DELL’AVVIAMENTO: DISCIPLINE A CONFRONTO
Grafico 1: Andamento medio del goodwill: un confronto
In aggiunta, come già anticipato, si può notare dai dati analizzati nel paragrafo precedente (tabelle n. 13 e n. 15) che l’andamento nel triennio considerato è opposto tra i due campioni: le società quotate vedono un incremento nei valori medi del goodwill dal 2013 al 2015 di circa 3.5 punti percentuali (31 milioni in termini assoluti); diversamente le società non quotate che redigono il bilancio seguendo i principi nazionali vedono dal 2013 al 2015 una diminuzione del valore medio dell’avviamento di circa 11.13 punti percentuali (2 milioni in termini assoluti).
Tale differenza è giustificata dal fatto che la disciplina nazionale ammette l’ammortamento sistematico dell’avviamento. È necessario a questo proposito esporre alcune considerazioni in merito.
Dato il tentativo di armonizzazione perseguito negli ultimi anni con le riforme dei principi OIC si ritiene che l’introduzione della disciplina dell’impairment test cozzi con la presenza del regime dell’ammortamento per molteplici motivi.
Innanzitutto, il periodo di ammortamento stabilito per Legge fino al 2015124 era di 5 anni con la possibilità di estenderlo ad un arco temporale maggiore. Si è potuto rilevare nelle note integrative analizzate che il periodo di ammortamento dell’avviamento oscilla in media dagli 8 ai 20 anni incidendo, di conseguenza, nel valore medio finale in misura
124 Pur essendoci stata un’ulteriore Riforma, si ritiene di considerare il precedente dispositivo del Codice
civile, in quanto le novità introdotte saranno applicate dai bilanci 2016 e ai fini dell’analisi le nuove disposizioni non incidono.
0 200.000.000 400.000.000 600.000.000 800.000.000 1.000.000.000
IAS OIC IAS OIC IAS OIC
2015 2014 2013 V al or e me d io
differente da società a società. Tale assunzione si disallinea dall’obiettivo primario perseguito dalla riforma dei principi, poiché presuppone che la vita utile dell’avviamento sia stimata, diversamente lo IASB precisa che il goodwill è un’immobilizzazione immateriale a vita utile indefinita. In aggiunta, il sistema dell’ammortamento prevede che il valore dell’asset diminuisca costantemente identificando tale processo come una stima arbitraria della distruzione di valore dello stesso125.
Quanto fino a qui esposto, ci permette di capire anche le motivazioni della diversa incidenza dell’avviamento sul totale dell’attivo consolidato: l’avviamento è una posta di bilancio value relevant ma nei due campioni incide in misura differente in coerenza con il diverso valore medio rilevato; pur osservando dei valori massimi molto vicini (circa il 60% per le società quotate e circa il 50% per le altre), in media le società IAS compliant rilevano un’incidenza maggiore rispetto all’altra popolazione (tabelle n. 14 e n. 16). Per quanto attiene invece all’analisi della svalutazione dell’avviamento per perdita di valore, si può osservare che per le società quotate il numero di svalutazioni effettuate è aumentato dal 2013 al 2015, passando rispettivamente da 6 a 10 casi.
Con l’introduzione dell’OIC 9 l’aspettativa era quella di un aumento nel numero di impairment loss rilevate. In realtà, la prima domanda di ricerca viene confutata dai risultati ottenuti: la situazione appare stabile e si assesta per tutti e tre gli anni a 2 svalutazioni.
La considerazione che si è tratta dall’analisi dei bilanci effettuata è che in ogni caso anche se si fosse rilevato un lieve aumento nel numero, ciò non sarebbe stato dovuto all’introduzione del nuovo principio. La situazione delle società che applicano i principi nazionali non appare, ad ora, molto incisa dalla nuova disciplina dell’impairment test e pare ci sia poca predisposizione nell’assumere tale prassi come rigorosa e sistematica. Se da un lato l’ammortamento può “salvare” da qualche svalutazione per perdita di valore, dall’altro non rende omogenea la situazione complessiva e non consente un reale avvicinamento della disciplina nazionale a quella internazionale, bloccando in un certo senso il processo di armonizzazione.
