tribunale di Bologna, Seconda Sezione Civile, sentenza 28 settembre 2020 n. 1314 - Giud.
C. Gentili - (omissis) (avv. M. bianchi) c. la Primogenita International Adoption onlus (avv.
A. barbieri, D. Piccolo, f. Montalto); Commissione per le Adozioni Internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. St. bologna).
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con citazione notificata il 30 maggio 2018 i coniugi (omissis) hanno convenuto in giudizio l’associazione "la Primogenita International Adoption onlUS” (d’ora in poi solo la Pri-mogenita o la onlus) e la Commissione per le Adozioni Internazionali, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (d’ora in poi solo CAI), esponendo in fatto quanto segue:
- nel novembre 2011 essi si rivolgevano all’associazione "la Primogenita International Adop-tion onlUS", sede di brescia, per incaricarla di svolgere la pratica di adozione internazionale per bimbi provenienti da Africa e, specificamente, Senegal;
- nel gennaio 2012 la convenuta proponeva l'adozione di un bimbo nella città di fatik, per cui gli attori predisponevano e inviavano tutta la documentazione necessaria;
- nel settembre 2013 apprendevano che la richiesta era stata dirottata al Tribunale di Dakar e nel mese di novembre dello stesso anno venivano avvisati dal sig. (omissis), presidente del-l’associazione, di prepararsi alle vaccinazioni;
- che tali comunicazioni si protraevano per i successivi due anni, senza che venisse mai fornita alcuna indicazione scritta a giustificazione della mancata conclusione delle pratiche in loco;
- solo nel novembre 2015 veniva comunicato l'abbinamento con un bimbo di circa un anno e
(*) Procuratrice dello Stato, la quale ha gestito la fase conclusiva del giudizio, precedentemente curato, tra gli altri, dalla proc. St. Michela Manente.
veniva formulata la richiesta di pagamento di € 5.400,00, che venivano immediatamente ver-sati, senza ottenere alcun risultato;
- nel dicembre 2016 veniva indicato un nuovo abbinamento con una bambina, ma anche in questo caso non vi era stato alcun seguito;
- nell'ottobre 2017 veniva mandata una missiva da parte del legale attoreo sia alla Primogenita sia alla CAI, a cui quest’ultima rispondeva, dichiarando che in Senegal sin dalla fine del 2011 si era creata una situazione di stallo nelle adozioni internazionali a causa dell'istituzione di un'autorità centrale per effetto della Convenzione dell'Aja del 1993 e che sarebbero state por-tate a conclusione solamente le procedure deposipor-tate prima del 1 dicembre 2011;
- gli attori nel mese di marzo 2018 revocano quindi il mandato conferito a la Primogenita.
In diritto hanno dedotto la sussistenza, a carico della onlus, della violazione delle norme in materia di adozione (l. 184/1983) e di correttezza e buona fede nell’esecuzione del mandato, in specie con riferimento al dovere di informare i coniugi (omissis), che dal 1 dicembre 2011 le adozioni in Senegal erano sospese, illudendoli fino all’ottobre 2017, allorquando essi ave-vano ricevuto la missiva da parte di CAI sopra citata; stigmatizzava altresì il comportamento tenuto dalla onlus, che, da un lato, aveva continuato a richiedere somme asseritamente ne-cessarie per le procedure in Italia ed all’estero, per i percorsi formativi e altro, inducendoli a sostenere costi rivelatisi inutili (vaccinazioni, etc.) ed illudendoli del buon esito delle proce-dure, dall’altro, gli aveva impedito di valutare alternative di adozione.
quanto alla responsabilità in capo alla CAI, la carenza di controllo e la vigilanza sulla condotta de la Primogenita appariva evidente e gli inadempimenti verificatisi avrebbero dovuto com-portare la revoca dell’autorizzazione; di conseguenza essa doveva ritenersi responsabile so-lidalmente con l’associazione.
Il danno patito era rappresentato a titolo di danno patrimoniale dall’importo complessivamente versato pari ad € 17.700,00, oltre al costo delle vaccinazioni per € 403,00 nonché per una nuova pratica di adozione ed il pregiudizio non patrimoniale, rappresentato dalla lesione del-l’affidamento riposto nella onlus di poter adottare un bambino, perdendo così la chance di averne uno in prospettiva per via del tempo ormai trascorso e dell’età avanzata, essendo sta-bilito che l’età dei coniugi incideva sull’età dell’adottando.
