Β§.1 Considerazioni generali sulle trasformazioni modulari2
Una trasformazione3 ^πΌ π½
πΎ πΏ_ cioΓ¨ una trasformazione π₯ = πΌπ + π½π π¦ = πΎπ + πΏπ
Dove πΌ, π½, πΎ, πΏ sono numeri interi ed πΌπΏ β π½πΎ = Β±1 trasforma in se stessa la solita rete; fa cioΓ¨ corrispondere a coppie di valori interi per π₯, π¦ coppie di valori interi per π, π; e viceversa. Una tale trasformazione si dirΓ modulare4, propria se πΌπΏ β π½πΎ = 1, impropria se πΌπΏ β π½πΎ =
β1. Salvo avvertenza contraria, noi parleremo soltanto di trasformazioni modulari proprie. // Sia π(π₯, π¦) un polinomio in π₯, π¦. L'equazione
π = π(π₯, π¦)
sarΓ risolubile con valori interi di π₯, π¦ soltanto quando sia risolubile con valori interi di π, π la
π = π(πΌπ + π½π, πΎπ + πΏπ)
Dove ^πΌ π½πΎ πΏ_ Γ¨ una trasformazione modulare (anche impropria). Noi diremo che π(πΌπ + π½π, πΎπ + πΏπ)
(che Γ¨ un polinomio nelle π, π) Γ¨ equivalente ad π(π₯, π¦) (propriamente od impropriamente5
secondo che ^πΌ π½πΎ πΏ_ Γ¨ propria ed impropria6).
Salvo avvertenza contraria, parleremo soltanto di equivalenza propria.
PoichΓ© il prodotto di due trasformazioni modulari proprie Γ¨ ancora una trasformazione modulare propria, e l'inversa di una trasformazione modulare propria Γ¨ ancora modulare propria, ne segue che tali trasformazioni modulari formano un gruppo7, e che due polinomi
equivalenti ad un terzo sono equivalenti tra loro.
Consideriamo, p. es., i polinomi ππ₯ + ππ¦ a coefficienti interi π, π. Se πΏ Γ¨ il M.C.D. di π, π, allora >V e VJ sono primi tra loro; esiste//ranno due numeri πΌ, π½ tali che
1 Gli argomenti trattati da Fubini in questo capitolo non sono presenti nellβopera di Bianchi Lezioni sulla teoria
dei numeri algebrici e di aritmetica analitica, mentre vengono trattati da Gazzaniga ne Gli elementi della teoria dei numeri esclusivamente dal punto di vista algebrico e senza cenni alle applicazioni geometriche. Alcuni di
questi argomenti, invece, sono presenti nellβopera di Bianchi Lezioni sulla Teoria aritmetica delle forme
quadratiche binarie e ternarie, p. 1-58, 104-155 .
2 Klein 1896, p. 3-9 e 34-38. 3 Gazzaniga 1903, cap. VIII, p. 163.
4 Idem, cap. VIII, p. 164. Gazzaniga scrive βdiremo quindi sostituzioni modulari quelle in cui il determinante Γ¨ uguale a +1β.
5 Gauss 1801, sez. V, art. 158, p. 125, 126. Fubini adotta la notazione e le definizioni fornite introdotte da Gauss nel paragrafo Aequivalentia, propria et impropria.
6 Dirichlet 1877 (trad. 1881), cap. IV, Β§54, p. 126. Dirichlet introduce qui anche la nozione di βsostituzioni simili/dissimiliβ, elemento cui Fubini invece non accenna.
Guido Fubini > VπΌ + J Vπ½ = 1 ossia ππΌ + ππ½ = πΏ. Posto π₯ = πΌπ βJVπ (1) π¦ = π½π +>Vπ
la trasformazione così definita è modulare (propria). Ed è
ππ₯ + ππ¦ = (ππΌ + ππ½)π = πΏπ.
