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Capitolo VII – Teoria della divisibilità in un corpo algebrico

Lemma 81 In ogni ideale

𝑁𝑚 𝜉 < 𝜌c|𝑑| 𝑁𝑚 𝑗,

dove 𝑑 è il discriminante del corpo, 𝜌 è un fatto//re numerico che dipende soltanto dal corpo (e che se si tratta per esempio di un corpo di 3° grado reale coi coniugati, vale82 #

A).

Infatti, supposto per esempio il corpo di 3° grado reale coi coniugati, indicata con 𝛼", 𝛼#, 𝛼/ una base di 𝑗, un intero 𝜉 qualsiasi di 𝑗 e gli interi coniugati 𝜉X, 𝜉′′ sono dati dalle:

𝜉 = 𝛼"𝑥 + 𝛼#𝑦 + 𝛼/𝑧 𝜉X = 𝛼′

"𝑥 + 𝛼′#𝑦 + 𝛼′/𝑧 (𝑥, 𝑦, 𝑧 interi razionali)

𝜉XX = 𝛼XX

"𝑥 + 𝛼XX#𝑦 + 𝛼XX/𝑧.

Il determinante di queste forme vale in valore assoluto √𝑑 𝑁𝑚 𝑗; e pertanto, per i teoremi di Minkowsky83, si possono trovare interi 𝑥, 𝑦, 𝑧 non tutti nulli tali che84

|𝜉𝜉X𝜉XX| < 𝜌c|𝑑| 𝑁𝑚 𝑗.

(Notiamo che per un corpo reale insieme ai coniugati si può porre in ogni caso 𝜌 = 1, perché con valori interi razionali non tutti nulli delle 𝑥, 𝑦, 𝑧 si possono rendere 𝜉, 𝜉X, 𝜉′′ non maggiori

di 1 in valore assoluto, e una almeno minore di 1).

Vogliamo orientarci nell’insieme dei nuovi en//ti introdotti: gli ideali. Cominciamo ad osservare che se, moltiplicando gli interi di un ideale 𝑗 per un fratto Ž, otteniamo numeri interi,

80 Hilbert 1897 (trad. 1911), cap. VII, p. 51-62; l’intero capitolo VII, dal significativo titolo Les classes d’idéaux

des corps, è dedicato a tale argomento.

81 Idem, cap. VI, §18, teor. 46: “Soit 𝒂 un idéal donné du corps k, il y a toujours un numbre x du corps différent de o divisible par 𝒂 et tel que |𝑛(𝛼)| ≤ |𝑛(𝒂)√𝑑|”. Cfr. anche Sommer 1907 (trad. 1911), cap. 2, §16, p. 77. 82 e.c. e cor. inf.: '

w.

83 lapsus del curatore: leggasi “Minkowski”.

84 Bianchi 1920-21, cap. II, §33, p. 218-220. Bianchi enuncia qui un lemma leggermente differente, ma equivalente a quello di Fubini.

Guido Fubini

questi formano a loro volta un altro ideale 𝑗", che naturalmente indicheremo col simbolo 𝑗" =Ž𝑗, in quanto che è appunto 𝜈𝑗" = 𝜇𝑗.

E l'introduzione del solo ideale 𝑗 porta con sé l'introduzione di 𝑗"; cosicché, introdotto l’ente

𝑗, resta quasi introdotto nella teoria anche l’ente 𝑗" come prodotto di 𝑗 per Ž (così come

nell’algebra l'introduzione di 𝑖 = √−1 trae con sé l'introduzione di tutti i numeri complessi). Noi diremo pertanto che 𝑗~𝑗" (che leggiamo: 𝑗 equivalente85 ad 𝑗

"). È evidente che86:

Se 𝑗~𝑗" ed 𝑗"~𝑗#, anche 𝑗~𝑗#.

Dalle ipotesi segue infatti l'esistenza di 4 interi 𝜆, 𝜇, 𝑙, 𝑚 tali che: 𝑙𝑗 = 𝑚𝑗"; 𝜆𝑗" = 𝜇𝑗#;

donde:

(𝑙𝜆)𝑗 = (𝑚𝜇)𝑗#

cioè

𝑗~𝑗#.

Due ideali 𝑗, 𝑗" equivalenti hanno evidentemente // le basi proporzionali87 (perché si passa da

una base di 𝑗 ad una base di 𝑗", moltiplicandole per Ž). E viceversa.

Se 𝐽 è un ideale tale che 𝑗𝐽 è principale, e se 𝑗"~𝑗, anche 𝑗"𝐽 è principale88. Infatti se

𝜇𝑗 = 𝜈𝑗 e se 𝑗𝐽 = (𝑙) con l’intero89, sarà 𝜇𝑙 = 𝑣𝑗

"𝐽.

Quindi 𝑗"𝐽 sarà l'ideale principale PŽ6Q.

Il teorema reciproco si prova nello stesso modo. Dunque:

Se 𝑗" moltiplicato per 𝑗 dà per prodotto un ideale principale, gli ideali equivalenti ad 𝑗 sono tutti e solo quelli che moltiplicati per 𝑗", danno per prodotto un ideale principale. Gli ideali equivalenti ad (1) sono tutti e soli gli ideali principali.

Tutti gli ideali equivalenti ad un ideale 𝑗 e quindi anche equivalenti tra loro si considereranno appartenenti ad una stessa classe90 (contenente l'ideale 𝑗). Questa classe è completamente

determinata da un suo ideale (per esempio da 𝑗).

Siano 𝐴, 𝐵 due classi di ideali. Moltiplichiamo // un ideale qualsiasi 𝑗 di 𝐴 per un ideale qualsiasi 𝑘 di 𝐵. Io dico che i prodotti 𝑘 appartengono ad una stessa classe.

