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CT 7462/18 avv. Ferrante

AVVOCATURA GEnERALE DELLO STATO COnSIGLIO DI STATO

In SEDE GIURISDIzIOnALE

RICORSO In APPELLO COn ISTAnzA DI SOSPEnSIOnE

Per il MInISTERO DELL’InTERnO(C.F. 97149560589), in persona del Ministro pro tem-pore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587) presso i cui uffici è per legge domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12 (per il ricevimento degli atti, FAX 06/96514000 e PEC [email protected])

C O n T R O

(omissis) S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Maurizio Politi e Alessandro Bovari ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Perugia, via Martiri dei Lager, 158

PER L’AnnULLAMEnTO PREVIA SOSPEnSIOnE della sentenza del TAR Umbria del 5 giugno 2019, n. 295

* * *

Con ricorso al TAR Umbria ritualmente notificato, la società ricorrente ha chiesto l’an-nullamento, previa sospensione, del decreto di cessazione dell’attività di servizio telefonico di cartomanzia emesso il 5.8.2017 dal Questore di Perugia e di ogni atto presupposto, connesso o conseguenziale.

Con ordinanza del 5.12.2017, n. 203, il TAR ha accolto l’istanza cautelare.

Successivamente, il TAR, con la sentenza in epigrafe, ha accolto il ricorso.

Avverso tale sentenza, l’amministrazione in epigrafe propone appello, con istanza di sospensione, per i seguenti motivi in

FATTO

In data 31.07.2017, la Questura di Perugia effettuava, unitamente al personale Aliquota Carabinieri del nucleo Ispettorato del Lavoro di Perugia, una verifica amministrativa presso la Società (omissis), con sede legale ed operativa nel Comune di (omissis), allo scopo di ac-certare una eventuale attività illecita di cartomanzia.

(*) Avvocato dello Stato.

Giunto all’interno della sede, il personale riscontrava la presenza di (omissis), identifi-cata quale Amministratore unico della predetta Società, nonché di (omissis), dipendente della suddetta Società con mansioni di centralinista; il personale si avvedeva che nei locali erano presenti 7 postazioni fisse dotate di telefono che, al momento dell’ingresso, erano libere e quindi senza operatrici.

L’amministratrice, escussa a sommarie informazioni, riferiva che l’impresa rendeva ser-vizio di cartomanzia telefonico e che il predetto serser-vizio veniva pubblicizzato sia su internet che alla televisione. Riferiva, inoltre, che il servizio veniva reso tramite una utenza telefonica con numero a radice fissa (omissis), o tramite l’utenza telefonica (omissis). Aggiungeva, inol-tre, che se i clienti utilizzavano, per la conversazione con la cartomante, l’utenza fissa, il pa-gamento del servizio era anticipato e avveniva con bonifico e carta di credito, lasciando i relativi dati alla centralinista; se invece veniva utilizzava l’utenza con radice (omissis) la te-lefonata veniva direttamente trasferita alla cartomante, ed il cliente si trovava l’addebito sulla sua bolletta telefonica. L’amministratrice rappresentava, infine, che l’attività veniva svolta con l’ausilio di 3 dipendenti centraliniste e 7 collaboratori.

Il personale raccoglieva, altresì, spontanee dichiarazioni della dipendente (omissis), la quale dichiarava di svolgere la mansione di cartomante, e la dipendente (omissis), la quale ri-feriva di lavorare con contratto part-time a tempo determinato, e che “gli operatori svolgevano servizio di cartomanzia”.

L’attività di cartomanzia, già evidenziata dalle dichiarazioni rese dalla titolare e dalle altre dipendenti, veniva ulteriormente avvalorata da alcune immagini acquisite dal personale e tratte dal sito web della Società, dove si faceva propaganda di plurimi servizi, quali “Onoman-zia”, “Cartoman“Onoman-zia”, “Oroscopo”, “Sviluppo personale”, “Tarocchi online”, “Le Rune”, ...

Pertanto alla luce di quanto rilevato, in data 02.08.2017, la Questura di Perugia, notifi-cava alla (omissis) srl verbale di accertamento di violazione amministrativa ai sensi della L.

