99 CARRE, PESAVENTO MATTIOLI 2003.
4.5 ANFORA CON COLLO AD IMBUTO
Il tipo emerse a metà degli anni ’70 tra i materiali dello scavo della necropoli di Portorecanati302, da cui derivò l’omonima denominazione; l’occasione per definirne con
294 TIRELLI, TONIOLO 1998, p. 95. 295 TONIOLO 1991. 296 POTENTE 2005, p. 249. 297 CIPRIANO 2010, p. 165.
298 Si riconoscono i frammenti n. 66-67-68-71-73, si veda BELLOTTI 2005; BRUNO, BOCCHIO 1991;
BRUNO 2008; MERCANDO 1974; PESAVENTO MATTIOLI, MAZZOCCHIN 1992; CIPRIANO 2009. 299 N. 70 e 72. 300 N. 64 e 65. 301 N. 69 e 74. 302 MERCANDO 1974, pp. 142-430; MERCANDO 1979, pp. 180-280.
69 precisione il gruppo venne offerta dalle indagini archeologiche di Aquileia303, Milano304 e Roncaglia di Ponte S. Nicolò a Padova305, in cui venne coniato il termine corrente per la bibliografia italiana e francese “collo ad imbuto”.
Sono stati avanzati studi che hanno permesso di individuare due tipi morfologici306, ma generalmente è possibile riconoscere gli esemplari per il loro caratteristico collo troncoconico o dalla forma che ricorda quella di un imbuto, terminante con un orlo indistinto dal collo o lievemente ingrossato e dal profilo un poco arcuato. Si è rilevata la presenza di una linea orizzontale o ondulata, incisa a crudo a metà dell’orlo o in prossimità del bordo, aspetto che avrebbe potuto indicare precise caratteristiche produttive307. Le anse a sezione circolare e spesso con profilo “ad orecchia”, si impostano sul collo e sulla spalla, la quale risulta corta e discendente; il corpo di forma ovoidale o ellittica termina con un piccolo puntale “a bottone” (Fig. 9).
Il corpo ceramico si presenta spesso di colore arancio-nocciola o arancio-bruno, mentre l’impasto appare generalmente molto depurato con inclusioni brillanti di tipo micaceo, bianche di calcite e talvolta rosse di chamotte.
Le anfore dal collo ad imbuto sono prodotte dalla fine del I secolo d.C. fino alla metà del III secolo d.C.308 in zone che interessano il Piceno e l’Istria, mentre l’ipotesi di una direttrice cisalpina non gode di riscontri minero-petrografici309. E’ doveroso sottolineare come tali congetture non vengano supportate da adeguate prove archeologiche, ma derivino da verifiche archeometriche avviate su alcuni esemplari provenienti da Padova e Concordia e su congetture che fondano i loro ragionamenti sulla base che una varietà morfologica e di corpi ceramici tale, non sarebbe stata prodotta per quasi tre secoli nella stessa area. 310 303 CARRE 1985, pp. 232-234. 304 BRUNO, BOCCHIO 1991, pp. 269-270. 305
PESAVENTO MATTIOLI, MAZZOCCHIN 1993, pp. 149-150.
306 MAZZOCCHIN 2009, pp .192-195.
307 BELOTTI 2004, p. 68, gli esemplari in questione sono stati ritrovati maggiormente a Concordia,
Portorecanati e Vindabona, ma tale pratica compare anche su alcune Dressel 6B di Concordia.
308
Tale datazione è stata congetturata sulla base di alcuni contesti aquileiensi e triestini, in AURIEMMA, DEGRASSI, QUIRI 2012, p. 270.
309 MAZZOCCHIN 2009, pp. 194-195.
70
In area medio adriatica non sono state rinvenute fornaci di anfore dal collo ad imbuto, ma lungo il litorale risulta forte la tradizione produttiva, dove si utilizzavano argille per fabbricare Dressel 6A311 somiglianti agli esemplari campione.
Sulla base di constatazioni inerenti la morfologia analoga alle Dressel 6B istriane312 e la stessa diffusione commerciale nell’arco padano, nel Norico e nella Pannonia313, si è arrivati ad ipotizzare un’area manifatturiera istriana, tesi tra l’altro avvalorata dalle analisi archeometriche sugli impasti314 (Fig. 10).
L’ampia commercializzazione dei prodotti diffusi lungo l’Adriatico attraverso il trasporto marino e lungo le arterie fluviali del Po e del Danubio per raggiungere territori inoltrati, viene confermata anche dall’analisi epigrafica, seppur di difficile lettura e più scarna rispetto ad altre tipologie, la quale permette di aggiungere Corinto ed Atene come mete dei traffici attraverso le attestazioni dei bolli C.IVLI/MARCELLI e IVLI/PAVLINI. 315
I contenitori avrebbero rappresentato una continuità di produzione olearia nel quadro medio adriatico, infatti all’inizio dell’età imperiale si rinvengono ormai in misura poco evidente le ovoidali prodotte in tale regione316; importante rilievo dovette assumere in antichità il Piceno per la coltivazione dell’olivo e delle famose olivae picenae, attività che non cessò neanche nelle epoche successive.317
Con il III secolo d.C. infine, la preminenza delle importazioni africane nel settentrione della penisola, fa presupporre una produzione olearia veicolata dalle anfore collo ad imbuto destinata al solo consumo locale.318
La distribuzione degli esemplari nella Venetia appare discretamente omogenea, presenti in numero considerevole nei centri di Padova, Altino, Oderzo ed Aquileia, principali porti e centri di mercato della zona, mentre in misura minore si attestano a Concordia e Brescia. 319
311 Si rimanda allo studio dei bolli che rimandano all’ambito piceno, in MAZZOCCHIN 2009, pp. 198-
199.
