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L’applicazione delle norme Il nuovo regolamento AGCM sulle procedure istruttorie.

L’APPLICAZIONE DELLE NUOVE NORME

3.2 L’applicazione delle norme Il nuovo regolamento AGCM sulle procedure istruttorie.

Inquadrati in tali termini i codici di condotta e l’autodisciplina pubblicitaria, vediamo come gli stessi si inseriscano nell’applicazione delle norme sulle PCS. L’ultimo punto di analisi riguarda quindi quella che nel Codice del consumo viene definita, riprendendo il linguaggio del legislatore comunitario, “Applicazione” (Capo III). Vale la pena ricordare come, in relazione al controllo sulle pratiche commerciali scorrette e ferma restando l’armonizzazione massima, la Direttiva lasci ampia libertà di scelta ai governi nazionali. Ciò che interessa al legislatore comunitario è che gli stati membri predispongano “mezzi adeguati ed efficaci” al fine di combattere le pratiche commerciali scorrette (art. 11 primo comma). L’art. 11 prevede quindi che tali mezzi includano, alternativamente o cumulativamente, l’intervento dell’autorità giudiziaria o di una amministrativa. Inoltre, e questo pare un punto centrale nel rapporto tra enforcement pubbico e privato, la Direttiva stabilisce che spetta a ciascuno stato membro decidere se, prima del ricorso a tali autorità statali, sia opportuno prevedere il ricorso in via preliminare ad altri mezzi, compresi quelli di cui all’art. 10234

(che richiama i

234 Abbiamo visto con riguardo ai codici di condotta, che l’art. 10 della Direttiva “non esclude il

controllo esercitato dai responsabili del codice”, ribadendo la possibilità per gli stati membri di incoraggiare tale controllo, e altresì non esclude che i soggetti legittimati ad agire ai sensi del successivo articolo 11 “possano ricorrere a tali organismi (gli organismi di autodisciplina) qualora sia previsto un procedimento dinanzi ad essi”.

codici di condotta), consentendo in tal modo di attribuire agli organismi volontari ed autonomi di disciplina di esperire un controllo quanto meno preventivo, anche se non esclusivo e/o preclusivo, rispetto agli altri rimedi (artt. 10 e 11)235.

Importante in tal senso il richiamo di cui al Considerando n. 20: “È opportuno

prevedere un ruolo per i codici di condotta che consenta ai professionisti di applicare in modo efficace i principi della presente direttiva in specifici settori economici. Nei settori in cui vi siano obblighi tassativi specifici che disciplinano il comportamento dei professionisti, è opportuno che questi forniscano altresì prove riguardo agli obblighi di diligenza professionale in tale settore. Il controllo esercitato dai titolari dei codici a livello nazionale o comunitario per l’eliminazione delle pratiche commerciali sleali può evitare la necessità di esperire azioni giudiziarie o amministrative e dovrebbe pertanto essere incoraggiato. Le organizzazioni dei consumatori potrebbero essere informate e coinvolte nella formulazione di codici di condotta, al fine di conseguire un elevato livello di protezione dei consumatori.”.

Appare chiaro, dunque, come nell’impostazione adottata dal legislatore comunitario nella Direttiva, il ricorso ai codici di condotta e ad organismi di autodisciplina sia, non solo visto con favore, ma anche significativamente auspicato, tenuto conto della sua utilità, sotto i diversi profili su esposti, non da ultimo quello deflattivo. Il legislatore comunitario ha inteso chiaramente valorizzare il sistema di autocontrollo da parte degli organismi autodisciplinari e il ruolo da essi svolto in via preliminare, ed eventualmente alternativa, al controllo esercitato dagli organi statali, ciò peraltro precisando che lo stesso non può mai considerarsi rinuncia agli altri strumenti di tutela.

Secondo il tenore letterale della Direttiva e l’interpretazione più consona che di essa deve darsi, anche alla luce del richiamato considerando n. 20, quindi, il consumatore, a fronte di una pratica sleale, avrebbe diritto di rivolgersi

235

Sul punto la Direttiva si premura di precisare che il ricorso agli organi di cui all’art. 10 “non è mai considerato equivalente alla rinuncia agli altri strumenti del ricorso giudiziario o amministrativo” (così recita il secondo comma dell’art. 10).

indifferentemente all’autorità statale o a quella autodisciplinare, fatto salvo il suo

diritto di provocare in ogni caso l’intervento degli organi statali236 .

Tale tesi viene confermata inequivocabilmente dall’art. 11 della Direttiva, che al comma 1, dopo aver stabilito che gli Stati membri nel garantire mezzi adeguati di tutela possono decidere se affidare il controllo delle pratiche commerciali sleali a organi giudiziari o amministrativi, aggiunge che “spetta a ciascuno stato

membro decidere se sia opportuno che l’organo giurisdizionale o amministrativo possa esigere che si ricorra in via preliminare ad altri mezzi previsti per la risoluzione delle controversie, compresi quelli di cui all’art. 10.