24.11.1981 nr. 689 per attività illecita di cartomanzia di cui agli artt. 121 T.U.L.P.S. - R.D.

18.06.1931 nr. 773 e 231 Reg. Esec. T.U.L.P.S. - R.D. 06.05.1940 nr. 635 la cui sanzione è prevista dall’art. 17/bis TULP - R.D. 18.06.1931 nr. 773.

Successivamente, il Questore, con decreto datato 05.08.2017 e notificato in data 09.08.2017, disponeva l’immediata cessazione dell’attività di cartomanzia.

DIRITTO

Il TAR, premettendo erroneamente che l’amministrazione intimata “non ha depositato né documentazione, né memorie difensive”, ha accolto il ricorso ritenendo che, pur vietando espressamente l’art. 121 T.U.L.P.S. il mestiere di ciarlatano, l’attività di cartomanzia, nel mu-tato contesto storico - sociale, “anche se non certo regolata”, è tuttavia presa in considerazione da diverse norme interne idonee “a far ritenere la cartomanzia attività economica non vietata in sé e per sé ma solo laddove venga svolta con modalità idonee ad abusare dell’altrui igno-ranza e superstizione”.

Innanzitutto, va precisato che l’amministrazione resistente si è costituita in giudizio con atto di costituzione del 24.11.2017 e, successivamente, in data 1.12.2017 ha depositato memoria difensiva e documentazione, come risulta dal mero esame del sito di giustizia amministrativa.

L’affermazione del TAR è pertanto frutto di evidente errore e dimostra che il giudice di primo grado ha accolto il ricorso senza nemmeno esaminare le deduzioni difensive dell’am-ministrazione.

Le statuizioni del TAR che hanno condotto all’accoglimento del ricorso non possono essere condivise.

Contrariamente a quanto affermato dal TAR, infatti, devono ritenersi sussistenti i pre-supposti per l’emanazione del provvedimento impugnato, come disciplinati dall’art. 121 T.U.L.P.S.

L’art. 121 del Testo Unico Legge di Pubblica Sicurezza T.U.L.P.S., recita espressamente:

“è vietato il mestiere di ciarlatano”.

L’art. 231 del relativo regolamento di esecuzione specifica: “sotto la denominazione di mestiere di ciarlatano si comprende ogni attività diretta a speculare sull’altrui credulità o a sfruttare o altrimenti l’altrui pregiudizio, come gli indovini, gli interpreti di sogni, i carto-manti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incantesimi, esorcismi o millantano o af-fettano il pubblico grande valentia nella propria arte o professione, o magnificano ricette o specifici, cui attribuiscono virtù straordinarie o miracolose”. Il D.L. n. 480 del 13/07/1994 ha aggravato le sanzioni previste “pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 6.000.000”

all’art. 3.4.

La circolare del Ministero dell’Interno n° 559/lec/200, 112-bis del 03/10/1994, ha invi-tato, in particolare, Prefetti, Commissari del Governo, Questori ad applicare sanzioni previste

“per le infrazioni alle seguenti disposizioni del t.u.l.P.s. tra cui la violazione del divieto d’esercizio del mestiere di ciarlatano e ad ordinare la cessazione dell’attività”.

Si tratta di norme imperative di ordine pubblico, ancorché di natura amministrativa a seguito della depenalizzazione avviata a partire della legge nr. 689/81. norme che superano i dubbi sulla dibattuta opportunità della tutela per la parte più debole e sprovveduta della col-lettività, di fronte a fenomeni del genere e che appaiono chiaramente riferibili anche alla fat-tispecie in esame, posto che la risonanza mediatica e le odierne tecniche di comunicazione, accentuano e amplificano il pericolo e quindi il rischio del danno che ne costituisce il fonda-mento e la giustificazione.

Il perimetro della disposizione in parola, ovvero dell’art. 121, è stato chiarito dalla Corte di Cassazione secondo cui “l’attività di mago, giuridicamente, s’inquadra nel mestiere di ciarlatano espressamente vietato dall’art. 121, ultimo comma t.u.l.P.s.” (Cassazione Penale, sez. I nr. 5582/95, Pisano). La Suprema Corte ha ricordato come l’attività di “mago” vada ri-portata all’espresso divieto dell’art. 121 T.U.L.P.S., evidenziando altresì che lo “sfruttamento della credulità altrui, proprio di chi si professi “mago”, porta facilmente a sconfinare nel reato di truffa”.

