In accordo con la letteratura, ciò che è emerso dal nostro studio è un uso di caffeina superiore all'90% nella popolazione, in particolare nell’intero campione in studio, il 97.3% assume sostanze contenenti caffeina, il 90.2% ne fa un uso quotidiano. I dati hanno, però, evidenziato delle differenze statisticamente significative sia nell'uso di caffeina che nell'uso quotidiano di questa sostanza. In particolare è emerso che i pazienti ambulatoriali che fanno uso di caffeina sono 99,2%, i pazienti del reparto sono il 92,5%, gli specializzandi sono il 98% e la popolazione generale il 100% (X²=13,738; p<.01).
Per quanto riguarda l'uso quotidiano è stato riscontato che i pazienti ambulatoriali che fanno un uso quotidiano di caffeina sono l'86%, i pazienti del reparto l'86,8%, gli specializzandi il 91,8% e la popolazione generale il 100% (X²=13,346; p<.01). Contrariamente a quanto ci si aspettava la popolazione generale ha le percentuali maggiori, sia per quanto riguarda l'uso di caffeina, sia per il suo uso quotidiano.
Sono state evidenziate differenze nel dosaggio di caffeina assunta nei tre periodi indagati: al momento dell'indagine, nel periodo massimo e, solo per i pazienti psichiatrici, prima dell'esordio del disturbo. Un dato importante che va sottolineato, è che i pazienti ambulatoriali assumono più caffeina dei controlli della popolazione generale, in particolare ne riferiscono un uso significativamente superiore (p<.001) nel periodo di massima assunzione, rispettivamente pari a 834,6+628,2 mg/die contro 552,5+285,3.
Focalizzandosi sui gruppi di pazienti psichiatrici, si nota come la dose di caffeina al momento dell'intervista differisca quantitativamente rilevante in questi due gruppi: i pazienti ambulatoriali ne assumono in media una dose giornaliera pari quasi al
doppio rispetto ai pazienti ricoverati nel reparto (442,9±438,4 mg/die, per i pazienti ambulatoriali e 292,5±160,4 mg/die, per i pazienti del reparto: F=3,933, p<.05). Questo dato potrebbe essere dovuto alla ridotta disponibilità in reparto della caffeina, in accordo con lo studio di Rihs et al., del 1996, anche se, in realtà, la minor assunzione di caffeina da parte dei pazienti di reparto rispetto ai pazienti ambulatoriali sembra essere confermata dalla dose media giornaliera antecedente il disturbo psichiatrico che è di 384,6±270,1 mg/die, per i pazienti del reparto, contro 511,9±366,6 mg/die per i pazienti ambulatoriali: si nota anche in questo caso un uso maggiore di caffeina nel gruppo di pazienti ambulatoriali (F=4.832, p<.05).
Anche la dose giornaliera massima raggiunta dai pazienti ambulatoriali risulta molto più alta nei pazienti ambulatoriali rispetto a quelli del reparto: in media 834,6±628,2 mg/die dei pazienti ambulatoriali, contro i 507,3±374,1 mg/die dei pazienti del reparto (F=7.556, p<.0001).
Per quanto i gruppi di controllo non si sono riscontrate differenze statisticamente significative nel dosaggio di caffeina assunto quotidianamente da questi due campioni, né al momento dell'intervista né nel periodo di massima assunzione, anche se in entrambi i casi sembra esserci una tendenza ad un maggior uso di caffeina nella popolazione generale rispetto al campione degli specializzandi: 499,7±393,9 mg/die per il gruppo di specializzandi contro 552,5±285,3 mg/die per il della popolazione generale al momento dell'intervista, e 275,2±152,9 mg/die, per gli specializzandi contro 337,8±145 mg/die, per la popolazione generale.
Per quanto riguarda le motivazioni all’assunzione di caffeina, dunque, differenze significative sono state individuate per “intensificare la vigilanza” più frequentemente riferito dai controlli, in particolare dagli specializzandi (X2=26,270;
P<.0001); “aumentare la capacità di compiere funzioni complesse” più frequentemente riferito dai pazienti del reparto (X2=8,825; p<.05); “diminuzione della
fatica” più frequentemente riferito dalla popolazione generale (X2=8,022; p<.05).
