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Per una migliore validità statistica i dati anagrafici sono stati ricodificati in variabili dicotomiche: stato civile, data di nascita, diagnosi psichiatrica, comorbidità, malattie fisiche.

I dati sono stati analizzati mediante confronti parametrici per le variabili continue, mediante test One-way ANOVA, e confronti di frequenza per le variabili categoriali, mediante analisi Chi-Quadro secondo la metodica Cross-Tabulation. Per le analisi è stato utilizzato il package statistico SPSS+ versione 21.

RISULTATI

Nel presente studio, il campione valutato (Tabella 1) è costituito complessivamente da 370 soggetti, divisi in tre gruppi: 129 pazienti ambulatoriali della Clinica Psichiatrica (34,9%), 106 pazienti ricoverati nel reparto di Psichiatria (28,6%) e 135 soggetti della popolazione generale a costituire il gruppo di controllo (36,5%). Tra i controlli abbiamo fatto un'ulteriore distinzione tra soggetti reclutati tra gli specializzandi (50 soggetti, 13,5% dell’intero campione) della Clinica psichiatrica di Pisa e un campione (85 soggetti, 22,9% dell’intero campione) della popolazione generale.

Del totale del campione, 183 soggetti sono di sesso maschile (49,5%) e 187 di sesso femminile (50,5); nei diversi gruppi la distribuzione maschi/femmine risulta: nel gruppo dei pazienti ambulatoriali 61 maschi (47,3%) e 68 femmine (52,7%), nel gruppo del reparto di Psichiatria 67 maschi (63,2%) e 39 femmine (36,8%), nel gruppo degli specializzandi 17 maschi (34,0%) e 33 femmine (66,0%), mentre nel gruppo della popolazione generale 38 maschi (44,7%) e 47 femmine (55,3%). Risulta significativa la differenza tra maschi e femmine tra i gruppi: X²=13,807; p<.01), in particolare si osserva una prevalenza di maschi nel gruppo del reparto e una prevalenza di femmine nel gruppo degli specializzandi.

L'età media del campione di studio è di 39+14 anni: nel gruppo dei pazienti ambulatoriali l’età media è di 38+12 anni; nel gruppo del reparto di Psichiatria di 41+15 anni; nel gruppo degli specializzandi è di 29+3 anni; infine nel gruppo della popolazione generale è di 45+16 anni. La differenza di età nei gruppi risulta significativa: F 17,666, p< 0,001, in particolare risultano significative le differenze di età tra: il gruppo dei pazienti ambulatoriali e quello degli specializzandi (p<.001), tra il gruppo dei pazienti ambulatoriali e quello della popolazione generale (p<.001), tra il gruppo dei pazienti del reparto e quello degli specializzandi (p<.001) e tra il gruppo

degli specializzandi e quello della popolazione generale (p<.001).

Dalle analisi delle caratteristiche socio-demografiche del campione si osserva che il 53,8% (199 soggetti) del campione sono celibi/nubili, il 35,1% (130 soggetti) coniugati, il 2,7% (10 soggetti) conviventi, il 2,8% (10 soggetti) divorziati, il 2,7% (9 soggetti) separati, e l'1,9 % (7 soggetti) vedovi.

Per quanto riguarda la scolarità, la maggior parte del campione, il 39,6% (146 soggetti) ha una licenzia media superiore, il 25,2% (93 soggetti) una licenza di scuola media inferiore, il 24,4% (90 soggetti) ha conseguito un diploma di laurea, l'9,8% (36 soggetti) ha una licenza elementare e lo 0,8% (3 soggetti) ha conseguito una specializzazione.

La distribuzione del campione rispetto all'attività lavorativa risulta come segue: il 52,7% (195 soggetti) svolge un lavoro a tempo pieno, il 13% (48 soggetti) sono studenti, il 11,6% (43 soggetti) sono pensionati, il 7,8% (29 soggetti) è casalingo, il 7,6% (28 soggetti) è disoccupato, il 4,9% (18 soggetti) svolge un lavoro part time e il restante 1,6% (6 soggetti) svolge un'attività di volontariato.

