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Analisi statistica

Le variabili continue sono state espresse come mediana e range interquartilico (IQR); per gli indici in esame è stata valutata anche la deviazione standard, medie ed intervallo di conQidenza della media.

Assumendo come signiQicativa una p < 0,05 è stato utilizzato il test non parametrico per campioni appaiati di Mann-Whitney: • per la variazione della distensibilità della vena ascellare tra NR e FR; 
 • per la variazione della frequenza cardiaca; 
 • per la variazione di portata; 
 • per la variazione della stroke volume variation; 
 • per la variazione dell’indice di distensibilità della vena cava; 
 • per la variazione dell’indice di distensibilità della vena giugulare interna; 
 • per la variazione dell’indice di distensibilità della vena ascellare. 
 Tutti i processi statistici sono stati eseguiti con il programma MedCalc. 


Risultati

Tra aprile e giugno 2017, sono stati inclusi nel nostro studio 24 pazienti (14 maschi e 10 femmine; mediana 58, IQR 47-65); di cui 6 sono risultati FR e 18 NR. Tutti i pazienti erano ventilati meccanicamente e presentavano ritmo sinusale, Sono stati registrati i dati a T₀ (basale) ed a T₁ (dopo infusione di Qluidi).

La MAP a T₀ (basale) era di 88,5 mmHg (IQR 81,5-108) nei NR e 63,5 mmHg (IQR 60-79) nei FR con signiQicatività statistica (p = 0,002).

Dopo carico Qluidico, invece, era di 90 mmHg (IQR 81,5-104,5) nei NR e di 80 mmHg (IQR 80-81) nei FR sempre statisticamente signiQicativa (p = 0,0424).


Figura 1: La MAP a T₀ (basale) tra NR e FR

Figura 2: La MAP a T₁ (dopo infusione di fluidi) tra NR e FR

Come per la pressione arteriosa media, anche la portata cardiaca variava in modo signiQicativo (p = 0,0004) tra i soggetti NR e i FR. Nei NR la variazione media di portata, dopo carico, aveva una mediana di -0,5 % (IQR -4,8-0,605) mentre nei FR era di 27,5 % (IQR 23-34). La SVV a T₀ (basale) era dello 0% (IQR 0-2,11) nei NR e del 15% (IQR 14-15) nei FR con signiQicatività statistica (p = 0,0003).
 Figura 3: La CO a T₁ (dopo infusione di fluidi) tra NR e FR

Figura 4: SVV a T₀ tra NR e FR

Dopo carico Qluidico la SVV variava nel seguente modo tra i due gruppi.

era del 2,075 % (IQR 0-4,745) nei NR e del 6,5% (IQR 5-8) nei FR (p= 0,0117).


Figura 5: SVV a T₁ (dopo infusione di fluidi) tra NR e FR

La frequenza cardiaca a T₁ era nei NR di 81 bpm (IQR 64-89) e nei FR 74,5 bpm (IQR 65-75), non risultando statisticamente signiQicativa (p=0,3).

Nel gruppo dei NR invece la frequenza cardiaca dal basale al carico Qluidico rappresentava un dato statisticamente signiQicativo (p=0,005) passando da una mediana di 82,5 bpm (IQR 67-88) a T₀ a 75 bpm a T₁ (IQR 65-85).

Figura 6: La frequenza cardiaca a T₁ (dopo

infusione di fluidi) tra NR e FR

Figura 7: La frequenza cardiaca da T₀ (basale) a T₁ (dopo infusione di fluidi) nei NR.

La MAP dal basale al carico Qluidico nei NR non variava in modo signiQicativo (p= 0,0987) passando infatti da valori a T₀ di 83,5 mmHg (IQR 75,8-93) e di 86 mmHg (IQR 80-96) a T₁.

Figura 8: La MAP nei NR da da T₀ (basale) a T₁ (dopo infusione di fluidi).

La distensibilità della vena ascellare a T₀ (basale) tra i NR ed i FR era di, rispettivamente, 8% (IQR 3,5-18,5) e 49,5% (IQR 32-58) con signiQicatività statistica (p = 0,0099).