Per quanto concerne la tolleranza all'uso di caffeina è emerso che il bisogno di aumentarne le dosi di caffeina per ottenere l'effetto desiderato è più frequentemente riportato dai pazienti rispetto ai controlli (X2=10,720; p<.05).
Per quanto riguarda i sintomi d’Astinenza, differenze significative sono state messe in luce tra pazienti ed entrambi i gruppi di controllo nei seguenti domini della dipendenza: “cefalea” (X2=6,259; p<.05) che risulta più frequente nei controlli;
viceversa “marcata ansietà o depressione” (X2=13,54; p<.01), “assunzione di
quantità maggiori di caffeina o per periodi più prolungati rispetto alla precedente abitudine” (X2=45,235; p<.001), “desiderio persistente di caffeina” (X2=28,242;
p<.001), “tentativo, senza successo, di ridurre l’assunzione di caffeina” (X2=24,987;
p<.001) e “aver continuato nell’uso di caffeina nonostante la consapevolezza di avere un problema persistente o ricorrente di natura fisica o psicologica verosimilmente causato o esacerbato dall’uso della sostanza stessa” (X2=64,067;
p<.001) risultano più frequenti nei due gruppi di pazienti psichiatrici (Tabella 6). Questi dati sembrano suggerire una maggiore predisposizione dei pazienti a sviluppare dipendenza verso questa sostanza.
Analizzando i domini che esplorano l’Intossicazione da caffeina è emerso come sintomi quali irrequietezza (X²=14,099; p<.01), nervosismo (X²=7,919; p<.05), eccitamento (X²=12,876; p<.01), vampate di calore al volto (X²=21,113; p<.0001) contratture muscolari (X²=23,367; p<.0001), flusso incoerente del pensiero o dell’eloquio (X²=12,795; p=.046), tachicardia (X²=22,865; p<.0001), periodi di insensibilità alla fatica (X²=19,672; p<.0001), agitazione psicomotoria (X²=24,166; p<.0001) e altri come ansia, palpitazioni, tremori, ipertensione, secchezza delle fauci, iperacidità, ipertermia, disturbi sensoriali, tachipnea, anoressia, vomito (X²=19,068; p=<0001) risultino, in generale, più frequenti nei pazienti rispetto ai
controlli. L'insonnia (X²=11,195; p<.05) risulta invece più frequente negli specializzandi (Tabella 7). Per questo, anche l'Intossicazione sembra essere più frequente nei pazienti rispetto ai controlli.
La gravità di malattia, in eterovalutazione, valutata mediante l’item “Gravità della malattia” della scala CGI, non mostra differenze significative tra i gruppi di pazienti psichiatrici, con punteggi medi intorno a 4, corrisponde al giudizio di moderatamente ammalato, si trovano altresì differenze significative se si confrontano i gruppi dei pazienti psichiatrici con i gruppi di controllo, i quali hanno un punteggio medio di 1+0 corrispondente all'assenza di malattia psichiatrica (contro 3,7±1,4 degli ambulatoriali e 4,1+0,8 per il reparto, con F=262,845 e p<0,001).
Il giudizio clinico, riguardante la possibile correlazione tra i sintomi riportati dal paziente e l'uso di caffeina è significativamente differente nei gruppi: per i pazienti ambulatoriali il giudizio clinico è risultato pari a 2,1+1,2; per i pazienti del reparto 1,4+0,8; per gli specializzandi 1,9+0.8 e per la popolazione generale 1,8+0,8 (F=9,192 e p<.001). Questi risultati sembrano suggerire una correlazione tra la sintomatologia riportata dai soggetti e l'uso della caffeina, in particolare è emersa una differenza statisticamente significativa tra i pazienti ambulatoriali e quelli del reparto (p<.001). Questo porta a sostenere che il maggior dosaggio di caffeina assunto dai pazienti ambulatoriali possa causare o esacerbare i sintomi lamentati dal paziente, che spesso sono sovrapponibili a quelli della patologia sottostante. Non abbiamo riscontrato differenze statisticamente significative per la gravità di malattia in autovalutazione, valutata mediante una Visual Analogue Scale di 10 cm che ha riportato punteggi medi oscillanti tra 5,6+2,8 cm per i pazienti ambulatoriali, e 5,9+2,5 per i pazienti del reparto (corrispondente ad un giudizio medio di moderatamente o molto ammalato) (Tabella 8).