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COMPLESSO ACQUIFERO DELLE PIANURA PISANA

8.3 MONITORAGGIO IN CONTINUO

9. ANALISI DI LABORATORIO

Le analisi chimiche di laboratorio sono state effettuate solo per la campagna di Settembre 2013, relativa al periodo di magra, per poter confrontare i risultati con quelli delle analisi chimiche della campagna di Giugno 2013, relativa invece al periodo di morbida, in riferimento alle precipitazioni assai superiori ai valori medi del periodo e alla richiesta idrica non eccessiva. Sono stati presi in considerazione 49 punti di misura: 42 riguardano il primo acquifero confinato in ghiaie, 5 l’acquifero superficiale e infine 2 sono relativi ai corsi d’acqua che delimitano l’area di studio (un campione per il Fiume Arno e l’altro per il Canale Scolmatore). Presso il Laboratorio di Chimica delle Acque del CNR-IGG sono state eseguite le analisi chimiche dei campioni raccolti per valutare le concentrazioni dei principali anioni (Cl-, SO4= e NO3-) e cationi (Ca++, Mg++, Na+ e K+).

Gli anioni sono stati determinati tramite l’uso di un cromatografo ionico (Fig. 9a), il quale è composto da:

una pompa isocratica capace di fornire un flusso da 0.5 a 2.5 ml/min; un soppressore chimico o elettrochimico;

un rivelatore a conducibilità con compensazione della temperatura; una colonna di separazione a scambio anionico;

un contenitore per l’eluente;

sistema di acquisizione dati mediante integratore.

Figura 9a - Cromatografo Ionico. Cromatografo

Vengono inseriti nel cromatografo circa 5 ml di campione tramite una siringa e successivamente tale soluzione entra in contatto con la colonna cromatografica; qui la diversa affinità tra elementi e gruppi reattivi della colonna fa sì che le diverse sostanze presenti nel campione vengano separate in modo da permettere allo strumento la lettura delle varie quantità presenti. Per evitare un disturbo a tale lettura, dovuto ai diversi contenuti di ione bicarbonato nei vari campioni, questi ultimi vengono trattati in modo da ottenere per tutti la solita alcalinità. Il cromatografo ionico è collegato ad un integratore che riceve il segnale e lo diagramma in funzione del tempo, ottenendo così un cromatogramma, grafico caratterizzato da una serie di picchi simmetrici, ognuno dei quali corrisponde ad uno specifico ione (vedi Fig. 9b). Tale diagramma è efficace sia per valutazioni qualitative che quantitative. La posizione dei vari picchi sull’asse dei tempi, ossia il tempo di ritenzione, rappresenta l’informazione qualitativa di un cromatogramma, poiché serve ad identificare i componenti che costituiscono il campione. Infatti, a parità di condizioni analitiche (colonna, fase mobile, pressione, temperatura, ecc.), il tempo di ritenzione è costante, per un dato ione, in funzione della sua grandezza, della sua carica e dell’affinità con i gruppi reattivi della colonna:

- il primo picco relativo ai cloruri, si presenta dopo circa 1,7 minuti;

- il secondo picco, quello dei nitrati, avviene dopo circa 3 minuti;

t0 Tempo nullo

Tempo necessario alla fase mobile per scorrere attraverso il sistema di separazione

t Tempo di ritenzione Tempo necessario per la visualizzazione della

concentrazione massima di una fase iniettata t’ Tempo di ritenzione netto Tempo di ritenzione t’ meno il tempo nullo t0 σ1 Deviazione standard Larghezza di metà picco nei punti di inflessione

w0.5 Larghezza del picco a metà altezza = 2.354 σ1

wh Larghezza basale del picco = 4 σ1

Fig. 9b - Schema di illustrazione delle caratteristiche di un cromatogramma (da Giusti, 2006)

L’informazione quantitativa del cromatogramma è invece data dalle aree e dalle altezze dei picchi che forniscono la concentrazione di ciascun componente del campione; infatti, per analisi cromatografiche in cui si utilizza un rivelatore di conduttività, l’area sottesa dal picco relativo ad uno specifico ione è direttamente proporzionale alla quantità dello ione stesso. D’altra parte, quando la forma del picco rimane costante, l’altezza dello stesso risulta direttamente proporzionale all’area del picco e può quindi essere utilizzata per calcolare le concentrazioni delle singole sostanze.

Fig. 9c - Soluzioni standard.

Prima di analizzare le acque campionate il sistema per cromatografia ionica (IC) è stato opportunamente calibrato per mezzo di soluzioni standard (Fig. 9c). Passando al cromatografo tali soluzioni con concentrazione nota, si possono creare delle curve di riferimento (altezze picchi/concentrazioni), dalle quali, conoscendo le altezze dei picchi inerenti ai campioni, si risale alle concentrazioni di questi ultimi. In base alla conducibilità dei campioni, si cerca di diluire gli stessi, in modo da ottenere delle altezze di picco comprese tra quella minima e quella massima

degli standard; alla fine occorrerà, quindi, moltiplicare le concentrazioni delle soluzioni analizzate per i rispettivi fattori di diluizione. Dal confronto dei dati ottenuti dall’analisi del campione con quelli derivati dallo standard, vengono identificate e quantificate le specie chimiche presenti nel campione.

I cationi sono stati determinati tramite spettrometria ottica in emissione con sorgente al plasma con rivelatore ottico (ICP-OES); lo strumento base è costituito dalla torcia per ICP, dove viene generato il plasma e introdotto il campione nebulizzato in argon, e dalla parte ottica che raccoglie e quantifica l’intensità luminosa emessa dagli elementi analizzati.