CioΓ¨ ππ₯ + ππ¦ Γ¨ equivalente8 a πΏπ, se πΏ Γ¨ il M.C.D. di π, π. Quindi sono perfettamente
equivalenti le equazioni
π = ππ₯ + ππ¦ (2)
π = πΏπ. (3)
Dunque ne ricaviamo di nuovo che la (2) Γ¨ risolubile con interi π₯, π¦ soltanto quando π Γ¨ multiplo di πΏ; e allora π =LV, mentre π Γ¨ arbitrario. Le (1) ci danno tutti9 le possibili
soluzioni di π₯, π¦, ponendovi π = LV e lasciando π arbitrario. Β§.2 Analisi indeterminata di 2Β° grado10
Sia π(π₯, π¦) un polinomio di secondo grado; cerchiamo di vedere quando Γ¨ risolubile in numeri interi l'equazione11
π(π₯, π¦) = ππ₯#+ 2ππ₯π¦ + ππ¦#+ ππ₯ + ππ¦ β π = 0.
// Si dimostra facilmente che la parte essenziale di tale studio Γ¨ quello della risoluzione di una equazione12 π = ππ₯#+ 2ππ₯π¦ + ππ¦# (1) dove13 ππ + π# β 0. Porremo14 π· = ππ β π#; π₯ = π#β ππ.
8 Idem, cap. VIII, p. 166.
9 lapsus del curatore: leggasi βtutteβ.
10 Gazzaniga 1903, cap. VIII, p. 150-153. Cfr. anche Gauss 1801, sez. V, art. 216, p. 215-218. 11 Bianchi 1911-12, cap. II, Β§1, p. 1-3. Cfr. Anche Sommer 1907 (trad. 1911), cap. 3, Β§35, p. 202. 12 Dirichlet 1877 (trad. 1881), cap. IV, Β§60, p. 135.
Capitolo V β Analisi indeterminata di secondo grado e forme quadratiche
107
15Se π, π, π, π sono (come avviene nei casi piΓΉ importanti) numeri interi, noi potremo limitarci
a trovare le soluzioni proprie di (1), cioΓ¨ quelle coppie di valori delle π₯, π¦ primi tra di loro che soddisfano ad (1).
Infatti, se π₯, π¦ Γ¨ una soluzione di (1) ed β Γ¨ il M.C.D. dei numeri π₯, π¦ allora π =C- , π ={- costituiscono una soluzione propria della
πX = L
-5 = ππ#+ 2πππ + ππ#. (2)
Dunque trovare le soluzioni improprie (non proprie) di (1) equivale a trovare le soluzioni proprie di tutte le equazioni (2) il cui primo membro Γ¨ uguale ad un divisore πβ² di π tale che LLP sia un quadrato perfetto. Ora la (2) Γ¨ unβequazione dello stesso tipo di (1). Tutto Γ¨ dunque ridotto a // trovare le soluzioni proprie di un'equazione (1). Sia dunque π₯ = πΌ, π¦ = π½ una soluzione propria di (1). Esisteranno due interi πΎ" πΏ" tali che πΌπΏ"β π½πΎ" = 1. Gli interi
πΎ, πΏ piΓΉ generali, per cui avviene che
πΌπΏ β π½πΎ = 1 (3)
saranno dati dalla
πΎ = πΎ"+ βπΌ (β =intero arbitrario) πΏ = πΏ"+ βπ½.
La π₯ = πΌπ + πΎπ π¦ = π½π + πΏπ
Γ¨ una trasformazione modulare, che trasforma la forma ππ₯#+ 2ππ₯π¦ + ππ¦#
nella forma equivalente16
(ππΌ#+ 2ππΌπ½ + ππ½#)π#+ 2{[ππΌπΎ
" + π(πΌπΏ"+ π½πΎ") + ππΎπΏ"] + β[ππΌ#+ 2ππΌπ½ + ππ½#]}π
+ (ππΎ#+ 2ππΎπΏ + ππΏ#)π#.
Il coefficiente di π# vale π, perchΓ© π₯ = πΌ, π¦ = π½ costituiscono una soluzione di (1). Il
coefficiente di 2ππ vale
π = π"+ βπ (4)
(dove17 π
" = ππΌπΎ"+ π(πΌπΏ"+ π½πΎ) + ππΎπΏ"). Il coefficiente di π# sarΓ indicato con π. Dalla
(3) // si deduce, come Γ¨ ben noto, e come del resto si verifica col calcolo diretto che
π#β ππ = (π#β ππ)(πΌπΏ β π½πΎ)# = π₯. (5)
Dunque
π# β‘ π₯ (πππ π). (5)πππ
15 Dirichlet 1877 (trad. 1881), cap. IV, Β§60, p. 136. 16 e.c. e cor. inf.: 2{[ππΌπΎ
++ π(πΌπΏ++ π½πΎ+) + ππ½πΏ+] + β[ππΌ'+ 2ππΌπ½ + ππ½']}ππ + (ππΎ'+ 2ππΎπΏ + ππΏ')π'.
