Tu sai, Tita, che la ragazzina ha sofferto molto. Prima i genitori e ora questo… Tu sai come ho conosciuto i genitori di Adriana, Tita? Lui aveva un buco qui, sulla fronte, era impressionante,… dieci centimetri… qui… Impressionante! Aveva poi un altro buco sullo zigomo, fossa orbicolare destra e nel punto d’unione delle labbra. Gli si vedeva l’arcata dentale dai buchi che aveva… Non ho mai visto così tanti buchi su un viso e poi aveva il parietale aperto, con fuoriuscita di massa encefalica, era impressionante! A lei avevano sparato con una 45 mentre stava dormendo, qui, sul letto, non esisteva più il viso… non esisteva più il viso, Tita, aveva solo una cavità, le si vedeva appena una parte dell’occhio qui… era impressionante! Nessuno dei due aveva più il viso… Mi hanno chiamato per vedere/verificare se erano ancora vivi, bel lavoro/mestiere quello del medico, Tita, eh? (Ride. Tita non lo guarda.) I ragazzi mi hanno chiamato per vedere/verificare se erano vivi. È stata una domenica pomeriggio, in via Amenábar 2030, ho indossato il camice bianco, ho preso l’apparecchio per la pressione arteriosa che mi aveva regalato papà… Ti ricordi, Tita, dell’apparecchio che mi ha regalato papà (Ride.), e sono salito in macchina. Bel lavoro/mestiere quello del medico, eh? Sono arrivato lì alle cinque del pomeriggio, ho suonato il campanello, è arrivato uno dei ragazzi insanguinato, con l’arma in mano e mi ha detto: «Buonasera, dottore!»; io ho guardato e ho visto altri due tipi in piedi alla finestra, erano armati. «Buonasera, dottore!» «Si?» «Vorremmo che certifichi la morte della signora, perché fino a poco fa stava urlando»…
Io ho guardato verso il letto… aveva il braccio sospeso, non aveva più il viso, Tita, un buco così… «vuole che visiti la signora?» Bel lavoro/mestiere quello del medico, Tita! Lui, camminando, si è avvicinato agli altri due. La stanza era tutta piena di sangue. C’era sangue sulla porta, sul pavimento, sul soffitto, sulle finestre. Stavano tutti e tre sulla finestra a guardarmi. Ho preso il braccio della donna, le ho collegato l’apparecchio per la pressione che mi ha regalato papà. «Zero!» «La signora è deceduta», ho detto. «Grazie mille, dottore, volevamo che confermasse», e se ne sono andati … Tita.
Mi hanno lasciato solo. Il papà e la mamma di Adriana erano dei fanatici, Tita! Se questi figli di puttana non li fotti nel loro letto ti fottono prima loro, ti fanno saltare la casa…! Erano lì… Io mi sono avvicinato al letto… erano giovani …
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(In questo momento deve cadere il sangue sul viso del personaggio.i) Mi hanno lasciato solo. Ho sentito un pianto, Tita, nella stanza accanto… Ho aperto la porta e ho visto la piccola… Figli di puttana! C’è la bambina qui! Figli di puttana! C’era la bambina qui…! Quanti anni poteva avere Adriana? Un anno e mezzo o due…Per Dio, un miracolo divino! Tanti anni ad aspettare, grazie a Dio…! Chi si prende cura di te meglio di me e Ana Maria; che ti stavamo aspettando da tanti anni! Ho preso la bambina e l’ho messa in macchina e la piccola mi guardava con quegli occhi celesti, la piccola mi guardava e l’ho portata ad Ana e lei ha aperto la porta Ana! Ana!, non dire niente, questa bambina è nostra, Ana, questa bambina è… non chiedere nulla, non chiedere nulla… L’ho trovata io, io, IO! Questa bambina è nostra, l’ho trovata IO! Questa bambina è nostra, l’ho trovata, IO! IO! È nostra!!! Non chiedere mai nulla. Non chiedere mai più nulla. Mai più.
Le abbiamo insegnato a dire papà e mamma fin dall’inizio.
Aveva bisogno di tanto amore, Tita e noi avevamo tanta voglia di darglielo, per Dio! Era un periodo di merda, Tita! Bisognava uscire a fottere/uccidere tutti i giorni
…Per questo, Tita, ogni volta che squilla il telefono e io penso che può essere Adriana, che non la lasciano parlare ma che può ascoltare… (Il viso deve essere totalmente insanguina-to.)
«Pronto, Adriana, non parlare figlia mia, non palare e ascolta, ascolta… Io voglio che tu sappia che papà e mamma stanno pregando per te tutti i giorni, tutti i giorni pregano… Bisogna avere molta pazienza, Adriana, molta pazienza. Perché se le cose stanno così e Dio desidera, fra poco saremo tutti e tre di nuovo insieme, Adriana. Se le cose continuano così, fra poco saremo tutti e tre di nuovo …».
