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La vena ascellare come indice di fluid responsiveness

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Scuola di Specializzazione in

ANESTESIA, RIANIMAZIONE, TERAPIA INTENSIVA E DEL

DOLORE

La Vena Ascellare come indice di

Fluid Responsiveness

Candidato Relatori

Niccolò CASTELLANI NICOLINI Francesco FORFORI Paolo RONCUCCI

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Indice

RIASSUNTO

-

Abbreviazioni INTRODUZIONE Sezione 1. La terapia /luidica nella rianimazione volemica

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Fisiopatologia

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Shock e risposta ai Qluidi

-

Tempistica della Qluid therapy nel paziente critico

-

Gestione della terapia Qluidica perioperatoria

-

Effetti collaterali della somministrazione di Qluidi a scopo rianimatorio. Sezione 2. Ecogra/ia e Fluid responsiveness nel paziente critico

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Fluid responsiveness e precarico

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Misurazioni statiche

-

Misurazioni dinamiche

-

Prove di carico

-

Altre tecniche per valutare la Qluid responsiveness

-

L’applicazione clinica dei test di Qluid responsiveness STUDIO CLINICO Materiali e metodi 
 Criteri di inclusione ed esclusione Procedure
 Analisi statistica RISULTATI DISCUSSIONE CONCLUSIONE

-

BibliograQia

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RIASSUNTO

Il Qine della terapia rianimatoria Qluidica è il ripristino della circolazione degli organi vitali qualora vi sia un deQicit del volume intravascolare come accade nelle condizioni di shock. Il concetto non è più valutare se un paziente sia “pieno o vuoto" ma se abbia o no la giusta quantità di liquidi e se un ulteriore carico di Qluidi migliorerà la sua performance cardiaca. L'ammontare e la composizione ottimale dei Qluidi endovenosi da infondere e la migliore velocità di somministrazione deve basarsi su un'attenta valutazione delle esigenze individuali del paziente. La terapia Qluidica, come ogni farmaco, ha effetti collaterali. Il rischio di sovraccarico circolatorio, Qino all'edema polmonare ed all'insufQicienza renale acuta, sono chiari esempi di possibili complicanze gravi. I parametri statici sono inefQicaci nel determinare l’effettivo stato volemico del paziente. La decisione se infondere o meno Qluidi attualmente si fonda su metodiche che valutano i parametri dinamici per prevedere la Qluid responsiveness, ovvero la condizione in cui un aumento dell’espansione volemica, mediante Qluidi capaci di aumentare il ritorno venoso e conseguentemente anche la portata cardiaca, causerà in un soggetto, deQinito responder, un aumento del 15% della portata cardiaca.

SCOPO DELLO STUDIO. La valutazione con metodiche ecograQiche dell’indice di distensibilità della vena ascellare come parametro di Qluid responsiveness in relazione alla valutazione ecocardiograQica della portata cardiaca dopo carico Qluidico.

MATERIALI E METODI. Dopo la raccolta di informazioni demograQiche, cliniche ed emodinamiche, a tutti i pazienti è stata valutata sia la funzione cardiaca (LVOT-VTI; SVV) sia il compartimento venoso inteso come indici di distensibilità della vena cava interna, della vena giugulare interna e della vena ascellare mediante, rispettivamente, TTE (sonda S4-1; 3Mhz) e sonda lineare (sonda L12-4; 12Mhz) grazie a sistema ecograQico (Philips AfQiniti 50). Tali parametri sono stati rivalutati dopo carico Qluidico con ringer lattato (7ml/kg). La portata è stata dedotta dalla formula FC x stroke volume dove lo stroke volume risultava da LVOT area x LVOT VTI. Le variabili continue sono state espresse come mediana e range interquartilico (IQR); assumendo come signiQicativa una p<0,05 è stato utilizzato il test non parametrico per campioni appaiati di Mann-Whitney. RISULTATI. Tra aprile e giugno 2017, sono stati inclusi nel nostro studio 24 pazienti; di cui 6 sono risultati FR e 18 NR. Lo scopo principale del nostro studio era la valutazione della vena ascellare come indice di Qluid responsiveness. Abbiamo analizzato i valori di distensibilità della vena ascellare nei pazienti NR da T₀ a T₁. Tali dati non risultano signiQicativi (p=0,5195) e si evidenzia solo una lieve riduzione dei valori dall’ 8% (IQR 3,5-18,5) al 6,5% (IQR 4-12,5) come avveniva nei soggetti FR che da T₀ a T₁ mostravano una maggiore riduzione dei valori della distensibilità della vena ascellare, dal 49,5% (IQR 24,74-63,64) al 23% (IQR 6,77-42,48), con valore prossimo alla signiQicatività statistica (p=

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0,0937). Tale risultato, potrebbe essere dovuto alle dimensioni del campione preso in esame. I 6 soggetti responder presentavano un comportamento simile di tutti e tre gli indici di distensibilità venosi indagati con la sola riduzione signiQicativa della vena giugulare interna (p=0,0312) dopo carico Qluidico, mentre sia la vena ascellare (p= 0,0937) che la vena cava (p= 0,0625) risultavano avere un trend di riduzione della distensibilità prossimo alla signiQicatività statistica. Questi risultati comunque confermano che la distensibilità venosa da noi indagata rappresenta un test con buon valore predittivo negativo. Seppur non rappresenti un indice sicuro con valori cut-off a cui far riferimento, data la scarsa numerosità del campione preso in esame, la vena ascellare, a nostro giudizio, rappresenta un buon terreno di studio per valutare la Qluid responsiveness sia durante il periodo perioperatorio che in rianimazione. La facile accessibilità al distretto di indagine (1 cm sotto la clavicola), e l’anatomia meno variabile rispetto alla vena giugulare interna, la rendono un buon parametro ecograQico.

CONCLUSIONI. Nei pazienti ventilati meccanicamente lo studio ecograQico della distensibilità della vena ascellare risulta un dato facilmente acquisibile, ripetibile e di semplice interpretazione. Se associato ad espansione volemica, insieme alla valutazione ecocardiograQica della portata cardiaca, rappresenta una metodica afQidabile di Qluid responsiveness.


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Abbreviazioni DO₂= oxygen delivery, trasporto dell’ossigeno. CO = gittata cardiaca, cardiac output Hb = emoglobina SaO₂ = saturazione arteriosa d’ossigeno MAP = pressione arteriosa media PVC = pressione venosa centrale ScVO₂ = saturazione venosa centrale dell’ossigeno UTI = unità di terapia intensiva SSC = Surviving Sepsis Campaign PPV = variazione della pressione pulsatoria, pulse pressure variation SVV = variazioni dello stroke volume, stroke volume variation BE = base excess FFP = plasma fresco congelato, fresh frozen plasma PCWP o PAOP = pressione capillare polmonare, pressione di incuneamento polmonare, pressione di occlusione dell’arteria polmonare, pulmonary capillary edge pressure ARDS = sindrome da distress respiratorio acuto, acute respiratory distress syndrome CAP = polmonite acquisita in comunità, community-acquired pneumonia MSFP = pressione media di riempimento sistemico, mean systemic Qilling pressure GDT = goal-directed therapy PONV = nausea e vomito postoperatori, postoperative nausea and vomiting T1/2 = emivita PGDT = perioperative goal-directed therapy IRA = insufQicienza renale acuta

CLFM = gestione dei liquidi in regime conservativo, conservative late Qluid

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GIPS = sindrome da aumento della permeabilità globale, global increased perambility sindrome. PVPI = indice di permeabilità vascolare polmonare, pulmonary vascular permeability index EVLWI = volume di acqua polmonare extravascolare, extravascular lung water index PBV = volume di sangue polmonare, pulmonary blood volume CRP/alb = rapporto tra proteina C ed albumina, C-reactive protein over albumin ratio CLI = indice di perdita capillare, capillary leak index MODS = sindrome da insufQicienza multiorgano, multiple organ dysfunction syndrome IAH = ipertensione intra-addominale, intra-abdominal hypertension AKI = danno renale acuto, acute kidney injury MV = ventilazione meccanica, mecchanical ventilation VE = espansione volemica, volume expansion VR = ritorno venoso PSMR = pressione sistemica media di riempimento PAD = pressione atriale destra EDV = volume di Qine diastole, end-diastolic volume FR = Qluid responsiveness RV = ventricolo destro, right ventricle LV = ventricolo sinistro, left ventricle SPV = variazione della pressione sistolica, systolic pressure variation ∆down = delta down PH = ipertensione polmonare PLR = test di sollevamento passivo delle gambe, passive leg rising FTc = tempo di Qlusso corretto, corrected Qlow time


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INTRODUZIONE

Sezione 1. La terapia =luidica nella rianimazione volemica

Fisiopatologia

L’infusione di Qluidi per garantire una corretta espansione volemica nel paziente critico e ventilato meccanicamente rappresenta un problema quotidiano per il medico di terapia intensiva. Nel lavoro d’equipe in rianimazione, una corretta gestione dei liquidi, presuppone dei criteri standard. Decidere l'ammontare e la composizione ottimale dei Qluidi endovenosi da infondere e la migliore velocità di somministrazione può essere un compito complesso. Tale complessità deve basarsi su un'attenta valutazione delle esigenze individuali del paziente.

