• Non ci sono risultati.

ANALISI DEL TASSO DI ABBANDONO E DEI TEMPI DI CONSEGUIMENTO DEL TITOLO: I PRINCIPALI INDICATORI UTILIZZAT

Il processo di valutazione è stato negli anni perfezionato introducendo degli indicatori che potessero cogliere nel migliore dei modi i progressi degli istituti universitari. Specificandone i punti positivi così come gli eventuali difetti riscontrati, di seguito sono analizzati alcuni degli indicatori che nel corso degli anni sono stati proposti ed utilizzati per effettuare la valutazione delle università e per distribuire le risorse finanziare tra cui quelle relative alla quota di riequilibrio del FFO. In particolare il riferimento è a quegli indicatori utilizzati per tentare di diminuire il tasso di abbandono degli studenti in particolare tra il primo ed il secondo anno di iscrizione e per tentare di diminuire i tempi di conseguimento dei titoli di studio.

28 Gruppo di indicatori 1:

a) Percentuale di studenti che si iscrivono al II° anno avendo acquisito almeno 50 crediti formativi (Triennio 2007/09, CNVSU, DOC 07/09; Legge 01/2009); in particolare si faceva riferimento agli studenti che avevano superato i 2/3 degli esami del primo anno.

b) Quota di studenti che abbandonano dopo il primo anno e che quindi non si iscrivono al secondo anno di corso in rapporto agli immatricolati al primo anno (Triennio 1995/97, CRUI 1995; CNVSU, 1995 Commissione Tecnica, 1995; Triennio 1998/00, Osservatorio, Doc.11/98; triennio 2007/09, CNVSU, Doc. 01/08; Osservatorio, Doc. 11/98).

c) Percentuale di studenti che non si sono iscritti al secondo anno o che si sono iscritti ma non hanno sostenuto alcun esame nel corso del primo anno (Triennio 2001/03, CNVSU, Doc.02/2001);

d) Numero di studenti iscritti al primo anno che non hanno superato alcun esame (Decreti MIUR, 27 luglio 2000, n. 340, FFO 2000, 23 aprile 2001, n. 96, FFO 2001, 24 aprile 2002, n. 67, FFO 2002).

I suddetti sono indicatori di produttività, di risultato e di efficienza aventi lo scopo di valutare l‟efficienza dell‟attività di tutoraggio e di orientamento per gli studenti e il percorso formativo nel primo anno di corso; in particolare sono stati utilizzati come un incentivo a transitare tra il primo ed il secondo anno con il massimo possibile dei crediti/esami rispetto a quelli teorici e conseguentemente diminuire il tasso di abbandono degli studi, in particolare quello tra il primo ed il secondo anno. Sono stati positivamente utilizzati nell‟ambito di una programmazione triennale in maniera tale da effettuare delle importanti comparazioni intertemporali. Un elemento negativo è rappresentato dal rischio di far nascere degli effetti distorsivi come spingere le università a facilitare il loro raggiungimento rendendo meno dura la transizione tra il primo ed il secondo anno agli studenti, in maniera tale da attrarre più fondi. Sono, inoltre, degli indicatori molto vincolati alle caratteristiche degli studenti in entrata.

Gruppo di indicatori 2:

e) Il numero dei crediti acquisiti dagli studenti in un determinato anno in rapporto ai crediti teoricamente acquisibili per quell‟anno (Triennio 2001/2003, CNVSU, Doc. 01/04; Triennio 2007/2009, CNVSU, Doc.07/09, Legge 01/2009);

f) Crediti acquisiti al primo anno in rapporto ai crediti teoricamente acquisibili al primo anno (Triennio 2007/2009, CNVSU, Doc. 07/09);

g) Iscritti/immatricolati che non hanno superato annualità (Triennio 2007/09, CNVSU Doc. 01/08);

h) Media dei crediti per iscritto acquisiti nell‟anno solare (Triennio 2004/06, CNVSU, Doc.01/04)

29

i) Contributo degli studenti iscritti da un numero di anni non superiore alla durata del corso (Triennio 2004/06, CNVSU, Doc.01/04)

I suddetti sono indicatori di efficienza utilizzati per misurare e valutare i risultati dei percorsi formativi. Lo scopo principale è quello di indurre gli studenti, tramite il controllo di crediti, esami e voti degli esami, ad effettuare un percorso universitario che si avvicini il più possibile a quello teorico previsto dal corso di laurea di riferimento. Anche qui il rischio è quello di generare delle distorsioni come spingere le università ad aumentare il numero degli iscritti e soprattutto a facilitare il compito degli studenti tramite un più facile ottenimento dei crediti formativi, al fine di ottenere maggiori fondi visto l‟alto numero di studenti iscritti (elemento quantitativo) e le loro alte prestazioni in termini di ottenimento crediti (elemento qualitativo). Senza generare tali distorsioni, tali indicatori potrebbero essere utilizzati, con molta efficacia, per ridurre sempre di più il gap tra l‟ottenimento dei crediti reali da parte degli studenti e quelli teoricamente acquisibili. Allo stesso tempo permetterebbero di accelerare i tempi di conseguimento dei titoli di studio e, nel caso dell‟indicatore relativo ai crediti acquisiti al primo anno in rapporto ai crediti teoricamente acquisibili al primo anno, anche di ridurre il tasso di abbandono.

