IL SECOLO A R M A T O INTERPRETARE
LE VIOLENZE DEL NOVECENTO
ed. orig. 2011, trad. dal francese di Luisa Cortese,
pp. 238, € 19, Feltrinelli, Milano 2012
F
igura di punta della riflessione internazionale sui rapporti fra storia e memoria, autore di un'ori-ginale interpretazione della storia novecentesca europea incardinata attorno alla categoria di "guerra ci-vile", Traverso ha raccolto e riscrit-to, "talvolta anche in modo molto consistente",otto saggi re-datti nell'ar-co di un quindicennio e "legati tra loro da uno stesso ogget-to di ricerca: i dibattiti sto-riografici in-torno alle
violenze del mondo contempora-neo, le interpretazioni globali del XX secolo come epoca di guerre, totalitarismi e genocidi". Il risulta-to è un bel libro, lucido e appas-sionato, che trova punti di riferi-mento metodologici generali in Walter Benjamin e Reinhart Kosel-leck, ingaggiando anche un dialo-go serrato con studiosi quali Quentin Skinner, Amo Mayer ed Eric J. Hobsbawm. Del primo Tra-verso soppesa con attenzione il ri-chiamo a una lettura "and-essen-zialista" delle fonti, non senza rile-vare come la sua proposta, però, dia "spesso l'impressione di voler imprigionare le idee di un'epoca all'interno della loro cornice lin-guistica". Dal secondo (chiamato affettuosamente "Amo"), Traver-so attinge, rielaborandola, una no-zione di storia delle idee fondata sulle quattro "regole" della conte-stualizzazione, dello storicismo, del comparativismo e della concet-tualizzazione. Con il terzo, e forse non potrebbe essere
al-trimenti trattandosi di un libro sul Novecento, il lavoro di Traverso si apre e chiude.
Al leggendario stori-co inglese del "sestori-colo breve" Traverso dedica infatti il capitolo d'e-sordio, confrontando la sua tetralogia con i più recenti tentativi di al-largare in chiave
globa-le la storia contemporanea a ope-ra di Christopher Bayly e Jurgen Osterhammel. E sottolinea dun-que il carattere "eurocentrico" della nota periodizzazione di Hobsbawm, elaborata tra la fine degli anni cinquanta e la metà de-gli anni novanta, "in un orizzonte storiografico che precede il post-colonialismo". Con quest'ultimo invece Traverso dialoga abilmen-te, così come con il modello del "lungo" XX secolo dell'economi-sta e sociologo Giovanni Arrighi. Né Traverso manca di disegnare un parallelo critico con Furet o mostrare come l'approccio di "lunga durata" di Hobsbawm "assorbe l'evento" e produce
KNZOTXAVZRSO
Il Mxoto armate
un'"indifferenza" che "riguarda non soltanto i campi nazisti e il gulag, ma anche altri momenti chiave del XX secolo" come il maggio '68. Ma Traverso anche ri-conosce giustamente a Hob-sbawm di incarnare un'"inquietu-dine" che è "uno specchio del no-stro tempo". E centocinquanta pagine dopo, in una sensibile con-clusione sulla "malinconia" da cui è affetta la storiografia del XX se-colo, ribadisce che "la visione tra-gica della storia che permea le opere del vecchio Hobsbawm (...) è più feconda della celebra-zione compiaciuta dei vincitori". Nelle centocinquanta pagine comprese fra i due ultimi brani
ci-tati, Il secolo
armato
muo-i proprmuo-i ve
altri sette ni-tidi capitoli fra le rivolu-zioni in Fu-ret e Mayer e i fascismi in
M o s s e ,
Sternhell e Gentile; di-scetta in maniera piana e profon-da di Shoah, genocidi e totalitari-smo; scala con disinvoltura ardue cime della più recente riflessione filosofica sulla storia quali il "bio-potere" in Foucault e Agamben; insegue, agile e levigato, "teorie viaggianti" fra D'esilio ebraico" di Hannah Arendt e D'Atlantico ne-ro" di C. L. R. James. Lascia an-che, però, l'impressione an-che, sulle orme di Hobsbawm, ci siano un po' troppo pochi Stati Uniti nel li-bro per poter parlare, come fa il titolo, di violenze nel XX secolo (si pensi ai linciaggi). E ci siano forse anche un po' troppo poco capitalismo/capitalismi. A tratti lo sfondo di questo tour de force di storia delle idee si fa opaco. Un esempio per tutti, un'icona del secolo, gli operai Ford, qui evo-cati solo per dire che già negli anni trenta "conoscevano il lus-so" di "appartamenti dotati non solo di un bagno, ma anche di ri-scaldamento centralizzato, tele-fono, frigorifero,' lava-trice e televisore, com-presa un'auto in gara-ge". Un'immagine, questa, che involonta-riamente li "essenzia-lizza", rispetto alla ben più complessa e dura esperienza reale, mate-riata di discriminazioni razziali e soprattutto di un regime di fabbrica nel quale predomina-vano violenza e gangsterismo pa-dronali, ampiamente attestata da trent'anni di storiografia sociale. Anche di queste e altre violenze è stato fatto il Novecento e sarebbe bene incorporarle nei "discorsi" sul secolo. Così come è augurabi-le che un libro stimolante come questo solleciti, come Traverso stesso auspica, un dialogo a tutto campo fra gli storici delle idee co-me lui e gli storici culturali e so-ciali e il loro lavoro d'archivio, sulle fonti orali, sui materialiau-diovisivi.2008. •
