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Analisi dei versi irregolari

Capitolo 2: METRICA

2.1 Versificazione

2.1.1 Analisi dei versi irregolari

Dall’analisi di una raccolta come Poesie non potevano non emergere versi irregolari. In particolare l’attenzione viene attirata dagli endecasillabi con accento di quinta8:

Spiragli (v. 4): «un lembo di nuvola tutelare» 2510

Spiragli (v. 6): «Le cose non stanno che a ricordare.» 2510

Tristezza (v. 4): «come un largo raggio pulviscolare» 3510

Tristezza (v. 20): «in tante invisibili comunioni!» 2510

Incontro notturno (v. 75): «la sua solitudine parallela» 2510

Sera di Gavinana (v. 15): «ed alto del camion sullo stradone» 2510

4 69 sul totale di 128.

5 vv. 29-32.

6 Una di queste è Sera di Gavinana. 7 Giovannetti 1994, 143.

8 Non si considerano, perciò, quelli con accento ribattuto in quinta. Ad esempio, Amore (v. 9): «Occhi di lei, vago tumulto. Amore» .

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Passato (v. 8): «fantasmi agitati da un vento funebre» 25810

E ora, in queste mattine (v.3): «che ho smesso di chiedere e di sperare» 2510 E ora, in queste mattine (v. 7): «alle cose care che sono state» 35810

Saluto di stagione (v. 2): «Alla tua decisa maturità» 3510

Ballata (v. 28): «Lamentose quale un funebre canto» 35710

Carattere (v. 13): «E noie, disgrazie, mai mi parranno» 25710

Ciò che forse stupisce di questo dato, in realtà, non è tanto la presenza di versi irregolari, quanto piuttosto il loro numero relativamente basso rispetto al totale. Se quindi ci mostrano come il poeta non sentisse troppo stringenti le norme metriche, allo stesso tempo rilevano come non ne fosse del tutto svincolato. I suoi endecasillabi di quinta, per quanto pochi, potrebbero avere il ruolo suggerito da Giovannetti:

L’endecasillabo con ictus di 5° […] assume una fisionomia inedita nel corpo del verso libero, e diventa una sorta di anti endecasillabo: proprio perché spesso ricorre in contesti che permettono di meglio percepirne l’oggettiva anomalia e di interpretarla come l’allusione a una realtà metrica diversa. 9

Si legga ad esempio Carattere, una delle liriche a più alta densità di endecasillabi:

Vivo di sole e di speranze pazze. 4810 Nella mia libertà come sepolto 3610 vedo passare i giorni,

sempre nuovi per me, sempre diversi. 36710 5 Giorni ch’io vivo e perdo

come chi si costringe in oscura taverna

a castigar la sua brama di luce. 4710 Poi per le strade uscendo nel crepuscolo 4610 10 lo incalza il disperato desiderio 2610

di rincorrer quell’ora che gli sfugge. 3610 Sempre avrò amore al mondo e brevi gioie. 46810

E noie, disgrazie, mai mi parranno 25710

meno precarie e meno tollerabili. 4610” 15 Ché non c’è nulla di continuo e certo 4810

nella mia vita, fuor che il vario inganno 46810 della fortuna e le malíe del tempo. 4810 Non son felice e nemmen cerco d’esserlo. 47810” A me, lamenti, querule rampogne, 4610 20 effusioni soverchie, non s’addicono. 36810”

E nelle pene estreme ˆ aridi ho gli occhi. 46710 Mi chiude nello sdegno un dio la bocca. 26810 Il non potere e non volere insieme 4810 fanno un tale groviglio entro il mio petto 3610 25 come radici d’una vecchia pianta 4810

9 Giovannetti 1994, 12-13.

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che non crolla per impeto di vento 3610 e solo il fulmine potrà schiantare. 4810

In effetti, l’endecasillabo è posto all’interno di una lunga sequenza di endecasillabi canonici, ma è un caso eccezionale: in tutte le altre poesie non sarà mai a contatto con gli altri endecasillabi, dai quali sembra essere tenuto sempre a una certa distanza. Ad esempio, in Saluto di stagione già al secondo verso incontriamo l’endecasillabo di quinta ma dobbiamo aspettare fino al verso 18 per trovare gli altri endecasillabi, tutti regolari. Oppure in Tristezza, lirica che ne contiene ben due, vediamo che, mentre gli altri endecasillabi si presentano ravvicinati, quelli irregolari restano isolati.

