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L amore per la scienza e nello stesso tempo la convinzione profonda che la scienza debba essere posta al servizio del pub

DEL 10 ALL’ANNO

Somma rendite residue del cespite Valore capitale del cespite

Declino durante l’anno Declino durante l’anno

Rendita Rendite Valore

Anno annuale residue % del del cespite % del

airinizio declino all’inizio declino

dell’anno Ammontare annuale dell’anno Ammontare annuale

sul valore sul valore

originario originarlo a ) (2) (S) (4) (5) (6) (7) i L. 1.000 L. 10.000 1.000 10.0 L. 6.144 L. 385 6.3 2 1.000 9.000 1.000 10.0 5.759 424 6.9 3 1.000 8.000 1.000 10.0 5.335 467 7.6 4 1.000 7.000 1.000 10.0 4.868 513 8.3 5 1.000 6.000 1.000 10.0 4.355 564 9.2 6 1.000 5.000 1.000 10.0 3.791 621 10.1 7 1.000 4.000 1.000 10.0 3.170 683 11.1 8 1.000 3.000 1.000 10.0 2.487 751' 12.2 9 1.000 2.000 1.000 10.0 1.736 827 13.5 10 1.000 1.000 1.000 10.0 909 909 14.8

È interessante notare che nel caso rappresentato nella Tav. 7, il declino del valore capitale procede con tasso crescente (colonna

7

e

6

) e che solo nell’anno 7 il valore capitale risulta dimezzato rispetto al­ l’anno 1 (colonna 5).

Confrontiamo questi risultati con quelli che si ottengono per il caso rappresentato nella Tav.

8

.

(7) Le Tav. 7 e 8 sono tratte da Terbobgh, Realistic Depreciation Policy,

Ta v. 8

DECLINO DEL VALORE CAPITALE DI UN CESPITE CON RENDITA AN­ NUALE DECRESCENTE DI UN VALORE COSTANTE, AL TASSO DI DISCONTO

DELLE RENDITE FUTURE DEL 10 % ALL’ANNO

Anno Renditaannuale

(1)

Somma rendite residue del cespite Valore capitale del cespite

Rendite residue all’inizio dell’anno

(2)

Declino durante l’anno

Valore del cespite

all’inizio dell’anno

(5)

Declino durante l’anno

Ammontare (3) % del declino annuale sul valore originario (4) Ammontare (6) % del declino annuale sul valore originario (7) i L. 1.900 L. 10.000 L. 1.900 19.0 L. 7.096 L. 1.190 16.8 2 1.700 8.100 1.700 17.0 5.906 1.109 15.6 3 1.500 6.400 1.500 15.0 4.797 1.020 14.4 4 1.300 4.900 1.300 13.0 3.776 922 13.0 5 1.100 3.600 1.100 11.0 2.854 815 11.5 6 900 2.500 900 9.0 2.039 696 9.8 7 700 1.600 700 7.0 1.343 566 8.0 8 500 900 500 5.0 778 422 6.0 9 300 400 300 3.0 355 264 3.7

10

100 100 100

1.0

91 91 1.3

Il declino valore capitale, in questo caso, a differenza che in quello precedente (della Tav. 7) procede con tasso decrescente e diviene alla fine quasi trascurabile (colonna 7 e

6

). Nell’anno 5 il valore del cespite è ridotto ormai quasi a un terzo del valore iniziale (colonna 5).

Nelle Tav. 7 e

8

, si è assunto un cespite con vita di dieci anni e un tasso di disconto del 10 %. Ma sia la durata del cespite e quindi la distribuzione temporale della sua rendita, come il tasso di sconto, influi­ scono sull’andamento della curva del declino del valore del cespite in funzione della sua rendita. Per avere una idea concreta della impor­ tanza quantitativa delle due variabili, possiamo porre a confronto, nella Fig. 2, otto gruppi di rappresentazioni di tali curve, rispettivamente per una durata del cespite di dieci, quindici, venti, trenta, quaranta, cinquanta, sessantacinque, cento anni, al tasso di disconto del 15 %, del 10 % e del 5 %, in ipotesi di rendita netta che diminuisce con ragione costante, aggiungendo in ogni grafico la retta del declino del valore, ottenuta applicando l’ammortamento uniforme p.d. (ossia in ipotesi di declino uniforme) (

8

). Risulta agevole notare che: a) in ogni grafico, la curva pn\ distante dalla retta del declino del valore uniforme, per la sua maggiore convessità verso il basso, è quella costruita assumendo il tasso di disconto minore; b) fra tutti i grafici, quello che presenta curve più distanti, per la loro concavità, dalla retta del declino di valore uniforme,

Il ce sp it e d u ra 7 5 anni II ce sp it e d u ra 4 0 anni II ce s p it e d u ra 2 0 anni II ce sp it e d u ra IO anni 361 PIG. 2

Declino del calore capitale del cespite quando la sua rendita declina di un calore costante, per cespiti con cita di dicersa lunghezza e a dicersi tassì di disconto (indicati nella Fig. con la % ). In ascisse sono segnate le percentuali di cita spirata

e in ordinata le percentuali di valore perduto.