Gruppo di indicatori 3:

j) Tasso di laurea inteso come il rapporto tra i laureati in un anno solare e gli immatricolati al I° anno N anni prima (Triennio 1995/1997, CRUI, 1995; Triennio 1998/00, Osservatorio, Doc. 03/98 e Doc.11/98)

k) Tempo medio in eccesso per conseguire il titolo di studio, inteso come media degli anni di iscrizione oltre la durata legale del corso di studi (Triennio 1995/97, CRUI, 1995; Triennio 1998/00, Osservatorio, Doc.11/98; Triennio 2007/09, Aureli ed altri, 2006).

l) Tasso di completamento degli studi (Triennio 1995/97, CRUI, 1995; Triennio 1998/00, Osservatorio, Doc.3/98).

m) Laureati entro la durata del corso (Triennio 2007/09, CNVSU, Doc.01/08; Aureli ed altri, 2006);

n) Laureati fuori corso (Triennio 2007/09, Aureli ed altri, 2006);

o) Laureati con ritardo /laureati totale sistema universitario (Triennio 2007/09, Aureli ed altri, 2006);

p) Proporzione cfu per studente/cfu necessari per la laurea (Triennio 2007/09, Aureli ed altri, 2006; CNVSU, Doc.01/08)

q) Tasso di successo e tempo medio nel conseguimento dei titoli (Triennio 1998/00, Osservatorio, Doc.11/98).

I suddetti sono indicatori di risultato legati alla domanda e all‟offerta formativa per misurare i tempi di completamento dei titoli di studio e quindi la regolarità dei percorsi formativi. Anche per questi

30

indicatori di efficienza esiste il pericolo dei possibili effetti distorsivi legati alle caratteristiche in entrata degli studenti e al fatto che gli atenei potrebbero facilitare l‟ottenimento delle lauree (la cosiddetta “graduate inflation”) per ottenere maggiori finanziamenti. Un‟alternativa è rappresentata dall‟utilizzo di un indicatore relativo all‟occupazione dei laureati che potrebbe dare qualche informazione in merito alla qualità degli studenti che ottengono il titolo di studio senza provocare la distorsione della “graduate inflation”.

Gruppo di indicatori 4:

r) Quota di studenti fuori corso intesa come il rapporto tra gli studenti in corso e gli studenti fuori corso (Triennio 1995/98, CRUI, 1995; Triennio 1998/00, Osservatorio, Doc.11/98; Triennio 2007/09, CNVSU, Doc.01/08; Aureli e altri, 2006).

s) Iscritti in corso studenti regolari (Triennio 1995/97, CTSP, 1995; Triennio 2004/06, CNVSU, Doc.01/04; CRUI, 2004; Triennio 2007/09, CNVSU, Doc.01/08.

I suddetti sono indicatori di risultato che in riferimento alla regolarità degli studenti (fuori corso o in corso) permette di fare una valutazione sulla regolarità dei percorsi formativi (indipendentemente dall‟ottenimento del titolo di studio come sopra). Anche questo indicatore può generare facili effetti distorsivi e spingere le università a facilitare il percorso universitario degli studenti fuori corso. Un altro modo per invogliare gli studenti a rimanere il meno tempo possibile nella condizione di fuori corso potrebbe essere quello di utilizzare una fascia di tasse più alta. Specificare delle tasse con importi differenti in base alla frequenza e ai risultati degli studenti (un livello più alto per coloro che non raggiungono risultati sufficientemente positivi) potrebbe essere un disincentivo ad utilizzare l‟università come parcheggio ed spingere gli studenti a completare gli studi in tempo. Anche se in questo modo si penalizzano maggiormente gli studenti lavoratori, non avendo l‟aumento delle tasse conseguenze sugli studenti più agiati (i quali potrebbero facilmente sostenere il maggiore peso economico derivante dalla condizione di studente fuori corso).

1.4. CONCLUSIONI

Dall‟analisi del sistema di valutazione istituito al fine di monitorare le università e di distribuire conseguentemente parte dei finanziamenti solo a chi ha raggiunto determinati risultati, emergono alcune considerazioni:

I. In teoria gli indicatori costruiti dal Ministero hanno la possibilità di analizzare i risultati raggiunti dalle università italiane in maniera oggettiva e di premiare effettivamente gli istituti più virtuosi.