Il Giudice di primo grado ha richiamato l’orientamento del Consiglio di Stato (sentenza 510/2006) secondo il quale l’attività di cartomante (come le altre di chiromante, veggente, occultista) è sanzionata solo quando, a seguito di un’approfondita analisi della fattispecie con-creta, costituisce manifestazione di vera e propria ciarlataneria e tale è ogni attività diretta a speculare sull’altrui credulità o a sfruttare o alimentare l’altrui pregiudizio.

Sul punto va detto che, secondo altra pronuncia del Consiglio di Stato, l'art. 231 del re-golamento approvato col r.d. n. 635 del 1940 “a) è ancor in vigore e annovera specificamente tra le attività vietate (perché di per sé idonee "a speculare sull'altrui credulità, o a sfruttare od alimentare l'altrui pregiudizio") quella di cartomante, in qualunque luogo essa sia svolta, anche all'interno di una abitazione (Cass. 19 aprile 1951); b) risulta ragionevole, in ragione degli interessi pubblici e privati tutelati, che consistono nell'esigenza di dare tutela ai soggetti che - per ragioni di ordine psicologico o comunque personale - sono potenzial-mente esposti agli altrui approfittamenti, al rischio di subire turbamenti della propria sfera personale e di diventare soggetti passivi di reati quali la truffa o l'abuso della credulità po-polare”.

Il Consiglio di Stato, conclude affermando che “in considerazione del suo testo e della sua ratio, il divieto desumibile dall'art. 121 del testo unico e dall'art. 231 del regolamento non si applica soltanto quando l'attività (comunque nel totale rispetto dei valori della per-sona) non possa essere qualificata come 'mestiere' nei confronti delle persone cui si rivolge, e cioè: quando sia direttamente rivolta al pubblico in totale assenza dello scopo di lucro e di qualunque corrispettivo (ad esempio, per un intrattenimento del tutto saltuario, per gioco o per manifestare la propria abilità dialettica); quando l'attività sia retribuita da un solo con-traente (che persegua un interesse meritevole di tutela, quale quello di consentire uno spet-tacolo gratuito in favore del pubblico), in totale assenza di qualunque corrispettivo da parte delle persone che abbiano contatti con il cartomante (Consiglio di Stato, n. 814, 2006).

Ciò premesso nel caso in questione, va innanzitutto evidenziato che, come ricostruito in fatto, l’amministrazione ha accertato che l’attività di cartomanzia veniva espletata a scopo di lucro, individuando le concrete modalità di versamento del corrispettivo a seconda che la chiamata fosse al numero di rete fissa (bonifico o carta di credito) ovvero al numero con radice (omissis) (tramite addebito sulla bolletta telefonica).

Per altro verso, si sottolinea che il provvedimento questorile inibitorio incide esclusi-vamente sul divieto di esercizio dell’attività di “cartomanzia” e non sugli altri eventuali servizi offerti dalla medesima società, ben potendo la stessa continuare a svolgere la propria attività lavorativa di call center, offrendo altri servizi consentiti dalla legge e dall’ordinamento giuri-dico, e senza quindi dover necessariamente licenziare i propri dipendenti che, grazie alla so-cietà, traggono il sostentamento economico per le loro famiglie.

Inoltre, non può condividersi quanto affermato dal TAR in ordine al fatto che l’attività di cartomanzia non può essere considerata ex se esercizio del mestiere di ciarlatano.

In merito, soccorre l’orientamento giurisprudenziale da ultimo ribadito con la sentenza nr. 195 del 2015 del CGARS che ha riformato una sentenza del Tar Sicilia relativa ad un prov-vedimento di ordine di immediata cessazione dell’attività di cartomanzia del Questore di Pa-lermo, che aveva accolto il ricorso del ricorrente ritenendo fondato il motivo di insufficienza della motivazione, in quanto il Questore non doveva limitarsi alla contestazione dell’attività svolta, ma aveva il dovere di valutare in concreto, attraverso apposita istruttoria e conseguente sufficiente motivazione, l’oggettiva idoneità dell’attività ad integrare l’ipotesi di ciarlataneria.