17 e.c. e cor. sup.: π4= ππΌπΎ
Guido Fubini
Alla soluzione (πΌ, π½) di (1) corrisponde dunque una soluzione π di (5 πππ ). E questa soluzione Γ¨ completamente determinata (πππ π), perchΓ©, come dimostra la (4), ove β Γ¨ arbitrario, il numero π Γ¨ proprio determinato a meno di un multiplo di π.
Prima condizione necessaria18 per la risolubilitΓ di (1) Γ¨ dunque che π₯ sia un residuo
quadratico di19 π.
Seconda condizione necessaria Γ¨ che esista almeno una radice π della (5) tale che la forma
ππ#+ 2πππ + ππ# (6)
(dove π Γ¨ determinato dalla ππ = π#β π₯) sia equivalente alla forma ππ₯#+ 2ππ₯π¦ + ππ¦#. E
si noti che, quando si considera una radice π di (5) per costruire la corrispondente forma (6), Γ¨ inutile considerare le radici a quella congrue secondo il modulo π; ciΓ² Γ¨ evidente per la (4), // dove β Γ¨ arbitrario, e del resto si puΓ² controllare anche cosΓ¬. Due forme
ππ#+ 2πππ + ππ# ππ#+ 2πXππ + πXπ#
ove π#β ππ = πX#β ππX
π β‘ πX (πππ π)
sono sempre equivalenti tra loro. Infatti la trasformazione modulare π = π + βπ (β intero)
π = π posta la prima in
ππ#+ 2(πβ + π)ππ + (πβ#+ 2πβ + π)π#.
Per ipotesi si puΓ² scegliere β cosΓ¬ che πβ + π = πX ( perchΓ© π β πX Γ¨ multiplo di π). Allora
sarΓ anche πβ#+ 2πβ + π = πX (perchΓ© una trasformazione modulare non cambia il
discriminante delle nostre forme). CiΓ² che, volendo, si puΓ² verificare, partendo dalle β =$PL0$, πX#β ππX = π#β ππ.
Viceversa le condizioni necessarie trovate sono anche sufficienti; perchΓ©, se PπΌ πΎπ½ πΏQ Γ¨ una trasformazione modulare che trasforma il secondo membro d i (1) nella (6), allora π₯ = πΌ, π¦ = π½ Γ¨ una soluzione propria di (1). //
Dunque il problema proposto si riduce al seguente: Riconoscere quando due forme quadratiche binarie sono equivalenti; e in caso affermativo trovare le trasformazioni modulari che portano l'una nell'altra20.
Β§.3 Forme definite ridotte
In geometria analitica, per riconoscere se due coniche sono uguali, si riducono le loro equazioni ad una forma canonica prestabilita (p. es., assumendo come assi coordinati gli assi della conica, oppure una direttrice e la perpendicolare calata su di essa dal fuoco corrispondente). E si guarda poi se le due equazioni canoniche trovate per le nostre due coniche coincidono, oppure no. 18 Bianchi 1911-12, cap. I, Β§5, p. 21. Qui Bianchi evidenzia come questa condizione sia necessaria ma non
Capitolo V β Analisi indeterminata di secondo grado e forme quadratiche
109
E notiamo che la riduzione dell'equazione alla forma canonica (o forma ridotta) equivale ad una trasformazione di coordinate.