Infatti, se 𝑗~𝑗" e se 𝑘~𝑘", esistono 4 interi 𝜆, 𝜇, 𝑙, 𝑚 tali che 𝜇𝑗 = 𝜈𝑗"; 𝑚𝑘 = 𝑛𝑘". Sarà

pertanto (𝑚𝜇)𝑗𝑘 = (𝑛𝜈)𝑘"𝑗" cioè 𝑗𝑘~𝑗"𝑘".

85 Idem, cap. II, §33, p. 222. Bianchi definisce l’equivalenza tra ideali in modo del tutto equivalente a Fubini; scrive infatti “Due ideali A, B si dicono equivalenti quando hanno uno, e quindi tutti i moltiplicatori comuni”. Cfr. anche Gazzaniga 1903, cap. XII, p. 396: “Due ideali non principali 𝐴4 𝐴44 si diranno equivalenti tra loro se

esiste in 𝑅(𝜃) un ideale 𝐹 tale che: 𝐴′𝐹 ed 𝐴′′𝐹 siano ideali principali”. Cfr. infine Dirichlet 1877 (trad. 1881), suppl. XI, §175, p. 525 e Sommer 1907 (trad. 1911), cap. 2, §16, p. 75.

86 Sommer 1907 (trad. 1911), cap. 2, §16, p. 75, prop. 1.

87 Bianchi 1920-21, cap. II, §33, p. 222. Bianchi scrive “Due ideali A, B sono equivalenti se hanno basi proporzionali”.

88 Sommer 1907 (trad. 1911), cap. 2, §16, p. 75, prop. 3. 89 e.c. e cor. sup.: invece di “con l’intero” leggasi “con 𝑙 intero”.

90 Dirichlet 1877 (trad. 1881), suppl. XI, §175, p. 525; qui Dedekind scrive “ 𝐴 è anche l’insieme di tutti gli ideali equivalenti ad 𝐴4. Un sistema così fatto 𝐴 di ideali lo chiameremo una classe di ideali od anche più brevemente

Capitolo VII – Teoria della divisibilità in un corpo algebrico

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La classe dei prodotti 𝑗𝑘 si chiamerà la classe91 𝐴𝐵 = 𝐵𝐴 prodotto delle classi 𝐴, 𝐵.

Se 𝐴 è una classe di ideali, 𝐵 un'altra classe, se un ideale di 𝐴 moltiplicato per un ideale di 𝐵 ha per prodotto un ideale principale, allora anche il prodotto di un qualsiasi ideale di 𝐴 per un qualsiasi ideale di 𝐵 è principale. La classe degli ideali principali si chiama la classe principale92 e si indica con 1; e ciò perché ogni classe 𝐴 moltiplicata per la principale dà 𝐴

per prodotto.

Due classi 𝐴, 𝐵 dotate della proprietà testé citata soddisfano dunque alla 𝐴𝐵 = 𝐵𝐴 = 1; perciò si pone 𝐵 = 𝐴0" (𝐴 = 𝐵0"); e le due classi 𝐴, 𝐵 si dicono reciproche l’una dell'altra.

Si pone per 𝐴𝐴 = 𝐴#, 𝐴𝐴𝐴 = 𝐴/, ecc. , (𝐴0")$ = 𝐴0$; vale il teorema 𝐴$𝐴L = 𝐴L4$ per

𝑚 , 𝑛 interi ra//zionali.

Teorema: In ogni classe 𝐴 di ideali vi è un ideale di norma < c|𝑑|, se 𝑑 è il discriminante del corpo93.

Infatti in un ideale 𝑗" della classe 𝐴0" esiste un intero 𝑧 la cui norma è in valore assoluto

minore di 𝜌 𝑁𝑚 𝑗" c|𝑑|. Perciò

|𝑁𝑚 𝑧|

𝑁𝑚 𝑗# < 𝜌u|𝑑|.

Ora 𝑧 è contenuto in 𝑗" e quindi è divisibile per 𝑗". Dunque 𝑧 = 𝑗𝑗", dove 𝑗 è un ideale di

𝐴. Ora 𝑁𝑚 𝑗 vale appunto

𝑁𝑚 |𝑧|

𝑁𝑚 𝑗# < 𝜌√𝑑.

Essendo 𝜌 una costante, che in ogni caso si può assumere uguale ad 1, ma che si può anche scegliere minore di 1, segue l’asserto.

I numeri interi razionali positivi 𝑛 < c|𝑑| sono in numero finito; un ideale che abbia per norma 𝑛 contiene 𝑛, è perciò un divisore di 𝑛.

Ma gli ideali divisori di un intero 𝑛 sono in numero finito. Pertanto gli ideali di norma // minore di c|𝑑| sono in numero finito; poiché ogni classe contiene almeno uno di questi ideali ed è da questo suo ideale completamente determinata, segue che:

Le classi di ideali di un corpo dato sono in numero finito94 ℎ.

Se ℎ = 1, vi è una sola classe: la classe principale; e ogni ideale è principale (come nella aritmetica elementare).

Supponiamo ℎ ≠ 1; e sia 𝐴 una classe qualsiasi.

91 Idem, cap. II, §33, p. 224. Cfr. anche Dirichlet 1877 (trad. 1881), suppl. XI, §175, p. 526. Cfr. infine Sommer 1907 (trad. 1911), cap. 2, §16, p. 76: “Tous les idéaux équivalents à un idéal donnée forment une classe d’idéaux”: 92 Idem, cap. II, §33, p. 224. Cfr. anche Sommer 1907 (trad. 1911), cap. 2, §16, p. 76: “Tous les idéaux principaux sont équivalents à l’idéal (1) et forment ensemble la classe principale”.

