122 K

UHN 1913-14: 12.

123 Su questo manoscritto rimando alla monografia curata da Sophie Cassagnes-Brouquet: C

ASSAGNES-BROUQUET

2003.

124

SCOTT 2007: 204. I tagli laterali della surcote ouverte tendono ad allungarsi fino alle anche verso la metà del XIV secolo. Nell’ultimo quarto del Duecento sono ancora corti, come nel salterio di Alphonso, ms. London, BL, Add. 24686, del 1281-84 (p.70 fig.41) e nella Somme le roi del ms. London, BL, Add. 28162 (pp.74-75, fig.44).

125 R

35

orizzontalmente, a toccare il contorno delle labbra o degli occhi stessi, mentre i panneggi si riducono a poche linee grossolane. Le figure, tozze, sono disposte in una ridottissima gamma di posizioni, con alcuni evidenti errori di disegno, come nel caso della vignetta di c.102v, in cui non è chiaro se la figura sulla destra sia seduta sullo scranno o sia in piedi. Altra caratteristica è il maggiore impiego del colore verde, non più limitato, esclusivamente, ai dettagli vegetali: lo stesso avviene nei manoscritti Den Haag 120 D 13 e fr.9345 e, più limitatamente, nel Frankfurt Lat. Qu. 65. Nel complesso, dato il ridotto numero di miniature realizzate e la loro bassa qualità, si può pensare che, all’altezza dell’Arsenal 3338, il maestro fosse già anziano e la sua capacità di lavoro fosse limitata (FIGG. 180-182).

Una simile sommarietà del tratto si ritrova anche nei manoscritti Den Haag 120 D 13 e fr.9345, quest’ultimo realizzato in collaborazione con un altro miniatore, dove si moltiplicano le deformità e le asimmetrie delle figure: mani – come nella Papelardie del Den Haag 120 D 13 (FIG. 171) e nel

Narciso del fr.9345 – e piedi – come nell’immagine dell’autore nel fr.9345 – troppo grandi, gobbe

– come nella prima figura a sinistra nella Carola del Den Haag 120 D 13 (FIG. 162) – e così via. I due codici hanno poi in comune il dettaglio della barba di Dangier, assente negli altri testimoni, ma presente nel Dangier, ad opera di Jeanne de Montbaston, dell’Arsenal 3338. Con questo codice il Den Haag 120 D 13 condivide, inoltre, l’impostazione del frontespizio, l’unico a due colonne tra le

Rose del Maestro di Thomas de Maubeuge. Nel Den Haag 120 D 13 (FIG. 117) ritroviamo la stessa giustapposizione fra poeta addormentato con cespuglio di rose alle spalle – nell’Arsenal 3338 la figura di Dangier è spostata nella seconda fascia del frontespizio – e muro di cinta del giardino di

Deduit, da cui sporge il busto di Oiseuse con la chiave, che è presente nel frontespizio dell’Arsenal

3338 (FIG. 148). Simile è anche la scelta di fare della torre, sormontata da una cupola emisferica, l’elemento di partizione fra le due scene.

Per tutti questi elementi mi sembra legittimo datare le miniature di questi testimoni ad un’epoca più tarda rispetto a quelle dei manoscritti fr.12589 e Frankfurt Lat. Qu. 65, il cui modellato, più morbido e preciso, ricorda quello di opere della piena maturità del maestro come le Grandes

Chroniques de France del manoscritto Paris, BnF, fr.10132, del 1318 o del Roman d’Alexandre del