• Non ci sono risultati.

E L'APPORTO PIEMONTESE

Nel documento Cronache Economiche. N.106, Ottobre 1951 (pagine 33-37)

—I

R O S S A N O Z E Z Z O S

Nel corso di questa rievocazione in-torno ad un motivo che pareva ormai dimenticato ma che invece gli avveni-menti riportarono sulla scena dell'attua-lità, avremo modo di dimostrare — con prove di fatto alla mano — l'importante apporto piemontese nella gigantesca opera che fu la costruzione del celebre Canale di cui ora tanto si è tornato a parlare su per le gazzette... senza fare il nome della nostra regione alla quale il Canale tanto deve.

Ma procediamo con ordine e risaliamo i fatti per creare — almeno panoramica-mente —• il quadro completo.

Il Canale di Suez ha origini lontanis-sime: si sa, infatti, che già sotto Ram.-sete II detto dai Greci « Sesostri » (il quale regnò dal 1388 al 1322 a. C.) era stata iniziata la costruzione di un canale che

doveva congiungere il Mar Rosso col Nilo e con il Mediterraneo; però, sul più bello, i lavori vennero fermati perchè si sparse la notizia che, essendo il Mar Rosso più alto del Nilo, l'Egitto sarebbe stato som-merso.

Intorno all'anno 615 av. C. il Faraone Necho riprese il disegno del suo illustre antenato; ma poiché l'Oracolo, interro-gato in merito, rispose che l'opera sa-rebbe stata di grande danno agli Egizi poiché avrebbe giovato agli stranieri, non se ne fece niente. Del resto, i fatti ave-vano dato ragione alla profezia, giacché — secondo Erodoto — ben 120 mila operai morirono nel deserto durante le prime opere di scavo.

Dario, che degli oracoli se ne rideva, condusse a buon fine ogni cosa, sicché

Veduta del Canale di Suez a Porto Said.

un canale, lungo un centinaio di chilo-metri, congiunse finalmente il Nilo al Mar Rosso. Per questo canale, merci e uomini potevano così giungere diretta-mente ai porti Fenici, a quelli della Persia meridionale e dell'India.

Le sfortune toccate all'Egitto si riper-cossero sul Canale il quale — per quanto Traiano lo avesse migliorato — finì per scomparire sepolto dalle arene del de-serto, e non se ne parlò più fino all'epoca Napoleonica; seppure l'idea di riaprirlo fosse stata coltivata, dopo il 1498, dai Veneziani, mossi dal desiderio di far con-correnza ai Portoghesi, e — nel sec. XVI — da Ulùg Ali, ammiraglio turco nato in Calabria da genitori italiani e cri-stiani, il quale, desideroso di allacciare il mondo islamico dell'Africa Orientale. dell'Arabia e dell'Oceano Indiano con il

mondo islamico del Mediterraneo, aveva leone Bonaparte il quale, se non avesse presentato al Califfo un progetto di la- dovuto abbandonare l'impresa d'Egitto vori, di cui però non si seppe mai nulla. per i guai della Francia, forse avrebbe

Il primo che affermò la assoluta neces- realizzato — almeno in parte — la sua sita di ridar vita al Canale fu Napo- idea. Idea che, qualche anno più tardi,

venne patrocinata dai seguaci dell'eco-nomista francese Saint-Simon.

A tale uopo, nel 1833 l'ingegnere P. En-fantin si recò personalmente a conferire col viceré Mohammed Ali acciò gli ac-cordasse il permesso di far dei rilievi.

No, non era contrario al progetto, Mo-hammed Ali; ma non volle fare nessuna concessione finché non avesse avuto si-cure garanzie che il Canale sarebbe ap-partenuto di diritto all'Egitto e aperto sempre a. tutte le Nazioni.