93 Idem, cap. II, §33, p. 224, 225. Le dimostrazioni di Fubini e di Bianchi sono analoghe. Negli Elementi della

teoria dei numeri, 1903, Cap. XII, p. 397, Gazzaniga fornisce un enunciato più generale, ma equivalente. Cfr.

anche Dirichlet 1877 (trad. 1881), suppl. XI, §175, p. 527; qui Dedekind enuncia e dimostra il “teorema fondamentale: In ogni classe di ideali 𝑀 vi è almeno un ideale 𝑚, la cui norma non supera la costante 𝑠, e per conseguenza il numero delle classi di ideali è finito”. Cfr. inoltre Hilbert 1897 (trad. 1911), cap. VII, §22, p. 52, teor. 50: “il y a dans tout classe d’idéaux un idéal dont la norme est inférieure à la valeur absolue de la racine carrée du discriminant du corps [Minkowski]”. Cfr. infine Sommer 1907 (trad. 1911), cap. 2, §16, p. 76.

94 Bianchi 1920-21, cap. II, §33, p. 225, prop. A); Gazzaniga 1903, cap. XII, p. 397; l’autore afferma che questa proprietà segue direttamente dal fatto che è finito il numero dei rappresentanti di tali classi di ideali. Cfr. anche Dirichlet 1877 (trad. 1881), suppl. XI, §175, p. 526. Cfr. inoltre Hilbert 1897 (trad. 1911), cap. VII, §22, teor. 50: “Le nombres des classes d’idéaux du corps de nombres est fini [Dedekind, Kronecker]”. Cfr. Infine Sommer 1907 (trad. 1911), cap. 2, §16, p. 76.

Guido Fubini

Le classi 𝐴, 𝐴#, 𝐴/, 𝐴U, … non possono essere tutte distinte, perché le classi sono in numero

finito.

Ve ne saranno pertanto due 𝐴%, 𝐴@ con 𝑠 > 𝑟 uguali; e sarà allora 𝐴@0% = 1 con 𝑠 − 𝑟 intero

razionale positivo.

Sia 𝑔 il minimo intero razionale positivo tale che 𝐴3 = 1.

Evidentemente le classi 𝐴, 𝐴#, … , 𝐴3 sono tutte distinte; ed ogni potenza di 𝐴 è uguale ad una

ed una sola di esse.

Se non vi è alcun’altra classe, è 𝑔 = ℎ; se vi è // un'altra classe 𝐵, le classi 𝐵𝐴, 𝐵𝐴#, 𝐵𝐴/, … , 𝐵𝐴3

sono distinte tra loro e dalle precedenti.

Infatti se 𝐵𝐴% = 𝐴@ allora 𝐵 sarebbe, contro l'ipotesi, una potenza di 𝐴; e d'altra parte, se

fosse

𝐵𝐴% = 𝐵𝐴@ con 0 < 𝑟 < 𝑠 ≤ 𝑔, sarebbe 𝐴% = 𝐴@ contro il supposto.

Se non vi sono altre classi, sarà ℎ = 2𝑔; se ve ne è una terza 𝐶, le classi 𝐶𝐴, 𝐶𝐴#, … , 𝐶𝐴3

sono distinte tra loro e dalle precedenti. E così via.

In ogni caso si trova che ℎ è multiplo di 𝑔, cioè che -3 è intero, cosicché 𝐴I = (𝐴J)IJ= 1IJ= 1.

Cioè ogni classe 𝐴 è tale che 𝐴- è principale95. In altre parole ogni ideale 𝑗 è tale che 𝑗- è

principale; cioè 𝑗- è formato dai multipli di un intero 𝑎.

La √𝑎x è pure un intero algebrico (perché le radici di un intero sono interi), ma non appartiene generalmente al corpo studiato, ma bensì a un corpo più ampio, entro cui il corpo iniziale è contenuto (è un sottocorpo). //

Io dico che:

I numeri di 𝑗 non sono che quelli tra i numeri del nostro corpo, che sono multipli di √𝑎x .

Infatti, se 𝜇 è un numero del corpo iniziale tale che Ž

√>

x = intero, anche Žx

> è intero, cioè 𝜇-

è multiplo di 𝑎, cioè 𝜇- è un numero di 𝑗-, cioè è divisibile per 𝑗-. Col metodo della

decomposizione in fattori primi si dimostra allora che 𝜇 è divisibile per 𝑗, cioè è contenuto in 𝑗. Viceversa, se 𝜇 è contenuto in 𝑗, allora 𝜇- è contenuto in 𝑗-, cioè è divisibile per 𝑗-;

pertanto 𝜇- è multiplo di 𝑎.

Dunque Ž>x è intero; e quindi Ž

√>

x è intero.

Dunque la considerazione degli ideali di un corpo equivale a considerare alcuni interi di un certo corpo più ampio.

Siano 𝛾, 𝛽 due interi algebrici qualsiasi; sia 𝐾 un corpo che li contiene entrambi; sia 𝑗 lo ideale M.C.D. di96 𝛼, 𝛽 in 𝐾. Sarà:

𝛾 = 𝑗𝐽 𝛽 = 𝑗𝐽′ Con 𝐽, 𝐽X ideali primi tra loro.

Capitolo VII – Teoria della divisibilità in un corpo algebrico

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Sarà 𝑗- = 𝑙, 𝐽- = 𝐿, 𝐽X- = 𝐿′ con 𝑙, 𝐿, 𝐿′ interi di 𝐾, ed // 𝐿, 𝐿X primi tra di loro. E dalle

formole precedenti si trae

𝛾- = 𝑙𝐿, 𝛽- = 𝑙𝐿X.

Ora, essendo 𝐿, 𝐿′ primi tra loro, esistono in 𝐾 due interi 𝑥, 𝑦 cosicché 𝐿𝑥 + 𝐿X𝑦 = 1. E

pertanto sarà

𝑥𝛾-+ 𝑦𝛽- = 𝑙 ove 𝑙 = 𝑗-.

