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L equilibrio di Hardy- Weinberg è stato testato tramite un software disponibile in rete (www.changbioscience.com/genetics/hardy.html). La significatività delle diverse distribuzioni alleliche nei pazienti rispetto ai controlli, è stata valutata con l'applicazione del test del 2, mentre le distribuzioni genotipiche con il test di Fisher con due gradi di libertà. Con il calcolo degli odds ratio (OR, rapporto delle probabilità) è stato stimato il rischio riconducibile alle varianti genetiche associato con MA.

RISULTATI

Tutti i 194 pazienti con MA, i 23 con DV e tutti i 96 controlli sono stati tipizzati per il polimorfismo -2578 C/A del promotore del gene VEGF e per il polimorfismo ApoE. La tipizzazione del polimorfismo -1198 C/T del promotore del VEGF è stata effettuata su 133 pazienti con MA dei 194 totali, su tutti i pazienti con DV e su tutti i controlli.

Le frequenze alleliche e genotipiche nella popolazione di studio analizzata per i polimorfismi -2578 C/A ed ApoE rispettano l equilibrio di Hardy- Weinberg.

Per quanto riguarda lo studio del polimorfismo -1198 C/T non si è riscontrata alcuna differenza significativa di distribuzione allelica e genotipica nei pazienti (MA e DV) rispetto ai controlli. L analisi di 133 pazienti con MA ha rilevato 132 genotipi CC ed un genotipo CT. In 96 controlli genotipizzati, 95 individui sono portatori del genotipo CC ed un individuo del genotipo CT. Tutti i 23 pazienti con DV presentano un genotipo CC.

I dati relativi al polimorfismo -2578 C/A sono illustrati nelle Tabelle 2 e 3, dove vengono confrontate le frequenze genotipiche e alleliche fra i gruppi e riportati i risultati dell analisi statistica. Nelle Figure 8 e 9 tali dati sono rappresentati graficamente. Le frequenze degli alleli A e C sono paragonabili nei tre gruppi. Nessuna differenza statisticamente significativa

è stata osservata nella distribuzione delle frequenze genotipiche tra i gruppi dei pazienti ed il gruppo di controllo. Il genotipo eterozigote è il più frequente sia nei pazienti che nei controlli. Il genotipo omozigote AA è più rappresentato nel gruppo dei pazienti, sia in quelli con MA (22,7%) che in quelli con DV (21,7%), rispetto ai soggetti di controllo (13,3%); tuttavia questa differenza, valutata prendendo come punto di riferimento la distribuzione dell omozigote mutato rispetto all omozigote CC, non è statisticamente significativa. La mancanza di associazione tra il genotipo - 2578 AA e rischio di sviluppare MA permane quando si analizzano separatamente le distribuzioni genotipiche e alleliche nei due sessi per ciascun gruppo (Tabella 2).

Inoltre nel presente studio è stato effettuato un confronto tra le frequenze del genotipo 2578 AA e la somma delle frequenze dei genotipi (AC+CC) nei pazienti rispetto ai controlli. Il valore del p ottenuto, non è statisticamente significativo ma è vicino ai limiti della significatività ( 2= 3,396; p=0,065).

I dati riguardanti il polimorfismo dell ApoE hanno evidenziato che la frequenza dell allele 4 è del 16% nei pazienti MA e del 7% nei controlli, ma questa differenza non è statisticamente significativa: OR=2,05 (0,8- 5,1). La frequenza dello stesso allele nei pazienti DV è del 4,4%.

Per valutare una eventuale correlazione tra i genotipi e l allele 4 dell ApoE, i pazienti sono stati suddivisi in due sottogruppi, portatori dell allele 4 e non portatori, ma non è stata osservata differenza statisticamente significativa nella distribuzione dei genotipi, ad indicare l assenza di una associazione tra le due variabili.

In una sottopopolazione di 91 pazienti affetti da MA e in tutti i pazienti affetti da DV di cui si conosceva anche l età di esordio della malattia (73,2 ± 6,9 anni nei pazienti con MA; 58,3 ± 9,1 anni nei pazienti con DV), non è emersa alcuna associazione tra i parametri genetici e il suddetto dato clinico.