Gli attori hanno quindi chiesto la risoluzione del contratto per inadempimento e la restituzione di quanto versato (€ 17.700,00, oltre ai costi per le vaccinazioni pari ad € 403,00), dal mo-mento che la controparte era perfettamente a conoscenza della normativa italiana e straniera;
nonché il risarcimento del danno non patrimoniale, quantificato in € 100.000,00, sia nei con-fronti della Primogenita sia della Commissione Adozioni Internazionali (CAI), in quanto aveva omesso la vigilanza dovuta.
la convenuta CAI nel costituirsi ha evidenziato che il Senegal aveva ratificato la Convenzione dell'Aja del 1993 soltanto il 24/08/2011 e da allora le adozioni erano state fortemente ridotte, ma non erano cessate completamente; infatti dal dicembre 2011 per l'adottabilità era necessario che il minore fosse stato dichiarato abbandonato o che i genitori o il consiglio di famiglia avessero prestato consenso all'adozione; essa si era interessata alle adozioni in tale Paese, in-viando la missiva del 14.3.2012, per sollecitare tutte le associazioni che si occupavano di ado-zioni ed operavano a livello locale a fornire le indicaado-zioni sulle adoado-zioni pendenti e con missive successive a non accettare altre richieste riguardanti bambini senegalesi; la commis-sione aveva sempre vigilato sull'operato della Primogenita, che aveva compiuto tutto quanto era nelle sue possibilità, portando a termine altre procedure (6) di adozione in Senegal pendenti al settembre 2012, per cui l'allungamento dei tempi procedimentali era dovuto alle autorità
senegalesi, che avevano poteri discrezionali nelle procedure; in particolare, dopo la segnala-zione degli attori nell'ottobre 2017, aveva operato i dovuti controlli e chiesto chiarimenti alla Primogenita, la quale con nota del 24.10.2017 aveva dichiarato essere in corso di conclusione la procedura adottiva presentata dagli attori, in quanto in attesa della ordinanza di abbina-mento; inoltre la sussistenza di un eventuale inadempimento in capo a la Primogenita non implicava automaticamente la propria responsabilità per omissione in vigilando, avendo con-trollato sulle procedure attive e concluse, interpellando tutti gli enti autorizzati ad operare in Senegal circa l’andamento delle procedure ivi pendenti, riscontrando le informazioni fornite con quelle tratte dal paese africano in questione, con la conseguenza che non era rinvenibile alcun comportamento negligente dell’associazione.
CAI ha, inoltre, contestato l'an del danno subito dagli attori, per avere costoro concorso nella tardiva segnalazione dell'asserito inadempimento di la Primogenita, e anche il quantum, rap-presentato dal danno per mancato coronamento del desiderio di genitorialità, trattandosi di mero interesse legittimo, conseguente alla dichiarazione di idoneità all'adozione, non tutelato né costituzionalmente, né dalle Convenzioni internazionali, che proteggono solo l'interesse del minore ad essere cresciuto in una famiglia.
la CAI ha pertanto concluso per il rigetto delle avverse pretese e, in subordine, per l’appli-cazione dell'art. 1227 c.c. con riguardo al danno patrimoniale ed il rigetto per quello non pa-trimoniale, non potendo trovare tutela costituzionale il mancato coronamento del desiderio di genitorialità adottiva.
A sua volta la Primogenita, premesso di essere presente in Senegal da oltre 15 anni, durante i quali si era conquistata la fiducia delle autorità locali e giudiziarie, avendo realizzato, quasi interamente a proprie spese, numerosi progetti (costruzione di un ospedale a kaolack, siste-mazione e realizzazione di orfanatrofio a Dakar, la realizzazione di asilo/orfanatrofio a Diour-bel, acquisti e rifornimenti di attrezzature e materiale didattico per diverse scuole materne di varie regioni del Senegal) e svolgendo in generale attività umanitaria e di assistenza alle po-polazioni locali, ha evidenziato che per i coniugi (omissis) la provenienza dell’adottando dal suddetto Paese costituiva una condizione necessaria per l’adozione ed era il motivo per cui si erano ad essa rivolti; di aver subito informato i coniugi che era più prudente presentare la do-manda anche presso un altro Tribunale dei minori, pendendo davanti a quello di Dakar altre 6 domande, conclusesi tra settembre 2012 ed agosto 2014; per tale ragione dall’ottobre 2014 aveva preso contatto con l’autorità giudiziaria ed alla fine di novembre 2015 aveva ottenuto l’abbinamento di un bambino; tuttavia il nuovo presidente dell’ufficio, da poco insediatosi, aveva revocato l’abbinamento, affidando il bambino ad una coppia locale; per tale ragione i coniugi erano stati informati e consigliati di presentare domanda presso altro tribunale, nella specie Djourbel, dove, a seguito di numerosi viaggi e lunghe trattative con l’autorità locale, nel mese di luglio 2016 veniva proposto un abbinamento degli attori ad una bambina, ma i tempi si erano dilatati a causa di rinvii continui dell’udienza da parte del Presidente del Tri-bunale, fino a quando era pervenuta la revoca dell’incarico da parte degli attori, per cui la bambina veniva abbinata ad altra coppia italiana con cui si stava concludendo l’adozione.
