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SCHEMA DI CONTO ECONOMICO A VALORE DELLA PRODUZIONE OTTENUTA CON EVIDENZIAZIONE DEL VALORE AGGIUNTO

2.3.3 L’analisi di liquidità

L’analisi di liquidità mira a verificare che l’azienda sia in grado, tramite la liquidità esistente e le entrate attese per il breve periodo, di fronteggiare le uscite attese per il breve periodo66. In altre parole, si va a verificare se l’azienda è in grado di far fronte ai propri impegni finanziari che hanno scadenza nel breve termine (con i fornitori, con i dipendenti, con le banche, ecc.) attraverso le risorse finanziarie che si rendono disponibili nello stesso arco temporale, e se ciò

avviene in maniera economicamente conveniente, senza cioè dover effettuare determinate operazioni che non avrebbe posto in essere in presenza di una situazione di normalità. Se esiste una condizione di equilibrio infatti, l’azienda non ha la necessità di ricorrere allo smobilizzo di attività permanentemente vincolate alla stessa per far fronte alle obbligazioni di prossima scadenza.

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Ivi, p. 168

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Per condurre l’analisi sotto questo punto di vista, un primo indicatore che possiamo prendere in considerazione è il quoziente di disponibilità, dato dal rapporto tra:

Ac/Pc

Dove:

Ac: Attivo corrente Pc: Passivo corrente

Il quoziente segnala l’attitudine dell’impresa a far fronte alle uscite future

derivanti dall’estinzione delle passività correnti con i mezzi liquidi a disposizione e con le entrate future provenienti dal realizzo delle attività correnti67. Si tratta comunque di un indicatore della situazione di liquidità abbastanza grezzo, sia perché le entrate e le uscite future collegate alle attività e passività correnti costituiscono una sola parte dei flussi monetari del periodo seguente, sia perché, trattandosi pur sempre di un lasso di tempo abbastanza esteso, non viene presa in esame la sincronizzazione di tali entrate ed uscite nel corso del periodo. La situazione di liquidità può ritenersi in via orientativa valida quando tale indice assume valori prossimi a 2. Una critica frequentemente mossa all’utilizzo del quoziente di disponibilità riguarda la presenza del magazzino al numeratore, in ragione della sua non diretta attinenza con i problemi della liquidità.

Direttamente collegato all’indice appena illustrato è il Capitale Circolante Netto (CCN), risultante dalla differenza tra attività correnti e passività correnti. In condizioni funzionali, il CCN assume segno positivo, e rappresenta la quota delle attività correnti che può ritenersi coperta da fonti consolidate. Un CCN con segno negativo invece, evidenzia una posizione strutturale anomala, con riflessi

preoccupanti sulla solvibilità, per la presenza di impieghi in immobilizzazioni che risultano coperti da passività a breve. Più è basso il capitale circolante,

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minore sarà il fabbisogno finanziario e l’assorbimento della cassa, e quindi una riduzione del CCN può rappresentare una vera e propria fonte interna di

finanziamento, consentendo una liberazione di risorse liquide da destinare ad altre attività.

Il secondo indice che possiamo prendere in considerazione è il quoziente di liquidità, dato dal rapporto tra:

(Li+Ld)/Pc

Dove:

Li: Liquidità immediate Ld: Liquidità differite

Tale indice esprime la capacità dell’impresa di assolvere alle obbligazioni a breve termine attraverso le poste maggiormente liquide dell’attivo corrente (denaro in cassa, in banca, crediti entro 12 mesi, ed assimilati), oltre che la sua attitudine a svolgere la gestione in condizioni di liquidità adeguata. In via orientativa, tale indice viene ritenuto espressivo di una buona situazione di liquidità quando assume valori prossimi a 1.

Su tale quoziente, si possono maturare alcune considerazioni, in particolare: - Un quoziente di tesoreria maggiore di 1 non assicura necessariamente la

liquidità ne breve termine; affinché questa si verifichi sono necessarie due condizioni completive:

 L’armonia temporale tra entrate ed uscite;

 Lo svolgersi favorevole della gestione ulteriore68;

- Un quoziente di tesoreria minore di 1 generalmente esprime una illiquidità nel breve termine; a meno che non si verifichino due condizioni atte a ripristinare la liquidità:

 La “liquidità” del magazzino (o di una parte di esso);  Lo svolgersi favorevole della gestione ulteriore69.