Anche a Metternich, ansioso di ridare a Venezia l'antica gloria mercantile, Mo-hammed disse di no, qualche anno dopo. Cosa, questa, che fece un enorme piacere ai Sansimonisti i quali ritornarono alla carica fondando — nel 1846 — la « So-cietà di Studi del Canale di Suez », so-cietà i cui componenti vennero divisi in tre gruppi: quello francese, con a capo l'ingegnere Paulin Talabot; quello italo-austriaco, con a capo Luigi Negrelli; e quello inglese, con a capo Robert Ste-phenson.

Di questi tre gruppi, solo il francese e l'italo-austriaco si recarono, nel 1847, in Egitto, divisando di ritornarvi l'anno ap-presso, cosa che fu loro impedita dalla rivoluzione scoppiata a Parigi e a Vienna.

Nel 1849 Mohammed morì ed il suo successore, Abbàs, si mostrò subito av-verso alla costruzione del Canale, via di comunicazione utile a tutti, di cui però l'Egitto poteva benissimo fare a meno, tanto più che ora stava ver avere la sua ferrovia (la « Alessandria-Cairo-Suez », commissionata all'Inghilterra). Ma si vede che il Canale doveva proprio farsi: nel 1854 Abbàs Pascià fu strangolato, e al posto di Viceré venne acclamato Said, ultimo dei cinquanta figli dì Moham-med Ali.

E' allora che comparve sulla scena il quarantanovenne ingegnere francese Fer-dinando de Lesseps. Amico personale di Said fin dal tempo di Mohammed, quando cioè egli era Console francese in Egitto, l'ex-diplomatico subito fece le valigie e partì verso la terra dei Faraoni.

Said lo accolse festosamente, ben ricor-dandosi dei buoni piatti di maccheroni che il Lesseps gli dava di nascosto per calmare la fame cui il padre Mohammed 10 condannava, impressionato dalla di lui precoce pinguedine.

E fu per questi maccheroni che, quin-dici giorni dopo il suo arrivo — ossia il 30 novembre —• l'ingegnere francese potè avere la gioia di stringere fra le mani la tanto sospirata concessione per il Canale.

Ma le cose non andarono liscie come egli si credeva; l'Inghilterra — pentita di aver preso parte alle faccende del Ca-nale, e desiderosa che non si aprisse mai — tentò con ogni mezzo di intimidire Said 11 quale, in un primo tempo, si lasciò vincere, ma poi, il 5 gennaio 1856, con-segnò un secondo atto di concessione e approvò gli Statuti della « Compagnia Universale per il Canale di Suez ». Co-sicché, essendo stati ultimati sin dal 1855 i sopraluoghi, la Commissione potè esa-minare i progetti, approvando quello del Negrelli da lui determinato fin da quando — nel 1847 — si era recato, come d i -lli a l t o : Allegoria del

Canale di Suez (incisione della fine del secolo XIX). In basso : Il canale di Suez.

» R Y L O N D O N

IL " COSFORD GIN " E UN P R O D O T T O

DI ECCELSA QUALITÀ. - LE SUE D O T I

DI F I N E Z Z A E DI FRAGRANZA S O N O

INCOMPARABILI. - USATELO PER LA

PREPA-RAZIONE DEI VOSTRI COCKTAILS E IN

S P E C I E DEL " D R Y M A R T I N I . " O T T E R

-RETE SEMPRE UNA PERFETTA ARMONIA

Mediterraneo

Pro/ili del Canale di Suez. cemmo, in Egitto, a capo del gruppo

italo-austriaco della prima « Società di Studi ». Egli, per la sua competenza, avrebbe dovuto essere, di diritto, il Direttore Ge-nerale dei lavori, ma la morte, avvenuta sei mesi prima che cominciassero, glielo impedì: e fu il Lesseps che prese il suo posto...