Riformando tale sentenza, il CGARS ha sancito, con una valutazione diametral-mente opposta, che il semplice richiamo alle norme di cui agli artt. 121 TULPS - R.D 18.06.1931 nr. 773 e 231 reg. esec. T.U.L.P.S. è sufficiente ad escludere la necessità di una puntuale istruttoria per l’adozione dell’ordinanza di cessazione dell’attività.

Secondo tale orientamento, infatti, “la normativa vigente vieta lo svolgimento del me-stiere di cartomante perché comporta, secondo l’id plerumque accidit, ragionevolmente va-lutato dall’art. 231 reg esec. tulPs il rischio dell’approfittamento dell’altrui credulità (pregiudizievole sotto il profilo patrimoniale e personale) anche se non sono in concreto com-messi reati”.

In perfetta armonia a tali principi, il Questore di Perugia ha disposto la cessazione del-l’attività illecita riscontrata da parte della Società (omissis) srl e pertanto, non può che essere riformata la statuizione della sentenza impugnata secondo la quale, non emergendo dal verbale di contestazione che la predetta attività fosse esercitata con modalità truffaldine o comunque idonee ad abusare della credulità popolare, non ricorrerebbero i presupposti per l’applicazione del divieto di cui agli articoli 121 TULPS e 231 del R.D. 635/1940.

non v’è chi non veda, del resto, come sia evidente lo sfruttamento lucroso della credulità

popolare nel fornire per telefono servizi di lettura delle carte, essendo palese a chiunque l’im-possibilità del fornire realmente servizi che possano dare un qualsivoglia effettivo beneficio al destinatario della prestazione.

Ad ogni modo, nel caso in questione, l’attività di cartomanzia è stata ampiamente di-mostrata, sia in “flagranza” durante il controllo amministrativo effettuato dal personale, sia attraverso le emersioni pubblicitarie rinvenute sul web, sia attraverso l’assunzione di sommarie informazioni della stessa titolare dell’impresa, approfondendo le modalità con cui in concreto l’attività era esercitata e risulta associata non casualmente alle arti divinatorie (vedasi anche pagine web) a comprova ulteriore dell’intento di sfruttare la credulità popolare.

né infine può dirsi che la cartomanzia sia ritenuta un’attività sempre lecita sol perché nei suoi confronti viene disposta una maggior tutela a favore del consumatore in base al D.Lvo 206/2005, invocato dal Giudice di primo grado, finalizzato evidentemente non già a rendere lecito ciò che lecito non è ma a non sottrarre dalle maglie della sua applicazione anche quelle situazioni (assai rare a dire il vero) ove la cartomanzia può dirsi legittimamente svolta. né a maggior ragione può darsi qualche rilievo alle altre “fonti” richiamate dal TAR per supportare l’avvenuto recepimento della cartomanzia quale attività sempre lecita, trattandosi all’evidenza di provvedimenti mai da intendere nel senso fatto prospettato da controparte e fatto proprio dal TAR comunque non aventi forza normativa.

ISTAnzA DI SOSPEnSIOnE

Quanto al periculum in mora, si evidenza che la Società può continuare ad operare con gli altri servizi, come si evince dalla stampa del suo sito web. In ogni caso l’esigenza di assi-curare sostentamento nei confronti dei lavoratori non può essere prevalente sul pieno rispetto della legalità e sulla necessità che persone in situazione di debolezza siano salvaguardate dal miraggio di soluzioni taumaturgiche che si risolvono solo con l’indebito arricchimento del prestatore del servizio di cartomanzia.

nonostante la crisi economica, infatti, da anni si registra un fenomeno allarmante e in continua crescita: sempre più italiani si rivolgono a maghi e cartomanti con la speranza di trovare una soluzione ai propri problemi o, semplicemente, un po’ di conforto.

Disperazione e vulnerabilità vanno ad alimentare un giro d’affari ingente che in molti casi nasconde truffe e manipolazioni psicologiche. Si parla di un business da molti miliardi all’anno, molti dei quali “in nero”. Secondo il rapporto di una delle più note associazioni a tutela dei consumatori, gli italiani che almeno una volta in un anno si sono rivolti a maghi e cartomanti per essere tranquillizzati sul futuro sono passati da 10 milioni nel 2006 a 13 milioni calcolati a fine 2013.

