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Il settore dello streaming online sta attraversando la sua epoca d’oro, tanto che ormai il consumo di video è divenuto il motore trainante dell’intero complesso online: per il 2018 è stimato infatti che i video arriveranno a rappresentare il 76% dell’intero traffico internet, a fronte del 60% registrato nel 2013.

Figura 2.3

- crescente diffusione della banda larga e ultra-larga: è stimato un raddoppio della velocità di questa tecnologia tra il 2017 (39 Mbps) e il 2022 (75,4 Mbps).

- incremento delle possibilità di accesso mobile a internet:

Figura 2.4

Dato questo confermato anche dalle stime future:

Figura 2.5

A livello globale, il numero medio di dispositivi e connessioni pro capite tra il 2017 e il 2022 più che raddoppierà, da 1,7 dovrebbe arrivare a 3,6. I paesi con il numero più alto saranno gli Stati Uniti (13,6), la

La possibilità di usufruire dei contenuti online da numerosi dispositivi ha determinato un incremento del traffico online generato da questi (23% nel 2017, 50% nel 2022), a discapito di un calo dei livelli prodotti da un tradizionale computer (49% nel 2017, 19% nel 2022); effetto amplificato con lo sviluppo della nuova tecnologia di streaming video Ultra High-Definition (UHD) o 4K: consente una velocità in bit per video di 15-18 Mbps, il doppio rispetto un video HD e nove volte più veloce di un video a definizione standard.

Tali numeri dimostrano una netta preferenza dei consumatori a usufruire in modo customizzato i vari contenuti internet attraverso strumenti alternativi e quindi spiegano la politica Netflix di rendere possibile l’accesso alla sua piattaforma anche tramite smartphone, tablet e internet TV.

La crescita dell’intero settore risulta strettamente legata all’intensificarsi del processo di transizione da un ambiente IPv4 a uno IPv6: la disponibilità del nuovo protocollo internet si rende indispensabile per superare la saturazione delle quote IPv4 in cui versano attualmente i mercati online più avanzati, ovvero quello europeo, nord e sudamericano.

Benefici effetti sono attesi anche a riguardo del mercato africano, avviato a esaurire le proprie quote IPv4 nell’anno in corso.

I fornitori sono quindi chiamati a rendere accessibili i propri contenuti su IPv6.

Lo streaming online è riuscito a ritagliarsi uno spazio nella vita dei consumatori pari a quello dedicato alla televisione tradizionale, permettendo, allo stesso tempo, di superarne i tipici limiti. La nascita di piattaforme come Netflix ha infatti permesso agli utenti di sganciarsi dalla programmazione decisa rigidamente dal palinsesto e distribuita attraverso appuntamenti periodici, per arrivare a un nuovo modo di intrattenimento online definibile come time-shifted viewing (Marrazzo) e in cui è lo stesso utente a decidere cosa guardare, con quale dispositivo e quando guardarlo.

Si delinea quindi una nuova forma di intrattenimento in cui il pubblico non è più agente passivo dell’offerta dei broadcaster, ma elemento attivo: la sua esperienza online, i sentimenti e le sensazioni provate, le valutazioni e i commenti rilasciati sorgono a fulcro dell’intero sistema, un insieme di dati dall’intenso valore e sui quali sarà definita e strutturata l’offerta.

In questo scenario non deve stupire quindi la formazione di un nuovo fenomeno noto come cord-cutting e la rapida diffusione delle “Zero- TV”, ovvero la crescente propensione del pubblico a usufruire di programmi e contenuti tramite canali non riconducibili al modello broadcasting (Marrazzo). Nato inizialmente negli Stati Uniti, sottintende quei nuclei familiari che nonostante siano privi di un abbonamento alla tv tradizionale accedono alla stessa attraverso internet; attualmente si è diffuso a livello globale, tanto da generare più traffico online rispetto a quanto fatto dalle famiglie ancora legate alla televisione classica.

Figura 2.6

Un’evoluzione simile nel mondo dell’intrattenimento ha provocato una progressiva disaffezione dei consumatori verso i tradizionali broadcasters, come dimostrato dal calo degli utenti subito dagli emittenti televisivi americani nel 2015, la prima dal 1990.

La televisione tradizionale si trova di fronte cioè all’obbligo di una profonda revisione del proprio business per renderlo maggiormente compatibile con le nuove esigenze del pubblico.

