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di Antonio Vesco Fabrizio Di Mascio

PARTITI E STATO IN ITALIA LE NOMINE PUBBLICHE TRA CLIENTELISMO E SPOILS SYSTEM

pp. 280, € 26, ' il Mulino, Bologna 2012

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uali logiche regolano il

si-stema delle nomine pubbli-che in Italia? Quanto incide il vecchio sistema partitocratico nella regolazione degli incarichi statali? La ricerca condotta da Fabrizio Di Mascio, dottore di ricerca all'Istituto di scienze umane di Firenze, guarda alle trasformazioni della democrazia italiana "attraverso il prisma del controllo partitico sullo Stato", nell'ambito di un programma in-ternazionale che inquadra il li-vello di politicizzazione dello stato italiano in una prospettiva comparata.

I risultati presentati in questo rigoroso volume mostrano come il potere di nomina dei

partiti in Italia appaia ancora oggi pervasivo a tutti i livelli. Gli esponenti politici ita-liani continuano così a segnalare ai vertici delle imprese pubbli-che aspiranti dirigenti o dipendenti, ma cre-sce il potere delle nuo-ve figure manageriali di "respingere le

ri-chieste per salvaguardare l'effi-cienza di aziende che operano con risorse pubbliche sempre più scarse". Distinguendo il li-vello centrale da quello periferi-co, il libro descrive due diverse strategie possibili di controllo politico. Da un lato, a livello na-zionale la densa rete di incarichi ministeriali si estende ai vertici delle amministrazioni articolate in modalità relativamente

discre-l'alta professionalizzazione ne-cessaria al funzionamento di isti-tuzioni complesse. Dall'altro, le amministrazioni subnazionali sono invece interessate da una più ampia offerta di opportunità di patronage: non dovendo ge-stire complessi livelli di funzio-namento esse utilizzano la pro-pria flessibilità organizzativa prevalentemente per l'estrazione di risorse pubbliche - un mecca-nismo particolarmente radicato in alcune regioni del Sud.

Patronage e clientelismo rap-presentano dunque categorie ancora valide per l'analisi dei fe-nomeni politici in questione? L'eterogeneità degli approcci di studio a questi due fenomeni ha reso sempre più sfumati i confi-ni tra i due concetti, fino a con-fonderli. Ci si è soffermati ora sul concetto di scambio, ora sul-la distribuzione di risorse pub-bliche fondata su principi non meritocratici, giungendo a una paradossale uniformità di visioni

normative, d'accordo nel mettere in eviden-za gli aspetti di distor-sione di un sistema de-mocratico.

Di Mascio riesce nella duplice impresa di mettere ordine in questa eterogeneità di definizioni e contem-poraneamente descri-vere il patronage come pratica formalizzata tra le tante possibili nell'ambito dei rapporti umani: "Un eserci-zio motivato di discreeserci-zionalità da parte di attori politici", i qua-li distribuiscono incarichi ammi-nistrativi nel settore pubblico sulla base di criteri politici in luogo di quelli meritocratici. Il patronage può dunque rappre-sentare uno degli oggetti dello scambio clientelare, ma esso opera esclusivamente all'interno zionali allo scopo di preservare dello stato, mentre gli scambi

È in libreria

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9 ultimo libro di Richard Sennett, Insieme, è dedica-to a Stuart Proffitt, il suo edidedica-tor inglese, e a Elisabeth Ruge, la sua editor tedesca: entrambi sono "redattori che svolgono con peri-zia il lavoro redazionale, un me-stiere quasi estinto", scrive Sen-nett a conclusione della prefazio-ne, ed entrambi sono stati con-cordi, aggiunge, "nel raccoman-darmi di curare di più la qualità della scrittura". E con ciò è già stabilita una precisa connessione fra questo secondo libro della "trilogia" a cui Sennett sta lavo-rando, dedicato alla cultura della collaborazione, e il

pri-mo, 13uomo artigiano,

dedicato alla cultura del "lavoro ben fatto". Può un libro essere "ben fatto" in assenza di collaborazione? Obiettivo di Sennett è costruire le tre parti di questo libro (incentra-te su come la collabo-razione può essere pla-smata, indebolita e