Quando si approccia un problema di tipo emodinamico, va ricordato che il Qine della terapia rianimatoria Qluidica è il ripristino della circolazione degli organi vitali qualora vi sia un deQicit del volume intravascolare come accade nelle condizioni di shock. 1

In tale inquadramento lo shock è da considerarsi come la presenza multisistemica di ipoperfusione terminale d’organo che provoca, sul piano Qisiopatologico, una riduzione di Qlusso.

Tale riduzione di Qlusso causa un deQicit di ossigeno che causerà, a sua volta, disfunzione cellulare con conseguente attivazione della risposta inQiammatoria. Una volta innescata l’inQiammazione si avrà la produzione dei mediatori della Qlogosi che a loro volta determineranno un’ulteriore alterazione della distribuzione di Qlusso con conseguente aggravamento dell’ipoperfusione viscerale, Qino all’instaurarsi di un circolo vizioso che porterà all’insufQicienza multipla d’organo 2, 3.

Il principale scopo delle terapie rianimatorie è quindi cercare di evitare il deQicit di ossigeno alle cellule. Per capire tale concetto è essenziale considerare la formula dell’oxygen delivery (DO₂,)4 DO₂= CO × (1,34 ×[HB] ×SaO₂) ×10 nel considerare il trasporto dell’ossigeno, ovvero la velocità del trasporto dell’O2 dal cuore ai capillari sistemici, vi sono tre funzioni chiave: 1) la gittata cardiaca (CO), che può essere vista come il prodotto del volume d’eiezione per la frequenza cardiaca; 2) la concentrazione ematica dell’emoglobina ([Hb]);

3) la saturazione arteriosa d’ossigeno (SaO₂), da cui è possibile evidenziare come la pressione arteriosa media non sia un determinante dell’ossigenazione tissutale periferica 5.

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Per calcolare il DO₂ sono quindi necessarie tre misure: gittata cardiaca, concentrazione dell’emoglobina e saturazione in O₂ arterioso. Nella formula, il fattore di moltiplicazione 10 è usato per convertire da ml/dl a ml/L.

Il DO₂ in adulti sani a riposo è 900-1100 ml/min, o 500-600 ml/min/m² se

indicizzato per le dimensioni corporee.

In tutte le principali forme di shock e di ipoperfusione sistemica il ripristino della perfusione tissutale rappresenta il primo e fondamentale obiettivo 3.

Weil e Shubin, avevano già chiarito questi concetti in modo elementare nel 1969, proponendo l'approccio "VIP" per la gestione immediata del paziente shockato. L’acronimo VIP sta per Ventilazione (somministrazione di ossigeno), Infusione (rianimazione Qluida) e Pompa (somministrazione di agenti vasoattivi) 6.

Nella pratica clinica si sono successivamente consolidati protocolli standardizzati di gestione dei pazienti in stato di shock, in particolar modo in condizione di shock settico 7, atti al rapido ripristino dell’ossigenazione e della

perfusione tissutale. 


In particolare, possiamo far riferimento al protocollo ABCDE 8 che prevede, in

sequenza:

a) La valutazione e la protezione delle vie aeree, generalmente ottenuta tramite 
 intubazione endotracheale.

b) Il controllo del lavoro respiratorio, in quanto spesso lo shock si associa ad uno stato di tachipnea e di attivazione dei muscoli respiratori, che provoca un aumento importante dei lattati Qino all’acidosi sistemica; per questo motivo i pazienti vengono sedati e ventilati meccanicamente.

c) L’ottimizzazione della circolazione, attraverso la somministrazione di Qluidi e l’utilizzo di vasopressori.

d) Il controllo del mantenimento dell’adeguato DO₂, ottenendo e conservando la saturazione arteriosa dell’ossigeno a valori > 91% e la concentrazione ematica dell’emoglobina almeno nel range tra 7 e 9 g/dl, anche attraverso l’uso di emocomponenti come i globuli rossi concentrati.

e) Il monitoraggio dei target tipici della rianimazione; per quanto non riconosciuti univocamente, viene consigliato di mantenere: la pressione arteriosa media (MAP) a valori maggiori di 65 mmHg, la pressione venosa centrale (PVC) tra 8 e 12 mmHg, la saturazione venosa centrale dell’ossigeno (ScVO₂) > 70%, la diuresi > 0,5 ml/kg/h. 


Dopo queste considerazioni è facile capire l’ampio uso di Qluidi a scopo rianimatorio. Un chiaro esempio viene dal lavoro di Finfer 9, condotto su 391

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osservati durante il loro primo giorno di ricovero in UTI, oltre la metà abbia ricevuto Qluidi a scopo rianimatorio.

Indipendentemente dal giorno della degenza preso in considerazione, si osserva inoltre come, durante le 24 ore di osservazione, oltre il 37% dei pazienti abbia ricevuto liquidi sempre per lo stesso intento.

Il target immediato su cui la rianimazione con Qluidi deve agire è migliorare il cardiac output (CO) e dunque, in deQinitiva, migliorare la perfusione tissutale. Se un carico di Qluidi non aumenta il CO, non solo non migliorerà la perfusione tissutale ma potrà anche essere dannoso. La risposta emodinamica al carico di Qluidi è stata suggerita come una guida dinamica per la terapia Qluidica e un metodo di controllo nella rianimazione. La prova di risposta ai Qluidi comporta sia un Qluid challenge, sia un monitoraggio successivo del cambiamento dei parametri emodinamici 10.

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Shock e risposta ai =luidi

Il malato critico è un paziente che, per mantenere la stabilità, è costretto a pagare un prezzo deQinito “carico allostatico”. Esso rappresenta l’onere che l’organismo deve sostenere per adattarsi ai cambiamenti che deve affrontare per sostenere la funzioni dei singoli organi ed apparati e dunque garantire la stabilità.

Oltre un certo limite, il carico allostatico, che è il costo di questi processi Qinisce per divenire un sovraccarico che logora le cellule, i tessuti e gli organi compromettendone le funzioni. Accorgersi dei cambiamenti negli ammalati critici, particolarmente fragili per le complesse richieste a cui sono esposti, e porvi rimedio nel più breve tempo possibile rappresenta quindi il compito del medico di terapia intensiva.

Il Qine della terapia rianimatoria Qluidica è il ripristino della circolazione degli organi vitali qualora vi sia un deQicit del volume intravascolare come accade nelle condizioni di shock.

In tutte le forme di shock, eccetto lo shock cardiogeno che si associa ad edema polmonare, esiste un deQicit assoluto o relativo di volume che viene trattato con l’infusione di cristalloidi isotonici 11. Nonostante questo, possono essere fatte

alcune precisazioni nelle indicazioni dell’infusione di liquidi per le varie forme di shock.

Le principali forme di shock sono distinte in 12:

Shock ipovolemico: in tale condizione si ha perdita effettiva di

sangue (shock emorragico) o di plasma per sequestro extravascolare di liquido, perdita gastrointestinale, perdita urinaria o perdite insensibili 3.

Shock distributivo: consiste in una anormale ripartizione del Qlusso

che viene indirizzato agli organi vitali, a sfavore degli organi splancnici e del comparto somatico. Tale shock può essere provocato da vari meccanismi; in caso di sepsi dall’attivazione del sistema immunitario; nello shock neurogeno per deQicit del tono simpatico; nello shock anaQilattico per eccesso di liberazione di mediatori vasottivi quali l’istamina; nello shock endocrino per deQicit improvvisi di ormoni quali la tiroxina e il cortisolo 11.

Shock cardiogeno: causato da una patologia primitiva cardiaca,

come le aritmie, l’infarto miocardico acuto o la rottura della parete ventricolare11.