Il campione dei pazienti è stato poi valutato in base alle diagnosi: la patologia che interessa il maggior numero di pazienti del campione (75 soggetti) è il Disturbo Bipolare I con una percentuale del 20,3%. In ordine decrescente di frequenza la Depressione Maggiore (29 soggetti, 7,8%), il Disturbo di Panico (26 soggetti, 7%), lo Stato Misto (17 soggetti, 4,6%), la Bulimia (13 soggetti, 3,5%), il Disturbo Schizoaffettivo (12 soggetti, 3,2%), il Disturbo Ossessivo Compulsivo (10 soggetti, 2,7%), il Binge Eating Disorder e la Schizofrenia (entrambe le categorie contano 8 soggetti, ognuna pari al 2,2%), il Disturbo Bipolare II (6 soggetti,1,6%), il Disturbo Schizofreniforme (5 soggetti, 1,4%), l 'Anoressia e la Fobia Sociale (entrambe le categorie contano 4 soggetti, ognuna pari al 1,1%), il Disturbo Delirante (3 soggetti, 0,8%), (4 soggetti, 0,9%), i disturbi Ossessivo Compulsivo NAS, la Dismorfofobia, l' Abuso di Sostanze (in particolare Alcol, Cannabis e il poliabuso) contato tutti 2

soggetti (pari al 0,5 %). Infine, con un solo soggetto per ogni categoria, e quindi una percentuale del 0,3%, troviamo: il Disturbo Borderline di Personalità, la Depressione Maggiore NAS, l'abuso di cocaina, caffè e di sostanze psicotrope.

Data la poca numerosità nelle varie categorie diagnostiche non avrebbe avuto significato statistico effettuare confronti specifici sull’uso di caffeina per ogni disturbo. Ciò che si può evincere dal nostro campione rispetto alla diagnosi è che tra i pazienti ambulatoriali e quelli del reparto si hanno frequenze differenti. In particolare, nelle categorie diagnostiche più numerose (con più di 15 soggetti), sono risultati maggiormente frequenti nei pazienti ambulatoriali i disturbi Bipolare I (50,7% ambulatoriali vs a 49,3% del reparto), la Depressione Maggiore (58,6% ambulatoriali vs a 41,4% del reparto), lo Stato Misto (88,2% ambulatoriali vs a 11,8% del reparto), il disturbo di Panico (57,7% ambulatoriali vs a 42,3% del reparto), che risultano essere le categorie diagnostiche più frequenti nella popolazione.

Dopo aver esaminato le caratteristiche socio-demografiche del campione, è stata analizzata la quantità di caffeina assunta, la motivazione all’uso, la dipendenza, l’intossicazione e l’astinenza in tutti i gruppidi studio.

Per quanto riguarda l'uso di caffeina, nell’intero campione in studio, il 97.3% assume sostanze contenenti caffeina, il 90.2% ne fa un uso quotidiano. I dati hanno, però, evidenziato delle differenze statisticamente significative sia nell'uso di caffeina che nell'uso quotidiano di questa sostanza. In particolare è emerso che gli ambulatoriali che fanno uso di caffeina sono 99,2%, i pazienti del reparto sono il 92,5%, gli specializzandi sono il 98% e la popolazione generale il 100% (X²=13,738; p<.01).

Per quanto riguarda l'uso quotidiano è stato riscontato che i pazienti ambulatoriali che fanno un uso quotidiano di caffeina sono l'86%, i pazienti del reparto l'86,8%, gli specializzandi il 91,8% e la popolazione generale il 100% (X²=13,346; p<.01)

I gruppi di studio non risultano differire in maniera significativa per quanto riguarda l'età in cui è iniziata l'assunzione di caffeina, che risulta pari a 16±7 anni, per i pazienti ambulatoriali, a 17±5 anni, per i pazienti del reparto, a 15+3 anni per gli specializzandi e a 15+3 anni per la popolazione generale.

Nel campione dei pazienti psichiatrici l’età media d’esordio del disturbo psichiatrico è di 24±10 anni per i pazienti ambulatoriali e di 28±12 anni per i pazienti del reparto, differenza che appare statisticamente significativa (F=76,914; p<.0001).