DISCUSSIONE

Numerose osservazioni supportano l ipotesi che la compromissione del sistema cerebrovascolare, causa più frequente della DV, possa giocare un ruolo decisivo anche nella patogenesi della MA, aggravando il processo neurodegenerativo sottostante (Zlokovic et al., 2005). La ricerca ha quindi puntato l attenzione sul VEGF, in quanto è il più potente induttore dell angiogenesi durante lo sviluppo ed è implicato nell adulto in numerosi processi patologici, quali la proliferazione tumorale, fenomeni infiammatori ed ischemici. L espressione del VEGF aumenta rapidamente e significativamente in risposta a diminuzioni minime della pressione parziale di ossigeno (Semenza, 2001). Non sono note patologie causate da mutazioni nel gene, ma una variazione della sequenza ipossia-sensibile presente nel promotore, costituisce un fattore di rischio per patologie coronariche (Shultz et al., 1999). Questo suggerisce che in generale una regolazione anomala della trascrizione del gene VEGF, dovuta alla presenza di alcuni siti polimorfici nella sequenza del promotore, può costituire un fattore predisponente allo sviluppo di patologie di origine vascolare, come l ictus, o neurodegenerative come la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) (Carmeliet et al., 2002). Infatti, topi transgenici che presentano una delezione della regione HRE contenuta all interno della sequenza del promotore del VEGF, sviluppano una forma di neurodegerazione dei motoneuroni paragonabile a

quella che si verifica nelle forme ad esordio tardivo della SLA (Oosthuyse et al., 2001).

Il VEGF esplica un effetto neurotrofico diretto sui neuroni; esperimenti condotti in cavie rivelano che l aumento dell espressione del VEGF esercita un incremento della neurogenesi a livello ippocampale, a cui si attribuisce il miglioramento delle performance nei test di orientamento spaziale (Cao et al., 2004).

Alcuni autori ritengono che in molte patologie neurodegenerative possa venire meno un effetto neuroprotettivo del VEGF (Storkebaum et al., 2004). Inoltre la neurodegenerazione è frequentemente accompagnata da fenomeni ischemici ed infiammatori, stimoli che determinano aumenti dell espressione (Meda et al., 2001). Studi immunoistochimici hanno rilevato la presenza di VEGF in associazione ad astrociti reattivi e microvasi cerebrali nella neocorteccia di pazienti con MA (Kalaria et al., 1998) e successivamente è stato dimostrato che in vitro questo fattore si lega con alta affinità alla A (Seung-Pil et al., 2004). Questi due studi suggeriscono che, in seguito a ridotta perfusione e vascolarizzazione, si potrebbe verificare un aumento dell espressione del VEGF, il cui intervento neuroprotettivo e antiapoptotico è impedito dal legame con il A delle placche senili.

Un alterazione dei livelli di questo fattore di crescita potrebbe essere coinvolta nella patogenesi sia della MA che della DV. Tarkowski e

collaboratori (2002) hanno rilevato la presenza di alti livelli di VEGF nel liquido cerebrospinale di pazienti con MA e DV rispetto ai controlli. Numerose ricerche hanno quindi incentrato l attenzione su alcuni siti polimorfici all interno del promotore che potessero avere un impatto sull espressione del VEGF, considerando che la trascrizione di questo gene è molto complessa ed è regolata da una serie di fattori di trascrizione che si legano a questa sequenza (Pagès et al., 2004).

Uno studio effettuato su un campione di pazienti affetti da SLA ha indagato tre diversi polimorfismi del promotore del gene: -2578 C/A, - 1154 G/A e -634 C/G. E stato osservato che le combinazioni degli alleli A- A-G e/o A-G-G rispettivamente a livello dei siti polimorfici -2578, - 1154, -634, sono associate a livelli plasmatici più bassi nel gruppo di pazienti rispetto ai controlli (Lambrechts et al., 2003). In uno studio condotto su soggetti sani, il genotipo 2578 AA è stato associato a ridotti livelli plasmatici di VEGF, misurati in cellule mononucleate di sangue periferico indotte a proliferazione con lipopolisaccaridi, allo scopo di simulare una reazione immunitaria. Questo genotipo infatti è più rappresentato nei soggetti che presentano una ridotta frequenza di rigetto in seguito a trapianto di rene, in quanto determina una minore stimolazione delle difese immunitarie rispetto al genotipo CC (Shahbazi et al., 2002). Sulla base di queste evidenze, Del Bo e collaboratori hanno ipotizzato che anche nella MA alcuni siti polimorfici all interno del promotore del VEGF