125 Come riportano Chalmers et al. (2011), lo IASB precisa “the amount amortized can at best be
described as an arbitrary estimate of the consumption of acquired goodwill (…) and thus fails to provide useful information”.
Proseguendo con l’analisi, si è posta l’attenzione sulle informazioni al bilancio che l’impairment test richiede di fornire.
Lo studio si è sviluppato sull’intero campione per entrambe le popolazioni considerate, poiché alla luce di quanto affermato da Izzo et al. la scelta di non rilevare un’impairment loss richiede delle giustificazioni considerevoli e talvolta più dettagliate rispetto alla decisione contraria126. Pertanto, si è potuto sviluppare un ulteriore confronto tra il campione delle società IASB compliant e quello delle società OIC. L’unico anno considerato in questa parte dell’analisi è il 2015, come ampiamente spiegato in precedenza; visti i risultati precedentemente ottenuti, si è ritenuto che il 2014 potesse essere un anno di transizione per i principi contabili nazionali e si è a maggior ragione ritenuto di escluderlo.
I risultati ottenuti nel confronto tra i due indici di disclosure portano in primis ad effettuare una considerazione evidente: le società del campione IAS/IFRS forniscono in media una disclosure più accurata rispetto a quelle OIC. La verifica dell’ipotesi n. 2 e la sua conferma derivano dall’analisi delle tabelle n. 19 e n. 20. Dai dati in esse riportati si può osservare che la media del disclosure index per le società quotate è del 60.73% mentre per le non quotate è 27.36%, di molto inferiore. Tale risultato è la logica conseguenza del fatto che in ambito IAS/IFRS la disciplina è in vigore da molti più anni ed è caratterizzata da una forte obbligatorietà. Le società quotate che non hanno rilevato una perdita da svalutazione hanno ad ogni modo fornito una disclosure sufficiente. Il campione delle società che si attengono alla disciplina nazionale, invece, presenta un indice molto basso giustificato dal fatto che la maggior parte delle società non ha fornito informazioni relative all’impairment dell’avviamento, bypassando completamente la nuova disciplina.
Distinguendo le osservazioni tra quelle che rilevano una impairment loss e quelle che non la rilevano, si può ben vedere (tabelle n. 23 e n. 24) che le società quotate con l’iscrizione di una svalutazione del goodwill presentano mediamente una disclosure più
126 Izzo M. F., Luciani V., Sartori E., “Impairment of Goodwill: Level of Compliance and Quality of
Disclosure during the Crisis, An Analysis of Italian Listes Companies”, International Business Research,
vol. 6 n. 11, 2013, cit. p.95, “(…) the decision not to impair goodwill should require even more clear and
accurata rispetto alle altre. Questa tendenza è osservabile anche nel campione delle società non quotate.
A questo punto ci si chiede se, dati i risultati appena ottenuti, sia possibile stabilire una relazione tra l’impairment rate (SVAL/G) e il disclosure index e più precisamente se all’aumentare del primo corrisponda un aumento del secondo.
A tal proposito si è ricorso ad una rappresentazione grafica che potesse mettere in relazione i due indici: si precisa che gli indicatori azzurri rappresentano le società che non rilevano alcuna svalutazione, mentre quelli più scuri (blu) rappresentano le impairing entities.
Come si può notare dal grafico n. 2 non emerge nel complesso alcuna relazione tra il valore dell’impairment rate e l’indice di disclosure.
Il grado di informativa è variabile indipendentemente dal valore che assume il rapporto tra la svalutazione e il goodwill: si vede chiaramente che all’aumentare di tale indice la disclosure non segue un andamento costante. Addirittura, nei casi di SVAL/G elevato si rinviene un grado di informativa inferiore rispetto a quanto ottenuto in caso di impairment rate pari a 0%.
Grafico 2: Relazione tra Impairment rate e Annual disclosure index – Società