nando.fascegunige.it
F. Fasce insegna storia contemporanea all'Università di Genova
F. Fasce insegna storia contemporanea all'Università di Genova
Emerito intellettuale di frontiera
di Federico Trocini
ENZO COLLOTTIE L'EUROPA DEL NOVECENTO
a cura di Simonetta Soldani
con un saggio di Enzo Collotti, pp. 269, € 15,90,
Firenze University Press, Firenze 2012
rac-P
receduto nel 2009 da una giornata di studi organizzata presso l'Università di Firenze, E volume consiste in un'ampia ras-segna di contributi, volti a riper-correre l'intensa attività di stu-dio di Enzo CoEotti tramite la messa a fuoco delle più impor-tanti questioni al centro deUa sua pluridecennale riflessione storiografica.Oltre che per l'esplicita vo-lontà di rendere omaggio a uno dei maestri del Novecento ita-liano, il volume si segnala per due meriti in particolare. Da un lato, per esser riuscito a traccia-re l'affascinante profilo di un "intellettuale di frontiera" - in grado cioè di trascendere i con-fini linguistico-nazionali, met-tendoli in dialogo tra loro - la cui eredità, sul piano culturale e civile, oltrepassa di molto i più ristretti ambiti della storiografia accademica. Dall'altro, per es-ser riuscito a dare conto di tut-ta quella vastut-ta serie di contribu-ti che Collotcontribu-ti ha consegnato al-le generazioni più giovani.
Con-tributi in molti casi pioneristici, ma che tuttora, nonostante i progressi compiuti dalla storio-grafia più recente, conservano intatta la loro rilevanza, al pun-to da restare spunti fondamen-tali con cui necessariamente confrontarsi. In tal senso, cogliendo le testimo-nianze di alcuni degli studiosi che si sono confrontati in manie-ra più dumanie-ratumanie-ra con i sui lavori (tra gli altri, Giorgio Rochat, Bru-nello Mantelli, Pier Paolo Poggio e Wolf-gang Schieder), il vo-lume assume un valo-re e un significato che vanno ben oltre la
di-mensione celebrativa fornita dall' occasione del conferimento a Collotti del titolo di professo-re emerito. E diviene, di fatto, l'occasione per una sorta di bi-lancio sul contributo offerto dalla storiografia italiana alla comprensione dei grandi pro-blemi del Novecento europeo. Organizzato in sei diverse se-zioni, il volume si sviluppa per-ciò intorno a un articolato insie-me di nodi tematici tramite cui diviene possibile non solo riper-correre l'itinerario intellettuale e politico di Collotti, ma rico-struire anche segmenti decisivi di quel lungo e controverso pro-cesso di maturazione deUa
co-scienza storica avvenuto in Eu-ropa a cavallo tra 1945 e 1990: ne fanno parte sia la storia del movimento operaio e dei fasci-smi in chiave comparata, sia lo studio della Shoah e il riesame critico del "passato comune" nella regione adriatica. Al di là del contenuto di questo o quel contributo, ciò che emerge sullo sfondo, e che rientra tra i meriti dei diversi autori aver messo in evidenza, è soprattutto la
straor-dinaria rilevanza di un approccio storiografi-co orientato in senso autenticamente euro-peo, che della compa-razione ha fatto un ve-ro e pve-roprio strumen-to di indagine e inter-pretazione critica. Ha dunque ragione Lutz Klinkhammer che, do-po averne sottolineato "l'etica anti-nazional-conciliatoria", ha associato Col-lotti ai migliori esponenti della storiografia tedesco-occidentale sorta negli anni sessanta, la qua-le, per la sua propensione a prendere posizione senza tutta-via rinunciare all'ideale di obiet-tività scientifica, contribuì al ri-lancio di quella visione critico-Eluministica dello storico, cui spetterebbe E compito di spie-gare i deficit della storia nazio-nale nella speranza che ciò pos-sa evitare il ripetersi degli errori
del passato. •
federico.trocinigtin.it F. Trocini è dottore di ricerca di studi politici europei ed eutoamericani all'Università di Torino