potessero contribuire alla patogenesi della MA. In questo lavoro sono state analizzate le distribuzioni delle frequenze dei polimorfismi -2578C/A, -1154 G/A, -1190 G/A, -1198 C/T e 634 C/G in 249 pazienti con MA e 347 controlli. Fra questi, due polimorfismi sono significativamente più rappresentati nella MA, il -2578A ed il -1198T. Il 1198 T è un allele molto raro nella popolazione generale (frequenza di 0,018); in effetti nei controlli non ne è stato riscontrato alcuno mentre sono stati rilevati 7 portatori dell allele T nel gruppo dei pazienti. L analisi di eventuali correlazioni fra i polimorfismi a rischio ed età, sesso, e allele 4 dell ApoE non ha dato nessun risultato significativo. In seguito la misurazione dei livelli plasmatici del VEGF, condotta in un campione di 96 pazienti e 49 controlli, non ha evidenziato alcuna differenza fra i due gruppi. All interno del campione dei pazienti, comunque, il genotipo 2578 AA, rispetto ai genotipi AC e CC, risulta significativamente associato a livelli plasmatici più alti. Essendo il numero degli individui abbastanza limitato (32 pazienti con genotipo AA, 65 individui AC e CC) lo stesso autore non trae conclusioni da questo risultato, ammettendo di poter essere incorso in un errore di campionamento.

Al lavoro di Del Bo sono seguiti due studi, entrambi volti a valutare l associazione del -2578 C/Ae 634 C/G. Il primo studio è stato condotto da Chapuis e collaboratori nel 2005, su un campione di 601 pazienti con MA e 631 controlli. In questo lavoro sono state valutate anche eventuali

associazioni significative fra la distribuzione dei polimorfismi e lesioni cerebrovascolari (angiopatia amiloidea, aterosclerosi e lesioni della materia bianca sottocorticale) riscontrate in un campione di reperti autoptici di pazienti e controlli. I risultati dello studio non hanno mostrato alcuna associazione significativa dei polimorfismi con la malattia né con tali lesioni. Anche il terzo lavoro, in cui sono stati presi in esame 353 pazienti e 357 controlli, ha fallito di replicare tale associazione (Mateo et al., 2006). Lo scopo della presente tesi è stato quello di verificare l associazione della MA sporadica con il polimorfismo -2578 A/C, riguardo al quale i dati di letteratura sono discordanti, e quella con il polimorfismo -1198 C/T il cui studio non è mai stato replicato. Inoltre gli stessi polimorfismi sono stati valutati in pazienti con DV, dato che non vi sono precedenti studi in proposito.

Nel presente lavoro non siamo riusciti a replicare l associazione osservata da Del Bo et al. (2005) tra MA e i due genotipi 1198 CT e 2578 AA. Infatti, in accordo con gli altri studi di Chapuis et al. (2005) e Mateo et al. (2006) non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa nelle distribuzioni alleliche e genotipiche nei pazienti con MA rispetto ai controlli riguardo al polimorfismo 2578 C/A.

Lo studio del polimorfismo 1198 C/T ha confermato il dato di letteratura riguardo al fatto che l allele 1198 T è molto raro; infatti un solo individuo con genotipo 1198 CT è presente sia tra i pazienti con MA che nel gruppo

dei controlli mentre i pazienti con DV sono risultati tutti omozigoti 1198CC. Ciò non permette quindi di effettuare un analisi statistica dei dati.

Anche per quanto riguarda la DV, non è stata riscontrata alcuna associazione significativa tra la malattia e frequenze alleliche e genotipiche del polimorfismo 2578 C/A

In tabella 4 i nostri dati relativi a MA vs controlli sono confrontati con quelli di Del Bo, Chapuis e Mateo.

Il genotipo AA non risulta essere associato ad un aumento del rischio di sviluppare la MA anche se come si può osservare, le percentuali del genotipo AA osservate nel presente studio ed in quello di Del Bo e collaboratori sono paragonabili. La mancanza di associazione tra il genotipo 2578 AA e rischio di sviluppare MA permane quando si analizzano separatamente le distribuzioni genotipiche e alleliche nei due sessi per ciascun gruppo.

Per quanto riguarda i pazienti con DV, si può osservare che la percentuale dei genotipi AA è del 21,7%, quindi molto più vicina ai valori dei pazienti con MA (22,7%) che a quelli dei controlli (13,3%), ma il limitato numero dei casi non ci permette di trarre conclusioni.

Confrontando i nostri dati rispetto al lavoro di Chapuis, notiamo che le frequenze dell allele A nei loro pazienti rispetto ai controlli è 0,47 vs 0,48; nel lavoro di Mateo 0,44 vs 0,43; nel nostro studio 0,446 vs 0,413 in quello

di Del Bo 0,488 vs 0,409. Quindi, le nostre frequenze alleliche potrebbero essere intermedie tra i due studi negativi e l unico positivo presente in letteratura.

