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III. AFFINITÀ III: Monsieur Teste e Alberto Caeiro

2. Apprendere a disapprendere

Teste insegna a Valéry a coltivare potenzialità come il rigore, la disciplina e la lucidità, Caeiro insegna a Pessoa ortonimo e agli eteronimi a coltivare la propria capacità di sentire. Ma come avviene questo processo di apprendimento?

In entrambi i casi si tratta di imparare a recuperare dei valori che il soggetto possiede sedimentati nel suo animo, ma che non riesce a lasciar affiorare. Caeiro e Teste incarnano la disciplina che i loro creatori hanno seguito per riuscire a recuperare questi valori. Spesso nei pensieri sparsi di Teste e nelle poesie di Caeiro si allude a dei veri e propri esercizi da compiere per riuscire a rivoluzionare il proprio modo di stare al mondo, per guardare il mondo con occhi diversi e per diventare quello che in potenza già si è.

Nella lettera a Casais Monteiro del 15 gennaio 1935, Pessoa riferisce che Alberto Caiero «não teve profissão nem educação quase alguma»305. Valéry racconta di non aver visto

nessun libro nel piccolo appartamento ammobiliato di Teste306. Infatti, Teste rivela:

Il y a vingt ans que je n'ai plus de livres. J'ai brûlé mes papiers aussi. Je rature le vif... Je retiens ce que je veux. Mais le difficile n'est pas là. Il est de retenir ce dont je voudrai demain !. . . J'ai cherché un crible

machinal...307.

                                                                                                               

305 F. Pessoa, Carta a Adolfo Casais Monteiro - 13 Jan. 1935, in Escritos Íntimos, Cartas e Páginas Autobiográficas, cit.,

http://arquivopessoa.net/textos/3007.

306 «Au haut de la maison, nous entrâmes dans un très petit appartement « garni ». Je ne vis pas un livre. Rien

n'indiquait le travail traditionnel devant une table, sous une lampe, au milieu de papiers et de plumes». P. Valéry, Monsieur Teste, in in Œuvres II, cit., p. 23.

Sia Caeiro sia Teste riconoscono il valore dell’ignoranza, nel senso socratico del termine, cioè del sapere di non sapere e del saper coltivare quest’assenza di erudizione, per recuperare rispettivamente la spontaneità del proprio sentire e del proprio pensare.

Questa concezione viene espressa in maniera ancora più chiara in uno dei frammenti raccolti negli Extraits du Log-book de Monsieur Teste. Teste sostiene che quello che sa diventa causa d’ignoranza, che la conoscenza offusca il sapere reale e spontaneo.

Il y a des personnages qui sentent que leurs sens les séparent du réel, de l'être. Ce sens en eux infecte leurs autres sens.

Ce que je vois m'aveugle. Ce que j'entends m'assourdit. Ce en quoi je sais, cela me rend ignorant. J'ignore en tant et pour autant que je sais. Cette illumination devant moi est un bandeau et recouvre ou une nuit ou une lumière plus... Plus quoi ? Ici le cercle se ferme, de cet étrange renversement : la connaissance, comme un nuage sur l'être; le monde brillant, comme taie et opacité.

Otez toute chose que j'y voie308.

«Togliete tutto affinché io possa vedere». Con questa espressione Teste interpreta l’ideale valéryano di far tabula rasa di tutti i falsi problemi generati soprattutto da un cattivo uso del linguaggio, da una mancata attenzione per il vero modo di essere dell’io (un puro pensiero che frammentariamente diviene) e da un’adesione indiscussa a certi idoli artificiosamente creati dalla società.

Spesso nei Cahiers ricorre l’idea di attuare una sospensione scettica delle posizioni fisse che gli uomini fanno valere ingenuamente senza rifletterci sopra. Esercitare il dubbio sui libri, sul sapere, sul linguaggio, significa recuperare la genuinità del pensare, significa liberarsi delle sovrastrutture del pensiero e degli usi linguistici ereditati dalla tradizione, per mettere a nudo il reale funzionamento del pensiero.

Il proposito di far tabula rasa di Teste e Valéry presenta delle affinità con l’idea di apprendere a disapprendere espressa da Caeiro nel componimento XXIV di O guardador de

rebanhos.

O que nós vemos das cousas são as cousas.

Porque veríamos nos uma cousa se houvesse outra? Porque é que ver e ouvir seriam iludirmo-nos Se ver e ouvir são ver e ouvir?

O essencial é saber ver, Saber ver sem estar a pensar,

                                                                                                               

Saber ver quando se vê, E nem pensar quando se vê Nem ver quando se pensa.

Mas isso (tristes de nós que trazemos a alma vestida!), Isso exige um estudo profundo,

Uma aprendizagem de desaprender

E uma sequestração na liberdade d’aquele convento

De que os poetas dizem que as estrelas são as freiras eternas E as flores as penitentes convicta de um só dia,

Mas onde afinal as estrelas não são senão estrelas Nem as flores senão flores,

Sendo por isso que lhes chamamos estrelas e flores.

In questo componimento, Caeiro mette in pratica la teoria del sensacionismo, secondo cui «as coisas devem ser sentidas tal como são»309.