Shock ostruttivo: è il risultato di patologie che contrastano il

riempimento ventricolare sinistro come l’embolia polmonare, la pericardite costrittiva ed il tamponamento cardiaco. 


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Le indicazioni riguardanti la terapia Qluidica nella fase iniziale del trattamento della sepsi e dello shock settico sono state recentemente riviste dalla Surviving Sepsis Campaign (SSC) del 2016.

Le nuove linee guida pongono, rispetto alle precedenti, particolare attenzione sulla necessità di eseguire un Qluid challenge ogni qual volta la somministrazione di liquidi sia in infusione continua ed invitano a persistere con l’infusioni di liquidi Qinché non si arrivi ad un miglioramento emodinamico valutato od in base a misurazioni dinamiche (ad esempio, variazione della pressione pulsatoria PPV o variazioni dello stroke volume SVV) od a variabili statiche (ad esempio, pressione arteriosa, frequenza cardiaca). Anche se sono indicazioni deboli e con bassa qualità di evidenze scientiQiche, i parametri dinamici sono preferiti a quelli statici e la rianimazione dovrebbe tendere a cercare di ridurre il livello del lattato che quindi viene visto come il marker di ipoperfusione.

Inoltre nella fase iniziale della rianimazione consigliano di infondere, nell’ipoperfusione indotta dalla sepsi, almeno 30 ml/kg di cristalloidi nelle prime 3 ore.

A seguito della fase iniziale si raccomanda inoltre di valutare frequentemente l’assetto emodinamico del paziente tramite monitorizzazione continua dei parametri (frequenza cardiaca, pressione arteriosa, saturazione arteriosa dell’ossigeno, frequenza respiratoria, temperatura, diuresi, ecc.) e monitorare maggiori parametri emodinamici (ad esempio la funzione cardiaca) qualora non si arrivasse alla diagnosi di sepsi al Qine di rivalutare il tipo di shock.

Si consiglia un target pressorio di 65 mmHg quando sono impiegati farmaci vasopressori.

Per quanto riguarda il tipo di Qluidi si consiglia l’impiego dei cristalloidi. Anche se sono riportate come indicazioni deboli e con bassa qualità di evidenze scientiQiche che non vi sono differenze tra Qisiologica e cristalloidi bilanciati, tuttavia nel caso di deQicit di volume particolarmente marcati, è consigliato l’uso del ringer lattato piuttosto che della soluzione Qisiologica 14. Sempre nella

Surviving Sepsis Campaign del 2016 si consiglia, con lo stesso basso grado di evidenza, che qualora necessitino grandi quantitativi di Qluidi, si aggiunga albumina e che le gelatine e gli amidi siano da evitare rispetto ai cristalloidi. In ogni caso, la terapia rianimatoria deve essere individualizzata 13.

La terapia per le fasi iniziali dello shock ipovolemico, consiste chiaramente nell’infusione di liquidi 15. Vengono preferiti i cristalloidi rispetto ai colloidi,

principalmente la soluzione Qisiologica, poichè costano meno e sono ugualmente efQicaci; inoltre alcuni risultati emersi dal CRISTAL randomized trial, che richiedono ulteriori studi prima di giungere a conclusioni sull’efQicacia e sono ancora in corso di validazione 15, pur non trovando signiQicative differenze nella

mortalità a 28 giorni, riportano che la mortalità a 90 giorni sembra sia stata inferiore nei pazienti che ricevevano colloidi 11.

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Le linee guida europee dello shock emorragico e del trauma consigliano di evitare l’ipossiemia conservando, ove possibile, la normoventilazione. La rapida applicazione di misure atte a mantenere la normotermia evita gli effetti dell’ipotermia sulla coagulazione, la funzionalità piastrinica, l’inibizione enzimatica e la Qibrinolisi. I bassi valori dell’emoglobina vengono considerati come indicatori di sanguinamento maggiore associati a coagulopatia. I ripetuti controlli dell’Hb vengono consigliati in quanto possibili indici di emorragia non riconosciuta inizialmente ed il lattato ed il deQicit di BE vengono considerati test utili di monitoraggio dell’estensione del sanguinamento. Il target dell’Hb è tra 7 e 9 g/dL ponendo attenzione al calcio ionizzato durante trasfusioni massive, mentre il target delle piastrine è di 50.000 e di 100.000 nel trauma cranico. Obiettivo della rianimazione è mantenere un pressione sistolica di 80-90 mmHg e nel trauma cranico almeno ≥80 mmHg. Per ottenere tali risultati si consiglia di utilizzare una strategia di ridotta infusione di liquidi per raggiungere il target pressorio desiderato Qino a quando non è possibile controllare il sanguinamento, anche attraverso infusione di vasopressori od inotropi qualora vi sia disfunzione miocardica. Sulla scelta del tipo di Qluidi, viene consigliato l’uso di cristalloidi isotonici, sconsigliando l’infusione di soluzione Qisiologica allo 0,9%, l’uso delle soluzioni ipotoniche come il ringer lattato nel trauma cranico severo e il limitato uso dei colloidi per via degli effetti collaterali sull’emostasi. Rispetto al precedente protocollo 1:1:1 (globuli rossi, piastrine e plasma) derivante dai dati sul conQlitto in Iraq del 2005, nella gestione iniziale (ovvero dall’arrivo del paziente al risultato dei primi test coagulativi) dei pazienti con emorragia massiva, si raccomanda o plasma (FFP) in un rapporto plasma-globuli rossi di almeno 1:2 oppure Qibrinogeno concentrato e globuli rossi secondo il livello Hb. Se i risultati della coagulazione sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati per guidare la terapia. Inoltre viene consigliato l’uso di acido tranexanico con dose carico di 1 gr in 10 minuti, seguito da 1gr in 8 ore 16.

In corso di shock cardiogeno od ostruttivo, raggruppabili come entità unica, si avrà ipoperfusione sistemica causata da una grave depressione dell’indice cardiaco [< 2.2 (L/min)/m²], nonostante un’elevata pressione di riempimento, (PCWP > 18mmHg). La terapia Qluidica andrà iniziata qualora vi sia uno stato di ipovolemia o ipotensione, tranne che in presenza di edema polmonare. Qualora vi sia edema polmonare sarà opportuno iniziare una terapia con vasopressori come la noradrenalina, la dopamina o la dobutamina. Nelle forme di shock cardiogeno complicate da infarto sinistro, dovranno essere infusi liquidi per garantire una saturazione d’ossigeno ≥ 90% stabilizzando la PCWP tra 18 e 25 mmHg. Nelle forme con infarto sinistro non inferiore viene consigliato un bolo iniziale di 250 mL; nelle forme complicate da infarto inferiore destro, invece serviranno alte pressioni di riempimento ventricolare e quindi quantità maggiori di Qluidi17.

Negli ultimi dieci anni sono stati compiuti maggiori progressi per una migliore comprensione della gestione dei Qluidi nei pazienti critici, sia per quanto

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Entità come l’ARDS rappresentano condizioni assimilabili ad un sottoinsieme di pazienti settici, per i quali la gestione della terapia Qluidica è stata ampiamente studiata. I dati attuali suggeriscono l'uso di strategie restrittive che evitano rigorosamente il sovraccarico. Ciò consente un migliore scambio di gas e una ridotta lunghezza della ventilazione meccanica. Per quanto riguarda la qualità dei Qluidi, l’ARDS è una sorta di "sepsi polmonare”; è quindi prudente evitare gli amidi e la soluzione Qisiologica allo 0,9%. Soluzioni cristalloidi con contenuto di cloruro più basso e, all'interno dei colloidi, l'albumina appaiono le scelte più sicure nei pazienti con ARDS 18.