Il ce sp it e d u ra 1 5 a n ni II ce sp it e d u ra 3 0 anni lì ce s p it e d u ra 5 0 anni II ce s p it e d u ra 1 0 0 anni

h parità di tasso di disconto, è quello relativo al cespite con vita più breve. Sicché quando il tasso di disconto è alto e la vita del cespite è molto lunga, la legge a cui ubbidisce il declino del valore del cespite, ac­ cogliendo l’ammortamento uniforme non presenta una grande diver­ genza dalla legge con cui declina il valore del cespite, in funzione di Una rendita netta supposta costantemente decrescente. Inversamente in caso opposto.

È evidente quindi quando l’accelerazione dell’ammortamento effet­ tuata sostituendo aH’ammortamento uniforme p.d. un metodo di ammor­ tamento decrescente (in particolare quello uniforme sul valore residuo) sia maggiormente utile per raggiungere la meta di adeguare la legge di distribuzione temporale dello ammortamento fiscale alla legge con cui declina il valore del cespite, in funzione della sua rendita netta. (11 che, lo si noti, non significa affatto affermare la identificazione dei valori rispettivi. Su ciò avremo occasione di tornare: v. p. 377).

Queste conclusioni sono però state raggiunte assumendo un declino costante della rendita netta annua del cespite. Quando l’andamento tem­ porale della rendita è diverso, le cose cambiano. Ma anche prescindendo da ciò, giova notare che dalla osservazione di cui sopra non si possono trarre delle indicazioni perentorie, se non a prezzo di un grave sempli­ cismo economico. Come vedremo, in realtà il problema economico della attribuzione temporale delle quote di ammortamento necessarie e suf­ ficienti per coprire i costi costanti, netti di interessi e di compensi per i rischi e per l’attività imprenditizia, è un problema economico di riparto di costi congiunti: e come tale, non può essere risolto con nessuna frettolosa « mistica numerica ». Se la variazione del valore capitale del cespite in funzione della sua rendita, può essere un buon criterio per questo riparto, non è detto nè che gli altri criteri siano da gettare sen­ z’altro in un canto e nè che si possa stabilire una graduatoria fra cri­ teri in cui uno debba essere posto al vertice, con la qualifica di più aderente alla « realtà economica » dei costi e come tale perfetto.

Tornando ai valori capitali della rendita del cespite, gioverà ricor­ dare che, nella ipotesi che la rendita sia costante nel tempo, illustrata dalla Tav. 7, la curva del declino del valore non apparirà convessa verso le ascisse, ma concava, poiché il tasso di declino di tale valore capitale è crescente, Ora, l’ipotesi di reddito eguale nel tempo, per molte specie di cespiti, non è affatto irreale: molti impianti e attrezzature praticamente recano sempre lo stesso servizio sino a quando diven­ tano di colpo inservibili. Un esempio caratteristico è quello delle lam­ pade elettriche. Si osserverà però che le spese per manutenzioni e ripa­ razioni tendono solitamente ad aumentare con l’invecchiamento del cespite. Ma questo argomento può essere di scarso rilievo, quando le manutenzioni e riparazioni — qualsiasi sia il loro andamento tempo­ rale — si mantengono sempre in una entità modesta rispetto alla ren­ dita del cespite. Ciò può naturalmente accadere con facilità: il caso delle lampadine elettriche, è ancora una volta caratteristico. D ’altro canto non è detto neppure che la spesa per le manutenzioni e ripara­ zioni debba sempre aumentare grandemente con l’età del bene.

Impa-— 363

rando a conoscere rimpianto, l’attrezzatura, a cui esse vanno sommi­ nistrate, è possibile anzi che talora tali spese, col tempo, diminuiscano. Se il bene strumentale è di un tipo nuovo, è da presumere che, col tempo, il costo delle riparazioni e manutenzioni sia influenzato da «economie esterne ».