Così pure nel caso attuale per riconoscere se due forme quadratiche sono equivalenti, cercheremo anzitutto di dedurre da ciascuna di esse delle forme canoniche, o, come diremo con Gauss, delle forme ridotte21, facendo opportune // trasformazioni modulari (queste sono
appunto le trasformazioni, che corrispondono al cambiamento di assi coordinati della geom.[etria] analit.[ica])
Per le forme definite22 positive (π₯ < 0, π
", π" > 0) potremmo servirci dei risultati ottenuti
nell'ultimo paragrafo del capit.[olo] IV coi metodi di Minkowski23. Qui preferiamo affrontare
la questione ex novo. Dire che due forme
π = ππ₯#+ 2ππ₯π¦ + ππ¦#; π
" = π"π₯#+ 2π"π₯π¦ + π"π¦#
(in cui per semplicitΓ diamo lo stesso nome π₯, π¦ alle variabili) sono equivalenti24 significa che
esiste una trasformazione modulare
π₯X = πΌπ₯ + π½π¦ (πΌπΏ β π½πΎ = 1)
π¦X = πΎπ₯ + πΏπ¦
che porta l'una nell'altra25. Una trasformazione modulare Γ¨ in sostanza una affinitΓ (proiettivitΓ
del piano in se stesso che lascia ferma la retta all' β) che lascia ferma l'origine, che trasforma in se stessa la solita rete π dei punti a coordinate intere, e che ha determinante positivo. Dunque il nostro problema acquista la seguente forma geometrica: //
Riconoscere se esiste unβaffinitΓ (a determinante positivo) che trasforma la figura πΉ composta dalla conica
π = ππ₯#+ 2ππ₯π¦ + ππ¦# = 1
e dalla rete π nella figura πΉ" composta dalla conica π" = π"π₯# + 2π
"π₯π¦ + π"π¦#
e dalla stessa rete π .
Osserviamo che non c'Γ¨ bisogno di dire che l'origine deve restare trasformata in sΓ© dalla nostra affinitΓ ; ciΓ² segue dalle altre condizioni perchΓ© l'origine Γ¨ centro di entrambe le coniche, cioΓ¨, Γ¨, rispetto ad entrambe le coniche, il polo della retta all'β: retta che ogni affinitΓ trasforma in sΓ© stessa.
Osserviamo che, se noi non vogliamo introdurre coniche immaginarie, dovremo escludere che π, π" siano forme definite negative; in tal caso basterΓ sostituire alle forme π, π" le βπ, βπ".
21 Gauss 1801, sez. V, p. 164-174. Fubini segue da vicino quanto fatto da Gauss per quanto riguarda lβequivalenza delle forme quadratiche.
22 Bianchi 1911-12, cap. I, Β§6, p. 24. Qui Bianchi spiega perchΓ© tali forme si dicono βdefiniteβ; scrive infatti: βtale forma, non annullandosi mai, serba sempre lo stesso segno per valori qualunque (non interi) di π₯, π¦ e dicesi perciΓ² definita, positiva o negativa secondo che assume solo valori positivi o solo valori negativiβ.
23 Minkowski 1910 Γ¨ lβopera cui qui si allude.
24 Gazzaniga 1903, cap. VIII, p. 166. Gazzaniga definisce βpropriamente equivalentiβ le forme che Fubini chiama βequivalentiβ. Cfr. anche Gauss 1801, sez. V, art. 158, p. 126-128, da cui Fubini riprende anche la notazione utilizzata.
Guido Fubini
Le figure πΉ, πΉ" sono composte di una stessa rete, e di due coniche distinte26; cerchiamo di
ri//durci al caso di figure composte di una stessa conica e di due reti distinte.
Supponiamo π, π" definite positive; supponiamo cioΓ¨ per ora che le π = 1, π" = 1 siano
ellissi27: Posto
π = βππ₯ +β>J π¦ π = Ε‘π βJ>5π¦ = Ε‘'>π¦ (1) la conica π(π₯, π¦) = 1 diventa definita dalla
π#+ π# = 1.
Le (1) definiscono pertanto unβaffinitΓ tra il piano π₯π¦ ed un piano ove π, π sono coordinate cartesiane ortogonali, cosicchΓ© alla nostra conica corrisponde sul piano ππ il cerchio che ha per centro l'origine e raggio 1.
La (1) sarΓ a determinante positivo se i radicali sono presi col segno +.
Alla rete π determinata dal parallelogramma di vertici (π₯ = 0, π¦ = 0), (π₯ = 1, π¦ = 0), (π₯ = 1, π¦ = 1), (π₯ = 0, π¦ = 1) corrisponderΓ sul piano ππ una rete, che ancora indicherΓ² con π , determinata dal parallelogrammo che ha per vertici i punti
O = (X = 0, Y = 0); A = SX = βa, Y = 0T; C = βX = βa + b βa, Y = β D aΛ ; B = βX = b βa, Y = β D aΛ.