È con tale obiettivo che, negli ultimi anni, si sono realizzate numerose acquisizioni da parte di compagnie di telecomunicazioni di broadcaster o aziende specializzate nella distribuzione di servizi via cavo. È ciò che è avvenuto con gli acquisti da parte di Vodafone di ONO e Kabel Deutschland, attraverso i quali la multinazionale ha intensificato la propria presenza nel settore delle comunicazioni spagnolo e tedesco. Il fronte dei provider televisivi, sia via cavo che digitale terrestre e satellite, evidenzia un sempre più impellente bisogno di procurarsi una presenza sul web; come dimostrato in Italia da NowTV o RaiPlay, piattaforme in cui è possibile fruire dei contenuti Sky e Rai.

La sfida è giocata anche in termini di profondità dell’offerta e questo spiega il rinnovato interesse verso eventi premium e sportivi.

L’attuale settore dell’intrattenimento quindi offre ai propri consumatori una molteplicità di metodologie di accesso ai contenuti che permettono un’esperienza estremamente personalizzata, tanto da poter arrivare a una nuova segmentazione del pubblico televisivo in (Marrazzo):

- Lineari: categoria con esigenze semplici e ancora legati al modello lineare del palinsesto infatti consumano prevalentemente programmi free-to-air;

- TV 2.0: sfruttano sia l’offerta tradizionale che quella online; - Registratori: pretendono flessibilità di visione senza però

ricorrere a internet, si avvalgono prevalentemente della funzione di registrazione proposta dai broadcasters;

- Fanatici digitali: l’elemento cruciale per loro è la qualità tanto da essere disposti a pagare l’abbonamento per i servizi pay-per- view o quelli di video on-demand;

- Beffardi connessi: prediligono i servizi OTT, ricorrono alla televisione lineare solo se free-to-air;

- Spettatori on-the-go: guardano la tv principalmente tramite dispositivi mobili.

Un processo evolutivo simile è riscontrabile anche nel mercato televisivo italiano che nel 2017 costituiva lo 0,5% del PIL nazionale, per un giro d’affari di 8,8 miliardi di euro – in flessione dell’1,1% rispetto al 2016 – e si caratterizzava per un elevato grado di concentrazione, dal momento che i tre principali attori (Rai, Sky e Mediaset) detenevano il 90% dei ricavi complessivi.

Seppur in decrescita rispetto al 2016 del 2,9%, la televisione in chiaro costituiva il segmento più importante del settore: in tale ambito, la quota mercato principale (48,4%) era saldamente posseduta dalla Rai, seguita da Mediaset con il 34%.

Per quanto riguarda invece la pay-tv, rappresentante il rimanente 46% e in crescita dell’1,4%, il ruolo dominante era ricoperto da Sky, titolare di una quota mercato pari al 77%; con Mediaset ferma al 19,8% (dati presi da “Indagine sui principali operatori televisivi italiani e confronto con i maggiori peers pubblici europei” di MBRES e consultati in data 09/06/2019).

Grazie allo sviluppo della banda larga e ultra-larga, si sono affermati nuovi modelli di consumo a svantaggio della tradizionale televisione lineare: nel 2018 sono state oltre tre milioni e mezzo le famiglie che hanno usufruito della televisione tramite internet, numero destinato a salire oltre otto milioni nel 2020, secondo quando stimato dal centro studi IT Media Consulting (“Il mercato televisivo in Italia 2018/2020 – L’effetto Netflix”, consultato in data 08/06/2019).

Tale contesto vede come anno di svolta il 2020, quando pay-tv e broadband tv arriveranno ad essere utilizzate rispettivamente dal 55% e dal 61% delle famiglie, provocando quindi il crollo della quota dei tre protagonisti dal 90% all’83%.

La crescita più marcata riguarderà proprio Netflix e gli altri servizi OTT che conquisteranno il 26% dei ricavi complessivi (IT Media Consulting).

In particolare, il mercato SVOD globale nel 2018 ha visto consolidare la posizione di leadership di Netflix: arrivata a possedere una quota pari al 71%, contro l’11% di Amazon e il 9% di Hulu.

Numeri molto simili sono riscontrabili nel segmento statunitense, dove Los Gatos conta su una quota mercato del 68%; in calo però rispetto al 2017 (71%): ciò è da attribuire ai buoni risultati ottenuti in questo periodo da alcuni player secondari – DC Universe, CBS Access – arrivati ormai a una quota complessiva del 6%.

Figura 2.7

Uno scenario di maggior equilibrio caratterizza invece il mercato europeo e italiano: Netflix qui fa affidamento su una quota del 44%, contro il 24% di Infinity (Mediaset) e l’8% di Amazon.

68% 10%

1%5% 9%

7%

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