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Gli indici di disponibilità e di tesoreria risentono di alcuni limiti, ascrivibili a 3 ordini di cause. Tali indici, in particolare:

- Ipotizzano una gestione “discontinua” poiché fanno riferimento soltanto al termine del “breve periodo”, ma non tengono conto della distribuzione temporale dei flussi finanziari al suo interno;

- Risultano incompleti poiché prescindono dai “valori nuovi” collegati alla gestione ulteriore;

- Non considerano l’elasticità finanziaria che deriva dalla disponibilità di riserve di liquidità potenziale70.

L’analisi deve quindi essere integrata:

- Con il calcolo degli indici di rotazione e di durata del capitale circolante netto, che mirano a rimuovere il primo dei suddetti limiti evidenziati; - Con lo studio dei piani di tesoreria ove disponibili.

2.3.3.1 Analisi del ciclo commerciale

“Il ciclo commerciale riguarda le dinamiche inerenti all’incasso dei crediti, al pagamento dei debiti e alla rotazione delle rimanenze; esso è

strettamente correlato alle attività svolte e cambia da business a business in base alle politiche commerciali che ne regolano i rapporti71”. L’analisi del ciclo commerciale si compone essenzialmente di 3 elementi, la cui somma consente di determinare la durata del ciclo stesso. Questi elementi sono rappresentati da quozienti cosi detti di “durata”, i quali sono volti a fornire informazioni sul grado di liquidità-esigibilità delle attività e passività correnti più significative,

integrandole con le informazioni ottenute con i quozienti di liquidità illustrati precedentemente in modo da consentire l’espressione di un giudizio più approfondito in merito alla situazione di solvibilità dell’azienda.

69 Ibidem

70 Cfr. C. Caramiello, F. Di Lazzaro, G. Fiori, op. cit., Milano, Giuffrè Editore, 2003, p. 197-198 71 Cfr. M. Fazzini, op. cit., Milanofiori Assago (Mi), Ipsoa Editore, 2011

52 Tali quozienti di durata sono identificabili in:

a) Periodo medio di copertura del magazzino: Magazzino/costo del venduto*365 b) Dilazione media clienti: Crediti vs clienti netti/Vendite*365

c) Dilazione media fornitori: Debiti vs fornitori netti/ Acquisti materie netti *365

Durata ciclo commerciale: a) + b) – c)

La durata media del ciclo del circolante corrisponde al tempo, espresso in giorni, che mediamente trascorre tra il momento del pagamento ai fornitori dei fattori produttivi correnti ed il momento dell’incasso dai clienti dei ricavi per le vendite o le prestazioni72, ed esprime la capacità dell’impresa di incassare i crediti dalla clientela tenendo conto dei tempi medi di giacenza del magazzino in relazione agli obblighi che derivano dai debiti intrattenuti con i fornitori.

Se la durata assume segno positivo, ciò è indice di una situazione negativa in quanto segnala l’esistenza di un fabbisogno di finanziamento che deve essere coperto solitamente con debiti finanziari a breve scadenza (c/c passivi, anticipi su fattura, Ri.Ba. s.b.f., ecc.); se invece il valore assunto dalla durata è negativo abbiamo una situazione positiva, in quanto ciò significa che il pagamento dei fornitori avviene dopo aver incassato i crediti dai clienti.

Agli indici di durata del CCN si accompagnano un’altra serie di indici detti di rotazione del CCN: l’indagine riguarda la velocità di rinnovo, ovvero l’intensità della rotazione delle singole classi di valori del capitale circolante netto

operativo: si tratta, in altre parole, di indagare i tempi medi con i quali si succedono i flussi finanziari legati ai cicli gestionali correnti di acquisto- trasformazione-vendita73.

Indice di rotazione delle scorte: Costo del venduto/Magazzino;

Indice di rotazione dei crediti commerciali: Vendite/Crediti commerciali; Indice di rotazione dei debiti commerciali: Acquisti/Debiti vs fornitori.

72 Cfr. C. Caramiello, F. Di Lazzaro, G. Fiori, op. cit., Milano, Giuffrè Editore, 2003, p. 217 73 Ivi, p. 199

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