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Tempistica della =luid therapy nel paziente critico

La sigla ROS-D (Rescue, Optimization, Stabilization e De-escalation) descrive le quattro fasi cliniche della terapia Qluidica proposte da Vincent ed Hoste. Tali fasi sono temporalmente correlate al grado di gravità della condizione del malato. Si passerà dunque da un iniziale quadro drammatico in cui l’infusione di Qluidi sarà vitale per la sopravvivenza, a fasi intermedie ove il monitoraggio emodinamico rappresenterà un ruolo chiave, Qino ad arrivare all’ultima fase in cui si cercherà di ridurre il sostegno Qluidico 19, 20. Il modello a quattro passaggi è così suddiviso:

1 - la fase di salvataggio (rescue)

2 - la fase di ottimizzazione (optimization)

3 - la fase di stabilizzazione (stabilization)

4 - la fase di riduzione (de-escalation)

La prima fase o di salvataggio (rescue) è il momento in cui l’infusione di liquidi è essenziale per garantire la sopravvivenza del paziente. In questa fase si prediligono i parametri statici data la loro semplice acquisizione 21. Secondo la

Surviving Sepsis Campaign, si dovrebbe iniziare con un bolo di 30 mL/kg di cristalloidi nelle prime tre ore Qino al target di una pressione arteriosa media di 65 mmHg con costanti rivalutazioni dello stato emodinamico, al Qine di preservare l’autoregolazione degli organi più vulnerabili, come encefalo e cuore13. Recentemente Hernández e Teboul hanno esperesso la loro

preoccupazione riguardo a tali affermazioni poichè i pazienti settici non presentano tutti lo stesso grado di ipovolemia. Ad esempio, la sepsi addominale che induce perdite massicce di Qluidi non è paragonabile alla polmonite acquisita in comunità (CAP) in termini di deQicit di volume. La somministrazione deliberata di 30 mL/kg di liquidi nei pazienti con polmonite ed in più comorbidità cardiovascolari potrebbe portare ad un eventuale edema polmonare ed accelerare la necessità di ventilazione meccanica. Sempre per quanto riguarda le obiezioni alle linee guida della SSC, la rianimazione con Qluidi nella fase rescue dovrebbe essere individualizzata in base a diversi elementi, tra cui i segni clinici di ipovolemia, la temperatura corporea, la pulse pressure, l’età, le comorbidità e l’origine della sepsi.

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Se l'ipovolemia è considerata una componente importante dell'ipoperfusione, i liquidi devono essere infusi come un bolo rapido per aumentare la pressione media di riempimento sistemico (MSFP), il ritorno venoso e lo stroke volume. Infatti la stessa quantità di Qluidi infusa in 3 ore avrà un effetto ben diverso su tali parametri. In secondo luogo, la rivalutazione dell'emodinamica è un aspetto fondamentale della gestione dei pazienti con shock. È irragionevole aspettare 3 ore come suggerito nelle linee guida del SSC prima di rivalutare gli effetti della terapia Qluidica iniziale 21. Benchè si prediligano i parametri statici data la loro

facile acquisizione, anche in questa prima fase, vi è posto per le tecniche ecograQiche, principalmente dirette alla valutazione del precarico e della contrattilità 22.

Target terapeutico della seconda fase di ottimizzazione (optimization), è la perfusione ottimale dei tessuti periferici, diminuendo il debito di ossigeno della fase precedente e riducendo il carico allostatico. Il limite di questa fase è temporale; il raggiungimento degli obiettivi di perfusione e trasporto dell’ossigeno deve essere rapido, limitato al primo giorno di trattamento 23;

infatti outcome peggiori si associano all’allungarsi dei tempi 24. Attraverso liquidi

e vasopressori si garantisce l’ottimizzazione della perfusione. Si parte inizialmente con i Qluidi anche per non causare la vasoconstrictor-masked hypovolemia (ipovolemia cammuffata dai vasocostrittori). L’uso dei vasopressori è riservato ai soggetti che, ottimizzati precarico e postcarico, hanno una riduzione del tono vascolare, una performance cardiaca insoddisfacente ed ipoperfusione 25.

Figura da Fluid Therapy: Double-Edged Sword during Critical Care?

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Con il termine di goal directed therapy (GDT) si intende quell’insieme di tecniche di monitoraggio atte ad aiutare i medici nella somministrazione di Qluidi, vasopressori, inotropi od altri trattamenti ai pazienti in varie condizioni cliniche. Purtroppo la questione se la goal directed therapy (GDT) sia effettivamente vantaggiosa rimane senza risposta. Supponendo che vi sia un beneQicio, un'altra domanda che deve essere affrontata è che tipo di Qluido somministrare e se l'aggiunta di un inotropo, e se si quale, sia necessario afQinchè la GDT abbia successo. La difQicile interpretazione dei risultati delle meta-analisi data dall’applicazioni di diversi algoritmi lascia ancora spazio aperto per la discussione. La domanda su quale rappresenti il miglior obiettivo emodinamico su cui far afQidamento per la terapia Qluidica rimane attualmente senza risposta. Alcuni studi valutano il cardiac output, altri lo stroke volumes mentre altri utilizzano la saturazione di ossigeno venosa centrale (ScvO₂) o altri parametri ancora. Comunque, ancora nessun singolo obiettivo emodinamico o metodo di monitoraggio è stato accettato in tutta la letteratura 26. La ricerca sta spostando

l’attenzione sulla combinazione di parametri standard di monitoraggio come la curva della pressione arteriosa associati ad analisi ecograQiche 22.

Le fasi di stabilizzazione (stabilization) e di riduzione(de-escalation), rappresentano ancora identità non ben delineate dal punto di vista clinico. Per evidenziare la Qine della fase di ottimizzazione, si fa afQidamento su markers quali la saturazione d’ossigeno, il lattato plasmatico e la scomparsa dell’oliguria

22. Per la fase di stabilizzazione, esistono dati che, come ci si può aspettare,

dimostrerebbero che la rapida applicazione della GDT seguita da restrizione Qluidica produca i migliori risultati nei pazienti con ARDS 27, 28.

Nella fase Qinale di riduzione (de-escalation), si ha a volte una evoluzione spontanea, a volte, è necessario un intervento come il furosemide stress test (FST) o test di risposta ai diuretici, che serve ad identiQicare quei pazienti che andranno a bilancio negativo se trattati con diuretici e, in caso di risposta negativa, eventualmente trattarli con metodiche RRT 29.

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Monitoraggio minimo richiesto Rescue Optimization Stabilization De-escalation Pressione Frequenza cardiaca Lattato/ EGA Riempimento capillare/pulse volume Stato mentale alterato Diuresi Bilancio

Monitoraggio ottimale Rescue Optimization Stabilization De-escalation

EcoDoppler PVC ScvO₂ Cardiac output Segni di Qluid responsivness Fluid challenge

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Gestione della terpaia =luidica perioperatoria

Quasi tutte le procedure chirurgiche per piccole che siano, iniziano con l’incannulamento di una vena per iniziare un'infusione endovenosa. È una parte pratica della routine clinica a cui pochi dottori fanno grande attenzione specialmente sulla scelta del Qluido da usare o che cosa succeda ad esso una volta infuso. Tuttavia, un'infusione endovenosa apre la porta a problemi come il sovraccarico Qluidico.

Negli interventi in elezione, sia gli adulti che i bambini dovrebbero essere incoraggiati a bere liquidi nelle due ore antecedenti all’operazione per mantenere una volemia adeguata e conseguentemente una buona funzione cardiaca; i cibi solidi invece, per evitare la polmonite ab ingestis, dovranno essere proibiti almeno 6 ore prima dell’inizio della chirurgia 30.

Una comprensione dell’emivita (T1/2) dei Qluidi infusi può aiutare a prevenire

problemi iatrogeni come il sovraccarico di volume e l'edema interstiziale postoperatorio 31 . Nel paziente chirurgico la principale forma di disturbo del

bilancio idroelettrolitico è il deQicit di volume circolante. Il mantenimento od il ripristino della circolazione conservando un adeguato bilancio di Qluidi ed elettroliti è il compito dell’infusione perioperatoria di liquidi 32.

Il Qluido viene infuso alla velocità Ro nello spazio Qluido corporeo Vc, che viene poi esteso a vc. Lo scambio di Qluidi con Vt viene eliminato a t t r a v e r s o u n m e c c a n i s m o dipendente dalla diluizione, Cl. Tutte le fonti di perdite di liquido di base sono rappresentate da Clo. Quando

vc si avvicina a Vc, l'aumento

frazionale del volume si avvicina allo zero. Quando questo si veriQica, la clearance totale di eliminazione si avvicina a Clo. Distanza di distribuzione Cld.

L'anestesia generale da sola, senza ventilazione meccanica, non inQluenza l’emivita dei Qluidi a condizione che la MAP sia mantenuta, ma l'intervento chirurgico eseguito con anestesia generale e ventilazione meccanica è associato a un prolungamento signiQicativo del T1/2. Nello studio di Hahn, i dodici volontari a digiuno che, attraverso una maschera laringea, respiravano spontaneamente isoQlurano, avevano un incremento da 49 a 111 min della T1/2 per la soluzione salina isotonica ma con una conseguente riduzione della MAP da 85 a 55 mmHg 33. Figura che illustra il modello cinetico a due volumi.