I numeri di 𝑗 sono gli interi di 𝐾 divisibili per √𝑙x , dunque, essendo 𝛽, 𝛾 divisibili per 𝑗, gli interi 𝛽 e 𝛾 sono divisibili per √𝑙x , perciò

𝑐 = N √6 x e 𝑏 = M √6 x sono interi.

La nostra uguaglianza diventa

(𝑥𝑐-0")𝛾 + (𝑦𝑏-0")𝛽 = √𝑙x .

Essendo 𝑥𝑐-0" ed 𝑦𝑏-0" interi, segue che un qualsiasi intero, divisore comune di 𝛽 e di 𝛾,

è anche divisore di x√𝑙 [il quale è come sappiamo, divisore tanto di 𝛽 che di 𝛾]. Dunque √𝑙x (che è un intero in generale non appartenente a 𝐾) compie l'ufficio di M.C.D. degli interi 𝛽, 𝛾. Dunque:

Due interi algebrici qualsiasi 𝛽, 𝛾 hanno un // M.C.D.; il quale però in generale non appartiene al corpo definito dai numeri 𝛽, 𝛾.

Ogni ideale 𝑗 di un corpo dato 𝐾 è M.C.D. di due inter i 𝛼, 𝛽 del corpo. Se ad 𝛼, 𝛽 sostituiamo numeri interi 𝛼X, 𝛽X proporzionali (cosicché T

M= TP

MP), l'ideale 𝑗, viene

mutato in un ideale 𝑗X equivalente. Dunque, se mutiamo la frazione T

M in una frazione uguale,

l'ideale (𝛼, 𝛽) viene mutato in un ideale equivalente; cioè una frazione MT individua una classe di ideali.

Quando mai due frazioni TM ed TMPP distinte individuano la stessa classe di ideali?

Dovendo essere gli ideali (𝛼, 𝛽) ed (𝛼X, 𝛽X) equivalenti, esisteranno due interi 𝜌, 𝜎 tali che

gli ideali (𝜌𝛼, 𝜌𝛽) e (𝜎𝛼X, 𝜎𝛽X) coincidano.

Si potranno pertanto trovare nel corpo degli interi 𝑥, 𝑦 tali che

𝜌𝛼 = 𝑥(𝜎𝛼X) + 𝑦(𝜎𝛽X) (1)

e degli interi 𝑢, 𝑣 tali che

𝜌𝛽 = 𝑢(𝜎𝛼X) + 𝑣(𝜎𝛽X). (2)

// Viceversa, poiché 𝜎𝛼′ e 𝜎𝛽′ devono entrambi esser somma di un multiplo di 𝜌𝛼 e di un multiplo di 𝜌𝛽, le equazioni

𝜎𝛼E=𝑣(𝜌𝛼) − 𝑦(𝜌𝛽)

𝑥𝑣 − 𝑦𝑢 𝜎𝛽E =

−𝑢(𝜌𝛼) + 𝑥(𝜌𝛽) 𝑥𝑣 − 𝑦𝑢

devono essere a coefficienti interi; da cui segue facilmente che 𝑥𝑣 − 𝑦𝑢 deve essere una unità. Dividendo (1) per (2) si ha dunque:

(3) TM= Cy

yP zPz4{ €•yPzP‘4’

Guido Fubini 𝑥, 𝑦, 𝑢, 𝑣 interi tali che 𝑥𝑣 − 𝑦𝑢 = una unità.

Viceversa, se vale la (3), esistono due interi 𝜌, 𝜎 tali che valgano le (1), (2); e gli ideali (𝛼, 𝛽) ed (𝛼X, 𝛽X) sono equivalenti.

Ora la (3) è sulle frazioni del corpo una trasformazione, che a buon diritto potremo chiamare modulare, perché essa è la più naturale generalizzazione delle trasformazioni modulari dell'aritmetica nel campo assoluto di razionalità.

Studiare le classi di ideali equivale dunque a studiare le frazioni del corpo quando si considerino equivalenti due frazioni trasformate// l'una dell'altra con una trasformazione modulare.

§.9 Ideali primi97

Sia 𝑝 un ideale primo98

𝑁𝑚 𝑝 = 𝑃9 (𝑃 intero primo razionale)99.

Una radice primitiva 𝜆 soddisfa, come vedemmo al paragrafo 7, a una congruenza 𝑔(𝜆) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝) a coefficienti interi razionali di grado minimo 𝑓. Gli interi razionali divisibili per 𝑝 sono tutti e soli i multipli di 𝑃. Ogni intero del corpo è congruo ad uno ed un solo polinomio di grado 𝑓 − 1 in 𝜆 a coefficienti interi razionali. Al numero 𝜆 si può sostituire un numero qualunque (del corpo) 𝜆X tale che 𝜆X ≡ 𝜆 (𝑚𝑜𝑑 𝑝). Se 𝜋 è divisibile per 𝑝, ma non per 𝑝#,

allora

𝑔(𝜆 + 𝜋) ≡ 𝑔(𝜆) + 𝜋𝑔X(𝜆) (𝑚𝑜𝑑 𝑝#).

Dunque o 𝑔(𝜆) oppure 𝑔(𝜆 + 𝜋) non è divisibile per 𝑝#, mentre entrambi sono divisibili

per 𝑝. (Basta osservare che 𝜋 è divisibile per 𝑝, ma non per 𝑝#, e che 𝑔X(𝜆) ≢ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝),

perché altrimenti 𝜆 soddisferebbe alla congruenza100 // 𝑔X(𝜆) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝) di grado

𝑓 − 1 < 𝑓)101.