Sono state riscontrate differenze significative anche per quanto riguarda il fumo di sigaretta: tra i pazienti del reparto i fumatori risultano il 61.3%, di questi, il 28,3% fuma meno di 10 sigarette al giorno, il 16,0% ne fuma più di 10 e il 17% ne fuma più di 20; tra gli specializzandi fumatori sono il 30,2%, di questi, il 20,9% fuma meno di 10 sigarette al giorno, il 9,3% ne fuma più di 10 e nessuno ne fuma più di 20; tra il campione della popolazione generale i fumatori rappresentano il 42,4%, di questi, il 22,4% fuma meno di 10 sigarette al giorno, il 12,9% ne fuma più di 10 e il 7,9% ne fuma più di 20. I dati sul fumo di sigaretta, mostrano una differenza significativa tra i gruppi in questione, con X²= 18,808 e p<.01. (Tabella 3).

La dose media giornaliera consumata al momento dell’intervista è di 442,9±438,4 mg/die, per i pazienti ambulatoriali e di 292,5±160,4 mg/die, per i pazienti del reparto, contro i 275,2±152,9 mg/die, per gli specializzandi e i 337,8±145 mg/die, per la popolazione generale.

La dose media giornaliera antecedente il disturbo psichiatrico è di 511,9±366,6 mg/die per i pazienti ambulatoriali e di 384,6±270,1 mg/die, per i pazienti del reparto. La dose media giornaliera massima raggiunta dai pazienti ambulatoriali è 834,6±628,2 mg/die, contro i 507,3±374,1 mg/die dei pazienti del reparto, di 499,7±393,9 mg/die per il gruppo di specializzandi e i 552,5±285,3 mg/die per il della popolazione generale.

La dose di caffeina assunta al momento dell’intervista nei quattro gruppi differiva solo tra i gruppi dei pazienti psichiatrici, nello specifico troviamo valori medi pari a 442,9+438,4 mg/die nei pazienti ambulatoriali contro 292,5+160,4 mg/die nei pazienti del reparto, (F=3,933, p<0,05), con una ampia deviazione standard soprattutto nei pazienti ambulatoriali. Abbiamo trovato una differenza statisticamente significativa, sempre da parte dei pazienti ambulatoriali ad utilizzare maggiori dosi di caffeina, anche prima dell'esordio del disturbo psichiatrico, la cui dose media giornaliera è risultata pari a 511,9±366,6 mg/die per gli ambulatoriali contro 384,6±270,1 mg/die del reparto, anche in questo caso con una deviazione standard più ampia nei pazienti ambulatoriali (F=4.832, p<.05).

Differenze quantitativamente rilevanti e statisticamente significative, inoltre, sono apparse nei gruppi valutati per ciò che concerne la dose giornaliera massima, decisamente maggiore nei pazienti ambulatoriali: 834,6±628,2 mg/die, contro i 507,3±374,1 mg/die dei pazienti del reparto, di 499,7±393,9 mg/die per il gruppo di specializzandi e i 552,5±285,3 mg/die per il della popolazione generale: F=7.556, p<.0001 (Tabella 3).

Per quello che concerne le motivazioni all’uso nei pazienti psichiatrici ambulatoriali prevale “il piacere o abitudine” (63,6%), “il desiderio di aumentare l’attenzione” (36,4%), “l’intensificazione della vigilanza” (23,3%), “la riduzione della fatica” (12,4%), “l’aumento della capacità di compiere funzioni motorie complesse” (6,2%). Nei pazienti psichiatrici ricoverati nel reparto prevale “il piacere o abitudine” (91,4%), “il desiderio di aumentare l’attenzione” (37,2%), “l’intensificazione della vigilanza” (36,2%), “l’aumento della capacità di compiere funzioni motorie complesse” (8,6%), “la riduzione della fatica” (4,8%).