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Allo stesso modo, l'emivita dell’eliminazione del ringer lattato variava da 170 a 350 minuti durante la chirurgia tiroidea, chirurgia addominale open e laparoscopica. Un altro fattore in aggiunta all'ipotensione che potrebbe rallentare l'eliminazione dei Qluidi durante l'anestesia è probabilmente causato dallo stress preoperatorio 31.

Nel periodo intraoperatorio l'obiettivo della gestione Qluidica è quello di mantenere un corretto equilibrio evitando la disidratazione e l’ipovolemia; preservare gli elettroliti plasmatici; mantenere una corretta circolazione anche in combinazione con sostanze vasoattive e/o cardioattive ed assicurare un sufQiciente DO₂ anche grazie alla ventilazione. Nella pratica clinica quotidiana, la terapia Qluidica è guidata dalla conoscenza delle esigenze Qisiologiche di base e dalle semplici misurazioni cardiovascolari, nonché dal monitoraggio della funzione renale mediante la diuresi.

I parametri come la MAP, la frequenza cardiaca e la diuresi sono inQluenzati da variabili non correlate solo allo stato circolatorio, ma anche dal dolore, dalla temperatura corporea e dallo stress, dai farmaci anestetici ed analgesici, ecc. Pertanto, essendo tali parametri imprecisi nella misurazione dello stato intravascolare, andrebbe ricordato che un approccio Qluidico a bilancio zero, basato cioè sulla misurazione del sangue e dei Qluidi persi e sulla valutazione postoperatoria del peso corporeo rappresenta un metodo facilmente attuabile ed è stato dimostrato che ha ridotto le complicanze postoperatorie.

Per quanto riguarda la GDT, le evidenze suggeriscono un migliore esito postoperatorio e le linee guida che la raccomandano sembrano essere ben supportate. Tuttavia, l’uso della GDT non è risultata essere superiore al metodo del bilancio zero. Nella chirurgia ad alto rischio con pazienti con multi morbidità vi potrebbe essere un effettivo beneQicio nel'approccio dinamico alla GDT; anche se mancano prove effettive che lasciano spazio a studi futuri.

Nella gestione dei liquidi perioperatori bisognerà considerare che il turnover dei Qluidi non rappresenta più di 1-1,5 ml/kg/h. Tale ricambio è composto dalla diuresi, dalla perspiratio insensibilis, dalla evaporazione dalla ferita, dall’accumulo nel tessuto traumatizzato e dall’emivita dei Qluidi in relazione al tipo di anestesia.

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Diuresi: supportata da un’adeguata somministrazione di liquidi, intraoperatoriamente, dovrebbe essere mantenuta a 0,5 mL/kg/h e nel postoperatorio a 0,5-1 mL/kg/h, poichè, a tali target è stata dimostrata una riduzione della morbilità.


Va ricordato che la diuresi non può essere un parametro valido nella gestione della terapia e nemmeno come valutazione dello stato volemico 33. Sebbene

l'emivita di eliminazione dell'urina sia semplicemente ricavabile, non è una misura molto precisa, in quanto fornisce solamente un unico punto di vista. Il tempo al primo svuotamento vescicale è ancora peggiore come parametro, poiché la dimensione della vescica differisce tra gli individui, rendendola non

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più di una stima approssimativa. L'informazione fornita dalla diuresi quindi si riferisce in larga misura all'eliminazione, che è importante in relazione al sovraccarico, piuttosto che alla distribuzione, legata al volume circolante 31.

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Perspiratio : le perdite connesse con la perspiratio insensibilis, ovvero evaporazione dalla pelle e dalle vie aeree, cambiano a secondo delle diverse condizioni. Nel 1977 sui volontari sani, Lamke stimò che il valore fosse di circa 0,3 mL/kg/h. Reithner rilevò risultati simili (0,2 mL/kg/h) in pazienti sottoposti a chirurgia addominale. Tali valori possono aumentare enormemente durante la febbre a causa dell’incremento della frequenza respiratoria e possono raggiungere valori di 0,5 mL/kg/h o 10 mL/kg/die. Esiste poi una perspiratio sensibile che varia a seconda della temperatura circostante e dello stress; essa è data dalla sudorazione abbondante, principalmente rappresentata dalla perdita di sale e di acqua. Il sudore perso dal soggetto piretico (>39.5 °C) è di circa 600 ml/die (0,3 mL/Kg/h), anche se difQicilmente febbre e sudorazione profusa si presentano per più di 6 ore al giorno; tale dato è importante principalmente nel paziente settico.

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Evaporazione dalla ferita chirurgica: Lamke ha calcolato tale perdita stimandola 2,1 gr/h per le ferite più piccole con minima esposizione dei visceri e di 32 gr/h in quelle più grandi con totale esposizione splancnica. Durante la laparoscopia si pensa vi siano perdite minori, anche se mancano studi che possano in qualche modo quantiQicarle.

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Emivita dei Qluidi: varia in relazione al tipo di anestesia.

Tenendo bene a mente tali dati, bisogna fare attenzione ad alcune abitudini ormai dimostrate nocive nella gestione Qluidica operatoria 34. Il “terzo spazio”,

che ha rappresentato un’entità non anatomica causata dal trauma chirurgico in cui convergevano le perdite extracellulari, ha causato principalmente sovraccarico Qluidico con rischio di scarsa tenuta delle anastomosi essendo stimato come una perdita di 15 ml/kg/h da dover rimpiazzare 35.

La “restrictive Qluid therapy” nasce principalmente dal tentativo di evitare un sovraccarico di liquidi, con conseguente aumento di peso nel postoperatorio con deleteri effetti collaterali come complicanze cardiopolmonari e scarsa guarigione delle ferite. Il regime restrittivo od a bilancio zero che mira a non superare più di 1 kg di peso nel postoperatorio ha mostrato una riduzione del rischio globale di complicanze. Il problema di queste strategie però è dato dall’ipovolemia occulta causata da un eccessiva restrizione Qluidica e la difQicoltà di mantenere tale regime negli ammalati emodinamicamente instabili. Il limite di “dare pochi liquidi” in alcuni casi, può avere complicanze minori. Ad esempio, in relazione alla chirurgia ambulatoriale, l’infusione di cristalloidi bilanciati di circa 1-2 L riducono la comparsa di PONV34.

Per guidare le scelte terapeutiche servono dunque obiettivi da seguire. Sono stati quindi suggeriti diversi target emodinamici per indirizzare la terapia Qluidica in

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modo corretto; ad esempio l'analisi della forme dell’onda arteriosa, la pressione venosa centrale od il lattato. In questo scenario, dunque, si sono ricercati indici più afQidabili con cui guidare la terapia “goal directed” (GDT), attraverso l’uso di parametri dinamici quali la Pulse Pressure Variation (PPV) o la Stroke Volume Variation (SVV). Tali parametri dinamici hanno soppiantato i precedenti riferimenti emodinamici statici. Infatti dati come la PVC come indice di Qluid responsiveness, si sono dimostrati privi di correlazione con la gittata sistolica sinistra e quindi incapaci nel predire la risposta al Qluid challenge.

Nel campo perioperatorio si è fatto spazio anche a nuove tecnologie come il sistema NexQin che rappresenta un metodo per stimare la portata cardiaca. Questo dispositivo fornisce una stima non invasiva del cardiac output in due fasi. Innanzitutto, consente una stima continua della curva di pressione arteriosa attraverso il metodo di clampaggio del volume. L’arteria viene clampata e mantenuta ad un volume costante, consentendo dunque una pressione uguale su entrambi i lati della parete arteriosa. Il volume è quindi misurato da un fotopletismografo incorporato nel bracciale in modo dinamico.

Il dispositivo, attraverso un bracciale gonQiabile che è avvolto attorno al dito ed un fotopletismografo che misura il diametro delle arterie delle dita, stima la portata. Ad ogni sistole, il dispositivo fotopletosmograQico rileva l'aumento del diametro delle arterie delle dita. Un rapido sistema servo-controllato gonQia immediatamente il bracciale per mantenere costante il diametro delle arterie. Pertanto, la pressione del bracciale riQlette la pressione arteriosa e la sua misurazione in continuo consente di stimare la curva della pressione arteriosa. Il secondo passo è quello di valutare il cardiac output dalla curva di pressione arteriosa non invasiva. A questo scopo, il dispositivo NexQin include software di analisi del contorno di impulsi che calcola la portata cardiaca dalla curva di pressione arteriosa.