Indicheremo con 𝜆 quello dei numeri 𝜆, 𝜆 + 𝜋 che soddisfa alle 𝑔(𝜆) ≡ 0(𝑚𝑜𝑑 𝑝), 𝑔(𝜆) ≢ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝#). 𝑃 è divisibile per 𝑝. Poniamo102 𝑃 = 𝑝 e 𝑗, dove 𝑗 è primo con 𝑝.

Sia 𝑎 un numero di 𝑗 primo con 𝑝. Sia 𝑡 = 𝜑(𝑝#). Per il teorema di Fermat generalizzato

𝑎|≡ 1 (𝑚𝑜𝑑 𝑝#), 𝜆 ≡ 𝜆𝑎| (𝑚𝑜𝑑 𝑝#).

Pongo 𝑧 = 𝜆𝑎|, e

𝑔(𝜆) = 𝑎5𝜆9+ 𝑎

"𝜆90"+ 𝑎#𝜆90#+ ⋯ . +𝑎90"𝜆 + 𝑎9.

Il numero 𝑎9 è discongruo da zero (𝑚𝑜𝑑 𝑝), perché altrimenti 𝜆 soddisferebbe alla

3(•)

• ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝) di grado 𝑓 − 1 < 𝑓. Il numero zero

103 è congruo a 𝜆 (𝑚𝑜𝑑 𝑝#) (cosicché

anche 𝑧 ≡ 𝜆 [𝑚𝑜𝑑 𝑝]); esso soddisfa pure pertanto alla 𝑔(𝑧) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝). Ma, poiché 𝑧 e 97 Gli argomenti trattati in questo paragrafo (come anche nei due successivi, che sono uno sviluppo di questo) non sono presenti, se non per brevi cenni, né nelle opere di Bianchi, Lezioni sulla teoria dei numeri algebrici e principi

d’aritmetica analitica e Lezioni sulla Teoria aritmetica delle forme quadratiche binarie e ternarie, né in quella di

Gazzaniga Gli elementi della teoria dei numeri. Si può quindi pensare che siano, almeno in parte, un contributo originale di Fubini, sviluppato proprio a partire dalle considerazioni “preliminari” di Bianchi e di Gazzaniga sugli ideali primi e dagli studi di matrice tedesca sulla teoria degli ideali e delle forme.

98 Bianchi 1920-21, cap. II, §29, p. 193.

99 Gazzaniga 1903, cap. XII, p. 395: “La norma di 𝐴 è uguale a una potenza int. e pos. di 𝑝.” 100 Nota inserita da Fubini a p.d.p.: Teoria dei numeri Disp. 19.

Capitolo VII – Teoria della divisibilità in un corpo algebrico

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le sue potenze sono divisibili per 𝑗, tutti i termini, eccettuato l'ultimo, di 𝑔(𝑧) sono divisibili per 𝑗. L'ultimo termine 𝑎9 non può essere divisibile per alcun fattore primo 𝑞 di 𝑗. Se così non fosse, essendo 𝑃 divisibile per 𝑗 e quindi anche per 𝑞, il M.C.D. di 𝑃 e di 𝑎9 sarebbe divisibile per 𝑞.

Ora 𝑎9 e 𝑃 sono interi razionali; e il loro M.C.D.// sarebbe un intero razionale. E, poiché 𝑃 è primo, tale M.C.D. coincide con 1 o con 𝑃.

Nel secondo caso 𝑎 sarebbe divisibile per 𝑃 e quindi anche per 𝑝: ciò che abbiamo provato assurdo. Il M.C.D. di 𝑎9 e di 𝑃 sarebbe pertanto 1. E quindi 𝑞 sarebbe un divisore di 1, cioè 𝑞 = 1, contro l'ipotesi.

Dunque

𝑔(𝑧) ≡ 𝑎9 ≢ 0 [𝑚𝑜𝑑 𝑞],

dove 𝑞 è un qualsiasi divisore distinto da 1 dell'ideale 𝑗. Inoltre è

𝑔(𝑧) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝), 𝑔(𝑧) ≢ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝#).

Dunque 𝑔(𝑧) e 𝑃 hanno 𝑝 per M.C.D. In altre parole l'ideale 𝑝 è l'ideale (𝑔(𝑧), 𝑃). E sarebbe risoluto il problema di trovare gli ideali primi 𝑝 divisori di un primo razionale 𝑃, se per ognuno di essi sapessimo trovare l'intero 𝑧, ed il polinomio 𝑔(𝑧). Noi supereremo questa difficoltà mediante alcuni artifici.

Lemma 1°: Una congruenza 𝑔(𝑥) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝) a coefficienti interi razionali, che ammetta // la radice 𝑧, ammette anche le radici104

𝑧; 𝑧c; (𝑧c)c = 𝑧c5

; m𝑧c5

nc = 𝑧c; … ; 𝑧cv:;

[si ricordi che per il teorema di Fermat generalizzato è 𝑧cv ≡ 𝑧 (𝑚𝑜𝑑 𝑝)].

Infatti105 [𝑔(𝑥)] è, per il teorema del binomio o polinomio di Newton, un polinomio che è

formato

α) da termini ottenuti innalzando alla 𝑃8@&L> potenza i termini di 𝑔(𝑧);

β) da altri termini tutti i divisibili per 𝑃.

Se 𝑎@𝑥@ è un termine di 𝑔(𝑥), allora 𝑎 @

c𝑥@c è uno dei termini (𝛼). Ora106

𝑎@! ≡ 𝒜@ (𝑚𝑜𝑑 𝑃) per l'ordinario teorema di Fermat.