Prado Coelho sostiene che Caeiro riconosce alla vista il primato sugli altri sensi perché «é o menos sensual de todos eles [os outros sentidos], aquele que pode metaforicamente indicar a percepção, a compreensão». Caeiro non si premura semplicemente di dedicarsi alla mera visione delle cose («ver as cousas»), ma invita a «ver sem estar a pensar». L’uomo deve acquisire una nuova conoscenza, deve aderire a un nuovo metodo di apprendimento, tutto basato sull’uso della vista liberata dalle sovrastrutture che la riflessione le impone.

Secondo Caeiro, il pensare deturpa la nostra educazione e per dedicarsi alle riflessioni metafisiche sulla vera essenza delle cose, non permette alla coscienza umana di tenere in conto quanto sentiamo.

Quello che si deve apprendere a disapprendere è proprio quest’uso ipertrofico dell’intelletto che nasconde le potenzialità del sentire e del vedere in particolare. L’uomo deve imparare a vedere quando vede e a far tabula rasa di tutti i pensieri e le riflessioni che quando vede si fanno avanti contaminando l’esito della visione.

Linguaggio e cultura sono colpevoli di aver trasformato ciascuna cosa della natura e ciascuna parola in una metafora che altera il significato della cosa facendo in modo che la percezione trascenda sempre il mero contenuto della percezione. Ogni visione diventa allusiva e non si sa più cosa significa vedere, ad esempio, un fiore come fiore.

Secondo il poeta non si può esperire il mondo con l’intelletto, perché «o Mundo não se fez para pensarmos nele/(Pensar é estar doente dos olhos)/Mas para olharmos para ele e estarmos de acordo...» . L’unica cosa che l’uomo può fare quando si trova nel mondo è guardarlo ed essere in accordo con esso, trovando un equilibrio al suo interno.

                                                                                                               

«Disapprendere» significa spogliare la nostra anima, cioè la nostra mente abbandonando quanto si appreso attraverso la Storia e ciò che ci è stato insegnato. L’uomo, secondo Caeiro, per riuscire in quest’impresa deve impegnarsi molto, deve studiare un nuovo metodo di apprendimento basato sul dimenticare quanto ha imparato fino a quel momento.

Solo dopo questo «studio profondo» l’uomo può arrivare a decifrare e leggere gli eventi e le cose del mondo con i suoi sensi senza stare a pensare ad altro, se non al fatto che queste cose esistono. Il soggetto, dunque, dovrà completamente “de-soggettivarsi” di fronte a un oggetto, per vederlo con sensazioni astratte e oggettive.

L’apprendere a disapprendere di Caeiro mostra, quindi, un’affinità con la tabula rasa di Teste nella misura in cui l’esercizio di scetticismo proposto da entrambi i personaggi mira a cambiare il modo di vivere.

Tuttavia, i fini cui tende l’esercizio scettico dei due personaggi sono agli antipodi: Teste fa tabula rasa per recuperare la purezza del pensare; Caeiro impara a disapprendere per recuperare la purezza del sentire. Teste si protende verso il suo interno, mentre Caeiro verso l’esterno.

J'ai donc fait lecture de votre lettre à M. Teste. Il l'a écouté lire sans montrer ce qu'il en pensait, ni qu'il y pensât. Vous savez qu'il ne lit presque rien de ses yeux, dont il fait un usage étrange, et comme intérieur. Je me trompe, je veux dire: un usage particulier. Mais ce n'est pas cela du tout. Je ne sais comment m'exprimer; mettons à la fois intérieur,

particulier..., et universel !!!

Por mim escrevo a prosa dos meus versos E fico contente,

Porque sei que compreendo a Natureza por fora; e não a compreendo por dentro

porque a Natureza não tem dentro; senão não era a Natureza.

Émile Teste descrive l’uso che il marito fa dei propri occhi come un flettersi verso l’interno. Caeiro, invece, descrive il proprio vedere come un proiettarsi all’esterno: la natura è priva di un dentro; perciò per riuscire a vedere i fiori soltanto come fiori e le pietre soltanto come pietre, Caeiro deve disimparare a guardare dentro se stesso per riuscire a guardare quello che è totalmente fuori. Egli cerca di spogliarsi da ciò che ha imparato e di

dimenticare il modo di ricordare che gli è stato insegnato, perché vuole diventare lo “Scopritore della Natura” e l’“Argonauta delle sensazioni”, vuole sentirsi più un animale umano che la “persona” Alberto Caeiro.

In quest’ottica sembra più simile a quello di Caeiro il punto di vista di Émile Teste, piuttosto che quello di Edmond.

Nous ne pensons jamais que ce que nous pensons nous cache ce que nous sommes. J'espère bien, Monsieur, que nous valons mieux que toutes nos pensées, et que notre plus grand mérite devant Dieu sera d'avoir essayé de nous arrêter sur quelque chose de plus solide que les

babillages, même admirables, de notre esprit avec soi-même310.

Alla stregua di Caeiro, Émile spera che l’uomo sia qualcosa di più del suo pensare, sia qualcosa di più dell’autocoscienza, cioè della tendenza del suo spirito a chiacchierare con se stesso.