Nonostante attualmente, tra i diversi dispositivi disponibili per stimare la portata, la tecnologia NexQin sia particolarmente originale, lo studio di Monnet critica la sua afQidabilità come indice di Qluid responsiveness nel malato di terapia intensiva. Infatti il principale risultato di questo studio era che la stima non invasiva della portata fornita dal metodo NexQin non sia afQidabile rispetto alla termodiluzione transpolmonare nei pazienti critici, anche se durante il Qluid challenge CInoninv e CIinv spesso sono cambiati nella stessa direzione .

Comunque, i medici in terapia intensiva più che all’esatto valore della portata cardiaca, potrebbero avere maggiore interesse alle sue modiQicazioni nel tempo. Ma, anche a questo proposito la stima di NexQin del cardiac output non è risultata afQidabile. Infatti, la correlazione del trend tra CInoninv e CIinv era debole.

Queste limitazioni nel malato in rianimazione sono probabilmente date dall’ipoperfusione delle dita e la tecnica non ha potuto stimare il cardiac index in una percentuale relativamente larga dei pazienti in shock.

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Tale tecnologia risulterebbe più adatta al monitoraggio intraoperatorio per la PGDT (perioperative goal-directed therapy) per la corretta gestione del bilancio Qluidico; essa avrebbe poco spazio nel paziente critico che necessiti di una stima afQidabile essendo emodinamicamente instabile e con un circolo molto spesso sostenuto da amine 36.

Nel fase postchirurgica l’approccio GDT è il più consigliato. L’uso di metodiche non invasive come la PPV e la SVV insieme a test come la PLR è la tendenza generale attuale 37. Esistono anche molti studi che non conferiscono conferme in

termini di riduzione della mortalità, della durata della degenza e di preservazione degli organi vitali 38.

Una meta-analisi ha dimostrato che il mantenimento dei pazienti a bilancio Qluidico zero nel periodo perioperatorio porta ad una diminuzione delle complicanze postoperatorie con una riduzione della durata della degenza ospedaliera 39. È stato inoltre ricordato che il quadro di gestione dei Qluidi

utilizzato intraoperativamente dovrebbe essere esteso anche al periodo postoperatorio, ove possibile. Ed è stato suggerito che i pazienti che tollerino liquidi chiari dopo l'intervento chirurgico siano liberi di bere senza restrizioni e che in tale contesto si eviti la somministrazione di Qluidi per via endovenosa 40. 


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Effetti collaterali della somministrazione di =luidi a scopo

rianimatorio

Come già spiegato, Vincent ed Hoste hanno proposto la sigla ROS-D per descrivere le quattro fasi della terapia Qluidica 20. Superata la fase iniziale,

fondamentale per il trattamento del paziente critico, è stato dimostrato come l’eccessivo aumento di liquidi sia una causa di peggioramento della prognosi, specialmente nei pazienti che sviluppano insufQicienza renale acuta (IRA) ed ancor più nel paziente settico 41.

I pazienti in rianimazione trattati per lo shock generalmente dimostrano un bilancio idrico grossolanamente positivo come riQlesso degli sforzi rianimatori iniziali. In generale, i soggetti che sono stati rianimati con successo raggiungono l'omeostasi dei mediatori inQiammatori ed anti-inQiammatori entro tre giorni dall’inizio del trattamento per lo shock. Inoltre la successiva stabilizzazione emodinamica ed il ripristino della pressione oncotica plasmatica permettono la diuresi e la mobilitazione dei liquidi extravascolari, con conseguente bilancio idrico negativo. La gestione della seconda fase dei liquidi in regime conservativo (CLFM) con due giorni consecutivi di bilancio negativo è un predittore forte e indipendente della sopravvivenza 27, 43. Presumibilmente, l'omeostasi delle

citochine dal terzo giorno dopo l'insorgenza della noxa patologica permette l'inizio della guarigione delle interruzioni microcircolatorie e della "chiusura" delle perdite capillari. Questa interpretazione è supportata da osservazioni che dimostrano la normalizzazione del Qlusso sanguigno nel microcircolo al terzo giorno nei pazienti con sepsi addominali. Il volume di acqua polmonare extravascolare (EVLWI) e l'indice di permeabilità vascolare polmonare (PVPI), ovvero il rapporto tra il volume di acqua polmonare extravascolare e il volume di sangue polmonare (PBV), è risultato correlato con una migliore sopravvivenza 43.

Il contenuto di acqua polmonare nei polmoni aumenta in caso di insufQicienza cardiaca, polmonite, sepsi, intossicazioni, ustioni, ecc.. Il valore di EVLW aumenta con l’incremento del Qluido trasportato nell’interstizio a causa di un aumento della pressione intravascolare (insufQicienza del ventricolo sinistro, sovraccarico di volume) od a causa di un aumento della permeabilità vascolare polmonare alle proteine plasmatiche che, causando una modiQica della pressione colloido-osmotica, produce a sua volta edema polmonare (endotossine, polmonite, sepsi, intossicazioni, ustioni). EVLW è l’unico parametro determinabile al letto del paziente mediante il quale è possibile valutare lo stato dei polmoni in seguito ad un danno della membrana capillare. Infatti l’indice di permeabilità vascolare polmonare (PVPI) che è il rapporto tra volume di acqua polmonare extravascolare e il volume di sangue polmonare (EVLW/PBV) è un indice preciso di permeabilità del distretto capillare polmonare. Aumenta in caso di gravi danni polmonari e consente di distinguere tra edema polmonare idrostatico o dovuto a modiQicata permeabilità.

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Quando, dopo il terzo giorno dal danno da shock, l'omeostasi delle citochine pro ed anti inQiammatorie non inizia o comunque non si ha riparazione delle interruzioni microcircolatorie e diminuzione delle perdite capillari, nei pazienti con inQiammazione sistemica persistente che non riescono a ridurre le perdite di albumina transcapillare, si instaurerà una condizione in cui aumenteranno i bilanci Qluidici netti Qino a valori sempre più positivi. Tale situazione porterà alla sindrome da permeabilità globale aumentata (GIPS). Questa sindrome è caratterizzata da un alto CRP/alb(C-Reactive Protein over albumin ratio) indice di perdita capillare (CLI) dato da un eccesso di Qluido interstiziale, una costante elevazione dell’acqua polmonare extravascolare (EVLW) ed una progressiva insuffQicienza d’organo 42. Il rapporto CRP/alb, è un nuovo punteggio prognostico

basato sull’inQiammazione, paragonabile o superiore ad altri punteggi prognostici riguardanti l'inQiammazione utile anche nella predizione della prognosi nei tumori maligni come quelli del fegato e del polmone 46, 47.

La sindrome permeabilità globale aumentata (GIPS) è espressa nei pazienti con inQiammazione sistemica persistente che non riducano la perdita di albumina transcapillare e provoca un saldo sempre più positivo dei liquidi netti. La GIPS può rappresentare l’esito del “terzo colpo” dopo il primo colpo, dato dall'insulto iniziale e dal secondo colpo dovuto al danno da ischemia e riperfusione. Essa rappresenta una spiegazione meccanica per la s i n d r o m e d a i n s u f Q i c i e n z a multiorgano (MODS) dopo danno acuto. I nuovi marcatori come l'indice di perdita capillare, l'acqua polmonare extravascolare e l ' i n d i c e d i p e r m e a b i l i t à polmonare possono aiutare il medico a guidare la gestione appropriata del Qluido 42, 46, 47.

Figura tratta da Role of permissive hypotension, hypertonic resuscitation and the global increased permeability syndrome in patients with severe haemorrhage: adjuncts to damage control resuscitation to prevent intra-abdominal hypertension

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La conseguenza della perdita capillare e della fase di Qlusso ridotto, la somministrazione eccessiva dei Qluidi nei pazienti con GIPS porterà a un sovraccarico dei liquido ed all'anasarca. L'edema interstiziale aumenta la pressione in tutti e quattro i compartimenti principali del corpo: testa, petto, addome ed estremità. Di conseguenza, i gradienti di Qlusso di transorganici diminuiscono in quanto aumenta la resistenza venosa, contribuendo alla progressione del danno ed all’insufQicienza d'organo. Poiché diversi compartimenti interagiscono e trasmettono reciprocamente le pressioni, è stato avanzato il concetto di sindrome policompartimentale. L'addome gioca un ruolo centrale nella GIPS e nella sindrome policompartimentale, in quanto bilanci Qluidici positivi sono un fattore di rischio noto per l'ipertensione intra-addominale (IAH) secondaria che a sua volta è associata ad effetti indesiderati di altri compartimenti corporei a distanza. La funzione renale inoltre è particolarmente colpita nell’IAH andando a peggiorare un ulteriore edema dato dalla diminuità funzione renale e dunque aumentando il danno dato da questo circolo vizioso. Nell’ottica di queste considerazioni, l'equilibrio Qluido può essere considerato un biomarker di malattia critica, come proposto da Bagshaw et al. 48;

infatti, si può chiaramente collegare un eccesso di carico Qluidico con la disfunzione d’organo.