CLAUDIO PRENCIS
Introduzione a Potestad
i Noi utilizziamo un tubo con un liquido color sangue. Il tubo è posizionato sul soffitto e si riempie al momento con una siringa.
Appendice 103
L’ampio fenomeno dell’appropriazione illegale di bambini in Argentina, che nella mag-gioranza dei casi comportava l'eliminazione dei genitori da parte dei rapitori, venne alla luce solo grazie alla coraggiosa azione di un gruppo di donne chiamato le Las abuelas de Plaza de Mayo, che si è opposto in maniera esplicita e diretta alla feroce dittatura militare che governò il paese sudamericano tra il 1976 e il 1983. Questo movimento popolare spon-taneo manifestò senza interruzione la volontà di conoscere e di ottenere delle risposte concrete da parte delle autorità governative sulla sorte dei bambini scomparsi, i figli di quelli che sono tristemente passati alla storia come i desaparecidos. In totale si stima siano scomparse almeno 30.000 persone anche se questi dati rimangono parziali e forse non sa-premo mai la cifra esatta degli scomparsi.
Il «sistema» delle adozioni
I figli di queste persone sfortunate, ree di non aver aderito alle idee del regime o magari semplicemente di essersi trovate nel posto sbagliato nel momento meno opportuno, dopo essere stati sottratti ai propri genitori furono «adottati» dagli stessi repressori, dai tortura-tori, dai carnefici o dai loro complici. In questo sistema perverso, in nome della sicurezza nazionale, la repressione veniva giustificata con qualsiasi mezzo. Il meccanismo ordito dal-la dittatura argentina contava su una fitta rete di coldal-laboratori ma anche, e soprattutto, della complicità di gran parte dell'omertosa popolazione nonché delle autorità politiche, militari e religiose, che con il loro silenzio-consenso-assenso hanno di fatto reso possibile la diffusione di questa deprecabile pratica e le atrocità ad essa connesse.
Le madri di Plaza de Mayo
Le madri e le nonne di questi bambini hanno dimostrato d'essere persone diverse. Spinte dal profondo amore per i loro piccoli, convertitosi in dolore e rabbia dopo la loro perdita, incominciarono a cercarli in ogni dove, instancabilmente, senza posa. Da un lato organizzarono le loro prime riunioni nei luoghi più emblematici e affollati di Buenos Ai-res, come potevano essere Plaza de Mayo o la stazione di Retiro, dall'altro si mobilitarono nella ricerca di altre madri disperate che si trovavano nella loro medesima terribile
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zione. Questo esercito di «mamme coraggio», come verrebbero chiamate oggi in Italia, do-po essersi riunite in numero considerevole, si presentarono davanti a do-politici, giudici e ca-pi militari, scrivendo atti legali a adottando risoluzioni a discaca-pito della loro incapacità tecnica ma, pur essendo consapevoli di difettare nella forma, comunque fiduciose che il grido straziante di una madre disperata possa raggiungere la coscienza di chiunque, a pre-scindere dal grado che ricopra o da dove questi si trovi. A motivo della loro incontenibile veemenza vennero spesso arrestate dalla polizia o aggredite dall’esercito. Tuttavia, non si dettero per vinte e non rinunciarono a combattere mentre la loro perseveranza già comin-ciava a portare i primi risultati.I risultati arrivano
Infatti, il 5 agosto del 1978, in pieno clima militare, si realizzò il primo trionfo per Las Abuelas, dato che venne pubblicata per la prima volta una proposta per l'istituzione del Dìa del niño. Dal 1979 queste donne cominciarono ad avere voce in capitolo anche negli ambiti dei tribunali dei minori accedendo alla revisione dei registri di adozione, in quanto erano fermamente convinte che molti giudici corrotti e collusi con il governo nascondes-sero la verità. Nel 1980 il loro obiettivo fondamentale prese corpo quando riuscirono a ri-trovare i primi nipoti e a organizzare le cosiddette «rimpatriate». Fu un momento di grande gioia e commozione che nessuno potrà mai dimenticare. Riusciranno infine ad imporre le loro ragioni davanti al cinico Informe final della giunta militare in relazione ai sette anni trascorsi ad aspettare invano delle risposte per le loro richieste completamente disattese di avere notizie dei loro figli e nipoti spariti. Quindi, da quelle prime riunioni spontanee nel-le strade di Buenos Aires si passò alla creazione di un vero e proprio movimento di respiro internazionale che può oggi contare sull'appoggio di altre importanti organizzazioni mon-diali di «Abuelas» che costituiscono una vera e propria sinergia per la lotta a favore dei di-ritti umani, in particolare dei bambini.