[…]”. Due, in conclusione, erano le possibilità offerte dal legislatore comunitario agli stati membri in sede di recepimento della Direttiva: 1) rendere fungibili i due sistemi, statale e autodisciplinare; 2) rendere il ricorso all’organo autodisciplinare condizione di procedibilità del (eventuale, a quel punto) successivo giudizio amministrativo/giurisdizionale.

Ebbene, nessuna di queste due possibilità è stata accolta dal nostro legislatore e vedremo perché.

Vedremo infatti come il nostro legislatore, per quanto abbia diligentemente raccolto la lettera di cui alla Direttiva, non ha poi, in concreto, saputo trasporre fino in fondo gli spunti offerti a livello comunitario. E, come già era accaduto237, ha prudentemente rinunciato ad andare oltre il mero riconoscimento formale dei codici di condotta e a dare effettivo spazio applicativo all’autodisciplina. Si è persa così, si direbbe, “un’altra occasione buona”, posto che, come si è detto, non c’è altra sede, se non quella applicativa, per valutare l’effettiva utilità di uno strumento, la sua rispondenza agli obiettivi e alle funzioni che gli sono proprie e la sua possibilità di essere migliorato e perfezionato. Diremo, ahimè, che in tal

236 Floridia G., Il coordinamento fra controllo autodisciplinare e controllo amministrativo delle

pratiche sleali, Il diritto industriale n. 2/2009, p. 175 ss.

237

Ci si riferisce a quanto accaduto con il decreto legislativo 74/92, in materia di pubblicità ingannevole, in sede di trasposizione della direttiva 84/450/Cee. Anche in quell’occasione, infatti, ad un chiaro ed ampio riconoscimento dell’autodisciplina (in tale sede ancora non compare ancora il termine proprio di codice di condotta, ma quello di “autodisciplina”), non faceva seguito un altrettanto chiaro ed ampio accoglimento in sede nazionale. In proposito ampiamente Meli V. La repressione della pubblicità ingannevole. Commento al d. lgs. 74/1992, Torino, 1993, pp. 148 e ss.

caso, l’occasione persa appariva particolarmente fruttifera e importante, considerata la rilevanza che il tema delle pratiche commerciali fra imprese e consumatori rivela, come si è detto, sul versante della responsabilità sociale di impresa.

Prima di affrontare quest’ultimo aspetto merita tuttavia fare almeno un cenno al nuovo regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette e clausole vessatorie, entrato in vigore il 10 settembre 2012238. Il nuovo Regolamento viene introdotto in attuazione della delega di cui alla legge n. 27/2012 (d.l. 24 gennaio 2012, n. 1) e sostituisce il “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità

ingannevole e comparativa” (delibera n. 17590/2007) e il “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette (delibera n.

17589/2007)” e introduce le procedure in materia di tutela amministrativa contro le clausole vessatorie nei contratti per adesione conclusi tra le imprese e i consumatori. Sulla necessità che il “vecchio” regolamento venisse in qualche modo rivisto e aggiornato alla luce dell’esperienza concreta di applicazione delle norme sostanziali, la dottrina si era espressa più volte e AGCM ha ritenuto quindi opportuno anche indire una consultazione pubblica prima dell’emanazione del nuovo Regolamento.

In particolare, si osservava come il Regolamento del novembre 2007 fosse carente e poco chiaro sotto diversi aspetti, fra i quali certamente quelli riguardanti i rapporti tra AGCM e parti nella fase pre istruttoria e istruttoria. Così il precedente art. 5 (Provvedimenti pre istruttori) non prevedeva che il provvedimento di chiusura del procedimento pre-istruttorio (archiviazione o non luogo a provvedere) venisse comunicato al professionista, ad eccezione del caso di archiviazione a seguito della rimozione dei profili di possibile scorrettezza (art.5.1.d). Ad oggi, l’art. 5 introduce la facoltà di AGCM di comunicare l’esito di questa prima fase anche nei rimanenti casi.

238 Approvato con delibera n. 23788/2012 (pubblicata in Boll. AGCM n. 34/2012 e in Gazzetta

Non è stato raccolto invece l’auspicio di evitare in questa prima fase istruttoria “pubblicità negative” verso l’impresa attraverso per esempio la pubblicazione sul sito AGCM dell’avvio della stessa (art. 6 vecchio e nuovo testo). Neppure modificato l’art. 12 (richiesta di informazioni e audizioni) laddove nel sorso della consultazione pubblica era emersa l’opportunità che il professionista fosse informato di tale eventualità o quanto meno dell’esito delle richieste.