Il terzo colpo che esita nella GIPS, come spiegato, realizza una condizione di diffuso aumento della permeabilità capillare a causa dello stato di inQiammazione. Il liquido interstiziale, quando si abbia un aumento almeno del 10% del peso corporeo, provoca un incremento delle pressioni interstiziali nei polmoni, nei visceri addominali e nei tessuti periferici, producendo una vera e propria sindrome compartimentale 49; le forze di Starling vengono superate e

vengono coinvolte strutture come la barriera del glicocalice endoteliale 35, 50, le

acquaporine 51 ed il drenaggio linfatico.

L’effettivo danno a tali strutture causa un’alterazione degli equilibri pressori tale da provocare la fuoriuscita di liquido dai capillari e la formazione di edema, anche quando la terapia Qluidica è regolata da obiettivi classici di precarico e indice cardiaco 22.

Come riportato dal lavoro di Benes, la seguente tabella esamina i rischi connessi al sovraccarico di Qluidi ed all’aumento di pressione venosa centrale:


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Essi sono indipendenti dal tipo di Qluido. Gli outcome di sopravvivenza e morbilità connessi al sovraccarico, se impiegati colloidi o cristalloidi, risultano uguali 22 . La discussione in corso sulla scelta del tipo di liquido da usare è,

ancora oggi, argomento di discussione 52.

Contesti Tipo di effetto collaterale Commento

Perioperatorio Ipercloremia ed acidosi da diluizione Trattabile con cristalloidi bilanciati sugli anioni Riduzione della velocità di guarigione delle ferite Determinata dall’edema tissutale periferico Aumentato rischio di deiscenza delle anastomosi Edema intestinale e riduzione della perfusione splancnica Aumento della IAP (pressione intra-addominale) Edema intestinale e della parete addominale Aumento del rischio di complicanze respiratorie Edema polmonare e della parete toracica che determina aumento del lavoro respiratorio UTI GIPS (global increased permeability syndrome) e danno al glicocalice Calando la pressione oncotica del glicocalice, si ha aumento della permeabilità capillare Aumento della pressione intra- addominale e sindrome compartimentale Può determinare insufQicienza renale acuta, disfunzione epatica, ileo paralitico Riduzione dell’ossigenazione, edema polmonare e parietale, peggioramento dello stato di ARDS Aumento dell’indice dell’acqua polmonare extravascolare; i Qluidi sono un fattorie di rischio indipendente di ARDS Enteropatia Edema intestinale, traslocazione batterica, malassorbimento Aumento della pressione intracranica ed edema cerebrale Non utilizzare i colloidi, in particolar modo l’albumina Danno renale Danno miocardico Dilatazione, rilascio di ANP, edema miocardico eassociato con disfunzione diastolica e blocco Aumento della mortalità

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Gli effetti collaterali dati dal tipo di Qluido sono stati motivo di indagine di importanti studi. Dai trials veniva indagata soprattutto la mortalità a 30 giorni e la comparsa di insufQicienza renale. Nello studio SAFE veniva confrontata l’infusione di Qisiologica in rapporto all’albumina al 4%. I risultati però non trovarono alcuna differenza nella mortalità a 28 giorni, 41, ma evidenziarono

anzi, un ruolo del colloide come fonte di danno potenziale in alcuni gruppi di pazienti come quelli con trauma cranico 53. L’uso dei colloidi venne

ulteriormente considerato come fonte di potenziale danno dallo studio 6S che confrontava gli effetti del ringer acetato con la soluzione di amido idrossetilacetico a basso peso molecolare nel valutare l’outcome combinato di mortalità e necessità di terapia sostitutiva renale a 90 giorni. I risultati dimostrarono che il colloide causava un rischio signiQicativo di aggravare tale outcome 54. Dato che fu confermato anche nel CHEST trial, in cui emerse oltre

all’aumento di rischio di insufQicienza renale, anche un aumento del rischio di insufQicienza epatica e un numero superiore di emotrasfusioni nei soggetti che avevano ricevuto la soluzione di amido idrossetilacetico, rispetto a quelli che hanno ricevuto la Qisiologica 55. Nel CRYSTMAS study, in cui si cercava di studiare

se i colloidi potessero diminuire la richiesta Qluidica necessaria a determinare la stabilità emodinamica, nonostante una riduzione di richieste di volume di colloide nella prima fase rispetto a quello di cristalloide, non sono state osservate differenze tra i due gruppi nel bilancio globale dei liquidi 56 . Un

vantaggio che riportano le linee guida del 2013, anche se con un basso livello di evidenza, potrebbe essere dato dalla probabile riduzione dell’edema tissutale con l’uso di colloidi 57.

Sempre per quanto riguarda i colloidi, nelle soluzioni di amido idrossetilacetico ad alto peso molecolare, è ben documentato l’aumentato rischio di sanguinamento post-operatorio, dato dalla riduzione del fattore di von Willebrand e del fattore VII 58.

Dalla letteratura emerge che, particolarmente nello shock settico e nell’insufQicienza renale acuta, l’uso dei colloidi rispetto ai cristalloidi risulta preferibile 59.

L’idea però che i cristalloidi siano scevri da rischi è chiaramente falsa. I problemi correlati al loro uso sono principalmente dati dalla idratazione eccessiva che può esitare nella iatrogenic salt water drowning 60; dal ruolo del cloro presente nelle

varie soluzioni come, ad esempio, nella Qisiologica allo 0.9% di NaCl che può provocare ipercloremia ed acidosi metabolica da diluizione 14, 61.

Una buona immagine delle attuali scelte terapeutiche viene presentata da un recente studio multicentrico di Finfer, in cui la prima scelta terapeutica era rappresentata dai colloidi nel 48% dei casi; dai cristalloidi nel 33% e dai prodotti di derivazione ematica nel 28%. Anche se vi furono profonde differenze tra le terapie intensive dei vari paesi partecipanti, viene dimostrato, in sostanza come l’approccio iniziale sia grandemente dipendente dal contesto e dalle scelte del singolo medico 9. Tenendo bene a mente tale assunto, qualora non vi siano

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particolari situazioni, la scelta più raccomandata dovrebbe ricadere principalmente sull’impiego di cristalloidi “cloruro-ristretti” secondo protocolli di GDT; e nei casi refrattari di shock ed ARDS potranno essere afQiancati da volumi limitati, Qino a 15 ml/kg, di colloidi 22.

Concludendo, va ricordato che la deQinizione di “sovraccarico Qluidico” non è semplice. Convenzionalmente, la maggior parte degli studi in letteratura, incluso lo studio di Wang et al. 62, ha deQinito il sovraccarico Qluidico come un aumento

della percentuale del peso corporeo dal primo giorno di ammissione in rianimazione. Tuttavia, questo presuppone che i pazienti siano stati intravascularmente pieni all’ammissione, dato non sempre veritiero. Tali studi ignorano inoltre tutte le perdite insensibili, nonché l’infusione di liquidi prima del ricovero in terapia intensiva.

In secondo luogo, la tempistica di infusione del volume è rilevante. Un bilancio positivo di 5 litri in un periodo iniziale di 24 ore seguito da nessun altra infusione può avere un risultato ben diverso rispetto allo stesso saldo netto per più giorni, come riportato anche dalle considerazioni sulle nuove linee guida dello shock settico 21.

Sovraccarico Qluidico, AKI ed un brutto outcome sono chiaramente associati 63.

Nel recente studio retrospettivo di Shen in cui veniva studiata l’associazione tra l'assunzione di liquidi e la mortalità nei pazienti critici ricoverati in UTI con bilancio Qluidico negativo nelle prime 48 ore, i malati con bilancio negativo, dato sia da un aumentato apporto di liquidi sia da una buona diuresi, risultavano avere una diminuzione della mortalità ospedaliera. Tuttavia, rispetto al raggiungimento di bilanci leggermente negativi, il raggiungimento di FB maggiormente negativi non era associato ad una ridotta mortalità 64.