312
Gli esemplari istriani, subiscono un’evoluzione morfologica che li porta ad assumere una conformazione dell’orlo marcatamente imbutiforme.
313 CARRE, PESAVENTO MATTIOLI 2003, p. 267. 314 MAZZOCCHIN 2009, p. 198.
315 CIPRIANO, MAZZOCCHIN 2012, p. 248. 316
MAZZOCCHIN 2009, pp. 202-203.
317 BUSANA, D’INCA’, FORTI 2009, pp. 46-52. 318 PESAVENTO MATTIOLI 1999, p. 112. 319 MAZZOCCHIN 2009, p. 192.
71 Ad Aquileia gli esigui esemplari provenienti dagli scavi del complesso forense, contrastano con il notevole numero proveniente dai livelli di accrescimento del Canale Anfora, principale via di collegamento tra la città e la laguna di Marano, attivato alla fine del I secolo d.C. e rimasto in uso per tutto il III secolo d.C.320
Il contesto di via Fornasatta a Concordia ha restituito 31 esemplari di collo ad imbuto321, situazione analoga per percentuali di presenze anche lungo il litorale di Caorle322, mentre Opitergium ne attesta 81, prevalentemente presenti nei contesti di bonifica della seconda metà del I secolo d.C., mentre per l’età tiberiana-claudia vengono impiegati in scarsa misura.323
Padova risulta avere la più alta concentrazione di anfore a collo ad imbuto dell’Italia settentrionale con 145 esemplari324, reimpiegati in contesti di drenaggi della media età flavia riferibili ad aree necropolari a nord del centro antico in via Beato Pellegrino325, a sud in via P. Paoli326, con una grossa concentrazione a Roncaglia di Ponte San Nicolò327; vengono utilizzate in ingenti quantità anche in area urbana nell’anfiteatro, sebbene non sia chiaro se l’intervento sia da datare al momento dell’edificazione o nelle successive fasi di ristrutturazione.328
A Verona si registrano solamente 16 esemplari, i quali provengono da contesti di bonifica extra moenia lungo i tracciati viari329 e dagli scavi del Capitolium, anche se non chiaramente distinguibili dalla tipologia Dressel 6B330.
Più nutrito sembra il gruppo di Brescia, in cui le anfore dal collo ad imbuto provengono dalla domus di S. Giulia, presentanti le incisioni longitudinali a crudo sull’orlo, spesso in duplice unità331, come appare dalle anfore rinvenute dal Capitolium urbano332.
320 AURIEMMA, DEGRASSI, QUIRI 2012, pp. 258-259. 321 BELOTTI 2004, p. 78.
322
CACCIAGUERRA 1996, p. 89.
323 CIPRIANO, FERRARINI 2001, p. 67.
324 Anche in area extraurbana giungono attestazioni del tipo, dove 10 esemplari giungono dalla bonifica in
località Guizza, in MAZZOCCHIN, TUZZATO 2010.
325
MAZZOCCHIN, PASTORE 1995; MAZZOCCHIN, PASTORE 1996-1997.
326 RUTA , BALISTA , MAZZOCCHIN , MICHELINI , PAVONI 1999, p. 189, note 2 e 3. 327 CIPRIANO, MAZZOCCHIN, PASTORE 1998, p. 171.
328 CIPRIANO, MAZZOCCHIN 2011, p. 354. 329 CAVALIERI MANASSE 1998, p. 185. 330 PAVONI 2008, pp. 369-370 331 BRUNO, BOCCHIO 1999, pp. 232-233. 332 BRUNO 2002, p. 278.
72
Ad Altino il fabbisogno di olio nel corso del I secolo d.C. è colmato anche dalle anfore con collo ad imbuto; i ritrovamenti si contano in più di 100, distribuiti in ambito necropolare, in località Brustolade333, lungo il canale Sioncello, negli scavi della porta urbica334, ma anche da ritrovamenti sporadici.
Un esemplare è stato riscontrato anche in laguna, contrassegnano da un bollo riferibile all’età di Adriano.335
I frammenti rinvenuti dall’attività di survey del 2012 dell’Università Ca’ Foscari, consistono in quattro orli336 presentanti impasti di variabile tonalità (dal nocciola chiaro, all’arancio intenso), dei quali il numero 75 è contraddistinto da una solcatura longitudinale incisa a crudo, come già attestato nei casi di Verona e Concordia.