Morì Luigi Negrelli il 1" ottobre 1858; i lavori di scavo al Canale di Suez prin-cipiarono nell'aprile 1859; fra queste due date vanno inserite la sottoscrizione per la raccolta dei fondi iniziali necessari (200 milioni di franchi in 400 mila azioni da 500 franchi l'una), aperta dal Lesseps nel novembre e la costituzione della

Com-pagnia, avvenuta nel dicembre. E tutto ciò sempre dietro una semplice conces-sione che il Sultano non aveva ancora sanzionato; cosa, questa, che avvenne soltanto dopo l'avvento di Isma'il al trono d'Egitto (18 gennaio 1863). Il quale Isma'il, grazie alla sentenza arbitrale di Napo-leone III interpellato, concludeva il 22 febbraio 1866 il contratto che metteva fine all'annosa questione... visto che il Ca-nale era già a buon punto. Tanto a buon punto che il 17 novembre 1869 venne so-lennemente inaugurato alla presenza del Khedivé Isma'il, della Imperatrice Eugenia e delle rappresentanze di tutti gli Stati del mondo.

E con ciò finisce la storia della nascita del famoso e tanto combattuto Canale (lungo 161 km., largo da 70 a 110 m. e profondo 45), l'articolo 1° della cui con-venzione, firmata a Costantinopoli il 29 ottobre 1888. dice testualmente: « I l C a -nale marittimo di Suez sarà sempre li-bero ed aperto, in tempo di guerra come in t e m p o di pace, ad ogni nave di c o m -mercio o da guerra, senza distinzione dì b a n d i e r a » ; articolo che, per la verità, fu rispettato, anche se, al tempo della spe-dizione italiana d'Etiopia, si parlò di una possibile interdizione del Canale alle navi italiane.

Solo per un giorno (il 3 febbraio 1916) il Canale venne chiuso: il giorno della battaglia contro l'esercito turco-tedesco che lo aveva assaltato.

L'importanza immensa del Canale di Suez — che abbrevia enormemente le distanze fra l'Europa, l'Africa Orientale, l'Asia Meridionale, l'Australia e l'Estremo Oriente — è chiaramente espressa dal movimento delle navi che lo solcano. Già nel 1870, 486 navi per tonnellate 493.911 vi transitarono; questo tonnellaggio ascese nel 1937 (anno che segna il massimo mo-vimento) a 37 milioni e mezzo; e ciò dice tutto, rivelando altresì l'utile immenso della Compagnia che dal 1868 — con un contratto di 99 anni — amministra il Canale.

E il Piemonte? diranno i nostri lettori che il Piemonte ancora non hanno sen-tito nominare.

Oh, ecco bene: « dulcis in fundo », no? Abbiamo detto che, nel 1856, la « Com-missione di Studi » approvò il progetto del Negrelli; per impedire l'insabbia-mento del Canale fu approvato, invece, il sistema proposto da Pietro Paleocapa, « Ministro Piemontese dei Lavori Pub-blici », il quale, poi, fece anche parte della Commissione di cui fu presidente un altro piemontese: l'ingegnere torinese Edoardo Gioia.

Veramente questa carica era stata of-ferta al Paleocapa il quale, però, la ri-fiutò per le sue condizioni di salute.

Ed a proposito di Pietro Paleocapa, vo-gliamo ricordare un episodio molto im-portante di cui ancora abbiamo taciuto.

Il 1" giugno 1859 — quando, cioè, tutte le azioni del Canale di Suez erano state distribuite — l'ingegnere Robert Ste-phenson fece alla Camera dei Comuni una allarmante dichiarazione... che si riallacciava alle credenze vecchie di... tre millenni cui accennammo, e cioè che il Canale, trovandosi per un così lungo per-corso in una zona di pianura, si sarebbe ben presto tramutato in un immenso lago stagnante apportatore di malaria e altri malanni.

Poiché vasta era la fama tecnica e scien-tifica di cui godeva lo Stephenson, queste sue parole fecero in tutta Europa una enorme impressione, provocando il crollo delle azioni del Canale.

Fu il nostro Paleocapa che, con argo-menti inoppugnabili pubblicati, a mo' di risposta, sul Journal de l'Isthme de Suez, confuse lo scienziato inglese, tanto che qualche tempo dopo — e ancora alla Camera dei Comuni — il Gladstone sentì il dovere di bollare l'opposizione del suo

Ismailiti

Piroscalo a ruota posteriore (SteriiwiieeJtT) per la spedizione iut/lese sul Nilo.