Il sovraccarico di liquidi può derivare da una somministrazione troppo zelante di Qluidi, da un’oliguria o da una combinazione dei due fattori 65. La differenziazione

è importante poiché il sovraccarico di liquidi causato da una terapia Qluidica eccessiva è potenzialmente evitabile, mentre il sovraccarico di liquido a seguito di oliguria può riQlettere AKI e non può essere facilmente modiQicabile senza RRT

66. La maggior parte degli studi non ha fatto distinzione tra i due. In una recente

analisi retrospettiva, è stato dimostrato che l'amministrazione Qluidica, piuttosto che la bassa produzione di urina, è stata associata indipendentemente alla progressione da stadio I a stadio III AKI.

Tuttavia può essere difQicile da determinare se sia l’AKI ad aver provocato il sovraccarico di Qluidi o viceversa. La PVC non riQlette accuratamente lo stato di volume intravascolare e può essere fuorviante 67. Sono necessari strumenti

migliori per misurare lo stato del volume intravascolare. Per questo la terapia Qluidica deve essere personalizzata con endpoint Qisiologici e guidata da test dinamici come la manovra PLR od il Qluid challenge. La misurazione della PPV e

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della SVV possono fornire informazioni molto utili per valutare il precarico, ma non diagnosticano né quantiQicano il sovraccarico di Qluidi.


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Sezione 2. Ecogra=ia e Fluid responsiveness nel paziente

critico

Fluid responsiveness e precarico

La presente sezione analizza i ruoli e le limitazioni attuali dei metodi più utilizzati nella pratica clinica per prevedere la Qluid responsivenesss nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica (MV).

L'ipotensione è uno dei segni clinici più frequenti osservati nei pazienti critici. Per ripristinare la pressione sanguigna normale, è necessario valutare il riempimento cardiovascolare (precarico deQinito come l’end-diastolic volume di entrambe le camere ventricolari), la funzione cardiaca (inotropismo) e le resistenze vascolari (postcarico).

L'instabilità emodinamica secondaria a una diminuzione principale o relativa di volume intravascolare è molto comune; la rianimazione Qluidica o l'espansione volemica (VE) consentono il ripristino del riempimento ventricolare, del cardiac output ed, inQine, della pressione arteriosa.

Tuttavia, nella curva di Frank-Starling (stroke volume come funzione del pre-carico) la pendenza presenta nella sua fase iniziale una parte ripida, seguita da un plateau (Figura).

Di conseguenza, quando viene raggiunto il plateau, la r i a n i m a z i o n e Q l u i d i c a eccessiva può creare il rischio di generare un sovraccarico di volume con consegeuente rischio di e d e m a p o l m o n a r e e / o disfunzione ventricolare destra. Pertanto, in pazienti ipotesi i metodi in grado di valutare la diminuzione del precarico e di prevedere se il cardiac output aumenti o meno con espansione volemica sono stati studiati per molto tempo.

Attualmente, poiché pochi metodi sono in grado di valutare continuamente e direttamente i volumi ventricolari, vengono utilizzati strumenti di monitoraggio del riempimento cardiovascolare come le misure statiche della pressione e le misure ecocardiograQiche delle aree ventricolari a Qine diastole.

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Le misurazioni statiche sono state sostituite dal monitoraggio dinamico. Esso consiste nella valutazione della Qluid responsiveness utilizzando cambiamenti nella SVV e nella PPV indotta da ventilazione a pressione positiva in pazienti con ritmo cardiaco sinusale.

L’assioma per cui la terapia rianimatoria del soggetto emodinamicamente instabile sia la somministrazione di liquidi si basa sulla principio che per ripristinare la portata cardiaca basti aumentare il riempimento ventricolare 68.

Il problema, chiaramente, non è così facilmente risolvibile; tale assioma è vero solo nella metà dei casi, infatti nei restanti soggetti un carico Qluidico non causa nessun aumento del cardiac output 69, 70.

L'espansione del volume, che rappresenta il trattamento di prima linea dell’insufQicienza circolatoria acuta, può essere la fonte di un dilemma terapeutico cruciale. Da una parte, la gravità della malattia incoraggia ad iniziare il trattamento in modo rapido e massiccio. In linea con questo assunto va ricordato lo studio di Rivers et al. che ha mostrato che una massiva somministrazione di Qluidi durante le prime 6 ore di rianimazione di pazienti con grave sepsi e shock settico è ha garantito risultati migliori 7.

D'altra parte, è stato chiaramente dimostrato che il sovraccarico di liquidi ha conseguenze dannose.

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Il sovraccarico di liquidi prolunga la ventilazione meccanica ed aumenta la mortalità dei pazienti critici in generale e, più in particolare, nei pazienti con sepsi, ARDS, ipertensione intra-addominale e danno renale acuto 63.

Il potenziale beneQicio dell'espansione del volume, correlato ad un aumento del cardiac output e del trasporto dell’ossigeno, deve essere equilibrato col rischio di causare edema polmonare ed aggravare l’edema ai tessuti 70.

Il ritorno venoso (VR) è comunque il principale determinante del precarico, e quindi del volume telediastolico e dello stiramento dei miocardiociti; gli elementi che lo determinano sono stati deQiniti dalla forumla di Guyton:

dove PSMR è la pressione sistemica media di riempimento e PAD è la pressione atriale destra 71. Infondere liquidi è il mezzo principale per incrementare il

ritorno venoso, poichè:

- una riduzione della pressione atriale destra non è attuabile, perchè, aumentando le resistenze vascolari, si avrebbe il collasso delle grandi vene, bloccando del tutto il ritorno venoso stesso;

- la venodilatazione, tipicamente presente nello shock, può provocare una riduzione della pressione sistemica media di riempimento rispetto alle variazioni che la vasocostrizione arteriosa può indurre nelle resistenze vascolari, aumentando il volume non reclutabile e riducendo il ritorno venoso;

- la vasocostrizione, al contrario, può determinare un aumento delle resistenze maggiore dell’aumento di PSMR, provocando nuovamente una riduzione del ritorno venoso 72.

Le curve di Frank-Starling chiariscono bene la relazione tra cardiac output e riempimento ventricolare causato da aumento del VR; in tali situazioni la gittata sistolica è funzione del precarico. Quindi, nella fase iniziale della curva, detta dipendenza dal precarico, ad un aumento del precarico corrisponde un aumento della gittata. Successivamente si veriQicherà l’indipendenza dal precarico, caratterizzata da un plateau in cui ad un aumento delle pressioni di riempimento non corrisponde un aumento di gittata. Qualora vi sia una compromissione della funzione cardiaca, ovvero una riduzione della contrattilità, la fase di plateau sarà raggiunta molto prima. Come, ad esempio, nello scompenso cardiaco e nello shock cardiogeno 72.

VR =

PSRM - PAD

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Somministrando Qluidi ad un soggetto che si trova nella parte sinistra della curva di Frank-Starling, si otterrà un aumento della gittata; invece, se un paziente si trova nella parte destra della curva, si avrà sovraccarico di volume con sviluppo di disfunzione ventricolare destra e edema polmonare 68 . Sarà dunque

fondamentale capire a quale categoria di soggetti appartenga il paziente da trattare con terapia Qluidica. Lo strumento per fare questo è rappresentato dalla /luid responsiveness (FR), ovvero un aumento signiQicativo, dal 10 al 15%, della gittata sistolica in seguito ad un carico di Qluidi che è generalmente rappresentato da 250-500 ml di soluzione cristalloide 73, 74.

Diagramma che illustra le interrelazioni tra inQluenze sul end-diastolic volume ventricolare (EDV) attraverso lo stretching del miocardio e lo stato contrattile del miocardio

Figura tratta da “Evidence-Based Critical Care A Case Study Approach “

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Figura tratta da “Fluid responsiveness: an evolution of our understanding mostra la sovrapposizione delle curve di Frank-Starling e di Marik-Phillips che dimostrano gli effetti del crescente precarico sulla SV e sull'acqua polmonare in un paziente che è (a) FR e dunque preload responder e (b) non responsivo, NR. In caso di sepsi, la curva EVLW viene spostata verso sinistra. EVLW, acqua polmonare extra-vascolare; CO, cardiac ouput; SV, stroke volume.

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