Di seguito quindi si riportano sinteticamente le principali novità introdotte dal nuovo regolamento, che, è bene ricordare, troverà applicazione non solo in materia di pratiche commerciali scorrette e pubblicità ingannevole e comparativa, come il precedente del 2007, bensì anche in materia di clausole vessatorie.

a) Tutela estesa alle microimprese.

Il Regolamento si applica anche alle microimprese, ossia “entità, società o

associazioni che, a prescindere dalla forma giuridica, esercitano un’attività economica, anche a titolo individuale o familiare, occupando meno di dieci persone e realizzando un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a due milioni di euro, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, dell’allegato alla raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003”.

b) Presentazione degli impegni.

Come si è visto sopra, gli impegni sono misure individuate dal professionista e volte a rimuovere i profili di illegittimità della pubblicità o della pratica commerciale individuati dall’AGCM nella comunicazione di avvio del procedimento. Se gli impegni sono ritenuti idonei dall’AGCM, il procedimento si chiude, senza accertamento dell’infrazione e irrogazione della sanzione. Il termine per la presentazione degli impegni è stato aumentato da 30 a 45 giorni decorrenti dalla ricezione della comunicazione di avvio del procedimento.

Peraltro, neppure il nuovo testo qualifica il termine di 45 giorni quale perentorio. Gli impegni devono essere presentati mediante apposito Formulario239.

c) Nuova tutela amministrativa dei consumatori contro le clausole vessatorie.

Con l’introduzione del Regolamento 201, l’AGCM può, d’ufficio o a seguito di denuncia, avviare un’istruttoria al fine di accertare la vessatorietà delle clausole inserite in contratti conclusi tra professionisti e consumatori mediante la sottoscrizione di moduli, modelli o formulari. Il provvedimento dell’AGCM che accerti la vessatorietà delle clausole esaminate è comunicato alle parti e ai soggetti eventualmente intervenuti (ad es. associazioni dei consumatori), nonché pubblicato, entro venti giorni dalla sua adozione, nel sito internet dell’AGCM e, a cura e spese del professionista, nel sito del professionista stesso e mediante qualsiasi altro mezzo ritenuto dall’AGCM opportuno e idoneo ad informare i consumatori. In caso di accertata vessatorietà, l’impresa deve adeguarsi in ragione del provvedimento adottato dall’AGCM. È fatta salva, in ogni caso, la competenza del giudice ordinario sulla validità delle clausole vessatorie e sul risarcimento del danno.

d) Interpello dell’AGCM.

Le imprese possono interpellare preventivamente l’AGCM in merito alla vessatorietà delle clausole che intendono inserire nei contratti da sottoporre ai consumatori. L’interpello è richiesto attraverso comunicazione in formato

239

Formulario per la presentazione degli impegni ai sensi dell’art. 27, comma 7 del Codice del Consumo e dell’art. 8, comma 7 del d.lgs. 145/2007: http://www.agcm.it/trasp-statistiche/doc. Si ricorda inoltre che con la delibera n. 23863/2012 l’AGCM ha approvato la Comunicazione sulle procedure di applicazione dell’art. 14-ter della l. n. 287/1990, recante le nuove regole procedurali da seguire per la presentazione di “impegni idonei a rimuovere i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria” anche in materia antitrust. Gli impegni - da presentare entro il termine di tre mesi dalla notifica dell’apertura dell’istruttoria - devono essere suscettibili di attuazione piena e tempestiva, nonché facilmente verificabili e idonei a rimuovere efficacemente i profili anticoncorrenziali individuati nel provvedimento di avvio dell’istruttoria. L’accettazione degli impegni da parte dell’AGCM, anche in questo caso, determina la chiusura del procedimento, senza accertamento dell’infrazione e irrogazione della sanzione. Nei casi in cui il comportamento restrittivo o lesivo della concorrenza appare sufficientemente grave da far ritenere appropriata l’irrogazione della sanzione, l’AGCM può decidere di non esaminare le misure proposte.

cartaceo o elettronico, utilizzando l’apposito Formulario. L’AGCM si pronuncia sull’istanza entro 120 giorni dalla data di ricezione del formulario.

In caso di informazioni inesatte, incomplete, non veritiere ovvero di estensione dell’oggetto di interpello, il termine decorre nuovamente dal ricevimento delle informazioni che integrano l’interpello o dell’istanza che ne estende l’oggetto. Se, all’esito dell’interpello, non sia ravvisata la vessatorietà della clausola, l’AGCM può astenersi dall’adottare una risposta formale e motivata. In tal caso, decorsi 120 giorni, le clausole oggetto di esame si ritengono approvate240

Oltre alle modifiche riportate sopra si segnala anche: l’aumento dei giorni, da 5 a 7, per la predisposizione della difesa da parte del professionista coinvolto nell’ipotesi prevista dall’art. 8 di sospensione provvisoria della pubblicità o della pratica commerciale.