I lati di questo parallelogramma hanno per lun//ghezza βπ, Ε‘J>5+'> = βπ; assunto al solito il semiasse positivo delle π a sinistra del semiasse positivo delle π₯, il lato di lunghezza βπ che va dall'origine al vertice posto fuori dall'asse delle π giace nei primi due quadranti, e l'angolo28
π di cui deve rotare nel verso positivo l'asse delle π₯ per portarsi su tale lato Γ¨ minore di 2 retti, ed Γ¨ definito completamente dalla29
πππ π = π
βππ
(cosicchΓ© π Γ¨ acuto od ottuso, secondo che π Γ¨ positivo o negativo).
La diagonale del parallelogrammo uscente dall'origine vale βπ + π + 2π; l'altra vale βπ + π β 2π.
CosΓ¬ pure con una affinitΓ a determinante positivo potremo portare la figura πΉ, in una figura formata dallo stesso cerchio π#+ π# = 1 e da un'altra rete π
".
CosΓ¬ dunque il nostro problema diventa quello di riconoscere se con unβaffinitΓ a determinante positivo, che lascia fisso un cerchio col centro nell'origine, si puΓ² trasformare una rete π in un'altra rete π ". Ma le affinitΓ di determinante positivo che lasciano fisso tale cerchio si 26 Nota inserita da Fubini a p.d.p.: Disp. 10 teoria dei numeri.
27 Bianchi 1911-12, cap. IV, Β§36, p. 143-147. Qui Bianchi tratta in modo piΓΉ approfondito rispetto a Fubini il caso ellittico e iperbolico, pur non soffermandosi sulle considerazioni geometriche.
Capitolo V β Analisi indeterminata di secondo grado e forme quadratiche
111
riducono a rotazioni attorno all'origine. BisognerΓ dunque vedere se con una tale rotazione si puΓ² portare π in π " (cioΓ¨ in sostanza se le due reti sono uguali). [Se si // considerassero anche
affinitΓ a determinante negativo si dovrebbero anche considerare i prodotti di una tale rotazione per la simmetria rispetto ad un diametro del cerchio].
La equivalenza delle due forme equivale adunque alla sovrapponibilitΓ delle due reti π , π " corrispondenti sul piano ππ. CioΓ¨ due forme saranno equivalenti, allora e allora soltanto che le due reti corrispondenti si possono generare con quadrangoli uguali. Dunque per trovare tutte le forme equivalenti alla π basta cercare le reti π " generabili con un parallelogramma uguale ad un parallelogramma fondamentale di π . In altre parole ogni parallelogramma fondamentale di π individua una forma equivalente ad π. E le formole precedenti permettono di esplicitare tale forma. Se βπX, βπX sono i lati di un tale parallelogramma fondamentale (dove le notazioni
sono scelte in modo che rotando nel verso positivo di un angolo concavo30 π si passi dal primo
al secondo lato) e se πππ π =β>JPPPP, allora la forma πXπ₯# + 2πXπ₯π¦ + πXπ¦#
Γ¨ equivalente alla forma data; e in questo modo // si generano tutte le forme equivalenti alla π. Ma ritorniamo al nostro problema iniziale:
Come si riconosce se π ed πβ² sono equivalenti? CiΓ² che equivale alla domanda: Dati i parallelogrammi fondamentali di due reti, come si riconosce se le reti sono uguali?
A tal fine cerchiamo di scegliere per una data rete in modo canonico (o ridotto) un parallelogrammo fondamentale ππ΄XπΆXπ΅β². Come vertice π΄β² scegliamo un punto della rete che
dista31 da π il meno possibile; come sappiamo, gli altri punti della rete sono disposti su rette
parallele ad ππ΄X; sia π quella di queste parallele ad ππ΄X, che meno dista da ππ΄β², e che giace
nel semipiano, a sinistra dell'osservatore che da π guardi verso π΄β²; il vertice π΅β² opposto ad π΄X si deve scegliere sulla retta π (o sulla simmetrica rispetto ad π). Noi determiniamo di
sceglierle32 sulla retta π; e precisamente di scegliere come vertice π΅X quel punto della retta
che giace su π, e che da π ha la minima distanza possibile.