Mentre gli operatori telefonici che si improvvisano esperti di magia - con operatori di call center spesso mal retribuiti - crescono a dismisura. Un settore opaco e sommerso che è in continua espansione, anche per via della presenza massiccia sul web. Se una volta, infatti, gli “esperti dell’occulto” venivano contattati soprattutto tramite passaparola e si fissavano in-contri di persona, oggi due volte su tre il primo approccio avviene su internet, magari per cu-riosità. Mentre i sedicenti sensitivi - che spesso fanno parte di organizzazioni ben ramificate - si sono adeguati ai tempi che cambiano e offrono la possibilità di scaricare applicazioni a pagamento su smartphone e tablet.

I siti offrono vastissima scelta, anche di personale. I maghi e le cartomanti molto spesso sono presentati con una foto ad effetto accompagnata a una breve biografia che spiega le loro specializzazioni.

nella maggior parte dei casi, però, non si tratta di studiosi esperti di esoterismo, ma di

operatori di call center che hanno ricevuto come unica direttiva quella di trattenere il cliente al telefono il più a lungo possibile e di creare in lui una sorta di “dipendenza psicologica”.

L’anonimato garantito da Internet fa sentire protetto il “cliente” ma allo stesso tempo lo espone a un rischio ancora più alto di finire in balìa di truffatori e ciarlatani.

Tutto ciò premesso, l’amministrazione in epigrafe, come sopra rappresentata e difesa, CHIEDE

che il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, in accoglimento del presente appello, voglia annullare, previa sospensione, la sentenza impugnata.

Ai fini della prenotazione a debito, ai sensi della l. 488/99, si dichiara che il contributo unificato ammonta ad euro 650,00, a norma dell’art. 13, comma 6-bis, lettera e) del D.P.R.

30.5.2002, n. 115, aumentato della metà ex art. 1, comma 27, l. 24.12.2012, n. 228.

Roma, 19 dicembre 2019

Wally Ferrante Avvocato dello Stato (...)

Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza 1 luglio 2020 n. 4189 - Pres. F. Frattini, est. E.

Fedullo - Ministero Interno (avv. gen. St.) c. (omissis) s.r.l. (avv.ti M. Politi e A. Bovari).

FATTO e DIRITTO

Con la sentenza appellata, il T.A.R. Umbria ha accolto il ricorso proposto dalla (omissis) s.r.l.

avverso il decreto emesso in data 5 agosto 2017 dal Questore di Perugia, con il quale veniva ordinata la cessazione dell’attività, da essa svolta presso la sede di (omissis), qualificata “il-lecita” dall’Amministrazione, siccome consistente in un servizio telefonico di cartomanzia, in affermata violazione dell’art. 121 T.U.L.P.S.

Il T.A.R., premesso che “l’art. 121 T.U.L.P.S. vieta espressamente il mestiere di ciarlatano”, per cui “ove la cartomanzia fosse ritenuta attività in se e per sé vietata dall’ordinamento, in quanto ricompresa nell’art. 121, il provvedimento impugnato sarebbe ovviamente del tutto legittimo”, ha rilevato che “tale possibile opzione risulta però nel nostro ordinamento smentita oltre che da una lettura del T.U.L.P.S. adeguata al mutato contesto storico-sociale e compatibile con l’art. 41 Cost. (T.A.R. Piemonte, sez. I, 27 giugno 2014, n. 1138) dall’essere l’attività di cartomanzia, anche se non certo regolata, tuttavia presa espressamente in considerazione da diverse norme interne, nel presupposto dunque della sua liceità. Segnatamente, il decreto le-gislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo), all’art. 28, detta una specifica di-sciplina in materia di servizi di astrologia, cartomanzia e assimilabili, vietando unicamente quelle comunicazioni che, al pari dell’art. 121 T.U.L.P.S., siano tali da indurre in errore o sfruttare la credulità del consumatore. Anche il Regolamento recante la disciplina dei servizi a sovrapprezzo di cui al D.M. n. 145/2006 contempla, tra gli altri, i servizi di astrologia e car-tomanzia, concludendo nel senso che “trattasi di riferimenti normativi idonei a far ritenere la cartomanzia attività economica non vietata in se e per sé ma solo laddove venga svolta con modalità idonee ad abusare dell'altrui ignoranza e superstizione”, laddove “dal provvedimento impugnato e dal presupposto verbale del 31 luglio 2017 non emergono elementi atti a dimo-strare che l’attività svolta dalla ricorrente fosse esercitata con modalità truffaldine o comunque idonee ad abusare della credulità popolare”.