Nel gruppo degli specializzandi tra le motivazioni all’uso di sostanze a base di caffeina prevale “il piacere o abitudine” (86,0%), “l’intensificazione della vigilanza”

(58,2%), “il desiderio di aumentare l’attenzione” (48,0%), “la riduzione della fatica” (12,0%), “l’aumento della capacità di compiere funzioni motorie complesse” (2,0%). Nel gruppo della popolazione generale tra le motivazioni all’uso di sostanze a base di caffeina prevale “il piacere o abitudine” (97,6%), “l’intensificazione della vigilanza” (50,6%), “il desiderio di aumentare l’attenzione” (47,1%), “la riduzione della fatica” (17,6%), nessuno per l’aumento della capacità di compiere funzioni motorie complesse (0%).

Per quanto riguarda le motivazioni all’assunzione di caffeina, dunque, differenze significative sono state individuate per “intensificare la vigilanza” più frequentemente riferito dai controlli, in particolare dagli specializzandi (X2=26,270;

p=.0001); “aumentare la capacità di compiere funzioni complesse” più frequentemente riferito dai pazienti del reparto (X2=8,825; p<.05); “diminuzione della

fatica” più frequentemente riferito dalla popolazione generale (X2=8,022; p<.05)

(Tabella 4).

Per quanto concerne la tolleranza all'uso di caffeina è emerso che il 24,8% dei pazienti ambulatoriali, il 17,3% del reparto, il 10% degli specializzandi e il 9,4% della popolazione generale ha bisogno di aumentarne le dosi di caffeina per ottenere l'effetto desiderato. Questo dato risulta essere più frequentemente riportato dai pazienti rispetto ai controlli (X2=10,720; p<.05).

Non risultano significative le differenze tra i vari gruppi per quanto riguarda “l'aver notato un effetto minore con l'uso continuativo della stessa quantità di caffeina”, riportato dal 20,9% dei pazienti ambulatoriali, dal 14,6% dei pazienti del reparto, dal 14% degli specializzandi e dall'8,2% della popolazione generale (Tabella 5).

Dalle analisi è emerso che i pazienti psichiatrici ambulatoriali che hanno ridotto o cessato improvvisamente l’uso di caffeina hanno sperimentato marcata stanchezza o sonnolenza (17,8%), marcata ansia o depressione (10,1%), nausea o vomito

(5,4%), altro (1,6%). Nel 11,6% dei casi tali sintomi causavano o avevano causato disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. Il 64,3% ha notato di avere assunto caffeina in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto era sua abitudine, il 46,5% ha continuato l’uso di caffeina nonostante fosse consapevole di avere un problema persistente o ricorrente di natura fisica o psicologica verosimilmente causato od esacerbato dall’uso della sostanza stessa, il 31% ha un desiderio persistente di caffeina, il 23,3% ha tentato, senza successo, di ridurre l’assunzione della caffeina.

I pazienti psichiatrici del reparto che hanno ridotto o cessato improvvisamente l’uso di caffeina hanno sperimentato marcata stanchezza o sonnolenza (12,6%), marcata ansia o depressione (7,8%), cefalea (6,8%), nausea o vomito (2%), altro (1%). Il 9,8% dei pazienti ha assunto caffeina o una sostanza strettamente correlata per attenuare o evitare i sintomi d’astinenza sopra riportati. Nel 2% dei casi tali sintomi causavano o avevano causato disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. Il 43,7% ha notato di avere assunto caffeina in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto era sua abitudine, il 17,5% ha continuato l’uso di caffeina nonostante fosse consapevole di avere un problema persistente o ricorrente di natura fisica o psicologica verosimilmente causato od esacerbato dall’uso della sostanza stessa, il 16,5% ha un desiderio persistente di caffeina, il 12,6% ha tentato, senza successo, di ridurre l’assunzione della caffeina, il 2,9% ha interrotto le sue attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell’uso di caffeina.