Tuttavia, nonostante i movimenti innescati dall’esercizio scettico procedano al contrario nei due personaggi bisogna anche sottolineare che i pensieri, i ricordi, le riflessioni, che nell’ottica di Caeiro bisognerebbe dimenticare non sono quelli che Teste mira a recuperare attraverso l’attuazione della tabula rasa.

Il riferimento critico di Caeiro sono soprattutto le opinioni che sorgono da un cattivo uso del linguaggio, quelle che derivano dalla tradizione, dalla cultura, dalla società. Anche Monsieur Teste non aveva opinioni311. Ed Émile sostiene ch’egli non aveva alcun bisogno

di parlare per ridurre i suoi interlocutori a una semplicità e a una umiltà quasi animale. L’incontro con l’uomo potenziale, con l’istanza che s’interroga su cosa un uomo può, è cioè talmente disarmante da spogliare chi interloquisce con lui di qualsiasi sua convinzione, sino a riportarlo a uno stato animale in cui tutto è possibile.

Quindi è vero che l’esercizio scettico si protende verso orizzonti differenti, il sentire puro per Caeiro e il puro pensiero per Teste, ma in entrambi i casi quello che viene conseguito dall’uomo è un’apertura verso l’orizzonte delle proprie potenzialità, nel primo rappresentato dalla natura, nel secondo rappresentato dalla mente.

Un altro elemento di divergenza sembra doversi rilevare nella critica che Teste muove alla sensibilità in un frammento del Log-book. Teste sostiene che i sensi non sono

                                                                                                               

310 P. Valéry, Monsieur Teste, in in Œuvres II, cit., p. 27. 311 Ivi, p. 18.

abbastanza sottili per vedere quali cambiamenti sono avvenuti, non sono cioè capaci di disfare «cette œuvre si fine ou si profonde qui est le passé»312.

L’idea di “sentire” in gioco in questa critica è molto più povera di quella che cerca di recuperare Caeiro. Allo stesso modo in cui quest’ultimo intende disfarsi del pensiero sovrastrutturato, delle opinioni confezionate, delle riflessioni metafisiche, Teste sminuisce le virtù dei sensi non affinati, usati ingenuamente, senza attenzione a quello che il sentire è nella sua purezza. Se dice che i sensi non sono talmente sottili da percepire il divenire, è perché noi tendiamo ad asservire gli stessi sensi alle nostre abitudini consolidate, per cui questo pomeriggio ci sembra del tutto identico a quello dell’altro ieri. Diversa cosa forse accadrebbe se, come Caeiro, imparassimo a vivere nell’istante e a valorizzare quello che sto vedendo qui e ora per come lo sto vedendo qui e ora.

D’altronde, il sentire cui fa riferimento Caeiro non è un sentire qualunque, ma un sentire puro. Reis sostiene che «a obra de Caeiro é mais intelectual do que sentimental»313, perché il

sentire puro anelato da Caeiro è quello oggettivo dei greci, che sono un tutt’uno con la natura, non quello dei moderni che si sono distaccati dalla natura. Il riferimento critico di Teste è quest’ultimo sentire soggettivo.[aggiungere cosa]

Accanto all’affinità di metodo e all’antiteticità dei fini, vi è una specularità per quanto riguarda i risultati ottenuti. Non viene sviluppata in Teste una concezione del sentire oggettivo di matrice pagana, come non viene sviluppata in Caeiro una concezione del pensiero a priori puro, tuttavia la concezione dell’uno non esclude quella dell’altra.

Particolarmente interessante è la posizione che i due assumono nei confronti dello scrivere. Entrambi sembrano sostenere che per scrivere non bisogna pensare. Ma, Caeiro si sforza di non pensare per scrivere, Teste, invece, non riesce a scrivere perché non può non stare a pensare.

Vou escrevendo os meus versos sem querer,

Como se escrever não fôsse uma cousa feita de gestos, Como se escrever fosse uma coisa que me acontecesse Como dar-me o sol de fóra.

Procuro dizer o que sinto Sem pensar em que o sinto. Procuro encostar as palavras à idéa E não precisar d’um corredor

                                                                                                               

312 Ivi, p. 42.

Do pensamento para as palavras.

Il n'était non plus philosophe, ni rien de ce genre, ni même littérateur; et, pour cela, il pensait beaucoup, - car plus on écrit, moins on pense. Il ajoutait sans cesse à quelque chose que j'ignore : peut-être faisait-il indéfiniment plus prompte sa manière de concevoir : peut-être qu'il se donnait à l'abondance de l'invention solitaire.

Obiettivo di Caeiro è trasformare l’atto di scrivere in qualcosa di naturale e spontaneo, come un semplice gesto che si compie quasi inconsapevolmente. Teste sembra condividere questa concezione dello scrivere; infatti non scrive, ma opta per il pensare, perché altrimenti dovrebbe abbandonare la sua indole: quella di essere uno spirito in divenire che si dedica all’invenzione consapevole e solitaria, che coltiva la lucidità e l’idea di mantenere alta l’attenzione verso la ginnastica del proprio pensiero.

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