In diritto ha sostenuto l’assenza di inadempimento, spiegando difese analoghe alla CAI per quando riguardava la situazione delle adozioni in Senegal; con riguardo al proprio operato ha evidenziato di aver concluso procedure di adozione depositate dalla medesima anche dopo il 2011, nonostante i rallentamenti subiti, e che, quanto alle obbligazioni negoziali, la clausola riguardante l’oggetto ed il contenuto dell’incarico precisava espressamente che “l’ente non può garantire il buon esito della pratica di adozione internazionale essendo determinante, in
merito, la volontà delle autorità straniere” e che era esclusa la responsabilità della stessa nei casi “di allungamento dei tempi previsti o prevedibili per il perfezionamento dell’adozione, ovvero, interruzione del procedimento adottivo causata da eventi politici, revoca dell’adot-tabilità dell’adottando, modifiche normative/legislative, calamità, guerre o altre circostanza impreviste e imprevedibili”; infine ha rilevato che la prova dell’adempimento dell’incarico era costituita dalla conclusione della pratica con l’abbinamento della bambina Diara agli attori e rimanendo la restante attività in capo a questi ultimi.
In punto quantum debeatur, sotto l’aspetto patrimoniale, ha contestato che costituisse danno - come tale rimborsabile - i contributi volontari, le quote associative e le spese di vaccinazione, mentre sotto l’aspetto non patrimoniale la richiesta era infondata e comunque spropositata, concludendo per il rigetto di ogni pretesa ex adverso formulata.
la causa veniva istruita documentalmente e mediante assunzione di prove orali per interpello del legale rappresentante de la Primogenita e per testi dedotti da parte attrice e la onlus; ve-niva quindi trattenuta in decisione all’udienza del 13 febbraio 2020, previa concessione dei termini ex art.190 c.p.c.
1. la prima domanda proposta dai coniugi (omissis) è diretta alla risoluzione del contratto di mandato concluso in data 18 dicembre 2011 con la Primogenita (doc. 2 attoreo) con condanna di quest’ultima alla restituzione delle somme ricevute nell’ambito dell’incarico conferitole, il tutto per complessivi € 18.103,00, ed al risarcimento del danno patrimoniale e non patito, quantificato in € 100.000,00.
Il contratto stabiliva i costi dell’adozione, disciplinati nell’allegato A, di cui € 5000,00 per il costo per l’espletamento della procedura amministrativa in Italia, ed un costo variabile nei paesi esteri (€ 9.000.00 per il Senegal) per la preparazione dei documenti e le relazioni di ag-giornamento, l’invio dei documenti, traduzioni, deposito presso autorità straniera, assistenza professionale in loco, spostamenti interni, mantenimento del minore e preparazione documenti del predetto; non sono contestate da la Primogenita le somme versate dagli attori, seppure a vario titolo.
Assumono gli attori che l’ente, abilitato dalla CAI, abbia violato tutti i doveri che gli sono imposti per legge, tra cui in particolare quello di informare i mandanti della circostanza che a far data dal 1 dicembre del 2011 le adozioni in Senegal fossero sostanzialmente sospese, avendo ricevuto a partire dal marzo 2012 plurime comunicazione di CAI in tal senso (doc.1 CAI) in ragione della situazione del predetto Paese, che avrebbe “deciso di sospendere l’ac-cettazione di nuove istanze di adozione internazionale fino all’avvenuta implementazione della Convenzione de l’Aja recentemente ratificata”, con richiesta di riferire in merito alle attività in corso in Senegal, precisando quali procedure fossero “attualmente pendenti e con quali prospettive di definizione”.
Ciò avrebbe loro impedito di valutare un differente paese di origine per il bimbo da adottare, come risultava dall’incarico conferito, in cui essi avevano indicato, oltre al Senegal, altri due paesi, India e kirghzistan, secondo quanto risultante dall’estratto del sito CAI (doc. 14 attoreo).