v. 4 come un largo raggio pulviscolare 35810

v. 9 e rasentando, mentre tu discorri, 46810 v. 10 qualchecosa che annulla ˆ ogni ragione, 3610

v. 20 in tante invisibili comunioni! 25810

v. 23 celatamente, ignaro del mio dono! 4610 v. 28 non opera, non frutto, non fatica, 26810 v. 30 aspetta sempre un segno ch’io non fo. 4610 v. 31 E se viene a parlarmi ˆ è come il cieco 36810

Questa analisi, perciò, non sembra confermare quanto ipotizzato da Giovannetti perché solo in un caso l’endecasillabo “scorretto” è mescolato agli altri in modo da renderne evidente l’anomalia: in tutti gli altri casi, essendo sempre tenuto isolato e circondato di versi di lunghezza minore rispetto all’endecasillabo, è più difficile si noti.

Sono particolarmente rilevanti i casi di E ora, in queste mattine e Spiragli poiché contengono ben due endecasillabi di quinta ma, soprattutto, perché quelli sono gli unici endecasillabi presenti.

Si possono poi riscontrare altri versi imperfetti, in particolare endecasillabi ipermetri: pur avendo l’attacco proprio del verso, sul finire eccedono di una o due sillabe10. Vi sono, in ogni caso, anche versi che non possono essere ricondotti all’endecasillabo: «Come la tragedia è l’arte di mascherarsi» (Ispirazione per me è

10 Incontro notturno: v. 1 «Ah, vagabondo, gli esseri come te!», v. 39 «ti videro partire senza rimpianto»; Saluto di stagione, v. 29 «rotta l’astrale identità del mattino», v. 35 «ai punti estremi, alle stagioni violente»; E ora, in queste mattine, v. 6 «penso agli amici che mai più rivedrò»; Tempi immacolati, v. 23 «ammettendo impossibili ubiquità»; Passato, v. 1 «I ricordi, queste ombre troppo lunghe»; Largo serale, v. 17 «s’odono solo i rintocchi dolci e lenti»; Alla deriva, v. 1 «La vita io l’ho castigata vivendola»; Autunno veneziano, v. 36 «Così a Venezia le stagioni delirano»; Largo serale, v. 5 «Qualunque volto apparisse in questa luce»; Il sonno della vergine, v. 8 «Nulla d’angelico era in te che dormivi»; Ultima speme, v. 5 «I vermi già ci divorano da vivi»; La speranza è nell’opera, v. 4 «Io sono un cinico che ha fede in quel che fa.»

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indifferenza, v. 4), «Ma sono rimasti i luoghi che ti videro» (Abbandono, v. 4) e «come

un indicibile evento di luce» (Ritratto, v. 8). Non vanno poi dimenticati quegli endecasillabi privi di accenti principali:

Largo serale (v. 11): «Alberi della montagna italiana», (v. 16); Santi del mio paese (v. 40): «di gloria, con il popolino intorno»; Sardegna (v. 26): «sui gradini

della casa ospitale»; Adolescente (v. 14): «la vertigine mi si porta via»

Volendo cercare di trarre una conclusione, sembra emergere da questa panoramica uno scenario simile a quello evocato da Fortini:

frequentemente il poeta […] si premura di farci sapere – con qualche sapiente ipermetro o ipometro – il suo radicato rifiuto di obbedienza11.

Nel caso di Cardarelli, però, non possiamo parlare di radicato rifiuto di obbedienza, tutt’altro: se è vero che alcuni strappi ci sono, dobbiamo riconoscere che si tratta di un’esigua minoranza, «ed è sempre qui – nel suo mantenersi, durante gli anni di versoliberismo trionfante, entro la lunghezza o almeno entro il fantasma ritmico dell’endecasillabo – che va individuato l’aspetto più saldamente tradizionale della versificazione cardarelliana»12.