Ma vi è di più. La curva dei valori capitali del reddito del cespite non dipende solo dalle condizioni tecniche relative alla sua efflcienza fisica. Entrano in gioco anche considerazioni economiche, più complesse. È possibile che nei primi anni il reddito netto del cespite sia inferiore che in quelli successivi anche prescindendo dalle « economie esterne » per i pezzi di ricambio e le manutenzioni. Infatti l’introduzione di una macchina nuova per l’impresa, esige un adattamento reciproco dei vari fattori produttivi. Nell’impresa che inizia a fabbricare un nuovo pro­ dotto (od a prestare un nuovo servizio) il ricavo (lordo delle manuten­ zioni e riparazioni) tratto dagli impianti e dalle attrezzature è minore normalmente nei primi anni, anche quando si tratti di impianti o attrez­ zature ben conosciuti dall’impresa in questione. E così, nella impresa di nuova istituzione che fabbrichi anche un prodotto vecchio (o presti un servizio già conosciuto dai consumatori): con l’andare del tempo il ricavo lordo aumenta, la clientela dell’impresa si infittisce, la sua rete di fornitori e di persone disposte a farle credito si accresce, le maestranze si affinano, l’efficienza del complesso si consolida. Il concetto di « avviamento », nella accezione corrente fra gli uomini di affari, illustra egregiamente quanta importanza abbia nella pratica, il feno­ meno del passare del tempo, per l’espansione del reddito di una data impresa, che produce, con dati impianti ed attrezzature. Ora, quando l’aumento dei ricavi dell’azienda dipendenti da un più intenso e migliore sfruttamento della sua capacità produttiva — assunta come un dato — è controbilanciato dall’aumento dei costi di manutenzione e di ripara­ zione, può essere adeguata alla realtà la ipotesi di ricavo netto co­ stante nel tempo (beninteso a parità di impianti ed attrezzature). Ma se l’aumento delle spese per manutenzioni e riparazioni non gioca un ruolo notevole (ad esempio perchè le maestranze hanno imparato a conoscere come tali servizi vadano somministrati e perchè sono inter­ venute le ricordate «economie esterne»), allora si può concepire, specie per l’impresa nuova, anche la ipotesi di ricavo netto per qualche anno fortemente crescente. Allora la curva del declino del valore capitale del cespite in funzione del suo reddito netto, nei primi anni scenderà di poco al di sotto alla retta parallela alle ascisse che taglia le ordinate nel punto che indica il valore capitale iniziale del cespite.

Taluni autori affermano però che, a favore di una preminenza della legge del declino del valore capitale del reddito netto del cespite più accentuato nei primi anni, su altre leggi relative alla sua distribuzione temporale, gioca la considerazione decisiva del c.d. fenomeno della « obsolescenza » (9). Giova notare che non sempre è chiaro a quale

spe-(9) Così Terborgh, Realistic Depreciation Policy, eft., p. 34, secondo cui,

eie di invecchiamento si voglia alludere con il termine di « obsole­ scenza ». In ogni caso, però, anche se si può ammettere una legge gene­ rale dell’invecchiamento tecnologico (denominando quest’ultimo come «obsolescenza») giova notare che: a) per quanto generale, essa non può investire tutti gli impianti e le attrezzature ad un tem po e che verosimilmente, molti cespiti sono destinati a non diventare obsoleti in questo senso anche per lunghi decenni; 6) che l’obsolescenza come fenomeno aziendale, e di m ercato, non agisce necessariamente sul va­ lore capitale del reddito del cespite di più nei primi anni che negli ultimi di vita di una attrezzatura o di un impianto di una certa im­ presa, ossia deprimendo il reddito ogni anno di un valore costante; c) che vi sono forze, connesse allo sviluppo economico e allo stesso progresso tecnico che, attraverso la espansione di domande e l’esau­ rimento progressivo di certe specie di risorse, danno vita a tendenze opposte a quella prodotta dall’obsolescenza. Si noti infine che, se l’ob­ solescenza investe un certo impianto o una certa attrezzatura, perchè ne esiste uno di tipo nuovo, più efficiente, la sostituzione implica un riadattamento reciproco dei fattori produttivi (es. istruzione delle mae­ stranze addette). Così se per rimpianto o l’attrezzatura vecchia il red­ dito ha subito un declino particolarmente accentuato negli ultimi anni, in cui si suppone intervenuta l’obsolescenza, per quello nuovo c’è da aspettarsi, nei primi anni, una fase di incremento del reddito netto e quindi di declino particolarmente tenue del valor capitale. Su que­ sta fase ascendente del reddito, gioca pure il dispiegarsi delle «eco­ nomie esterne» sia per i pezzi di ricambio, sia per l’assunzione di maestranze specializzate, sia per l’adozione di fattori complementari particolarmente adatti etc.