Poiché i termini (𝛽) sono nulli (𝑚𝑜𝑑 𝑃), e poiché 𝑎@𝑥@c si deduce da 𝑎

@𝑥@, sostituendo 𝑥c

al posto di 𝑥, se ne deduce che identicamente

[𝑔(𝑥)]c ≡ 𝑔(𝑥!) (𝑚𝑜𝑑 𝑃)

e quindi anche rispetto ad un qualsiasi multiplo che sia divisore di 𝑃. Dunque 𝑔(𝑧c) ≡ [𝑔(𝑧)]c ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝).

La 𝑔(𝑥) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝), oltre ad una radice 𝑧, possiede la radice 𝑧c. Insieme alla 𝑧c possiede

la (𝑧c)c = 𝑧c5, ecc. ecc. //

Dunque la 𝑔(𝑥) ≡ 0 di cui avevamo discorso poco sopra possiede le 𝑓 radici

104 e.c. e cor. sup.: invece di V𝑧{$

W{= 𝑧{ leggasi V𝑧{$

W{= 𝑧{* . 105 e.c. e cor. sup.: [𝑔(𝑥)]{.

106 e.c. e cor. sup.: 𝑎

Guido Fubini

𝑧, 𝑧c, 𝑧c5

, … , 𝑧cv:;

. Quindi, essendo 𝑔(𝑥) di grado 𝑓, e 𝑝 un ideale primo

𝑔(𝑥) ≡ (𝑥 − 𝑧)(𝑥 − 𝑧c)m𝑥 − 𝑧c5n … P𝑥 − 𝑧cv:;Q (𝑚𝑜𝑑 𝑝).

Ogni intero del corpo 𝜃" è (𝑚𝑜𝑑 𝑝) congruo con un polinomio 𝜃(𝑧) di grado 𝑓 − 1 a

coefficienti razionali. Porremo

𝜃$= 𝜃(𝑧K); 𝜃>= 𝜃S𝑧K"T; … ; 𝜃L = 𝜃 ]𝑧K'$%_.

Poiché le funzioni elementari simmetriche di tali potenze 𝑧, 𝑧c, 𝑧c5, ecc. della 𝑧 si possono

esprimere (𝑚𝑜𝑑 𝑝) razionalmente mediante i coefficienti di 𝑔(𝑧), che sono interi razionali, i numeri 𝜃", 𝜃#, … , 𝜃9 sono radici di una congruenza a coefficienti interi razionali di grado

𝑓 (𝑚𝑜𝑑 𝑝), che indicheremo con

𝛱(𝑥̅) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝).

Se poniamo 𝜃" = 𝑢"𝜔"+ 𝑢#𝜔#+ ⋯ + 𝑢$𝜔$ dove le 𝜔 sono una base del corpo, supposto di grado 𝑛, e dove lasciamo indeterminati gli interi razionali 𝑢, allora 𝛱 sarà un polinomio // in 𝑥 con coefficienti che sono polinomi a coefficienti interi razionali nelle 𝑢. Noi indicheremo tale polinomio col simbolo107

𝛱(𝑥, 𝑢", 𝑢#, … , 𝑢$).

Sia108 𝑄(𝑥, 𝑢

", 𝑢#, … , 𝑢$) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝) una congruenza coefficienti razionali soddisfatta da

𝑥 = 𝜃". Allora tale congruenza, essendo soddisfatta da 𝑥 = 𝜃(𝑧), e pure soddisfatta da 𝑥 ≡ 𝜃(𝑧c), 𝑥 ≡ 𝜃m𝑧c5n, …, cioè ammette tutte le radici di 𝛱(𝑥) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝).

Dividendo 𝑄 per 𝛱 avremo per resto un polinomio (a coefficienti interi razionali, come 𝑄 e 𝜋) di grado 𝑓 − 1, il quale pure uguagliato a zero (𝑚𝑜𝑑 𝑝) dovrebbe avere le 𝑓 radici 𝜃", 𝜃#, … , 𝜃9.

Poiché 𝑝 è primo ed 𝑓 > 𝑓 − 1, ciò può avvenire soltanto se tale resto è nullo. Dunque 𝑄 è divisibile per 𝛱.

Cioè: Se 𝑄(𝑧, 𝑢", … , 𝑢$) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝) è una congruenza coefficienti interi razionali 𝜃 soddisfatta per 𝑥 = 𝜃", allora 𝑄 è divisibile per 𝛱.

E potremo scrivere109 //

𝑄 = [𝛱(𝑥, 𝑢", 𝑢#, … , 𝑢$)]>𝐻(𝑥, 𝑢", 𝑢#, … , 𝑢$)

Dove 𝛱> è la massima potenza di 𝛱, per cui 𝑄 è divisibile, e dove 𝐻 definisce una

congruenza a coefficienti interi razionali 𝐻 ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝), che non è più soddisfatta per 𝑥 = 𝜃".

La 𝐻(𝜃", 𝑢", … , 𝑢$) è un polinomio delle 𝑢, i cui termini noi ordineremo nel modo già esposto a proposito della teoria di Kronecker; tali coefficienti non possono essere tutti divisibili per 𝑝 (perché 𝐻 ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝) non è soddisfatta da 𝑥 = 𝜃"). Sia 𝑇 il primo termine di 𝐻(𝜃", 𝑢", … , 𝑢$), il cui coefficiente non è divisibile per 𝑝. Ora 𝛱(𝜃", 𝑢", 𝑢#, … , 𝑢$) non può

Capitolo VII – Teoria della divisibilità in un corpo algebrico

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essere sempre divisibile per 𝑝#, perché quando le 𝑢 sono scelte in modo che 𝜃

" = 𝑧, allora la

congruenza 𝛱(𝑥) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝) si riduce alla congruenza 𝑔(𝑥) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝), che è soddisfatta per 𝑥 = 𝑧, mentre la 𝑔(𝑥) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝#) non è soddisfatta per 𝑥 = 𝑧. I

coefficienti di 𝛱(𝜃", 𝑢", … , 𝑢$) non possono pertanto essere tutti divisibili per 𝑝#.