I testi di parte Primogenita hanno tuttavia riferito che la coppia aveva sin da subito manifestato una netta preferenza per il Senegal, anche se non in via esclusiva, come riferito dal teste (omis-sis) di parte attrice, ed è evidente che la onlus non potesse presentare domande in paesi diversi contemporaneamente.
Premesso che costituisce circostanza pacifica, che il Senegal avesse ratificato la Convenzione dell’Aja soltanto in data 24.8.2011 e che la stessa fosse entrata in vigore in data 1.12.2011, per cui il paese doveva procedere all’adeguamento del quadro istituzionale e procedurale ai
principi dettati dalla convenzione medesima, la documentazione acquisita soprattutto da parte di CAI comprova che le adozioni in tale paese sono state molto rallentate, ma non sono del tutto cessate.
Inoltre è emerso dalle deposizioni testimoniali (teste (omissis)) che, in una riunione organiz-zata da la Primogenita in data 7 dicembre 2015 con tutte le coppie interessate alle adozioni in Senegal, l’ente avesse informato dei rallentamenti, anche se non che la CAI avesse scon-sigliato le adozioni in tale Paese.
Sussiste quindi effettivamente a partire dalla fine del 2012 la violazione da parte dell’orga-nizzazione dell’obbligo informativo, stabilito dall’art.1710 c.c.: “Il mandatario è tenuto a ren-dere note al mandante le circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o la modificazione del mandato”.
Infatti il mandatario è tenuto ad osservare tale obbligazione, al fine di rendere edotto il man-dante delle circostanze che siano non solo sopravvenute, tale intendendosi anche quelle pree-sistenti delle quali il mandatario abbia avuto conoscenza successivamente al conferimento del mandato, ma anche le circostanze conosciute prima del mandato ovvero assunte conte-stualmente, che possono determinare la revoca o la modificazione del mandato, ai sensi del-l’art.1710 c.c. (Cass. 1929 del 24/02/1987).
Infatti grava sul mandatario l’obbligo di compiere gli atti giuridici previsti dal contratto con la diligenza del buon padre di famiglia (Cass. 11419 del 18/05/2009 e 19778 del 23/12/2003 sul fatto del terzo per liberarlo da responsabilità).
Anche la stessa circostanza dell’allungamento dei tempi, conseguenti al cambio dei riferimenti normativi dopo la ratifica della Convenzione dell’Aja da parte del Senegal, non risulta chia-ramente comunicata alla coppia in esame, la quale è stata al contrario sempre illusa, verosi-milmente in buona fede, della possibilità del buon fine della pratica, quantomeno fino alla riunione del 7 dicembre 2015 (cui si riferisce il capitolo 9 della prova per testi attorea), allor-quando le coppie in attesa di adozione in Senegal furono informate dell’incertezza dei tempi per via del cambiamento dei giudici che si occupavano di adozione.
Se quindi sotto l’aspetto fattuale risulta incontestata la presentazione della domanda di ado-zione presso il Tribunale di fatik in data 10 dicembre 2012, seppur non sia stata rilasciata al-cuna ricevuta, e che sia stata in seguito depositata domanda presso il Tribunale di Dakar nel mese di maggio 2014 (come da relativa ricevuta, doc. 23), così come l’espletamento delle at-tività compiute in seguito, relativamente alla proposta di abbinamento della coppia ad un bam-bino, che poi venne affidato ad una coppia senegalese, come pure della proposta di abbinamento di una bambina nel 2017, nonché di quelle a latere necessarie per preparare il terreno per l’accoglimento delle stesse (mediante la realizzazione delle opere previste dal mandato tipo piccoli ospedali, orfanatrofi, asili, assistenza di vario tipo), non può affermarsi che il dovere di comunicazione sia stato adempiuto con diligenza.
Al contrario la scarsa trasparenza nella gestione della procedura di adozione, specialmente per quanto riguarda l’aspetto degli obblighi informativi, che contemplavano anche l’onere di proporre altre soluzioni con riferimento ai due Stati indicati nella scheda (doc.14), rappresenta indubitabilmente un inadempimento.