La sentenza suindicata viene contestata, nei sopra sintetizzati presupposti motivazionali e negli esiti dispositivi, dall’appellante Ministero dell’Interno, mentre si oppone all’appello, anche eccependone sotto plurimi profili l’improcedibilità e l’inammissibilità, la società ori-ginariamente ricorrente.

Tanto premesso, l’appello non è meritevole di accoglimento: il che esime dalla disamina delle eccezioni in rito formulate dalla parte resistente.

Come accennato, costituisce oggetto del giudizio l’appartenenza dell’attività di cartomanzia, esercitata nella specie in forma telefonica dalla società appellata, alla sfera della illiceità, come ritenuto dall’Amministrazione appellante con il provvedimento inibitorio impugnato in primo grado, ovvero la sua riconducibilità al novero delle attività economiche lecitamente realizza-bili, laddove svolte secondo modalità intese a salvaguardare gli interessi coinvolti dal loro svolgimento: questione che involge, essenzialmente, l’interpretazione dell’art. 121 del Testo Unico Legge di Pubblica Sicurezza (R.D. n. 773/1931), ai sensi del quale “è vietato il mestiere di ciarlatano”, in combinato disposto con l’art. 231 del relativo Regolamento di esecuzione (R.D. n. 635/1940), a mente del quale “Sotto la denominazione di "mestiere di ciarlatano", ai fini dell'applicazione dell'art. 121, ultimo comma, della Legge, si comprende ogni attività di-retta a speculare sull’altrui credulità, o a sfruttare o alimentare l’altrui pregiudizio, come gli indovini, gli interpreti di sogni, i cartomanti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incan-tesimi, esorcismi o millantano o affettano in pubblico grande valentia nella propria arte o pro-fessione, o magnificano ricette o specifici, cui attribuiscono virtù straordinarie o miracolose”.

Premesso che il Regolamento approvato con il Regio Decreto n. 635/1940, in virtù della sua funzione esecutiva del T.U.L.P.S., deve essere interpretato ed applicato coerentemente con la posizione gerarchicamente subordinata che riveste nel quadro delle fonti statutarie, ergo senza attribuire alle sue disposizioni contenuti dissonanti rispetto alle corrispondenti norme del Regio Decreto n. 773/1931, la suindicata questione ermeneutica si risolve in quella intesa a verificare se l’attività di cartomanzia sia inquadrabile tout court come espressione di “ciarla-taneria”, secondo quanto lascerebbe arguire il tenore letterale dell’art. 231 Reg. esec. del T.U.L.P.S., ovvero se, a tal fine, devono ricorrere attribuiti ulteriori, che lo stesso Regolamento di esecuzione, nell’incipit dell’art. 231, identifica nella “speculazione sull’altrui credulità”

Premesso che il Regolamento approvato con il Regio Decreto n. 635/1940, in virtù della sua funzione esecutiva del T.U.L.P.S., deve essere interpretato ed applicato coerentemente con la posizione gerarchicamente subordinata che riveste nel quadro delle fonti statutarie, ergo senza attribuire alle sue disposizioni contenuti dissonanti rispetto alle corrispondenti norme del Regio Decreto n. 773/1931, la suindicata questione ermeneutica si risolve in quella intesa a verificare se l’attività di cartomanzia sia inquadrabile tout court come espressione di “ciarla-taneria”, secondo quanto lascerebbe arguire il tenore letterale dell’art. 231 Reg. esec. del T.U.L.P.S., ovvero se, a tal fine, devono ricorrere attribuiti ulteriori, che lo stesso Regolamento di esecuzione, nell’incipit dell’art. 231, identifica nella “speculazione sull’altrui credulità”