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Segue: l’ambito di applicazione della Direttiva, gli interessi tutelati e

rapporti con la disciplina della pubblicità.

Analizzando l’ambito di applicazione, non si può tralasciare di fare cenno al fatto che la Direttiva si preoccupi di delimitare il suo ambito di applicazione rispetto ad altre discipline ad essa contigue; discipline delle quali, peraltro, la Direttiva si occupa, modificandone direttamente il contenuto Si è visto, infatti come a valle della articolazione delle nuove disciposizioni sulle PCS, l’art. 14 della Direttiva introduca modifiche alla dir. 84/450/CE in materia di pubblicità ingannevole e

comparativa. Come noto, la materia della pubblicità ingannevole e comparativa, alla quale si farà ora riferimento, trova specifica trattazione, prima ed anche dopo l’introduzione della Direttiva in esame, nella direttiva 84/450/Cee (oggi codificata dalla direttiva 2006/114/CE).

Orbene, merita un breve cenno la questione concernente i rapporti fra gli artt. 1-13 della Direttiva e le norme contenute nella nuova dir. 2006/114 che codifica la dir. 84/450/CE, come modificata dall’art. 14 della Direttiva 2005/29/CE42

al fine di ricostruire i rapporti fra le due normative comunitarie. La necessità, peraltro sentita dal legislatore, di definire il campo di applicazione della nuova normativa da quella sulla pubblicità trova ragione in primo luogo, se si considera che è la stessa Direttiva all’art. 2 a far rientrare la pubblicità nel novero delle pratiche commerciali fra professionisti e consumatori che costituiscono l’oggetto della stessa

Le modifiche introdotte dalla Direttiva riguardano innanzitutto l’art. 1 della dir. 450/84/Cee, il quale nella sua novellata versione recita: “La presente direttiva ha lo

scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali e di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa”. Risulta quindi essere stato espunto dalla norma il riferimento ai consumatori e al pubblico in generale43.

Da un punto di vista dei rapporti quindi, ad una prima lettura, la questione parrebbe chiara e semplice: la Direttiva si applica alle pratiche commerciali (e quindi anche ai messaggi pubblicitari) idonei a danneggiare i consumatori, mentre la dir. 450/84/Cee (oggi dir. 2006/114/CE) trova applicazione rispetto a quei messaggi pubblicitari che siano pregiudizievoli per i “professionisti”, intesi come destinatari del messaggio che agiscono nell’ambito della loro attività professionale e non al fine di procurarsi un bene/servizio per finalità personali.

42 Come si vedrà, la questione non si esaurisce a livello di direttiva - quadro ma si traduce, in

sede di recepimento, nell’adozione da parte del nostro legislatore di due provvedimenti autonomi e distinti, il decreto legislativo 146 e il 145 entrambi del 2 agosto 2007; il primo (oggi inserito nel Codice del consumo agli artt. 18-27quater) che dà attuazione alle nuove norme riguardanti le PCS (artt. 1-13 della Direttiva); il secondo, che è invece, espressamente rivolto a dare attuazione all’art. 14 della Direttiva. Sul contenuto e sulla portata dei due decreti si tornerà nel corso della trattazione allorché ci si concentrerà sull’impatto della Direttiva sull’ordinamento nazionale

La separazione delle tutele si baserebbe quindi sul criterio della diversità degli interessi potenzialmente lesi (e quindi da tutelarsi): da un lato (PCS), l’interesse dei consumatori, dall’altro (pubblicità ingannevole), l’interesse dei professionisti, cioè, per il momento, di coloro che consumatori non sono.

Sul piano oggettivo, tuttavia, una distinzione “a monte” tra consumatori e altri destinatari non pare essere soddisfacente in quanto la qualità di “consumatore” (e di rimpetto, quella di “professionista”) è determinata dalla natura personale del bisogno da soddisfare la quale natura, si individua solo in concreto nel rapporto che di volta in volta si instaura in funzione dell’acquisto di un bene/servizio.

L’impostazione adottata dal legislatore comunitario (e recepita dal nostro legislatore) al fine di separare la disciplina della pubblicità sulla base di un criterio esclusivamente soggettivo è dunque criticabile perché tende ad operare la distinzione dell’interesse tutelato “a monte”, laddove invece come sottolineato dalla dottrina, il messaggio pubblicitario, astrattamente riconducibile sia ad una pratica commerciale idonea ad essere sleale ai sensi e per gli effetti della Direttiva, sia ad una pubblicità ingannevole ex dir. 2006/114/Ce, opera esso stesso a monte, quando cioè, il soggetto destinatario è ancora potenzialmente sia consumatore che professionista.

Essa così facendo peraltro dà luogo a non pochi problemi pratici in sede esegetica poiché la summa divisio tra consumatori e professionisti può essere a tratti essa stessa ingannevole44 data la difficile distinguibilità in concreto degli interessi tutelati.

In sintesi quindi, e per riassumere, le modifiche apportate dalla Direttiva sulle PCS alla direttiva 84/450/Cee con l’art. 14 riguardano:

a) La circoscrizione dell’ambito di applicazione della direttiva 84/450/Cee alla tutela dei soli interessi dei professionisti e dei concorrenti. Sparisce, cioè, ogni e qualsiasi riferimento al consumatore e ai suoi interessi, nonché al cd. pubblico in generale45.

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DI RAIMO R. “La nuova disciplina della pubblicità commerciale: cenni preliminari” in DE CRISTOFARO, 2008, op. cit., pp. 479 ss.

b) Viene inserita la definizione, e con essa il concetto, di “responsabile del

codice”, presente nella Direttiva e nel coevo decreto legislativo sulle PCS e quindi

replicato, in modo uniforme, e per così dire secondo una logica di coerenza sistematica nella normativa sulla pubblicità (art. 1).

c) attraverso la definizione di pubblicità comparativa, si precisa il nuovo contenuto del termine “ingannevolezza” ai sensi della modificata disciplina sulla pubblicità che risulta ampliato a seguito dell’introduzione di ulteriori forme di comunicazione ingannevole ai sensi della Direttiva sulle PCS ed in particolare degli art. 5 e 646, limitatamente quindi ai consumatori.

d) Viene altresì ribadito, in materia di rimedi e di tutele previste, che spetta agli Stati membri scegliere fra la strada della tutela giurisdizionale e quella della tutela amministrativa, ma con la precisazione importante, che gli Stati membri possono stabilire la facoltà e il potere degli organi giurisdizionali e/o amministrativi di esigere il preliminare ricorso agli organismi eventualmente deputati all’autodisciplina47

.

e) Ancora, viene prevista la possibilità, sempre in sede di attuazione nazionale, di promuovere un’azione legale contro il soggetto responsabile del codice – precedentemente definito – il quale abbia disatteso i suoi obblighi di legge, in particolare presiedendo alla formulazione e revisione di un codice di condotta che “incoraggia a non rispettare gli obblighi di legge”.

Le modifiche di cui sopra, come si vedrà, vengono riprese e inserite anche nella disciplina nazionale di recepimento, rappresentata dal d. legislativo 145/2007, intitolato appunto “Attuazione dell’art. 14 della Direttiva 2005/29/CE che modifica

la direttiva 84/450/Cee sulla pubblicità ingannevole”.

46 L’art. 3 bis al punto a). 47

L’art. 4 paragrafo 1, al punto 1. Si ricorda che una tale previsione in termini di facoltà degli Stati membri di esigere il ricorso preventivo agli organi di autodisciplina riconosciuti, era previsto dalla direttiva 450/84/CEE a livello solamente di Considerando.

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LE PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE NEL CODICE DEL