II. L‟oggettività della valutazione potrebbe essere messa in serio pericolo dall‟effetto distorsivo che hanno tali indicatori. Le università, infatti, potrebbero forzatamente raggiungere gli

31

obiettivi voluti dal Ministero al solo scopo di ottenere maggiori finanziamenti. In altre parole il rischio è di facilitare l‟ottenimento dei titoli finali, la transizione da un anno all‟altro e in generale di semplificare l‟intero percorso formativo agevolando l‟ottenimento dei crediti e degli esami. Inoltre, gli istituti universitari si trovano su fasce di “mercato” diverse e la valutazione potrebbe dipendere dalle difficoltà nel rendere i dati delle varie università comparabili a livello nazionale.

In particolare le università potrebbero forzatamente raggiungere gli obiettivi voluti dal Ministero al solo scopo di ottenere maggiori finanziamenti, nei seguenti modi:

 Facilitare il passaggio dal I° al II° anno;

 Facilitare l‟ottenimento del titoli finale (“graduate inflation”);  Aumentare il numero degli iscritti;

 Facilitare in genere il percorso formativo permettendo un più facile ottenimento dei crediti e degli esami.

La realizzazione di tali effetti distorsivi potrebbe essere mitigata utilizzando maggiori informazioni allo scopo di individuare le università più virtuose. Un primo riferimento sono le attività di monitoraggio ed orientamento svolte all‟interno degli atenei. In particolare si potrebbe accentuare l‟utilizzo di tali pratiche durante il percorso formativo degli studenti, piuttosto che accentrarle nel momento in cui gli studenti devono scegliere se entrare nell‟università e in caso positivo per quale percorso di studi optare. In questo modo è possibile migliorare il percorso formativo degli studenti, permettere un più veloce avvicinamento all‟ottenimento del titolo finale e diminuire gli abbandoni con particolare riferimento alla transizione tra il I° ed il II° anno, senza rischiare che gli effetti distorsivi di cui sopra si realizzino. Un secondo riferimento riguarda lo svolgimento di un‟attenta attività di selezione (oltre che di orientamento e monitoraggio) nel momento in cui gli studenti devono entrare negli atenei (test di entrata). Il riferimento non è soltanto alla possibilità di implementare test di entrata ancora più efficaci (indipendentemente dal fatto che possano essere o meno selettivi) ma anche alla possibilità di permettere a quegli studenti che non hanno raggiunto determinati risultati di poter frequentare un corso o anche un anno aggiuntivo (peraltro cosa che è stata fatta in alcune università). Le università potrebbero utilizzare i test di ingresso per selezionare gli studenti; allo stesso tempo il Ministero potrebbe implementare un test omogeneo a livello nazionale (per penalizzare le università per il loro contributo effettivo al drop-out, i.e. al netto del test di entrata).

Un'altra considerazione riguarda la misurazione della qualità dei laureati. Un modo per mitigare la cosiddetta “graduate inflation” è quella di vincolare una parte delle risorse alla situazione occupazionale dei laureati dopo l‟ottenimento del titolo finale e alla loro posizione nel mondo del lavoro. Si eviterebbe un facile ottenimento dei titoli di studi (scorporando la distribuzione delle

32

risorse dal numero dei laureati e da quanti di loro ottengono il titolo finale nei tempi previsti) ma ci sarebbe comunque un problema legato alla diversa ubicazione delle università. Un‟università che ha sede vicino ad un‟importante sede industriale, ad esempio, potrebbe favorire l‟inserimento nel mondo del lavoro dei suoi laureati.

Ancora, si possono utilizzare le tasse universitarie per incentivare gli studenti ad ottenere dei risultati positivi. Per evitare che, allo scopo di ottenere maggiori finanziamenti, le università tendano ad non avere studenti fuori corso, facilitando l‟ottenimento degli esami, si possono stabilire delle tasse più alte per coloro che non riescono ad essere regolari con il percorso di studi. Il problema però è che in questo modo si potrebbero penalizzare gli studenti lavoratori senza, al contrario, disincentivare gli studenti più abbienti che non identificherebbero nel problema economico un vincolo a mantenere un percorso di studi regolare.