Resta cosΓ¬ in generale determinato in un solo modo il parallelogrammo ππ΄XπΆXπ΅X; e quindi in
// generale due reti saranno sovrapponibili, soltanto se i corrispondenti parallelogrammi ridotti sono uguali tra loro.
Quando mai si presenta una eccezione? Quando mai cioè una rete può avere due parallelogrammi ridotti disuguali?
A tal fine Γ¨ evidentemente necessario che, o vi sia arbitrarietΓ nella scelta del vertice π΄β², o in quella del vertice π΅β². Notisi perΓ² che lo spostare π΄β² nel punto simmetrico non cambia il parallelogramma, ma soltanto lo fa rotare di due retti attorno ad π. Non tenendo conto del punto simmetrico di π΄β², vi puΓ² essere arbitrarietΓ nella scelta di π΄β², soltanto quando fuori dalla retta ππ΄X vi Γ¨ un punto della rete, che ha anch'esso da π la stessa minima distanza ππ΄β².
Ma poichΓ© ππ΅X Γ¨ la minima distanza da π ad un punto della rete esterno alla retta ππ΄X, dovrΓ
in tal caso essere ππ΄X = ππ΅β². //
Indeterminazione sulla scelta di π΅X puΓ² soltanto avvenire quando due punti consecutivi della
rete, posti su π, hanno ugual distanza da π; siano π΅"X, π΅
#X tali due punti (ππ΅"X = ππ΅#β²). Se
30 e.c. e cor. sup.: convesso. 31 e.c. e cor. sup.: disti. 32 e.c. e cor. sup.: sceglierlo.
Guido Fubini π΅"X Γ¨ a sinistra di π΅
#X, e si sceglie π΅"X come vertice33 π΅ddX la diagonale ππ΅#X del parallelogrammo
sarΓ uguale al lato ππ΅"X; se si sceglie π΅
#X come vertice π΅"X la diagonale π΅#Xπ΄X sarΓ uguale e
parallela ad ππ΅"X, e perciΓ² uguale ad ππ΅ #X.
(π΅"Xπ΅
#X = ππ΄β²)
I casi di eccezione si possono presentare soltanto quando un parallelogrammo ridotto ha due lati uguali oppure un lato uguale ed uno34 diagonale.
Un parallelogrammo ridotto Γ¨ caratterizzato da ππ΄X β€ ππ΅X; ππ΅X β€ ππΆX; ππ΅X β€ π΄Xπ΅X; vi puΓ² essere
un altro parallelogrammo ridotto corrispondente alla stessa rete, e soltanto quando in una di queste disuguaglianze vale il segno di =.
Come vedremo, non puΓ² avere piΓΉ di due parallelogrammi ridotti disuguali. Dunque:
Due reti sono sovrapponibili soltanto quando il parallelogrammo fondamentale ridotto della pri//ma (o, in casi particolari, la coppia dei parallelogrammi ridotti della prima) Γ¨ uguale al parallelogrammo ridotto della seconda.
Traduciamo ora in formule le condizioni di riduzione di un parallelogrammo, enunciamo questo risultato senz'altro per le forme quadratiche, anzichΓ© per i corrispondenti parallelogrammi, e infine, confrontiamo coi risultati ottenuti all'ultimo paragrafo del Cap. IV coi metodi di Minkowski.
I lati del parallelogrammo corrispondenti alla forma ππ₯#+ 2ππ₯π¦ + ππ¦# 35sono βπ, βπ, le
diagonali βπ + π Β± 2π. Dunque un parallelogrammo Γ¨ ridotto, cioΓ¨ la forma citata Γ¨ ridotta quando
π β€ π π β€ π + π Β± 2π ππ π ππ β 2π β€ π cioΓ¨, poichΓ© π, π sono positivi quando36
2|π| β€ π β€ π
ogni forma definita positiva equivalente ad una, e in generale a una sola forma ridotta37 (per la
quale cioè valgono le precedenti disuguaglianze).
Vi può essere ambiguità , cioè due forme ridotte e distinte possono essere equivalenti tra loro soltan//to quando per ciascuna di esse in almeno una delle precedenti disuguaglianze vale proprio il segno di =.