Sia 𝑇X il primo termine di 𝛱, il cui coefficiente non è divisibile per 𝑝#, ma è al più divisi//bile

per 𝑝. Tra i termini di 𝑄 vi è il termine ottenuto riducendo 𝑇𝑇′ con gli eventuali termini simili ottenuti sviluppando il prodotto 𝛱>𝐻. Come nel caso incontrato nella teoria di

Kronecker, si vede che il coefficiente di 𝑇𝑇′ non è divisibile per una potenza di 𝑝 superiore a 𝑝>, mentre i termini simili sono divisibili per una potenza superiore.

Dunque 𝑄 = 𝛱>𝐻 ha, quando si ponga 𝑥 = 𝜃

", i coefficienti divisibili al più per 𝑝>.

Se dunque 𝑄(𝜃", 𝑢", 𝑢#, … , 𝑢$) non solo è congruo a zero (𝑚𝑜𝑑 𝑝), ma è congruo a zero (𝑚𝑜𝑑 𝑝8); allora 𝑄 è almeno (𝑚𝑜𝑑 𝑝) divisibile per 𝜋8 (ammesso come sopra che 𝑄 sia

a coefficienti interi razionali).

L'intero 𝜃 = 𝜔"𝑢"+ ⋯ + 𝜔$𝑢$ soddisfa ad una equazione algebrica di 𝑛8@&La grado a

coefficienti interi razionali, col primo coefficiente uguale ad 1; equazione che possiamo scrivere

𝐹(𝑥) = (𝑥 − 𝜃)(𝑥 − 𝜃X)(𝑥 − 𝜃XX) … (𝑥 − 𝜃($0"))

se 𝜃X, 𝜃XX, … , 𝜃$0" sono gli interi coniugati di 𝜃.

La 𝐹(𝑥) = 0 include la 𝐹(𝑥) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑃), e quindi // anche se 𝑝8 è la massima potenza

di 𝑝 che divide 𝑃, 𝐹(𝑥) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝8). Pertanto dal teorema precedente si trae

𝐹(𝑥) ≡ [𝛱(𝑥)]8𝐻(𝑥) (𝑚𝑜𝑑 𝑝8).

Siano 𝑝", 𝑝#, … , 𝑝% gli ideali primi distinti fattori di 𝑃. Sarà:

𝑃 = 𝑝"8;𝑝#85… 𝑝%8K. E se 𝑓& è il grado di 𝑝&, ne deduciamo, prendendo le norme:

𝑛 = 𝑒"𝑓"+ 𝑒#𝑓#+ ⋯ + 𝑒%𝑓%.

Sarà110

𝐹(𝑥) ≡ [𝛱"(𝑥)]6;𝐻

" (𝑚𝑜𝑑 𝑝"8;)

ove 𝛱" è un polinomio a coefficienti interi razionali.

Ora 𝛱"(𝑥), quando 𝑥 è un intero generico, è divisibile per 𝑝", ma non è divisibile né per 𝑝#, né per 𝑝/, …, né per 𝑝% (come risulta ponendo, per esempio, 𝑥 = 𝑧, nel qual caso 𝛱" si riduce a 𝑔(𝑧)).

Ma, poiché in ogni caso 𝐹(𝑥) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑝#85) se ne deduce che 𝐻

" sarà divisibile per un

polinomio 𝛱#(𝑥, 𝑢", 𝑢#, … , 𝑢$) a coefficienti interi razionali, // ed anzi per111 𝛱

#85 (𝑚𝑜𝑑 𝑝#).

Così continuando se ne trae:

𝐹(𝑥) ≡ [𝛱"(𝑥)]8;[𝛱#(𝑥)]85… [𝛱%(𝑥)]8Kℎ(𝑥) (𝑚𝑜𝑑 𝑃)

110 e.c. e cor. sup.: 𝐹(𝑥) ≡ [𝜋

+(𝑥)]"#𝐻+ V𝑚𝑜𝑑 𝑝+"#W.

111 e.c. e cor. sup.: invece di (𝑚𝑜𝑑 𝑝

Guido Fubini

dove 𝛱& è di grado 𝑓& ed è a coefficienti interi razionali. Osservando che 𝐹(𝑥) è di grado 𝑛, e che 𝛱"8;𝛱

#85… 𝛱%8K è di grado 𝑒"𝑓" + 𝑒#𝑓#+ ⋯ + 𝑒%𝑓% = 𝑛, se ne deduce che ℎ(𝑥) = 𝑐𝑜𝑠𝑡.,

e che perciò

𝐹(𝑥) ≡ [𝛱"(𝑥)]8;[𝛱

#(𝑥)]85… [𝛱%(𝑥)]8K (𝑚𝑜𝑑 𝑃).

Decomporre un primo razionale 𝑃 in ideali primi equivale a decomporre in fattori il primo membro 𝐹(𝑥) dell'equazione fondamentale 𝐹(𝑥) = 0, a cui soddisfa l'intero generico 𝜃 = 𝑢"𝜔"+ 𝑢#𝜔#+ ⋯ + 𝑢$𝜔$ del corpo (insieme agli interi coniugati).

L'ideale 𝑝& appare poi come M.C.D. di 𝑃 e di 𝛱&(𝜃).

Dunque al numero primitivo 𝑧 incognito abbiamo sostituito l'intero generico 𝜃; al polinomio 𝑔(𝑧) uno dei fattori 𝛱 a coefficienti interi razionali in cui si può (𝑚𝑜𝑑 𝑃) decomporre 𝐹(𝑥). //

§.10 Applicazione dei precedenti risultati

(Il primo teorema di questo paragrafo si può omettere). Poniamo per un intero qualsiasi 𝜃" del corpo112

𝜃" = 𝑢""𝜔" + 𝑢"#𝜔"#+ ⋯ + 𝑢"$𝜔$ (𝑢"& interi razionali, che nel paragrafo 9 erano indicati con 𝑢&).