Dopo carico Qluidico è stata valutata la distensibilità della vena ascellare a T₁(dopo infusione di Qluidi) sempre tra i NR ed i FR risultando di 6,5% (IQR 4-12,5) e 23% (IQR 10-34) senza sostanziali cambiamenti nel gruppo dei NR ma con un riduzione nel gruppo dei FR da 49,5% a 23% e con valore prossimo alla signiQicatività statistica (p = 0,0768)


Figura 9: distensibilità della vena ascellare (AV) a T₀ (basale) tra NR e FR

Figura 10: distensibilità della vena ascellare (AV) a T₁ (dopo infusione di fluidi) tra NR e FR

Al pari della vena ascellare, la distensibilità della vena giugulare interna (IJV) a T₀ tra i NR era del 28% (IQR 7,75-29) mentre nei FR era del 40% (IQR 30-50) con signiQicatività statistica (p = 0,0354).

A T₁ tale differenza non era più statisticamente signiQicativamente tra i due gruppi (p = 0,3494) risultando però che nei soggetti NR vi era un cambiamento dal 28% al 10 % (IQR 1-25,5) e nei FR dal 40 % al 13,5% (IQR 10-20) della distensibilità della vena giugulare interna.


Figura 12: distensibilità della vena giugulare interna (IJV) a T₁ (dopo infusione di fluidi) tra NR e FR

Figura 11: distensibilità della vena giugulare interna (IJV) a T₀ tra NR e FR

La vena ascellare nei NR non era statisticamente signiQicativa da T₀ a T₁ (p=0,5195) evidenziando una lieve riduzione dei valori dall’ 8% (IQR 3,5-18,5) al 6,5% (IQR 4-12,5).

La vena ascellare nei FR da T₀ a T₁ evidenziava invece una maggiore riduzione dei valori dal 49,5% (IQR 24,74-63,64) al 23% (IQR 6,77-42,48) con valore prossimo alla signiQicatività statistica (p= 0,0937).

Figura 13: distensibilità della vena ascellare (AV) da T₀ a T₁ (dopo infusione di fluidi) nei NR

Figura 14: distensibilità della vena ascellare (AV) da T₀ (basale) a T₁ (dopo infusione di fluidi) nei FR

DISCUSSIONE

L’analisi dei valori basali dell’indice di distensibilità della vena ascellare (AV) tra i NR ed i FR ha mostrato un aumento signiQicativo (p=0,0099) nel determinare la Qluid responsiveness. Dopo carico Qluidico è stato riscontrato un trend simile, in lieve riduzione, della distensibilità della vena ascellare anche se non signiQicativo.

I risultati ottenuti ipotizzerebbero che, anche dopo Qluido, i due gruppi mantengano ancora differenze di Qluid responsiveness e dunque esista ancora spazio per il riempimento nei FR. Probabilmente tali ipotesi però non sono risultate signiQicative anche per via della numerosità dei due gruppi in esame (6 FR e 18 NR).

Il confronto tra i due gruppi in questione dopo trattamento (carico Qluidico) non ha evidenziato alcuna variazione signiQicativa nella distensibilità della vena ascellare (p=0,0768) e nemmeno nella modiQicazione delle frequenze cardiache (p=0,302). Seppur con le limitazioni del campione, dopo espansione volemica, i due gruppi risulterebbero essere più simili, sia come parametri di monitoraggio standard che come valori ecograQici.

Al pari della vena ascellare, l’analisi dei valori basali della distensibilità della vena giugulare interna (IJV) mostra un comportamento simile. I risultati ottenuti dalle misure ecograQiche della vena giugulare interna concordano nell’evidenziare una differenza signiQicativa (p=0,0354) nei soggetti FR o NR in linea col parametro rilevato dalle modiQicazioni della vena ascellare durante il ciclo respiratorio indotto dalla ventilazione meccanica. Dopo trattamento, a T₁, la situazione rispecchia il comportamento della vena ascellare ovvero permane lo stesso trend di riduzione nei FR con differenze non più signiQicative tra i due gruppi (p=0,3494).