Con queste osservazioni, naturalmente non si vuole negare il peso del fenomeno deU’invecchiamento tecnologico sul valore capitale del cespite in funzione del suo reddito, ma solo avanzare delle serie ri­ serve nei confronti della tesi che, in virtù di questo fattore, si debba ammettere una legge empirica — avente applicazione gen erale — della decrescenza temporale uniforme del reddito dei cespiti e quindi di un declino del valore capitale del reddito netto più accentuato nei primi anni, che si va man mano smorzando.

È ad ogni modo il caso di notare ehe l’invecchiamento tecnologico, può avere una importanza forse più considerevole, per quel che concerne il valore di rea lizzo del cespite. Una volta che esso è avulso dalla azienda in cui opera, più facilmente, il fatto che esistano beni rivali più mo derni ne intaccherà il valore. Un fenomeno importante da tenere pre­ sente, per quel che concerne il declino temporale del valore di realizzo in confronto al valore di uso del cespite, è poi quello dell’adattamento reciproco dei fattori produttivi di una data impresa e dell’avviamento in senso ampio, che l’inipresa ha acquistato con l’andare del tempo.

poiché nulla può fare assumere che vi sia una legge di distribuzione temporale non uniforme, dell’obsolescenza, sul reddito del cespite. Come noi sappiamo, quando il reddito declina con tasso costante, da un anno all’ altro, il valore

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A meno che il cespite non venga ceduto insieme con il resto dell’azienda od a meno che esso rappresenti l’elemento essenziale e preponderante dell’azienda, è chiaro che realizzando un cespite, anche in ottimo stato, non si può conseguirne un prezzo che tenga conto della sua particolare redditività per chi lo ha ceduto. Infine va notato che, sulla curva del valore di realizzo del cespite nel tempo, gioca un importante fatto, che tende a deprimerne maggiormente il valore nel periodo iniziale e che in seguito tende a mantenerlo facilmente piuttosto alto per molti anni, sino a che non interviene un brusco declino finale. Il cespite «u sato» viene venduto su un mercato particolare, che è il mercato dei beni «u sa ti», anziché sul mercato dei beni nuovi, su cui origina­ riamente fu acquistato. Così basta che il cespite nuovo sia stato im­ messo nella nostra impresa e che vi sia stato usato anche poco, per­ chè perda bruscamente di valore. Ciò si spiega sia in relazione al fatto che il rischio e l’incertezza relativi al rendimento ed alla durata di un bene «u sa to» sono incomparabilmente maggiori che quelli relativi a un bene nuovo, sia in relazione ai fattori psicologici che agiscono per deprimere il valore dei beni « usati » in confronto a quelli nuovi, anche a parità pratica di efficienza fisica e sia in relazione ai diversi costi di distribuzione e dalle diverse condizioni di mercato che si incontrano sul mercato dei beni usati e su quello dei nuovi. Così — in definitiva — se è vero che il valore di realizzo può essere funzione del­ l’usura fisica dell’impianto o della attrezzatura e quindi della sua ca­ pacità futura a produrre un servizio della medesima qualità fisica di quelli precedenti, a immutati costi per le manutenzioni e riparazio­ ni, è anche vero che il valore di realizzo dipende molto: a) dalla condizione di bene «u sato», del cespite e 6) dalla sua età, che è un indice del suo presunto precedente uso e che contiene pure un certo riferimento all’influenza dei c.d. fenomeni di « obsolescenza ». Da ciò non si possono però trarre leggi generali sulla distribuzione tempo­ rale dei valori di realizzo. Anche qui tutto ciò che, onestamente, si può dire, è che vi è un declino con gli anni. Anche se è dato di pre­ sumere che negli anni iniziali questo declino sia particolarmente brusco, e che per un certo numero di anni seguenti esso sarà particolarmente basso, sino a ritornare molto brusco alla fine della vita fisica del cespite, tuttavia non si può affermare che questa sia una legge generale.