È tuttavia difficile configurare una violazione di tale gravità da giustificare la domanda riso-lutoria, potendo ciò rilevare al fine di fondare la legittimità della revoca del mandato e la con-seguente riduzione dei compensi spettanti alla onlus, come disciplinati dalla clausola che recita: “qualora il rapporto tra Ente e la coppia si interrompa, a fronte di somme versate, l’Ente tratterrà l’importo di competenza (vedi allegato A punto 6)”.
occorre, infatti, considerare che, nel caso di specie, l’obbligazione gravante sul mandatario è rappresentata principalmente dalla messa in atto di tutte le attività necessarie per curare per conto dei mandanti la pratica di adozione, ma non può spingersi fino a pretendere il buon esito della stessa, come previsto nella clausola negoziale che regola l’oggetto ed il contenuto dell’incarico, posto che è considerata determinante “in merito, la volontà delle Autorità stra-niere”. Gli stessi coniugi (omissis) dovevano essere consapevoli che la responsabilità della onlus era esclusa, come pattiziamente convenuto, nel caso di allungamento dei tempi previsti o prevedibili per il perfezionamento dell’adozione, ovvero, interruzione del procedimento adottivo, causata da: eventi politici, revoca dell’adottabilità dell’adottato, modifiche norma-tive/legislative, calamità, guerre o altre circostanze impreviste e imprevedibili”.
orbene, rappresenta circostanza non imputabile alla condotta della onlus la modifica della procedura di adozione a seguito della ratifica della Convenzione dell’Aja proprio nell’anno 2011 da parte dello stato senegalese, come pure il cambio del giudice competente in materia presso il Tribunale di Dakar, come pure la revoca dell’adottabilità dell’adottato affidato ad una coppia locale avvenuta con il minore Eduard Alì keyta nel novembre 2015.
Ciò che si imputa a la Primogenita è, come già detto, la poca trasparenza e comunicazione di tutti questi elementi, che avrebbero magari indotto la coppia a revocare prima l’incarico oppure dirottare le energie per la presentazione della domanda nei residui paesi individuati al momento del conferimento dell’incarico.
Inoltre l’art. 22 l. Adozioni al comma secondo stabilisce che “in ogni momento a coloro che intendono adottare devono essere fornite, se richieste, notizie sullo stato del procedimento”;
sebbene tale norma sia collocata nella parte che disciplina l’affidamento preadottivo, e non direttamente i rapporti con le organizzazioni che si occupano di adozioni, è evidente che nel corso dei periodici incontri con le coppie tali informazioni potevano essere richieste.
nulla di tutto ciò è stato provato dagli attori, che non risultano aver richiesto notizie o chia-rimenti fino alla missiva inviata a mezzo PEC dall’Avv.to bianchi alla CAI ed a la favorita nel mese di ottobre 2017 (doc. 5 attoreo).
A ciò si aggiunga che rappresenta fatto notorio che, nell’ambiente delle coppie che aspirano ad adottare minori stranieri, siano in atto iniziative di vario tipo per consentire lo scambio di informazioni in maniera costante e continuativa, per cui è verosimile che ben prima della riu-nione del dicembre 2015 i coniugi (omissis) fossero a conoscenza della situazione creatasi in Senegal, del rallentamento delle pratiche di adozione in tale Paese, come riferito dal teste ba-stoni Simone: “tuttavia la procedura in senegal aveva avuto dei rallentamenti per problemi burocratici; abbiamo atteso quasi un anno ad aspettare la ratifica della Convenzione dell’aja da parte del senegal, circostanza che ci fu detta subito”.
D’altra parte è documentato che le adozioni in tale Paese fossero diminuite a causa del ral-lentamento delle procedure e della limitazione degli spazi a seguito della ratifica della Con-venzione de l’Aja, ma non fossero completamente bloccate, come dichiarato alla CAI dalle autorità senegalesi e come confermato dalla circostanza che dal 2011 le procedure di adozione in tale Stato sono state 34, di cui la maggior parte hanno riguardato minori nati dopo il 2011.
Essendo la pratica degli attori stata presentata presso il Tribunale di fatik in data 10.12.2012 e non avendo la CAI mai vietato o sospeso le procedure di adozione in corso, tra cui quella dei coniugi (omissis), comunicata in data 10.5.2013 da la Primogenita, essa ha continuato la procedura, nella speranza di portarla avanti in altri tribunali del paese, come poi fece adope-randosi per ottenere un abbinamento presso il Tribunale di Djourbel, avendo nel frattempo definito altre procedure di adozione.
Del resto il doc. 9 prodotto dalla CAI, che rappresenta l’elenco delle procedure di adozione conclusesi in Senegal tramite varie organizzazioni, tra cui la stessa la Primogenita, seppur
Del resto il doc. 9 prodotto dalla CAI, che rappresenta l’elenco delle procedure di adozione conclusesi in Senegal tramite varie organizzazioni, tra cui la stessa la Primogenita, seppur