La valutazione della pressoria arteriosa media (MAP) iniziale mostrava differenze signiQicative (p=0,002) tra i NR e i FR suggerendo che, in coloro in cui esisteva una pressione media più alta si poteva presumere che non esistesse spazio possibile al miglioramento di tale parametro mediante espansione volemica. Tale dato rimaneva signiQicativo (p=0,0424) anche dopo trattamento Qluidico; sempre con le limitazioni date dalla numerosità del campioni si potrebbe presumere che un ulteriore espansione volemica potrebbe ancora migliorare la perfusione nei soggetti FR.

La gittata cardiaca tra i due gruppi variava in modo signiQicativo (p=0,0004) evidenziando che nei NR si avevano cambiamenti pressocchè nulli nel cardiac output dopo Qluidi mentre nei soggetti FR tale cambiamento risulta essere del 27,5% con IQR dal 23% al 34%.

Chiaramente, a T₀, la stroke volume variation (che indica non tanto l’effettivo precarico ma la risposta relativa al precarico nei pazienti ventilati

meccanicamente ed in ritmo sinusale) tra i NR ed i FR è risultata signiQicativa (p= 0,0003), evidenziando dunque la capacità nei FR di determinare risposta ai Qluidi. Anche dopo trattamento Qluidico i pazienti FR presentavano una SVV signiQicativa (p= 0,0117) rispetto ai NR con valori rispettivamente di 6,5% (IQR 5-8) e di 2,075 % (IQR 0-4,745) nei NR. Da tali dati il carico Qluidico risulterebbe quindi adeguato nei FR poichè la SVV passerebbe dal 15% (IQR 14-15) a T₀ al 6,5% (IQR 5-8) a T₁.

Per quanto riguarda lo scopo principale del nostro studio, ovvero la valutazione della vena ascellare come indice di Qluid responsiveness, abbiamo analizzato i valori di distensibilità della AV nei pazienti NR da T₀ a T₁. Tali dati non risultano signiQicativi (p=0,5195) e si evidenzia solo una lieve riduzione dei valori dall’ 8% (IQR 3,5-18,5) al 6,5% (IQR 4-12,5); come avveniva nei soggetti FR che da T₀ a T₁ mostravano una maggiore riduzione dei valori della distensibilità della vena ascellare, dal 49,5% (IQR 24,74-63,64) al 23% (IQR 6,77-42,48), con valore prossimo alla signiQicatività statistica (p= 0,0937).

Tale risultato, come ripetuto precedentemente, potrebbe essere dovuto alle dimensioni del campione preso in esame. Infatti i 6 soggetti responder presentavano un comportamento simile di tutti e tre gli indici di distensibilità venosi indagati con la sola riduzione signiQicativa della vena giugulare interna (p=0,0312) dopo carico Qluidico; mentre sia la vena ascellare (p= 0,0937) che la vena cava (p= 0,0625) risultavano avere un trend di riduzione della distensibilità prossimo alla signiQicatività statistica. Questi risultati comunque confermano che la distensibilità venosa da noi indagata rappresenta un test con buon valore predittivo negativo. Nel corso di decisione cliniche, la mancata variazione della distensibilità della vena ascellare, sarà un’ulteriore conferma per il medico della non necessità di infondere altri liquidi.

Potremmo quindi sostenere che, seppur non rappresenti un indice sicuro con valori cut-off a cui far riferimento, data la scarsa numerosità del campione preso in esame, la vena ascellare, a nostro giudizio, rappresenta un buon terreno di studio per valutare la Qluid responsiveness sia durante il periodo perioperatorio che in rianimazione. Nei pazienti ventilati meccanicamente lo studio ecograQico della distensibilità della vena ascellare risulta un dato facilmente acquisibile, ripetibile e di semplice interpretazione. La facile accessibilità al distretto di indagine (1 cm sotto la clavicola), e l’anatomia meno variabile rispetto alla vena giugulare interna, la rendono un buon parametro ecograQico.