Poiché 𝜃"- per ℎ = 0, 1, 2, … , 𝑛 − 1 sono pure interi del corpo, verranno uguaglianze analoghe

(1) 𝜃"- = 𝑢

-"𝜔"+ 𝑢-#𝜔#+ ⋯ + 𝑢-$𝜔$

(ℎ = 1, 2, … , 𝑛)

dove evidentemente le 𝑢-. sono polinomi a coefficienti interi razionali nelle 𝑢"&, 𝑢"#, … , 𝑢"$. Il determinante 𝑢 delle 𝑢&. è ≢ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑃). Altrimenti i primi membri di (1) sarebbero (𝑚𝑜𝑑 𝑃) legati da una relazione lineare; cioè esisterebbero degli interi razionali 𝛼, tali che

𝛼5+ 𝛼"𝜃" + 𝛼#𝜃"#+ ⋯ + 𝛼

$0"𝜃"$0" ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑃).

Il primo membro, di grado 𝑛 − 1, sarebbe // divisibile per 𝛱8𝛱

"8;…, che è di grado 𝑛: ciò

che è assurdo.

Dunque il determinante 𝑢 delle 𝑢&. non è divisibile per alcun numero primo razionale 𝑃, cioè è un polinomio nelle 𝑢"", 𝑢"#, … , 𝑢"$ a coefficienti primi tra loro. E dalle (1) si trae

𝛥#(1, 𝜃

", 𝜃"#, … , 𝜃"$0") = 𝑈#𝑑

(𝑑 = discriminante del corpo).

E perciò il discriminante 𝑑 del corpo è il M.C.D. dei coefficienti del discriminante di un intero generico 𝑢"𝜔"+ 𝑢#𝜔#+ ⋯ + 𝑢$𝜔$ del corpo stesso.

Non se ne può concludere però che 𝑑 è il M.C.D. di questi discriminanti; perché 𝑈, pure essendo un polinomio a coefficienti interi razionali primi tra loro, può per valori interi razionali qualsiasi dati alle 𝑢& essere divisibile per 𝑃 (ciò che avviene se, per esempio, 𝑈 è del tipo 𝑢"c− 𝑢

Capitolo VII – Teoria della divisibilità in un corpo algebrico

179

Se invece ciò non avviene, se cioè si possono dare alle 𝑢& tali valori 𝑎& che 𝑈 assuma un valore 𝐴 non divisibile per 𝑃, si può // provare che in tal caso nelle considerazioni del paragrafo 9 all'intero generico 𝜃" del corpo si può sostituire l'intero

𝜆 = 𝑎"𝜔"+ 𝑎#𝜔#+ ⋯ + 𝑎$𝜔$. (*)

// Un intero generico del corpo soddisfa alla

𝐹(𝑥) = 0. Se 𝜃" è un tale intero, e se 𝜃"X, 𝜃

"XX, … , 𝜃"$0" ne sono i coniugati, allora

𝐹E(𝜃

#) = (𝜃#− 𝜃#E)(𝜃#− 𝜃#EE) … ]𝜃#− 𝜃#(4,#)_.

I coefficienti di questo polinomio nelle 𝑢 individuano un ideale 𝛿, loro M.C.D.

Ed è facile a provare che 𝑁𝑚 𝛿 è il M.C.D. dei coeff.[icienti] di 𝑁𝑚 𝐹′(𝜃"), cioè del discriminante della equazione fondamentale, cioè è il numero 𝑑.

Dalla

𝐹E(𝑥) = 𝑒

#[𝛱#(𝑥)]M%,#[𝛱$(𝑥)]M"… [𝛱%(𝑥)]M(+ 𝑒$[𝛱#(𝑥)]M%[𝛱$(𝑥)]M",#… [𝛱%(𝑥)]M(+ ⋯

si deduce che 𝐹X(𝜃

") è divisibile per 𝑝"8;0"; altrettanto avviene pertanto della sua norma 𝑑.

Poiché 𝑑 è intero razionale, esso sarà divisibile per 𝑃. Se ne deduce che://

Tutti e soli i primi 𝑃 razionali che sono divisori del discriminante 𝑑 del corpo, sono divisibili per il quadrato di un ideale primo (gli altri 𝑃 non divisori di 𝑑 sono scomponibili nel prodotto di ideali primi tutti distinti fra loro).

(*) Nota: Infatti, se 𝐵 è l'intero razionale tale che 𝐴𝐵 ≡ 1 (𝑚𝑜𝑑 𝑃), dalle (1) si trae che le 𝜔 sono congrue a polinomi in 𝜆 con coefficienti interi razionali (𝑚𝑜𝑑 𝑃) [coefficienti, tutti i divisibili per 𝐵]. Poiché 𝑁𝑚 𝑃 = 𝑃$, e (𝑚𝑜𝑑 𝑃) vi sono perciò nel corpo 𝑃$ interi

distinti, il numero 𝜆 soddisferà ad una congruenza di grado 𝑛 (𝑚𝑜𝑑 𝑃) ed a nessuna congruenza di grado minore (ciò che si prova in modo analogo a quello seguito per le congruenze, a cui soddisfa una radice primitiva); e tale congruenza non può essere che la 𝐹(𝑥) ≡ 0 (𝑚𝑜𝑑 𝑃), se 𝐹(𝑥) = 0 è l'equazione, cui soddisfano 𝜆 e gli interi coniugati. Detti 𝑃& i polinomi dedotti da 𝛱& ponendo 𝑢& = 𝑎& se ne deduce