raf-forzata) mediante esempi con-creti, tratti da ricerche antropo-logiche, storiche, sociologiche e politiche, e presentati in una for-ma che si presti alla discussione dialogica e al coinvolgimento cri-tico di un lettore "intelligente e non addetto ai lavori". Scopo della sua scrittura non è "inchio-dare il lettore in una particolare posizione" ma "praticare l'arte della collaborazione sulla pagi-na". Quanto al terzo libro della trilogia, ultima tappa di questo progetto, nel suo insieme defini-to da Sennett "Progetdefini-to homo faber", sarà dedicato a un me-stiere "a rischio di estinzione", la progettazione urbana. Stretta-mente connesso alle ricerche presentate nei due precedenti, ci annuncia qui Sennett, il terzo sa-rà scritto con la speranza che "dalla comprensione del lavoro materiale e dalla collaborazione sociale possano scaturire idee nuove su come costruire meglio le nostre città". Difficile dirsi estranei a un progetto così con-cepito, incentrato sulle abilità tecniche e sulle competenze rela-zionali necessarie alla "conduzio-ne della vita quotidiana": abilità e competenze che l'attuale socie-tà tende a dequalificare - me-diante la disuguaglianza materia-le, che isola le persone, il lavoro a tempo determinato, che rende più superficiali i loro contatti so-ciali, e l'omologazione culturale dei gusti e dei consumi, oggi evi-dente in ogni campo, che non dissolve ma alimenta l'angoscia "tutta moderna" per la differen-za - e che in quanto tali non so-no la "salvezza" ma la condizio-ne perché "le grandi questioni del Senso e del Valore" non ri-mangono "astrazioni".

RICHARD 8ENNKTT llisit'im*

La collaborazione al centro dell'indagine sennettiana è quel-la, "impegnativa e difficile", che può consentirci di comunicare -e di ascoltar-e - in alt-ernativa al confliggere, facendo fronte a re-sistenze e differenze altrimenti insuperabili. La convinzione di Sennett, il nucleo della sua ricer-ca, è che la sensibilità per l'altro che caratterizza tal genere di col-laborazione non sia una disposi-zione etica o uno stato della mente insito in ciascuno di noi, ma "scaturisca dall'attività prati-ca". Tra i molti, un solo esempio, la pratica della "riparazione". Pensare alla riparazione come a una pratica altrettanto significa-tiva della fabbricazione, argo-menta Sennett, ci attrezza a lavo-rare non "contro" ma "con" re-sistenze ed errori, ci segnala le varie possibilità che si aprono a fronte del cedimento di un og-getto, di una struttura, di una re-lazione. Quando si combatte contro una resistenza, quale essa

sia, ci si concentra su come eliminare il pro-blema più che sulla sua comprensione; quando si lavora con la resistenza si mette temporaneamente da parte la frustrazione provocata dell'essere bloccati nell'azione per concentrarci sul problema in sé. Quan-do l'errore sia trattato come un "dato interessante", il problema alla fine si risolverà. E una regola di condotta, quella che qui Sennett ci segnala, che evoca puntualmente l'invito, sol-tanto anagraficamente vecchio (1958), rivolto ai sociologi dal fi-losofo analitico Peter Winch: quello di non liquidare frettolo-samente come "irritanti corpi estranei" le "perplessità filosofi-che" che possono presentarsi nel corso di una ricerca empirica, ma di far procedere di pari pas-so ricerca empirica e concettua-le, osservazione del "mondo" e indagine sulla parte che il lin-guaggio assolve nel definire i concetti che a loro volta defini-scono "la forma" della nostra esperienza del mondo.

Sullo sfondo del volume aleg-gia, salutare, l'ombra del "più dialogico di tutti gli scrittori", il padre della modernità, Michel de Montaigne, che sul finire del-la propria vita, ci ricorda Sen-nett a conclusione del proprio lavoro, inserì in un saggio scritto molti anni prima il seguente in-terrogativo: "Quando gioco con la mia gatta, come faccio a sape-re se non sia lei che sta giocando con me?". Comprendere che co-sa passi nel cuore e nella mente delle persone con cui dobbiamo collaborare non è facile; ma non-dimeno, così come Montaigne non smise di giocare con la sua gatta, noi dobbiamo continuare a impegnarci nel lavorare con gli altri. Questa è la "semplice con-clusione" che Sennett spera il lettore tragga dalla sua "tortuosa

perlustrazione". •

andrea.sormano§unito.it

A. Sormano insegna sociologia all'Università di Torino

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