Essa è infatti più profonda rispetto alla vena giugulare interna; ciò garantisce una minore attenzione per la sua corretta visualizzazione ecograQica senza il rischio di errori, per l’operatore poco esperto, dati dall'inQluenza della compressione della sonda sulle dimensioni del vaso. Inoltre non risente dei problemi connessi ad un vaso troppo profondo come la vena cava inferiore. In alcuni casi come in pazienti obesi, ascitici o sottoposti ad interventi addominali la visualizzazione della vena cava inferiore mediante Qinestra ecograQica sottoxifoidea sia con sonda cardiologica che con sonda convex può risultare

problematica. In questi casi l’ecograQia transesofagea ne consentirebbe la visualizzazione limitando però l’utilizzo di tale parametro.

Come già precedentemente spiegato, il concetto che le interazioni cuore- polmone durante la ventilazione a pressione positiva possano essere utilizzate per prevedere la Qluid responsiveness è stato studiato nel corso dell'ultimo decennio. La SVV od i suoi surrogati, come la PPV, si sono dimostrati accurati parametri di previsione del precarico nei pazienti ventilati meccanicamente. Tuttavia, si è ben presto reso evidente che esistono limiti e fattori confondenti connessi al ritmo cardiaco, alla funzione, alla meccanica respiratoria ed alle impostazioni del ventilatore che possono limitare in modo signiQicativo l'afQidabilità di SVV e PPV nel prevedere la Qluid responsiveness. Recenti studi suggeriscono che la PPV non è un preciso predittore di Qluid responsiveness nei soggetti con, ad esempio, ipertensione polmonare (PH) o disfunzione ventricolare destra.

In presenza di disfunzione ventricolare destra, PPV e SVV sono falsamente elevati a causa di una riduzione dello stroke volume del ventricolo destro durante l'incremento inspiratorio del postcarico ventricolare destro. In questi casi, una elevata PPV od una aumentata SVV potrebbero essere un segno di una dipendenza dal postcarico ventricolare destro piuttosto che un segno di Qluid responsiveness. Inoltre la presenza di uno scompenso cardiaco destro dovrebbe essere sospettata quando un paziente ha grandi variazioni di SV e PP ma non risponde ai Qluidi. La valutazione ecocardiograQica proposta dal nostro studio, consentirebbe dunque di analizzare in modo razionale la corretta associazione cuore destro/sinistro. Ovvero, valutando il preload con metodiche di distensibilità ecograQiche e la funzione di pompa tramite la misura della portata cardiaca, sarebbe dunque possibile giungere alla corretta gestione emodinamica della Qluid responsiveness.

Conludendo, riteniamo dunque che nei pazienti ventilati meccanicamente, rispetto alla vena cava inferiore ed alla vena giugulare, i cambiamenti del diametro della vena ascellare in inspirazione ed in espirazione, seppur coi limiti esposti precedentemente, possano predirre la Qluid responsiveness.

Col proseguimento di tale studio, aumentando le dimensioni della popolazione presa in esame, potremmo confermare il ruolo importante di tale parametro come fattore prognostico di Qluid responsiveness.


CONCLUSIONE

Nel quadro della terapia “su misura” del paziente critico, la gestione del corretto stato volemico non può esulare dalla ricerca di parametri emodinamici afQidabili. Nei pazienti ventilati meccanicamente lo studio ecograQico della distensibilità della vena ascellare risulta un dato facilmente acquisibile, ripetibile e di semplice interpretazione. Se associato ad espansione volemica, insieme alla valutazione ecocardiograQica della portata cardiaca, possiamo affermare che tale esame rappresenti un dato afQidabile di Qluid responsiveness. I risultati ottenuti confermano che la distensibilità venosa da noi indagata rappresenta un test con buon valore predittivo negativo. La mancata variazione della distensibilità della vena ascellare, rappresenta a nostro giudizio, una conferma di interruzione della terapia Qluidica e necessità di eseguire ulteriori indagini.

Nell’ottica del proseguimento di tale studio, aumentando le dimensioni del campione in esame, intendiamo confermare un ruolo di tale metodica come fattore prognostico di Qluid responsiveness.

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