Il campione viene normalmente trasportato allo strumento come un flusso di liquido. Nell’interno dello strumento il liquido viene trasformato in aerosol attraverso un processo noto come nebulizzazione; in queste condizioni si possono raccogliere temperature comprese tra i 7000 e i 10000 K, condizione in cui tutti gli elementi presenti nel campione nebulizzato raggiungono un livello energetico superiore al loro stato fondamentale. La prima funzione dell’alta temperatura del plasma è la rimozione del solvente (desolvatazione) dall’aerosol, trasformando il campione in micro-particelle di sali. Il passo successivo consiste nella decomposizione delle particelle di sali in un gas costituito dalle singole molecole (vaporizzazione) che sono poi dissociate nei singoli atomi (atomizzazione); oltre al miglioramento dell’efficienza di eccitazione e di ionizzazione, le maggiori temperature dell’ICP riducono o eliminano anche molte delle interferenze chimiche riscontrate in altre sorgenti di emissione, come le fiamme e i fornetti. Gli elettroni dell’atomo eccitati, tornando poi allo stato fondamentale per via diretta o attraverso livelli energetici intermedi, emettono quanti di energia luminosa che generano uno spettro di emissione a diverse lunghezze d’onda. Ciascuna riga dello spettro è originata da una particolare transizione elettronica tra due differenti livelli energetici, e poiché ciascuna specie atomica è caratterizzata da una serie di possibili stati o livelli energetici, gli atomi producono un proprio spettro di emissione caratteristico.

Nella tecnica ICP-OES, l’ottenimento di informazioni qualitative e quantitative da un campione è, generalmente, una procedura semplice. Le informazioni qualitative, ossia quali elementi sono presenti nel campione, includono l’identificazione della presenza di emissioni alle lunghezze d’onda caratteristiche degli elementi di interesse. In generale, almeno tre righe spettrali dell’elemento dovrebbero essere esaminate per essere sicuri che l’emissione in esame possa essere sicuramente assegnata all’elemento di interesse. Occasionali interferenze spettrali causate da altri elementi possono creare dubbi circa la presenza di un elemento nel plasma. Fortunatamente, il relativamente ampio numero di righe di emissione disponibili per molti

elementi consente di superare queste interferenze, grazie alla possibilità di scegliere tra le diverse righe di emissione dell’elemento. Informazioni quantitative, ossia quanto un certo elemento sia contenuto nel campione, possono essere ottenute utilizzando dei grafici riportanti l’intensità d’emissione in funzione della concentrazione e denominati curve di calibrazione (Fig. 9d). Soluzioni contenenti concentrazioni note degli elementi di interesse, chiamate soluzioni standard, sono introdotte nell’ICP e viene misurata l’intensità dell’emissione caratteristica di ogni elemento, o analita. Si può ora costruire un grafico in cui si riportano queste intensità in funzione della concentrazione degli standard, in modo da ottenere una curva di calibrazione per ogni elemento. Quando l’intensità d’emissione di un analita viene misurata, l’intensità rilevata viene confrontata con la curva di calibrazione dell’elemento in modo da ricavare la concentrazione corrispondente a tale intensità. Tutte le radiazioni luminose emesse vengono raccolte da uno spettrometro normalmente operante nella regione spettrale che va dall’ultravioletto al vicino infrarosso (da 170 a 800 nm) e, al fine di separare al meglio le linee di emissione di questi elementi, questi spettrometri devono avere un’elevata risoluzione spettrale.

Fig. 9d - Curva di calibrazione utilizzata in ICP-OES.

Negli spettrofotometri ICP (Fig. 9e) l’orientamento della torcia può essere radiale od assiale (verticale oppure orizzontale) rispetto all’ottica di acquisizione: la torcia radiale ha normalmente meno interferenze ma anche una minor sensibilità analitica rispetto a quella assiale.

Fig. 9e - ICP-OES

Per ogni singolo campione si è provveduto ad una verifica della qualità dei dati ottenuti, controllando i bilanci ionici e calcolando lo sbilanciamento esistente tra le cariche positive e le cariche negative. Infatti, una condizione fondamentale delle soluzioni elettrolitiche è l’elettroneutralità, ovvero l’uguaglianza tra la somma delle concentrazioni, espresse in meq/l delle cariche ioniche positive e la somma delle cariche ioniche negative:

Ʃ cationi = Ʃ anioni

Questa equazione, meglio conosciuta come equazione di elettroneutralità o di bilancio di carica, è usata in quasi tutti i calcoli che interessano interazioni di equilibrio acqua-roccia. I risultati di un’analisi chimica devono, infatti, verificare questa uguaglianza tra cationi e anioni, poiché significative deviazioni di essa, potrebbero indicare sia errori analitici nelle misure delle concentrazioni, sia la mancata determinazione di specie ioniche presenti in concentrazioni significative.

La deviazione dall’uguaglianza può essere calcolata secondo la seguente formula:

Dove Δ è l’errore di bilancio di carica espresso in percentuale e Ʃ cationi e Ʃ anioni sono rispettivamente le somme delle concentrazioni, espresse in meq/l, di tutti i cationi e di tutti gli anioni. Generalmente, un’analisi viene considerata corretta per valori di | Δ | < 5 %. Per come è stato calcolato, il Δ % avrà segno negativo, quando la somma delle cariche negative è maggiore della somma delle cariche positive, mentre avrà segno positivo nel caso contrario.

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