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5. LE PRODUZIONI EGEO-ORIENTAL

5.11 LATE ROMAN AMPHORA 5-

La particolare concentrazione di contenitori pertinenti alla tipologia LRA5 a Caesarea Maritima, ha indicato l’area palestinese come zona di produzione285, non escludendo la possibilità anche di una manifattura dalla zona del lago Mariout, in Egitto.286 La forma, definita “bag-shaped amphorae”, identifica un contenitore dall’ampio corpo “a sacco”

272

VERZAR BASS 1994, p. 409.

273 MACKENSEN 1987, p. 246, da stratigrafia riferibile al V e VII secolo. 274 MASELLI SCOTTI 1989, p. 41.

275 MAZZOCCHIN 2013, p. 131. 276

MAZZOCCHIN 2004, p. 101.

277 DEGRASSI, GIOVANNINI, MASELLI SCOTTI, VENTURA 1991, p. 25; VERZAR BASS 1994, p.

409.

278

VERZAR BASSO 1994, p. 409, in cui il numero è uguagliato dalle LRA3.

279

VERZAR BASSO 1994, p. 409.

280 BUENO, NOVELLO, MANTOVANI 2012, p. 163. 281 DOBREVA 2011, p. 82.

282 FERRARINI 2011, p. 180. 283

BRUNO, BOCCHIO 1999, tav. C, fig. 4.

284 BRUNO, BOCCHIO 1999, tav. C, fig. 2. 285 RILEY 1975, pp. 26-27, 30-31.

118

segnato da costolature longitudinali parallele, corto collo cilindrico culminante con un orlo verticale che risulta indistinto da esso ed anse dal profilo “ad orecchia” impostate sulla spalla; venne fabbricata dal III fino al VI secolo d.C. per trasportare il rinomato vino della regione palestinese287, conoscendo una circolazione piuttosto ampia in tutto il mondo romano, che si spinse fino all’Inghilterra288 (Fig. 15).

In Occidente il tipo appare già dalla fine del IV secolo in misure ridotte rispetto alle presenze orientali ed in Italia si ritrova prevalentemente nei siti di Roma, Napoli289, Milano290 e Ravenna.291

Nell’Adriatico l’anfora risulta alquanto sporadica attestandosi ad Otranto292

e nel Salento293, a Capodistria294, Emona295, Durazzo296 e Butrinto tra il V e l’inizio del VII secolo, subendo un deciso calo di presenze dalla seconda metà del VI, a vantaggio delle LRA2297; dagli scali portuali settentrionali provengono i pochi frammenti di Aquileia298, Trieste299 e Torcello300, constatando una scarsa capacità di penetrazione nell’entroterra con le sole attestazioni di Cividale301 e Brescia dagli scavi di S. Giulia.302

Il frammento d’orlo numero 283 proveniente dalla località Ghiacciaia ad Altino si presenta verticale con settore terminale appuntito, liscio al tatto e caratterizzato da un corpo ceramico di colore rosso-bruno con frequenti inclusioni di mica brillante.303

287

PANELLA 1993, pp. 664-665.

288 KEAY 1984, pp. 357-358; PEACOCK, WILLIAMS 1986, p. 191; VILLA 1994, p. 407. 289 PANELLA 1986b, p. 269.

290

BRUNO, BOCCHIO 1991, p. 282.

291 STOPPIONI PICCOLI 1983; pochi frammenti provengono dalla necropoli lungo la via Romea nei

pressi di Ravenna, si veda MAIOLI 1991, p. 242.

292 DE MITRI 2005, p. 421. 293 AURIEMMA 2004, p. 171. 294

CUNJA 1996, p. 132.

295 VIDRIH PERKO 1997, pp. 249-254.

296 HOTI, METALLA, SHEHI 2004, pp. 501-504. 297 REYNOLDS 2004, p. 229.

298

VERZAR BASS 1994, p. 411, i ritrovamenti attestati giungono dagli scavi del porto, dal riempimento del pozzo forense di III secolo d.C. (testimonierebbero un precoce rapporto commerciale con l’area palestinese rispetto ad altri centri alto adriatici, si veda DEGRASSI, MAGGI 1991, pp. 26, 28 e dalla

domus delle Bestie Ferite, dove costituiscono i materiali più recenti dello scavo, si veda BUENO,

NOVELLO, MANTOVANI 2012, p. 163.

299 AURIEMMA, QUIRI 2004, p. 51.

300 TONIOLO 2003, p. 618; TONIOLO 2007, p. 101, i contesti sono datati al pieno VII secolo d.C e

riguardano opere di innalzamento ed assestamento dei terreni.

301

TAGLIAFERRI 1986, p. 379.

302 BRUNO, BOCCHIO 1999, p. 239, il frammento d’orlo è pertinente alle tipologie diffuse nel VI secolo

d.C.

119 5.12 ESEMPLARI NON IDENTIFICATI

I manufatti ai quali non è stato possibile attribuire una tipologia anforica di riferimento sono 61, ma sono stati ricondotti all’ambito d’origine orientale, indicato dalle caratteristiche degli impasti; di questo gruppo, alcuni presentano delle peculiarità morfologiche più marcate rispetto agli altri e si è tentato di proporre un’identificazione, seppur non certa.