4. —- È tempo ora di considerare a quali fenomeni di costi siano da ricollegare le espressioni contabili degli ammortamenti nella teoria della produzione dell’impresa, e di illustrare brevemente come le no­ zioni appartenenti alla sezione della teoria del capitale, che abbiamo rapidamente passato in rassegna, in relazione agli ammortamenti, si riconnettano a quelle appartenenti alla sezione della teoria del reddito dell’impresa. Ritornare su concetti elementari, non è, nel caso nostro, un perditempo. Infatti, ciò che a noi importa, è di mostrare i legami fra talune nozioni elementari e altre nozioni, in guisa da consentire che la -teoria economica degli ammortamenti fiscali risulti impostata nelle linee semplici ma precise, che le competono e che non sempre purtroppo le sono state riconosciute.

È noto che ogni imprenditore ha innanzitutto dei costi per beni strumentali durevoli (che d’ ora innanzi chiam erem o p er brevità « im­ p ian ti »), i quali torniscono servizi per più cicli successivi di lavora­ zione e dei costi per beni strumentali a fecondità semplice (« capitale circolante »), per servizi di lavoro (ivi compreso il lavoro dell’impren­ ditore, non specificamente imprenditoriale) e per servizi di imprese esterne goduti mediante contratto (es. i servizi delle ferrovie e i ser­ vizi dei locali goduti in affitto). Per chiarire i nostri concetti, è bene soffermarsi brevemente sulle nozioni di periodo breve e di p eriod o lungo che queste diverse voci di costo richiamano. Si può definire come «p e­ riodo lungo » l’intervallo temporale necessario e sufficiente perchè siano variabili tutti gli elementi del processo produttivo. Si può definire come « periodo breve », per converso, quell’intervallo temporale in cui sono assunti come un dato i costi per immettere gli impianti nel pro­ cesso produttivo, ed appaiono invece come variabili tutti gli altri costi. Pertanto il periodo lungo è misurato dall’intervallo temporale inter­ corrente fra il momento della immissione nella impresa dell’impianto di maggiore durata e il momento della sua messa fuori uso. Il periodo breve invece è quell’intervallo di tempo misurato dal periodo maggiore fra tutti quelli: a) intercorrenti fra l’inizio e lo spirare (compresa la risoluzione anticipata con versamento di un ragion evole indennizzo) dei contratti relativi ai servizi da impiegare nei processi produttivi; b) intercorrenti fra l’inizio e lo spirare (anche nel senso lato appena precisato) dei contratti relativi all’acquisto del capitale circolante in­ suscettibile di essere accantonato senza nuovi costi per impianti (es. nuovi magazzini o nuovi apparecchi per conservare in efficienza le der rate giacenti in magazzino); c) intercorrenti fra l’inizio e lo spirare del tempo necessario per eseguire le lavorazioni del prodotto dell’im­ presa che si considera. Ovviamente nel caso in cui la durata di tutti gli impianti sia minore del più grande dei periodi indicati sub a), b), c) , la distinzione fra periodo breve e periodo lungo cessa di essere va­ lida. Quando poi la durata di alcuni impianti (ma non di tutti) è in­ feriore al maggiore dei periodi indicati sub a), b), e), la distinzione da noi tracciata rimane valida in generale, ma abbisogna di essere qua­ lificata: alcuni costi per beni durevoli rientrano fra i costi del breve periodo e quindi possono essere ricompresi, sia pure con delle cautele, nella nozione dei costi per il capitale circolante, valida in breve pe­ riodo. Ciò ha molta importanza, ai fini della imputazione dei costi per impianti, ai vari anni del periodo lungo. Ma in quel che segue, trascu­ reremo per il momento questa complicazione e supporremo che tutti gli impianti abbiano una durata che supera il periodo breve. Solo verso la fine del pf. torneremo su questo punto.

Ora giova volgere l’attenzione alla lista dei costi. Quella che ab­ biamo sino ad ora stilata, non esaurisce tutti i costi p er l’ im prendi­ tore, nè in periodo lungo nè in periodo breve. Li esaurirebbe solo se si potessero assumere come nulli il tasso dell’interesse, il rischio e le incertezze e l’attività tipica dell’imprenditore. Se non si adottano tali assunzioni, occorre aggiungere i costi per queste ultime voci. Anche

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questi nuovi costi si possono ripartire fra il periodo breve ed il pe­ riodo lungo, secondo die siano variabili già con il trascorrere del­ l’uno oppure soltanto con il decorso di tutto l’altro. E precisamente, compaiono fra i costi di breve periodo gli interessi per il capitale ed i compensi per le incertezze e i rischi che si riferiscono ai servizi di lavoro, ai servizi acquistati per contratto da altre imprese ed al capi­

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