Per quanto riguarda la distribuzione delle percentuali dei genotipi, gli omozigoti wild-type dei nostri risultati sono confrontabili con quelle dei due lavori negativi, e più alte rispetto a quelle dei pazienti di Del Bo (33,5% vs 26,1%). Le frequenze degli eterozigoti sono identiche nel lavoro di Chapuis e di Mateo fra pazienti e controlli (47% vs 49%). Nel nostro lavoro invece sono più rappresentate nei controlli rispetto ai pazienti (56,1% e 43,8%). Occorre comunque osservare che le percentuali dei portatori del genotipo a rischio 2578 AA sono confrontabili con quelle riportate nel lavoro di Del Bo (22,7% vs 23,3%) nei pazienti con MA; e nei controlli (13,3% vs 14,7 %), ma nel nostro studio le percentuali di omozigoti CC è risultata più elevata e ciò è stato determinante nell analisi dell OR. Gli altri due lavori negativi mostrano percentuali paragonabili tra pazienti e controlli (23% vs 24% e 20 vs 18%) rispettivamente nello studio francese e in quello spagnolo. Inoltre nel presente studio è stata effettuato, tramite il test del 2, un confronto tra le frequenze del genotipo AA e la somma delle frequenze dei genotipi AC+CC nei pazienti rispetto ai controlli. Il valore del p ottenuto (0,065), non è statisticamente significativo pur avvicinandosi ai limiti della significatività. Questa analisi statistica è stata applicata ai dati riportati negli altri tre studi. Come si può notare il p calcolato sulla base

delle nostre frequenze risulta di valore intermedio rispetto a quello relativo ai dati dello studio di Del Bo e quello relativo agli altri due lavori.

Concludendo, l analisi statistica non mostra risultati significativi per quanto riguarda l associazione del genotipo 2578 AA sia alla MA che alla DV. Ulteriori studi epidemiologici, anche su gruppi di pazienti e controlli numericamente più consistenti, saranno comunque necessari per definire il reale ruolo di questi polimorfismi del VEGF nell etiopatogenesi della MA. Essenziale sarà inoltre indagare approfonditamente le eventuali correlazioni tra genotipo e i vari aspetti clinici della malattia, tra cui l età di esordio. Quest ultimo parametro è molto importante perchè questo studio, che ha lo scopo di inquadrare un gene come fattore di suscettibilità alla malattia, si incentra sulle forme sporadiche, nelle quali il fattore genetico non è di per sé causa della malattia, ma può determinare una predisposizione alla patologia in concomitanza di altri fattori, sia genetici che ambientali. Le forme sporadiche della MA generalmente hanno un età d esordio superiore ai 65 anni, mentre le forme genetiche sono più precoci, anche se nella realtà dei fatti questa distinzione può non essere così netta.Purtroppo spesso non è facile ottenere questo dato, perché gli archivi del DNA possono non fornire tale informazione; anche in sede ambulatoriale spesso non è facile risalire all età d esordio precisa della malattia. Le prime manifestazioni della MA spesso sono difficilmente rilevabili anche da chi vive a stretto contatto con il paziente. Abbiamo comunque potuto analizzare una sottopopolazione di

91 pazienti di cui si conosceva anche l età di esordio della malattia (78.2 6.9 anni), e anche in tale coorte non è emersa alcuna associazione tra i parametri genetici e il suddetto dato clinico.

Il lavoro svolto in questa tesi rappresenta una prima tappa di un progetto più ampio e articolato. Innanzitutto la casistica verrà ampliata, soprattutto per quanto riguarda i pazienti con DV, in modo da raggiungere un numero sufficientemente elevato da consentire confronti statistici accurati, sia con i controlli che con i pazienti con MA. I dati ottenuti su questo primo esiguo numero di campioni di soggetti affetti da DV non hanno mostrato significatività statistiche, e non consentono ancora conclusioni definitive. Le evidenze che correlano la DV con il VEGF sono molto forti. Innanzitutto perché l ipossia, fenomeno che si verifica in associazione ad un ridotto apporto sanguigno, determina significativamente l aumento della produzione del VEGF. Questo processo è mediato dal fattore di trascrizione HF1 , che si lega sia a livello del promotore che della 3 Untranslated

region, sequenza non codificante situata a valle del gene, determinando

quindi un aumento sia della trascrizione che della stabilità dell mRNA. Verranno analizzati altri polimorfismi del gene VEGF di possibile interesse nelle patologie da noi indagate, quali il polimorfismo 936 C/T, localizzato appunto a livello della 3 -Untranslated Region e già correlato a bassi livelli di VEGF (Renner et al.., 2000).

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