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Capitolo 2: METRICA

2.3 L’uso di versi frase

2.3.1 L’epifonema

Questa riflessione sull’uso, piuttosto rilevante, di versi-frase da parte di Cardarelli, può essere ampliata guardando in che modo si allaccia al suo indubbio gusto per l’aforisma, che in poesia spesso sfocia nell’epifonema. Secondo la definizione proposta da Mortara Garavelli si intende epifonema «una sentenza posta a conclusione di un discorso»54 ma si può considerare anche il senso più ampio suggerito da Fontanier che non limitava la definizione a una frase contenuta alla fine di un componimento bensì anche «all’inizio o nel cuore di un ragionamento, purché contenesse “una riflessione vivace e breve, o un tratto di spirito, di immaginazione o di sentimento” che per la sua generalità o il suo oggetto si distaccasse nettamente dal contesto». C’è poi un’altra sfumatura di questo termine che gli attribuisce una «funzione argomentativo-persuasiva: a conclusione di una sequenza di immagini non immediatamente decifrabili»55, come avesse il non facile ruolo di spiegare in poche parole, quanto detto nella poesia fino a quel punto. L’aspetto didattico di molte sue liriche viene riconosciuto anche da Montale: «in Cardarelli il moralista precedette il poeta e suggerì al poeta i suoi accenti più persuasivi»56

A chiunque abbia letto Poesie, Cardarelli appare come un maestro indiscusso di questa difficile arte57, che richiede raffinatezza e capacità di sintesi, e ogni sua lirica ne sembra pervasa. La poesia, meglio ancora che la prosa, è l’ambito in cui può dare più sfogo al suo gusto per il laconismo, può meglio cesellare i pensieri in modo da farne delle piccole (o forse sarebbe più corretto dire brevi) perle. Vittorio Coletti aveva notato tutto ciò, e infatti riconosceva nella poesia di Cardarelli due caratteristiche fondamentali:

54 Mortara Garavelli 2010, 93. 55 Ghiazza 2007, 101.

56 Montale 1976, 308.

57 «Occorre molto cattivo gusto per far professione di buon gusto», «Poesia, potrebbe anche definirsi: la fiducia di parlare a se stessi», «I giovani hanno timori eccessivi, i vecchi fiducie eccessive». Sono solo alcuni dei moltissimi esempi possibili (rispettivamente Cardarelli 1981, 713; 299; 305).

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il recupero dello spazio come luogo di un’assoluta e ampia esposizione dell’immagine, e la formulazione apodittica e sentenziosa del discorso. E […] la chiusa epigrafica dà alla parola poetica la misteriosa religiosità del discordo profetico […] che non svela la verità ma la nasconde e solo la allude.58

In realtà, sebbene questa sia l’impressione globale che si può suscitare nel lettore, sono ben poche le liriche che contengono un chiaro epifonema, anche nell’accezione più larga concessa da Fontanier: la ricerca qui svolta al fine di presentare tutti i casi in cui si trova questo fenomeno si è rivelata quindi piuttosto ardua. Il perché è presto detto; si legga ad esempio Fuga:

Brevi sono le forme

che il caos inquieto produce. La vita è fiamma vinta. Ogni cosa è costretta 5 in uno spazio imperioso.

Ascese immani s’appuntano al vertice di un’ora

per ricadere dolorosamente in una perduta impotenza. 10 Se poi ci si rialzerà,

non è certo.

A volte il destino divaga. Attese di anni non bastano

a dar tempo di giungere a un momento. 15 E noi stringiamo la grazia

come una mano che si ritira.

In questa lirica ogni periodo, in genere breve o brevissimo, sembra costituire un epifonema a sé, non sembra esserci un vero e proprio legame logico-sintattico tra queste proposizioni, o per lo meno è molto allentato: in questo modo l’effetto complessivo della lirica diventa un succedersi di opinioni sulla vita che potrebbero benissimo essere lette ciascuna per sé senza che la forza di ciò che esprimono venga intaccata. Stando così le cose, però, è evidente quanto sia difficile sviscerare all’interno di una lirica cardarelliana l’epifonema dal resto.

Forse i casi emblematici, in cui davvero sembra rispecchiata la definizione che prevede una frase che «per la sua generalità o il suo oggetto si distaccasse nettamente dal contesto», sono Adolescente e Memento. Si tratta di due poesie all’apparenza molto distanti dal punto di vista tematico, ma in realtà i punti di contatto sono molti. In entrambi

58 Coletti 1978, 66.

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l’elemento di sfondo è la delusione: delusione perché la perla rara (l’adolescente) si concederà a un pescatore di spugne, sprecando così il suo mistero che solo il poeta avrebbe potuto apprezzare, e delusione perché l’immaginazione umana gioca sempre brutti scherzi e ci illude prefigurando prospettive felici che mai si realizzeranno. L’ulteriore contatto sta nel fatto che entrambe si concludono con, appunto, un epifonema. Ecco Adolescente «Ama il tempo lo scherzo / che lo seconda, / non il cauto volere che indugia. / Così la fanciullezza / fa ruzzolare il mondo / e il saggio non è che un fanciullo / che si duole di essere cresciuto.»59 e Memento «Il bene è l’infrazione, il male è norma / nella nostra esistenza.»60. Adolescente è senza dubbio l’esempio migliore di questo tipo, perché il fluire della narrazione si sospende improvvisamente a favore di una riflessione ben più universale di un amore non corrisposto. Più incerto è il caso di Memento, poesia dal contenuto moraleggiante e quindi dal valore collettivo in cui l’epifonema finale non segna un vero e proprio punto di rottura, tanto più che anche i primi versi sembrano anch’essi un epifonema dall’amaro, ma veritiero contenuto: «L’idea che ci facciamo di ogni cosa / è cagione che tutto ci deluda»61.

59 vv. 60-66.

60 vv. 19-20.

61 Si riportano altri te casi riconosciuti di epifonema, in cui avviene una vera e propria sospensione del discorso poetico: Arabesco «E i suoni, difficile scherzo, / senza dei quali il ritmo non sussiste.» (15-16), Attesa «Amore, amore, come sempre, / vorrei coprirti di fiori e d’insulti» (vv. 15-16), Passato «Dovevamo saperlo che l’amore / brucia la vita e fa volare il tempo» (vv. 20-21).

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