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Figura 2.2

È con questo tweet che il 5 giugno 2015 Netflix annunciava la propria entrata in Italia.

Tale decisione è arrivata con alcuni anni di ritardo rispetto al cammino espansionistico europeo e ciò è dipeso dai limiti strutturali del mercato italiano, caratterizzato da:

- arretratezza nello sviluppo e nella diffusione delle reta a banda ultralarga,

- un sistema audiovisivo dominato dai broadcasters tradizionali, - un’ampia offerta di contenuti in chiaro,

- scarso gradimento di serie tv o film in lingua originale senza doppiaggio: l’Italia si colloca all’ultimo posto tra i paesi europei i cui cittadini sono propensi a guardare film e/o serie tv in lingua o sottotitolati in inglese (solo il 17% della popolazione),

- costo medio di abbonamento alla pay-tv (Sky e Mediaset) molto basso

- forte peso degli anziani sulla popolazione italiana (ragioni demografiche).

Queste problematiche hanno spinto gli attori tradizionali a cercare nuove soluzioni e a guardare al business dello streaming online già prima l’arrivo dei grandi colossi americani, che infatti al momento dell’entrata in Italia si sono ritrovati ad affrontare una concorrenza adeguatamente attrezzata: in particolare, Sky e Mediaset operativi con River (divenuto presto Sky Online) e Infinity.

Da qui un impatto nettamente inferiore rispetto a quello che Netflix aveva registrato negli anni precedenti nel Regno Unito o nel Nord Europa; situazione analoga a quella spagnola e portoghese.

Nel momento di ingresso di Netflix, il mercato televisivo online italiano era in uno stato embrionale valendo circa 40 milioni di euro; la forte concorrenza che lo ha sempre contraddistinto (ai players citati si aggiungono Tim Vision e Chili TV) ne ha permesso la crescita.

Per risolvere la questione della rete, i video Netflix sono disponibili per diverse velocità di connessione, grazie ad una tecnologia che permette di adattare la velocità di trasmissione dei contenuti all’ampiezza della banda; inoltre è previsto un mese di prova gratuito prima

dell’attivazione dell’abbonamento. Quest’ultima opzione è destinata a scomparire nel 2019 a causa dell’elevato numero di utenti che creando ogni volta nuovi profili non pagavano l’abbonamento.

L’offerta Netflix per gli utenti italiani prevede la scelta tra tre pacchetti specifici:

- base: qualità video standard, una sola sessione di streaming e velocità da 3 Mbps, a 7,99 euro al mese;

- standard: qualità video HD, due sessioni di streaming e velocità da 5 Mbps, a 9,99 euro al mese;

- premium: qualità video ultra-HD 4K, fino a quattro sessioni di streaming e velocità da 25 Mbps, a 11,99 euro al mese.

Ognuno di essi permette l’utilizzo del servizio con qualsiasi dispositivo connesso a internet e dotato di un’applicazione Netflix: PC, lettore DVD, smart Tv, console per videogiochi etc; esiste anche la possibilità di download di alcuni titoli per una visione offline.

La sfida italiana si è giocata e si gioca tuttora sulla profondità e la qualità del catalogo: se inizialmente quello Netflix non era a livello dell’offerta di Sky o di Mediaset in quanto caratterizzato eccessivamente da titoli in inglese; sfruttando le produzioni originali (Sense8, Daredevil, Narcos etc.) e quelle specifiche per il pubblico italiano (Suburra) lo svantaggio è stato progressivamente colmato. Ciò ha avuto benefici riflessi sulle stime (parlare di dati precisi è estremamente difficile dal momento che Netflix individua solo due classi di utenti: statunitensi e resto del mondo) sugli abbonati a Netflix Italia: i 20 mila utenti paganti nel 2015 sono continuamente cresciuti fino a raggiungere 1,5 milioni nel 2018 (nel 2019 dovrebbero arrivare a 2 milioni), contro i 300 mila che attualmente utilizzano attivamente Amazon Prime Video (è un servizio disponibile soltanto per gli utenti iscritti a Amazon Prime) e gli 850 mila di Infinity.