Paese, definendola « scandalosa, illecita e illegittima».

Detto questo, l'importanza piemontese nel Canale di Suez potrebbe essere suffi-cientemente dimostrata.

Ma c'è ancora dell'altro.

Due giornali — uno che uscì dal 1856 al 1859. e l'altro dal 1864 al 1865 — sor-sero, in Italia, dedicati esclusivamente al Canale di Suez. Ebbene, entrambi ven-nero pubblicati a Torino: il primo, il Bollettino dell'Istmo di Suez, diretto da Ugo Calindri; il secondo, intitolato II C a -nale di Suez, promosso e diretto da Luigi Torelli.

Il quale Torelli, può essere considerato quasi un « bogia nen » giacché, per quanto nato a Tirano di Sondrio, è nel Piemonte che emigrò quando gli Austriaci — dopo le Cinque Giornate cui egli aveva preso parte — ritornarono padroni di Milano.

Ministro dell'Agricoltura e Commercio durante il Ministero Lamarmora (1864-1865), approfittò della carica per inviare in Egitto una Commissione di Rappre-sentanti della Camera di Commercio To-rinese, acciò si rendessero conto dei la-vori all'Istmo di cui fu fervente ed intel-ligente sostenitore, e per la cui causa scrisse innumerevoli articoli.

Non contento di aver fatto pubblicare, nel 1865, la Carta del M a r Rosso, ese-guita, secondo rilievi, dal Moresty, il Torelli •— allo scopo di tenere sempre desta la curiosità del pubblico su quanto gli stava a cuore — inviò all'Istituto di Scienze Lettere ed Arti, di Venezia,

pe-riodiche comunicazioni circa il progredire delle opere al Canale, comparate a quelle per il Traforo del Moncenisio. Nel 1867, poi, alla Carta del Mar Rosso, aggiunse un grafico delle Coste Mediterranee a Porto Said.

Ma le nostre benemerenze per il Canale non sono ancora tutte qui: giacché — se lo volete sapere — dopo la Francia (che comperò il 50 % delle azioni) il Paese che, in proporzione dei suoi abitanti, sot-toscrisse più largamente fu il Piemonte, cui vennero aggiudicate 1353 azioni.

Abbiamo avuto ragione o no, di intito-lare questo nostro articolo: « Il Canale di Suez e l'apporto piemontese »?

E già che siamo entrati — di striscio — in tema finanziario, vediamo in breve le vicende delle azioni... « sueziane » o, meglio, di quelle che comperò il buon Said il quale, oltre alla parte a lui desti-nata, comperò anche la parte destinata all'Inghilterra, all'Austria, alla Russia e agli Stati Uniti, sì che il Governo egi-ziano finì per averne quasi tante quanto la Francia. Senonchè, visto il buon esito

del Canale, l'Inghilterra tanto fece che, nel 1875, riuscì a farsi cedere per 4 mi-lioni di sterline, tutte le azioni dell'Egitto, a grande soddisfazione del furbo e intelli-gentissimo Disraeli. E questo fu un gran buon affare per John Bull: infatti questi 4 milioni avevano già reso, alla fine del 1932, in soli profitti, per 44 milioni di sterline! Credete voi che l'Egitto si fosse pentito di aver ceduto tutte le sue azioni del Canale? Mai più!

Nel 1880 — convinto dalle sottili argo-mentazioni di Lord Cromer, agente di S. M. Britannica al Cairo — il Governo egiziano rinunciò, per 22 milioni di fran-chi ed a favore del « Crédit Fonder », alla sua parte di benefici, accordati ad esso dall'Impresa nella misura del 15 %.

Queste poche notizie da noi offerte ai nostri lettori possono servire ad infon-dere in essi una ben legittima soddisfa-zione per la parte tecnico-economica (e soprattutto tecnico-politica) che il Pie-monte sostenne nella realizzazione di una fra le più formidabili opere costruttive di utilità mondiale.

Nel documento Cronache Economiche. N.106, Ottobre 1951 (pagine 33-37)

Documenti correlati