Tra gli specializzandi è emerso che dopo aver fatto, da lungo tempo, un uso quotidiano di caffeina una volta cessato o ridotto improvvisamente l’uso di caffeina, il 28% aveva presentato marcata stanchezza o sonnolenza, il 20,9% a brevissima

distanza di tempo cefalea, il 2% nausea o vomito, il 2% altro ma nessun soggetto ha presentato sintomi ansiosi o depressivi. Tali sintomi causavano o avevano causato disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti nel 4% dei soggetti; il 14% dei soggetti ha motivato l’uso di caffeina per attenuare o evitare i sintomi d’astinenza sopra riportati. Il 46% ha ammesso una assunzione in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto era sua abitudine, il 12% ha un desiderio persistente di caffeina, il 6% ha tentato, senza successo, di ridurre l’assunzione di questa sostanza, il 2% ha continuato l’uso di caffeina nonostante la comparsa di sintomi, il 2.9% ha tentato, senza successo, di ridurre l’assunzione della caffeina, il 2,3% ha interrotto le sue attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell’uso di caffeina. Il gruppo della popolazione generale, dopo aver fatto per lungo tempo un uso quotidiano di caffeina, una volta cessato o ridotto improvvisamente l’uso, hanno presentato a brevissima distanza di tempo marcata stanchezza o sonnolenza (14,1%) cefalea (10,7%), ma nessun soggetto ha sperimentato nausea/vomito, sintomi ansiosi/depressivi o altro. Tali sintomi causavano o avevano causato disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti nel 5,9% dei soggetti; il 16,5% dei soggetti ha motivato l’uso di caffeina per attenuare o evitare i sintomi d’astinenza sopra riportati. Il 17,6% ha ammesso una assunzione in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto era sua abitudine, il 3,5% ha un desiderio persistente di caffeina, l'8,2% ha continuato l’uso di caffeina nonostante la comparsa di sintomi, l'1,2% ha tentato, senza successo, di ridurre l’assunzione della caffeina, il 4,7% ha interrotto le sue attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell’uso di caffeina.

Per quanto riguarda i sintomi d’Astinenza, differenze significative sono state messe in luce tra pazienti ed entrambi i gruppi di controllo nei seguenti domini della

dipendenza: “cefalea” (X2=6,259; p<.05) che risulta più frequente nei controlli;

viceversa “marcata ansietà o depressione” (X2=13,546, p<.01), “assunzione di

quantità maggiori di caffeina o per periodi più prolungati rispetto alla precedente abitudine” (X2=45,235; p<.001), “desiderio persistente di caffeina” (X2=28,242;

p<.001), “tentativo, senza successo, di ridurre l’assunzione di caffeina” (X2=24,987;

p<.001) e “aver continuato nell’uso di caffeina nonostante la consapevolezza di avere un problema persistente o ricorrente di natura fisica o psicologica verosimilmente causato o esacerbato dall’uso della sostanza stessa”(X2=64,067;

p<.001) risultano più frequenti nei due gruppi di pazienti psichiatrici (Tabella 6). Per quanto riguarda i domini che esplorano l’intossicazione da caffeina si è visto che durante, o poco dopo, l’uso di una sostanza che contiene caffeina i pazienti hanno presentato irrequietezza il 37,2% degli ambulatoriali e 35% del reparto; nervosismo sono il 33,3% degli ambulatoriali e 34% del reparto; eccitamento il 31% degli ambulatoriali e 24,3% del reparto; insonnia il 37,2% degli ambulatoriali e 33% del reparto; vampate di calore al volto il 17,8% degli ambulatoriali e 4,9% del reparto; poliuria il 12,4% degli ambulatoriali e 7,8% del reparto; turbe gastrointestinali il 27,1% degli ambulatoriali e 17,5% del reparto; contratture muscolari il 10,9% degli ambulatoriali e solo l'1% del reparto; flusso incoerente del pensiero e dell’eloquio il 14,7% degli ambulatoriali e 7,8% del reparto; tachicardia o aritmia cardiaca il 41,1% degli ambulatoriali e 22,3% del reparto; periodi di insensibilità alla fatica il 19,4% degli ambulatoriali e 4,9% del reparto; agitazione psicomotoria il 29,5% degli ambulatoriali e 12,6% del reparto; sintomi quali ansia, palpitazioni, tremori, ipertensione, secchezza delle fauci, iperacidità, ipertermia, disturbi sensoriali, tachipnea, anoressia, vomito il 31% degli ambulatoriali e 30,1% del reparto. Tali sintomi hanno causato un disagio clinicamente significativo nel l'8% dei pazienti ambulatoriali e nel 5,8% dei pazienti del reparto.