Al netto dei risultati positivi riscontrati, esistono tutt’ora degli ostacoli allo sviluppo in Italia di Netflix (e più in generale del mercato dello

streaming online), ricollegabili tutti al tasso di invecchiamento. Una popolazione in cui è forte il peso degli anziani esprime una preferenza complessiva verso un modello di televisione lineare e generalista: ecco perché l’attuale sistema audiovisivo si caratterizza per un ruolo rilevante giocato dai tradizionali broadcasters e da un’ampia offerta di contenuti in chiaro. Un pubblico televisivo vecchio predilige una programmazione fissa e prestabilita, permettendo la sopravvivenza della classica impostazione della tv palinsesto. La diretta conseguenza è che per gli investitori pubblicitari gli spettatori target sono quelli compresi tra i 15 e i 64 anni, a fronte del 18-49 degli Stati Uniti. In tale contesto si inserisce anche uno scarso sviluppo delle connessioni a banda larga: se negli ultimi anni sono stati evidenziati dei miglioramenti dal lato dell’offerta, che una volta superati specifiche questioni finanziarie e burocratiche ha velocemente ridotto il gap con il resto d’Europa; dal lato della domanda non si può certo dire la stessa cosa. A fronte infatti di una crescita del grado di penetrazione della banda larga, la popolazione italiana si dimostra restia all’utilizzo quotidiano di internet (nel 2014 solo il 58% degli italiani lo ha fatto, la media europea è del 65%) e all’e-commerce (sempre nel 2014 solo il 22% degli italiani ha acquistato online).

Questi dati evidenziano una scarsa e inadeguata conoscenza dei cittadini italiani degli strumenti e dei servizi offerti da internet e quindi l’esigenza di costruire, non solo le apposite infrastrutture, ma anche una cultura digitale che consenta di comprendere meglio i benefici e i rischi connessi alle nuove tecnologie.

Infine altro limite allo sviluppo di Netflix è rappresentato dalla forte cultura dell’illegalità presente nel mercato italiano e che sfocia nel fenomeno della pirateria: ad oggi non sussiste percezione dei reali danni provocati dallo streaming e dal downloading illegale; non è un caso quindi che l’Italia risulti al primo posto tra i paesi europei nel consumo di film e serie tv piratati (Marrazzo).

Nel 2018 infatti sono stati circa 5 milioni gli italiani che hanno fatto pirateria su film, serie tv, programmi televisivi o eventi sportivi (in primis il calcio, seguito da Formula1, MotoGP e Tennis), per un totale di 21 milioni di atti illegali all’anno.

Tra i fenomeni emergenti in questo ambito vi è quello delle IPTV (Internet Protocol Television) illegali che dietro il pagamento di abbonamenti irrisori, se non addirittura gratuiti, permettono l’accesso a tutti i contenuti di varie piattaforme. Questi servizi celano il rischio di utilizzo improprio delle informazioni personali, bancarie e di geo- localizzazione degli utenti.

Per contrastare tale deriva illegale si rende necessario innanzitutto un incremento competitivo delle alternative legali in termini di prezzo, qualità e profondità dei cataloghi. Esemplare è il caso norvegese che, a seguito di un simile processo, ha visto crollare il numero di under 30 che dichiarano di scaricare musica illegalmente dall’80% del 2009 al 4% del 2014.

Unitamente serve anche la promozione di una cultura alla legalità tramite campagne di educazione volte a sensibilizzare gli utenti circa i rischi personali insiti nella pirateria e i danni economici (circa pari a 1 miliardo all’anno) che questa provoca nell’industria audiovisiva italiana. Anche se una valutazione completa dell’impatto di Netflix sul mercato italiano risulta ancora di difficile attuazione, è possibile ricavare alcune osservazioni:

- attualmente l’azienda di Los Gatos è tra i principali player nel settore dello streaming online,

- il successo di Netflix potrebbe spingere il governo e l’autorità di settore a promuovere politiche di alfabetizzazione digitale e a investimenti per la diffusione della banda larga,

- le produzioni originali e l’accordo con Rai potrebbero dare nuova linfa al settore cinematografico,

è dovuto al legame che ancora essa ha con la popolazione italiana e ai motivi di diffidenza che questa mostra verso il mondo online.

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