Un‟ultima considerazione riguarda gli interventi effettuati dal Ministero nella misurazione dell‟efficacia dei percorsi formativi. Con particolare riferimento agli indicatori relativi all‟abbandono degli studi, considerando gli sforzi fatti per ridurre il tasso di abbandono, il Ministero chiaramente reputa un alto tasso di abbandono, focalizzato all‟inizio della carriera universitaria, un segnale di un sistema che non funziona perfettamente, un indicatore del fallimento degli studenti e di inefficienza del sistema universitario. Forte del supporto dei dati che segnalano come la maggior parte degli studenti abbandona gli studi al termine del primo anno, gli indicatori utilizzati incentivano la transizione tra il I° ed il II° anno. Ciò anche in conseguenza del fatto che la riforma dell‟istruzione terziaria (D.M. 509/1999) ha ridotto la durata legale dei corsi di studio. Con l‟introduzione della laurea di primo livello della durata di tre anni, incentivare gli studenti all‟iscrizione al II° anno di studi, avendo acquisito il maggior numero di crediti possibile o superato il maggior numero di esami possibile, è implicitamente un tentativo di avvicinarsi ad uno degli obiettivi dichiarati dalla riforma quale è il velocizzare la progressione e il completamento del percorso di studi (allo stesso tempo aumentando il numero dei laureati). L‟eventuale abbandono degli studi durante gli anni successivi al primo passa in secondo piano anche se in termini aggregati potrebbe essere più grave per un istituto universitario permettere agli studenti di abbandonare nel mezzo o nella seconda parte della loro carriera piuttosto che all‟inizio. Considerando anche i costi opportunità relativi al periodo in cui gli individui studiano e non lavorano (e quindi non guadagnano) e i costi degli studi (tasse, costi di trasporto o costi legati alla vita fuori dal nucleo familiare), appare altrettanto importante, se non di più, tenere sotto controllo il tasso di abbandono anche negli anni successivi al primo di iscrizione. Si cerca di spingere gli studenti, una volta immatricolati nel sistema universitario, ad avere almeno alcuni anni di istruzione, durante i quali accumulare comunque delle esperienze, e migliorare le proprie abilità e capacità personali. Ciò consentirebbe un incremento del loro capitale umano anche in caso di abbandono degli studi nella seconda parte della loro carriera. L‟attenzione posta nel cercare di velocizzare i tempi di laurea (pur contrastando

33

indirettamente la possibilità di abbandonare gli studi durante il percorso universitario) sembra invece rimarcare l‟importanza di conseguire il titolo di laurea in tempo (meglio se con il massimo dei voti) per segnalare al mondo del lavoro di avere maggiori abilità rispetto a coloro che ottengono lo stesso titolo ma in più tempo e con un voto inferiore.

34 CAPITOLO 2

L‟INVESTIMENTO NELL‟ISTRUZIONE TERZIARIA: TEORIE ED EVIDENZE EMPIRICHE

INTRODUZIONE

Molti studi empirici hanno confermato che esiste una correlazione positiva tra istruzione e i guadagni38. Maggiore è il livello di istruzione maggiore è il livello dei salari, così che gli individui più istruiti hanno più possibilità di raggiungere una migliore posizione lavorativa e anche ben retribuita tanto da giustificare l'investimento (sia finanziario che psicologico) fatto nell‟istruzione. Per molto tempo la principale teoria che ha spiegato la suddetta relazione sostiene che l‟istruzione, attraverso le nuove conoscenze e competenze acquisite, aumenta il capitale umano degli individui, incrementandone la produttività lavorativa e di conseguenza i guadagni futuri. In altre parole, l'esperienza e le competenze acquisite durante gli anni di istruzione contribuiscono ad aumentare la produttività individuale. Successivamente si è sviluppata una nuova teoria che spiega diversamente la relazione positiva tra istruzione e guadagni. Partendo dal presupposto che gli individui nascono con delle caratteristiche (abilità) diverse, gli anni di scuola sono correlati con queste caratteristiche intrinseche che non vengono osservate dalle imprese e che gli individui già posseggono prima di scegliere l‟istruzione che vogliono avere. L‟istruzione diventa, quindi, un modo per segnalare ai datori di lavoro sia una maggiore produttività intrinseca e sia di essere più abili e più produttivi. Se i soggetti maggiormente istruiti fossero legati ad una migliore salute, ad una maggiore propensione al lavoro e ad una più bassa propensione a lasciare il lavoro, i datori di lavoro potrebbero utilizzare queste caratteristiche per assumere, in maniera poco dispendiosa, i lavoratori più capaci (Well, 1995). Gli economisti di solito riassumono quanto sopra detto in diverse teorie per spiegare il rapporto tra istruzione e guadagni: la teoria del Capitale Umano (Shoultz, 1963; Mincer, 1974; Becker, 1994), la teoria del “Signaling” (Spence, 1973; Weiss, 1995; Giannini, 1997) e la teoria dello “Screening” ( Arrow, 1973; Stiglitz, 1975, Psacharopoulos, 1994).