Per quanto riguarda i controlli si è osservato che durante o poco dopo l’uso di una sostanza che contiene caffeina i soggetti che hanno presentato irrequietezza sono il 18% degli specializzandi e il 17,6% della popolazione generale; nervosismo il 22% degli specializzandi e il 18,8% della popolazione generale; eccitamento il 6% degli specializzandi e il 21,1% della popolazione generale; insonnia il 40% degli specializzandi e il 17,6% della popolazione generale; vampate di calore al volto il 4% degli specializzandi e il 2,4% della popolazione generale; poliuria il 4% degli specializzandi e il 4,7% della popolazione generale; turbe gastrointestinali il 28% degli specializzandi e il 16,5% della popolazione generale; flusso incoerente del pensiero e dell’eloquio il 4,7% della popolazione generale, ma nessuno degli specializzandi; tachicardia o aritmia cardiaca il 34% degli specializzandi e il 12,9% della popolazione generale; periodi di insensibilità alla fatica l'8% degli specializzandi e il 3,5% della popolazione generale; agitazione psicomotoria il 22,4% della popolazione generale, ma nessuno degli specializzandi; sintomi quali ansia, palpitazioni, tremori, ipertensione, secchezza delle fauci, iperacidità, ipertermia, disturbi sensoriali, tachipnea, anoressia, vomito il 22% degli specializzandi e il 7,1% della popolazione generale. Nessun soggetto in entrambi i gruppi di controllo ha riferito contratture muscolari. Tali sintomi hanno causato un disagio clinicamente significativo nel l'8% degli specializzandi ma non nella popolazione generale. Analizzando i domini che esplorano l’Intossicazione da caffeina è emerso come sintomi quali irrequietezza (X²=14,099; p<.01), nervosismo (X²=7,919; p<.05), eccitamento (X²=12,876; p<.01), vampate di calore al volto (X²=21,113; p<.0001) contratture muscolari (X²=23,367; p<.0001), flusso incoerente del pensiero o dell’eloquio (X²=12,795; p<0.05), tachicardia (X²=22,865; p<.0001), periodi di insensibilità alla fatica (X²=19,672; p<.0001), agitazione psicomotoria (X²=24,166; p<.0001) e altri come ansia, palpitazioni, tremori, ipertensione, secchezza delle

fauci, iperacidità, ipertermia, disturbi sensoriali, tachipnea, anoressia, vomito (X²=19,068; p<.0001) risultino, in generale, più frequenti nei pazienti rispetto ai controlli. L'insonnia (X²=11,195; p<.05) risulta invece più frequente negli specializzandi (Tabella 7).

La gravità di malattia, in eterovalutazione, valutata mediante l’item “Gravità della malattia” della scala CGI, non mostra differenze significative tra i gruppi di pazienti psichiatrici, con punteggi medi intorno a 4, corrisponde al giudizio di moderatamente ammalato, si trovano altresì differenze significative se si confrontano i gruppi dei pazienti psichiatrici con i gruppi di controllo, i quali hanno un punteggio medio di 1+0 corrispondente all'assenza di malattia psichiatrica (contro 3,7±1,4 degli ambulatoriali e 4,1+0,8 per il reparto, con F=262,845 e p<,001).

Il giudizio clinico, riguardante la possibile correlazione tra i sintomi riportati dal paziente e l'uso di caffeina è significativamente differente nei gruppi (F=9,192 e p<0,001): in particolare sembra esserci una correlazione tra la gravità della patologia e l'uso della caffeina, più evidente tra i pazienti ambulatoriali e quelli del reparto.

Non abbiamo riscontrato differenze statisticamente significative per la gravità di malattia in autovalutazione, valutata mediante una Visual Analogue Scale di 10 cm che ha riportato punteggi medi oscillanti tra 5,6+2,8 cm per i pazienti ambulatoriali, e 5,9+2,5 per i pazienti del reparto (corrispondente ad un giudizio medio di moderatamente o molto ammalato) (Tabella 8).

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