I frammenti 284-292 sembrerebbero accumunati da corpi ceramici piuttosto depurati e dalle tonalità variabili arancio-rosate, rosso chiaro o nocciola-crema, con piccolissime inclusioni di mica brillante e talvolta piccole di calcite, dato che suggerisce una provenienza egea; l’orlo verticale numero 284, leggermente arrotondato potrebbe ricalcare le forme dell’anfora AC1, variante b, attiva durante il II secolo d.C.304

Le anse flesse e a nastro numero 285 (scanalata longitudinalmente sulla superficie esterna)305 e 286306 potrebbero appartenere alla tipologia AC1 generica o AC2, anch’essa anfora vinaria prodotta dall’età augustea fino a tutto il II secolo d.C., non molto attestata nel nord Italia307; per la forma ridotta “a bottone” i puntali 288, 289 e 292 potrebbero riferirsi alla forma AC1, mentre i numeri 290 e 291 dal profilo troncoconico all’anfora AC2.308

L’ansa curvilinea numero 287 (sezionata a metà e mancante del gomito dove si sarebbe dovuta trovare un’apicatura più o meno accentuata309

) richiamerebbe la morfologia delle AC4310, anfore vinarie cretesi molto diffuse nel mondo romano ed in Italia prevalentemente nella seconda metà del II secolo d.C.311

I frammenti 293 e 294312 sembrerebbero richiamare le caratteristiche delle anse a nastro costolate o solcate esternamente delle anfore Agorà F65-66, così come l’impasto di colore arancio, saponoso al tatto e caratterizzato da inclusioni micacee abbondanti, sottolineerebbe l’origine di produzione dall’area microasiatica.

304 MARANGOU-LERAT 1995, tav. VI, A37, fig. 37. 305 BERTOLDI 2011, p. 52, fig. 35.

306

MARANGOU-LERAT 1995, tav. I, fig. 27.

307

BRUNO, BOCCHIO 1999, p. 234.

308 Rispettivamente si veda AURIEMMA, DEGRASSI, QUIRI 2012, p. 267, fig. 9; AURIEMMA,

DEGRASSI, QUIRI 2012, p. 267, fig. 9; MARANGOU-LERAT 1995, tav. III, fig. 30. A19; TONIOLO 1991, p. 34, fig. 29; AURIEMMA, DEGRASSI, QUIRI 2012, p. 269, fig. 10B.

309

CIPRIANO, FERRARINI 2001, p. 85, fig. 15.

310 MARANGOU-LERAT 1995, p. 84.

311 Si veda CIPRIANO, FERRARINI 2001, p. 61, con bibliografia precedente. 312 Rispettivamente BRUNO 2002, p. 295, fig. 23; BRUNO 2002, p. 295, fig. 25.

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Dall’area di Rodi sembrerebbero provenire i frammenti 295-302 pertinenti alle produzioni tardo rodie o Camulodunum 194; gli impasti variano dal rosso chiaro, all’arancio, al crema ricoperto da ingabbiatura chiara e si presentano piuttosto depurati, con media frequenza di inclusi di calcite e alta presenza di mica brillante.313

Il puntale numero 303314 ha un impasto di colore bruno scuro con alta percentuale di inclusi micacei brillanti e potrebbe richiamare, nella morfologia troncoconica con lievi costolature parallele orizzontali, il modello della cisterna prodotto tra la metà del VI e il VII secolo nell’isola di Samo315

; la distribuzione non appare massiccia, ma interessò siti sia occidentali, che della pars orientalis (i quali sembra prediligere316) e nell’area alto adriatica si ritrova ad Oderzo, Marano Lagunare, Udine e Trieste.317

Il frammento318 di spalla e orlo introflesso con settore terminale piano di colore arancio e con vistosi inclusi di colore rosso e crema, presenta delle analogie con la forma recenzione dell’anfora di Gaza, la Kingsholm 117319, diffusa dall’epoca flavia e attestata

in Cisalpina a Padova ed a Milano.320

Le anse 306, 307 e 308 potrebbero essere pertinenti alla specifica area levantina321, mentre il piccolo puntale troncoconico con impasto poco depurato di colore bruno- arancio, sembrerebbe appartenere alla tipologia egeo-orientale Agorà M 273322, produzione di II-III secolo che anticipa la Samos Cystern Type e ritrovata a Trieste in via Crosada323, nel porto di Aquileia324 e nella domus indagata nei fondi ex Cossar.325

313 Rispettivamente BRUNO 2002, p. 293, fig. 15; MAZZOCCHIN 2013, p. 126, fig. 16; BRUNO 2002,

p. 293, fig. 15; CIPRIANO, FERRARINI 2001, p. 85, fig. 11; BRUNO 2002, p. 293, fig. 14; AURIEMMA, DEGRASSI, QUIRI 2012, p. 269, fig. 10B; TONIOLO 1991, p. 34, fig. 30; AURIEMMA, DEGRASSI, QUIRI 2012, p. 269, fig. 10B.

314 ARTHUR 1990, p. 286, fig. 2.2. 315

Le analisi archeometriche avrebbero indicato tale direttrice, si veda ARTHUR 1990, pp. 283-284.

316 ARTHUR 1998; AURIEMMA, QUIRI 2007, con bibliografia dei siti di rinvenimento. 317 Si veda ARTHUR 1990; AURIEMMA, QUIRI 2007 2007, p. 45;

318

Numero 305.

319

BRUNO, BOCCHIO 1999, tav. C, fig. 4.

320 PIERI 1994, p. 406; CIPRIANO, MAZZOCCHIN, PASTORE 1990, p. 172.

321 Rispettivamente BRUNO, BOCCHIO 1999, tav. XCIX, fig. 8; BRUNO, BOCCHIO 1999, tav. XCIX,

fig. 11; BRUNO, BOCCHIO 1999, tav. XCIX, fig. 11.

322

Numero 309, si veda BRUNO, BOCCHIO 1999, tav. C, fig. 14.

323 AURUEMMA, QUIRI 2004, pp. 49-52. 324 AURIEMMA, QUIRI 2007, p. 44. 325 DOBREVA 2013, p. 82.

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