Notiamo la identitΓ dei risultati attuali con quelli ottenuti nell'ultimo paragrafo del Cap. IV coi metodi di Minkowski. Anzi le dimostrazioni date sono nel fondo equivalenti. Infatti trovare nella nostra rete il punto π΄, che meno dista da π, equivale a cercare il punto (π π) della rete per cui π#+ π# ha il minimo valore. Ora π#+ π# non Γ¨ che la forma π(π₯, π¦) scritta con le
variabili π, π. La nostra rete Γ¨ l'immagine dei punti a coordinate π₯, π¦ intere. Dunque in fondo, 33 lapsus del curatore: invece di π΅
jj4 leggasi π΅'4.
34 e.c. e cor. sup.: uguale ad una.
Fig. 6.. Caso di indeterminazione nella scelta del quarto vertice del parallelogramma fondamentale
Fig. 7. Caso eccezionale
Capitolo V β Analisi indeterminata di secondo grado e forme quadratiche
113
cercare π΄ equivale a cercare il punto a coordinate π₯, π¦ intere, ove π(π₯, π¦) ha il minimo valore possibile.
CosΓ¬ analogamente la ricerca del punto π΅ equivale a cercare un punto della rete esterno alla retta congiungente l'origine al punto giΓ trovato, ove la π(π₯, π¦) ha il minimo valore possibile tra quelli che assume nei punti della rete esterni a tale retta. //
(*) Nota: Veramente π΅X Γ¨ un punto della rete, posto su π, che da π ha la minima distanza
possibile. Se perΓ² ricordo che π Γ¨ tra le rette parallele ad ππ΄X, che contengono punti della
rete, una di quelle due che da ππ΄β² hanno la minima distanza possibile, se ne deduce tosto l'osservazione del testo. (Si ricordi che su π i punti della rete si seguono alla distanza ππ΄X
l'uno dal successivo, che ππ΄β² Γ¨ la minima distanza di due punti della rete). La dimostrazione al lettore.
Β§.4 Il campo fondamentale del gruppo modulare38
Diamo nuova veste geometrica ai precedenti risultati. Forme ππ₯#+ 2ππ₯π¦ + ππ¦# tra loro
equivalenti hanno lo stesso determinante; cosicchΓ© π· = ππ β π# ha uno stesso valore per tutte
le forme considerate (positivo, se le forme sono definite). Dato il valore di π· > 0, per determinare la forma, basterΓ dare i valori di π =C{ , che la rendono nulla. Infatti, nell'ipotesi π· > 0, questi valori (che diremo gli affissi della forma) sono:
π = βπ
πΒ± π βπ·
π .
CosicchΓ© dare π equivale a dare J> e β'> ; essendo noto π·, ne risultano determinati, a meno del segno, le π, π, π. E ogni indeterminazione sparisce, se noi consideriamo il valore39
π = βπ
πβ π βπ·
π ,
che diremo l'affisso principale o anche soltanto lβaffisso e ci limitiamo a forme positive (π > 0). Tale affisso Γ¨ un numero complesso π + ππ, ove
π = βπ
π ππ π = βπ·
π > 0. (Notisi che π risulta positivo).
Quale relazione passa tra gli affissi di due forme equi//valenti. Dallβuna si passa all'altra con una trasformazione
π₯X = πΌπ₯ + π½π¦; π¦X = πΎπ₯ + πΏπ¦. (πΌ, π½, πΎ, πΏ, interi)
(πΌπΏ β π½πΎ = 1).
Basta ricordare la definizione di affissi, per dedurne che πE =πΌπ + π½ πΎπ + πΏ = [(πΌπ + π½)(πΎπ + πΏ) + πΌπΎπ$] (πΎπ + πΏ)$+ πΎ$π$ + π π (πΎπ + πΏ)$+ πΎ$π$
38 Klein 1896, p. 34-38. Viene qui introdotto il gruppo modulare con la stessa simbologia poi adottata da Fubini. 39 e.c. e cor. sup.: π = βD
&+ π βV
Guido Fubini Γ¨ la trasformazione corrispondente sugli affissi.
Si passa dal secondo al terzo membro, moltiplicando i due termini per la quantitΓ immaginaria coniugata del denominatore, e ricordando che πΌπΏ β π½πΎ = 1. Si noti anzi che questa trasformazione fa proprio corrispondere allβaffisso principale di una forma lβaffisso principale dell'altra.
Nel piano ππ l'asse delle π separa due semipiani: il semipiano π > 0 Γ¨ il luogo degli affissi. Dato π·, vi Γ¨ corrispondenza biunivoca tra le forme e i corrispondenti affissi.
Una forma ridotta Γ¨ individuata dalle
2|π| β€ π β€ π cioΓ¨40 |π| = ΓJ >Γ β€ " # π #+ π# = P > β₯ 1. (πΌ)
// Gli affissi delle forme ridotte sono i punti del triangolo
β1
2β€ π β€
1
2 π$+ π$ β₯ 1
che ha due lati rettilinei paralleli all'asse delle ordinate e un lato circolare che noi chiameremo triangolo modulare41.
Questo triangolo nella figura Γ¨ tratteggiato. I suoi vertici sono: il punto all'infinito dell'asse delle π¦ e i punti42 β"
#Β± π β/
# (che sono le due radici cubiche complesse della unitΓ 43).
Tale triangolo si dice il triangolo modulare. I nostri risultati si possono enunciare così:
Ogni punto del semipiano positivo π puΓ² con una trasformazione modulare πE =πΌπ + π½
πΎπ + πΏ (πΌ, π½, πΎ, πΏ πππ‘πππ, πΌπΏ β π½πΎ = 1) essere portato entro il triangolo modulare.
Se due punti del triangolo modulare possono essere trasformati l'uno dell'altro mediante una trasformazione modulare (distinta dall'identitΓ πX = π), allora per44 le coordinate di entrambi
devono soddisfare alle (πΌ), in guisa che in almeno una di queste // valga il segno di 40 Bianchi 1911-12, cap. I, Β§6, p. 25.
41 Idem, cap. IV, Β§28, p. 114. Qui Γ¨ inserita unβinteressante figura rappresentante i triangoli modulari.
+ β(
Capitolo V β Analisi indeterminata di secondo grado e forme quadratiche
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uguaglianza; cioΓ¨ entrambi i punti devono giacere sulla retta π ="#, oppure nel cerchio45
π + π# = 1; cioΓ¨ i due punti appartengono entrambi al perimetro del triangolo fondamentale.
Γ facile riconoscere che le trasformazioni πX = Tβ’4M
Nβ’4V (πΌ, π½, πΎ, πΏ interi; πΌπΏ β π½πΎ = 1)
formano un gruppo: il cosiddetto gruppo modulare46.
I nostri risultati si possono enunciare dicendo che il precedente triangolo Γ¨ un campo fondamentale del gruppo modulare nel nostro semipiano.
Tale triangolo, e i suoi trasformati per le trasformazioni del gruppo riempiono tutto il semipiano ed hanno a due a due comuni tutt'al piΓΉ punti del contorno. Le trasformazioni πX = π + 1,
πX = β"
β’, πX = π β 1 del gruppo modulare portano il triangolo iniziale in tre triangoli
adiacenti aventi un lato comune con esso; gli altri triangoli pertanto, o non avranno alcun punto comune col triangolo iniziale, oppure avranno comune al piΓΉ un vertice: con π e con π
indicheremo le trasformazioni πX = π + 1, πX = β"
β’. Γ π# = 1, cioΓ¨ π= π0", mentre π0"
Γ¨ definita dalla πX = π β 1.
Dunque le π, π0",π portano il triangolo iniziale // nei triangoli adiacenti; poichΓ© si passa da
un triangolo ad un altro qualsiasi con successivi passaggi da un triangolo ad un triangolo adiacente, si riconosce facilmente che ogni trasformazione modulare si puΓ² tenere come prodotto di potenze delle π,π, ossia (poichΓ©47 π# = 1) come prodotto di48 π e di potenze
della π (cioΓ¨ ogni trasformazione modulare Γ¨ del tipo π$, oppure π, oppure
π$π,ππ$, π$ππL, π$ππLπ, ecc, ecc.).
La π (πX = π + 1) porta il lato π = β"
# del primo triangolo nel lato π = "
#. La πX = β " β’
trasforma in sΓ© stesso il lato π#+ π# = 1, e precisamente porta ogni punto di questo cerchio
nel simmetrico rispetto all'asse delle π; e lascia fisso soltanto il punto π = π, dove il cerchio incontra questo asse. Per questa ragione il punto π = π si suole considerare come un nuovo vertice, e il nostro triangolo come un quadrangolo con un angolo piatto. Punti del contorno